Tony e Chastity provengono da Amore imprevisto
CAPITOLO 1
Meglio Tony oggi che
un principe domani
C’era
una volta una graziosa fanciulla che sognava l’arrivo di un
dolce
principe, che l’avrebbe chiesta in sposa.
C’era una volta una ragazzina romantica che credeva a queste
favole.
Poi la ragazzina è cresciuta e di principi nemmeno
l’ombra, figurarsi di proposte di matrimonio.
Fino a quella notte, quando all’alba dei suoi ventiquattro
anni e
mezzo, Chastity udì quella parola ormai dimenticata. Sposami.
Nessun principe, nessuna ambientazione romanticamente Regency, nessun
uomo d’onore o pazzo d’amore. Soltanto una
decisamente
più prosaica festa di addio al nubilato e un ragazzo
praticamente sconosciuto e paurosamente ubriaco.
Il mattino dopo lui non avrebbe ricordato nemmeno il suo viso e
probabilmente nemmeno il bacio che le aveva rubato, prima di finire a
sedere sul pavimento per la sua spinta.
Si era ritrovata a dividere la stanza con la cugina della sua vicina di
casa, una ragazza simpatica e – Dio ti ringrazio –
decisamente diversa dalla futura sposina.
Avevano chiacchierato mentre si preparavano per scendere a colazione e
si era trovata stranamente a suo agio con lei, grazie probabilmente ai
suoi modi diretti e irriverenti.
“Buongiorno moglie di Tony!” L’aveva
salutata così, sbadigliando e sorridendole dalla porta del
bagno.
“Credo di essere già tornata una donna libera, il
mio
promesso difficilmente ricorderà qualcosa della notte
scorsa.” O così almeno sperava, soprattutto per
non
doverlo affrontare al tavolo della colazione.
D’altronde erano appena le dieci di mattina ed era alquanto
improbabile che fosse già sveglio.
Improbabile ma non impossibile.
Chastity, infatti, lo trovò seduto a divorare ciambella e
biscotti, non appena lei e l’altra ragazza entrarono nella
piccola stanza al piano terra del Bed&breakfast, accolte dalla
proprietaria che le interrogò gentilmente sulle loro
preferenze
per la colazione.
“Ciao Agatha! Per fortuna ci sei tu, avevo paura che Andrew
mi
avesse piantato in asso qui da solo, fuori non c’è
la sua
macchina.”
Tony salutò soltanto l’altra, perché
probabilmente
l’aveva conosciuta prima e da sobrio. Era perfettamente
logico ma
Chastity non riuscì ad evitare di sentirsi in qualche modo
ferita.
“I due piccioncini sono tornati a casa, ti hanno affidato a
me
per avere un passaggio. Ti trovo bene, non si direbbe che poche ore fa
eri ubriaco fradicio.” Agatha andò a sedersi allo
stesso
tavolino tondo, di fronte a Tony. A Chastity non restò che
seguirla in silenzio e sedersi accanto a lei.
“Baby, non sottovalutarmi. Sono abituato a riprendermi in
fretta.” Poi finalmente adocchiò Chastity,
strizzando gli
occhi come se stesse cercando di ricordare.
“Non mi presenti la tua amica?” Esperimento
fallito, a quanto pareva.
“Chastity, tua moglie. Mi ha aiutata a non farti cacciare dal
locale e a portarti qui a piedi mentre barcollavi e volevi abbracciare
perfino i lampioni.”
“Che ho combinato di disastroso?”
Domandò, incerto.
“Oh, niente. Le hai solo chiesto di sposarti, poi
l’hai
baciata.” Agatha scrollò le spalle incurante,
servendosi
un pezzo di dolce.
“Ma dici sul serio?” Tony guardò
Chastity per un istante.
“Oh yes, baby.” Agatha addentò la
crostata, con un sorrisetto.
Stanca di essere ignorata e trattata come se fosse invisibile, Chastity
si schiarì la voce e decise di intervenire ma venne
interrotta
da Tony.
“Mi dispiace, Chastity. Di solito reggo bene
l’alcol, temo di aver esagerato più del
solito.”
“Ah quindi sei abituato a bere così
tanto?”
