Uomo di fumo, lo avevano soprannominato
nel condominio e dopo un po’ di tempo avevano anche smesso di salutarlo per le
scale. Avevano provato a definirlo “anziano di montagna”, “vecchietto timido”,
“vecchiaccio scontroso”, ne parlavano in ascensore e lo deridevano alle
assemblee condominiali, ma in realtà nessuno aveva mai pensato di rivolgergli la
parola e di chiedergli semplicemente: “Come sta?”
A lui, tuttavia, non
importava cosa pensassero le persone del suo comportamento. Alla sua età aveva
imparato che alla gente piace parlare e, cosa che la rende ancora più felice,
sparlare dei propri vicini, che siano di casa o d’ufficio, poco importa, basta
che siano individui conosciuti e un po’ particolari.
Non aveva mai fatto
caso ai giudizi delle persone, non perché le ritenesse sciocche o superficiali,
ma perché non era mai stato socievole e non aveva mai stretto legami particolari
con nessuno. Non aveva mai trovato una donna con cui condividere gioie e dolori,
forse non l’aveva mai cercata, e non aveva speso gli anni più belli della sua
giovinezza andando a zonzo per le strade e per i bar assieme agli amici. Si
potrebbe pensare che avesse dedicato la sua vita agli studi, ma, a dir la
verità, non aveva mai brillato a scuola e, quando poi era entrato nel mondo del
lavoro, non aveva avuto una carriera spettacolare, addirittura non aveva mai
ricevuto una promozione.
Non era nemmeno
mediocre, era assolutamente ordinario. Non si era mai fatto notare a causa di
atteggiamenti spiacevoli o di difetti particolari. Era talmente normale e
talmente anonimo da non risultare nemmeno noioso. Era insipido.
Probabilmente chi lo
circondava in un primo momento cercava di stringere un rapporto con lui e,
fallito questo tentativo, di trovare un motivo per poterne sparlare con gli
altri, ma il suo silenzio e il suo distacco avevano sempre finito per
demotivarli e per spingerli ad allontanarsi. Dopo poco tempo diventava
invisibile e, col passare degli anni, era rimasto solo.
Ma non aveva mai
nutrito rimpianti: non sentiva la mancanza di compagnia e di allegria, forse
perché non aveva mai assaporato la vera gioia di vivere. Si accontentava di
avere qualcosa da mangiare e di poter ancora respirare, benché a fatica. La
vita, quella vera, quella che vale la pena vivere, faceva da cornice alle sue
azioni quotidiane e alla sua miserabile esistenza.
Anche la sua vicina
di casa era una donna anziana, ma i due erano completamente diversi.
Lei era una signora
dal carattere assai vivace e con una discreta esperienza artistica alle spalle.
Era stata una ballerina nelle trasmissioni televisive degli anni Cinquanta, ma
non aveva mai raggiunto il successo. Ne aveva assaggiato l’odore ballando
assieme alle grandi icone di quei tempi e accompagnando con brevi balletti le
canzoni delle sue cantanti preferite. Ogni tanto riguardava qualche cassetta su
cui i suoi genitori avevano registrato le sue apparizioni più importanti e, ogni
volta che si rivedeva, in un angolo dello schermo, in mezzo a tante altre
ragazze quasi identiche a lei, sentiva di essere sempre stata invisibile agli
occhi del pubblico. Nessuno si ricordava di lei, ormai, eppure tutti sapevano a
memoria le imprese dei personaggi a cui lei aveva fatto da cornice. Spesso si
amareggiava pensando a quanto fosse effimera la vita, la sua specialmente, ma
riusciva comunque ad appassionarsi ad essa e a trovare in sé la voglia di
scoprirla.
Dato che non aveva
mai avuto figli e che suo marito era morto già da dieci anni, aveva deciso di
frequentare corsi pomeridiani e serali di pittura e scrittura. “Devo pur tenere
il cervello in allenamento, altrimenti, oltre al corpo, appassisce anche la
mente!”ripeteva ai pochi amici che aveva, quando questi le domandavano come mai
si affaticasse così tanto. Dedicava gran parte della sua giornata a scrivere
brevi storie per bambini, che faceva poi rilegare e che regalava agli asili
della città. Ogni tanto la invitavano a leggere le proprie storie di persona e
lei, entusiasta, accettava: sperava di lasciare un piccolo segno nelle menti di
quelle giovani vite, in modo che il ricordo di lei non morisse assieme al suo
corpo.
Un giorno lui uscì
di casa con le buste della spesa e lei con un plico di fogli sottobraccio.
S’incrociarono per le scale, forse per la prima volta, più probabilmente per
l’ennesima, ma, contrariamente a quello che l’uomo si aspettava, l’anziana e
gentile signora gli sorrise cordialmente e, fermandosi, gli disse: “Buongiorno
signore! Come sta questa mattina?”
Lui non rispose e
continuò a scendere le scale, con fatica e con un certo imbarazzo.
La donna si offese
leggermente, non capendo perché non le avesse risposto, ma quando il giorno dopo
le comunicarono che il suo vicino di casa - quello antipatico, quello
silenzioso, l’uomo di fumo - era
morto durante la notte, ripensò a quel momento e comprese. Un uomo del genere
non avrebbe mai potuto trovare il coraggio per cambiare, nemmeno al limite della
propria esistenza.
Ho scritto questa storia di getto, in circa un'ora e mezza, perchè erano giorni che mi frullava in testa l'idea di creare un nuovo personaggio simpatico (vedi Mr Malcolm xD) e, quando ho visto il bando del "vecchio" concorso "La Cornice e l'Invisibile" si è accesa la lampadina!
Che ne dite? (:
Miss Dark