Domandò, con una vena polemica non voluta ma scatenata
dall’irritazione e dall’imbarazzo.
“Non così tanto, di solito smetto prima di
rischiare di non ricordare come aprire la cintura dei
pantaloni.”
L’arrivo di tè e cappuccino evitò a
Chastity di
dover replicare. Si limitò a stringere il bordo della
tovaglia
di lino con i pugni, irritata e offesa.
Era stata baciata da un ragazzo che era talmente ubriaco da non
ricordarsi nemmeno di averla mai conosciuta. Ragazzo poi…
probabilmente aveva quasi trent’anni ed era un uomo, pur
comportandosi con l’incoscienza di un ragazzino.
Chastity si concentrò sul suo cappuccino, assaggiando appena
un
paio di biscotti casalinghi. In un’altra situazione li
avrebbe
apprezzati così tanto da chiedere alla cuoca la ricetta.
Amava i dolci, mangiarli e soprattutto cucinarli, quando ne aveva
l’occasione. Suo padre, però, sempre ipercritico e
talmente ipocondriaco da essersi convinto di avere il diabete, a
dispetto degli esami che dimostravano il contrario, non faceva che
sbuffare se la vedeva cucinare torte o biscotti.
Non le restava che trovare qualsiasi scusa o ricorrenza per potersi
mettere all’opera e quei biscotti sarebbero stati perfetti
per la
festa di Natale all’asilo.
Se non avesse amato così tanto i bambini da essere felice
del
suo impiego come maestra d’asilo, avrebbe
senz’altro
cercato lavoro in una pasticceria.
Aprirne una tutta sua era fuori discussione, non aveva soldi a
sufficienza nemmeno per vivere da sola. Così si era
convinta,
evitando di informarsi sugli affitti, perché sua madre
sarebbe
morta di crepacuore vedendola uscire di casa non sposata.
Sua madre era una signora dolce e premurosa, ma sembrava non essersi
mai adattata al nuovo secolo. L’aveva cresciuta con continui
ammonimenti sul comportamento corretto da tenere con gli uomini, per
non farsi usare e trattare da svergognata.
La verginità era un dono di nozze, l’unico vero
dono che una donna potesse fare al marito.
Chastity aveva imparato molto presto che la visione di sua madre era
anacronistica ed eccessiva ma si era trovata, suo malgrado, a non avere
alcuna reale occasione per contraddirla.
Sarebbe stato perfino difficile farlo, non avendo mai potuto
partecipare a feste che si protraessero oltre la mezzanotte. Nemmeno
l’arrivo della maggiore età aveva cambiato le cose
perché il motto di suo padre “casa mia, regole
mie”
era difficile da dimenticare.
“Chastity, tu sei venuta in auto con le altre?”
Agatha le
toccò il braccio, distogliendola dalla contemplazione delle
briciole dei biscotti con cui stava giocando distrattamente, formando
disegni astratti sulla tovaglia.
“No, sono venuta in autobus. La fermata non è
molto lontana.” Le sorrise, un po’ a disagio.
“Ti riaccompagno io, via Pincherle non è distante
da casa
mia.” Non aveva avuto bisogno di dare ad Agatha il suo
indirizzo,
lo conosceva bene essendo lo stesso di sua cugina.
“Via Pincherle? E’ a duecento metri dalla mia
officina.
Puoi lasciarmi lì, Agatha, dovevo comunque passare a
controllare
un paio di cose.”
Chastity evitò di guardare Tony, era stata molto brava ad
ignorarlo nell’ultimo quarto d’ora e non voleva
rovinare
tutto proprio alla fine.
Tra i fumi dell’alcol lui le aveva detto di essere un
meccanico,
o almeno lei l’aveva dedotto tra le righe di una sua battuta
indecente riguardo la sua capacità di saper metter mano
molto
bene negli anfratti caldi, come i cofani delle auto. Non aveva capito
però che l’officina era di sua
proprietà.
Un onesto lavoratore e probabilmente bravo nel suo mestiere, al punto
da saper gestire una sua autofficina. Che bisogno aveva di ubriacarsi a
quel modo?
Chastity non aveva mai compreso l’attrattiva
dell’alcol,
forse perché non ne aveva nemmeno avuto
l’occasione.
Scacciò quel pensiero, come faceva sempre quando la
realtà dei fatti le dimostrava di aver sempre vissuto troppo
lontana dallo stile di vita dei suoi coetanei.
Agatha e Tony si stavano accordando sul ritorno e lei tentò
di
rifiutare il passaggio, ringraziando Agatha per la sua gentilezza. Non
aveva alcuna intenzione di rimanere un’ora in auto con quel
tizio.
“Ma non esiste proprio! Andiamo nello stesso posto, non ha
senso
che io ti lasci ad aspettare un autobus in mezzo al nulla di domenica
mattina!”
Tentò di rifiutare ancora ma capì in fretta che
la
gentile Agatha non era donna da essere contraddetta, con buona pace del
suo bravo fidanzato.
Chastity si ritirò in camera, nell’attesa che la
sposina e
le damigelle facessero la loro comparsa per poterle salutare. Non aveva
nemmeno idea di cosa avessero fatto, una volta rimaste sole al locale,
o quando fossero rientrate. Probabilmente ben oltre l’alba,
considerando che alle undici e trenta di mattina non avevano ancora
dato segni di vita.
Agatha sbuffò spazientita, orma stanca di aspettare in
camera, dove era arrivata dieci minuti dopo Chastity.
“Vado a bussare e dico che ce ne andiamo. Mia cugina
è capace di svegliarsi oggi pomeriggio.”
Da dietro le spalle di Agatha, Chastity vide la porta aprirsi per
lasciar comparire dal buio pesto della stanza la futura sposa, ridotta
uno straccio, con il trucco colato, le occhiaie e i capelli sporchi di
qualcosa di fosforescente, come i pennarelli che faceva usare ai
bambini per far brillare i disegni al buio.
Non osò nemmeno immaginare come potesse essersi ridotta in
quel
modo e non ne ebbe nemmeno il tempo perché Agatha la
salutò in modo sbrigativo, ripetendole le stesse cose tre
volte
prima di ricevere un cenno di comprensione che era in realtà
più simile ad uno spasmo muscolare.
Raggiunsero Tony sul divanetto accanto alla reception, commentando
perplesse l’origine della sostanza luminescente.
“Per fortuna il matrimonio è tra due settimane,
almeno
avrà il tempo per qualche seduta di emergenza
dall’estetista. O forse dall’esorcista.”
Chastity ridacchiò complice, stupita ma non così
tanto di
trovare anche Agatha poco propensa a sopportare la cugina. Erano vicine
di casa da sempre e non avevano mai legato, non aveva nemmeno compreso
il motivo di quell’invito all’addio al nubilato,
forse
perché i suoi genitori erano invitati al matrimonio e lei
era
stata inclusa, per forza di cose, nell’invito, vivendo ancora
con
loro.
Aveva cercato di declinare cortesemente, non volendosi presentare al
matrimonio senza accompagnatore e per giunta insieme ai propri
genitori.
Era scortese rifiutare un invito a nozze, le aveva ripetuto sua madre,
allo sfinimento. L’aveva perfino sentita dire alla madre
della
sposa, incontrata probabilmente non per caso vicino alla siepe
divisoria, che Chastity era timida e che stava fingendo di rifiutare
quell’onorevole invito perché non conosceva
così
bene la sposa.
Ed ecco che si era trovata invitata all’addio al nubilato,
grazie allo zampino delle due madri, ci avrebbe scommesso.
Da un paio di anni, i suoi genitori avevano allentato le catene,
lasciandola libera di uscire quanto e come voleva, tanto ormai non
aveva quasi più amici, stanchi dei suoi continui rifiuti.
Una festa di addio al nubilato doveva essere, a rigor di logica,
considerata comunque scandalosa da sua madre e aveva cercato di farlo
presente, non gradendo per nulla la compagnia, aldilà della
possibilità di passare finalmente un sabato sera in un
locale.
“Non essere sciocca, Chastity! I nostri vicini sono persone
rispettabili e non permetterebbero mai che accadesse niente di
disdicevole alla festa della figlia.” La risposta assurda di
sua
madre le aveva tolto la voglia di ribattere, inutile farle notare che i
genitori avrebbero avuto ben poca voce in capitolo su quel genere di
ritrovo, lungi dall’essere una formare festa di fidanzamento.
Per chi, come i suoi genitori, era abituato a essere incluso, a forza
più che per spontanea iniziativa, nella vita e in ogni
singola
scelta della propria figlia, era impensabile ragionare in altro modo.
“Abbiamo avvisato la sposa di Belfagor, possiamo
andare.”
Tony si alzò, sorridendo e avviandosi alla porta.
“C’erano anche le due conigliette alla ricerca
dell’amico gay di tendenza?” Si riferiva alle due
amiche
della sposa, che si erano contese Tony per qualche minuto, credendolo
il compagno di Andrew.
“Penso che fossero ancora in coma, oppure hanno trovato
qualcuno
che ha saputo fingersi gay fino al momento opportuno.”
Osservò Agatha, avviandosi verso la sua auto.
“Non è qualcosa di così palese, non ho
mai visto
nessuno andare in giro con un cartello con su scritto: “sono
etero” oppure “sono
omosessuale”.” Chastity si
sentì in dovere di intervenire, standole a cuore
l’argomento.
“No, infatti. Hai ragione.” Agatha le sorrise,
facendole segno di salire in macchina.
Scelse il sedile posteriore, lasciando a Tony il sedile del passeggero.
“Il mio amico Robert continua a ricevere avances da molte
ragazze, pur essendo felicemente fidanzato con un uomo straordinario,
un chirurgo giovane ma già molto noto.”
“Ah ecco perché ti eri scaldata tanto, pensavo che
volessi
difendere la categoria per motivi personali.” Tony le sorrise
dallo specchietto, un sorriso tranquillo e rilassato senza
malignità.
“Infatti, è un motivo personale. Robert
è un caro
amico da anni.” Non si accorse subito di non aver compreso
pienamente il commento di Tony, fu l’occhiataccia che Agatha
gli
riservò a farle accendere la lampadina.
“Oh. Tu credevi che io fossi…” Non
riuscì a
continuare perché subito Tony aveva alzato le mani per
difendersi e si era girato verso di lei.
“No no, ma non ci sarebbe stato nulla di male, eh!”
Evitò di commentare ancora, sembrava comunque sincero e
dispiaciuto per l’equivoco.
“Soltanto… così si sarebbe spiegata
l’altra
notte.” Lo sentì sussurrare, a malapena, mentre
Agatha
avviava il motore.
“Ascoltiamo un po’ di musica?” Anche
Agatha doveva
averlo udito, perché scattò troppo velocemente ad
accendere l’autoradio.
“Come scusa?” Chastity si sporse tra i due sedili,
infiammata.
“Nulla… ho solo pensato che… Ok, non
ricordo
praticamente nulla della scorsa notte ma a quanto pare ci ho provato
con te e anche parecchio… Però mi sono svegliato
da solo
e Agatha ha dormito con te.”
“Oh Santo cielo!” Chastity si lasciò
andare contro il sedile.
“Tony, chiudi la bocca che è meglio.”
Gli consigliò Agatha mentre si immetteva sulla provinciale.
“Ho offerto ad Agatha di dormire nella mia stanza, una doppia
tra
l’altro, per non lasciarla in una matrimoniale con un tizio
ubriaco fradicio!” Indignazione e incredulità la
spinsero
ad alzare il tono della voce, sovrastando quella del dj alla radio.
“No ma non volevo intendere questo!” Rise per un
istante.
“Lo so che Agatha è fidanzata, con un uomo, almeno
penso.” Guardò Agatha, che scosse il capo,
sbuffando.
“Allora cosa volevi intendere? Non capisco.”
Chastity incrociò le braccia, nervosa.
“Che non eri nel mio letto…”
“Non ci posso credere. Sei uno di quegli uomini che crede di
essere così irresistibile da trovare scuse assurde di fronte
ad
un rifiuto?”
“Quindi ti ho chiesto di venire a letto con me?” Si
informò, incurante della sua accusa.
“Certo che no! Mi hai baciata senza il mio consenso e ti ho
spinto via.” Si sentì arrossire, per
l’imbarazzo e
la rabbia.
“Ma ti ho chiesto di sposarmi, no? Ci sarà pur
stato qualcosa di fisico, un momento di tensione erotica.”
Non poteva credere alle sue orecchie, non avrebbe mai immaginato di
dover sostenere un simile dialogo con uno sconosciuto.
“Continuavi a cercare di abbracciare tutto, persone e oggetti
inanimati e a dire che volevi bene a tutti, al mondo intero. Se quelle
tu le chiami proposte, allora le hai fatte ad un signore in pigiama, al
suo cane che faceva pipì, a cinque o sei lampioni e al tuo
amico
Andrew.”
“Minchia, ero veramente ridotto male. Ok, come non detto.
Scusami
ancora, è tutto a posto.” Si allacciò
la cintura,
soddisfatto di quel chiarimento, mentre lei fumava ancora di rabbia.
Che razza di cafone! Rimase a fissare fuori dal finestrino, cercando di
sbollire la rabbia e contando i minuti di viaggio rimasti per potersi
liberare di quell’individuo.
Anche Agatha evitò di coinvolgerla in una conversazione,
rimanendo concentrata sulla strada e lasciando alla radio il dovere di
riempire il silenzio.
Scambiò soltanto qualche colorita opinione con Tony su Julia
e
Andrew, la coppia di migliori amici appena diventata coppia di fatto.
Julia era collega e amica di Agatha e Andrew era amico di Tony da anni.
Ecco spiegato come facesse Agatha a conoscere un individuo come quel
meccanico rozzo e maleducato.
“Siamo arrivati, puoi accostare qui. Grazie mille per il
passaggio, Agatha.” Non era mai stata così
sollevata
all’idea di rivedere casa propria come quel mattino.
Scese a recuperare la sua valigia dal bagagliaio e si
ritrovò Tony accanto.
“Volevo chiederti scusa, è evidente che ho detto
qualcosa
che ti ha fatta arrabbiare.” Un genio di perspicacia.
“Grazie per essertene accorto.” Osservò
con
sarcasmo, ottenendo in risposta un sorriso grato come se fosse
veramente riconoscente per il suo ringraziamento.
“Posso offrirti qualcosa per farmi perdonare? Un
caffè, un gelato, una pizza, una cena… un
orgasmo.”
Chastity quasi si strozzò deglutendo e tossì in
modo
convulso, aiutata da qualche pacca non troppo delicata sulla schiena,
esattamente all’altezza del gancio del reggiseno.
“Non ti incomodare… Mi bastano le scuse,
grazie.” Si
sentì troppo simile a sua madre a rispondere in modo
così
compito e virginale ad un’offerta sessuale.
D’altronde, non era abituata ad avere a che fare con qualcuno
così sconvolgentemente diretto e privo di ritegno.
“Se cambi idea…” Aprì il
portafoglio, estratto dalla tasca con gesto fluido e ammiccante.
Prima che potesse trovare una scusa per defilarsi, si
ritrovò in
mano un biglietto da visita dell’autofficina di Tony.
“Chiamami.” Le fece un inaspettato e piuttosto
umido baciamano, lasciandola poi impalata sul marciapiedi.
Salutò con un cenno Agatha che cercava di trattenersi dal
ridere, non riuscendoci, e poi si diresse verso la porta di casa.
Prima di infilare il biglietto nella borsa, già decisa a
liberarsene gettandolo nel cestino, lo voltò per puro
scrupolo,
trovandoci una sorta di minicalendario dell’anno
artificialmente
impresso sulla t-shirt bagnata di una maggiorata. Lo sfondo di un seno
prosperoso e dell’alone scuro dei capezzoli era facilmente
visibile, nonostante i numeretti dei giorni e la ripartizione in mesi.
Non sapeva se ridere o indignarsi, troppo codarda per lasciarsi
sfuggire pienamente il sorrisetto incredulo che tentava di fare
capolino. Infilò il biglietto al sicuro nella tasca interna
della borsa prima di aprire la porta di casa, l’ultima
persona al
mondo che avrebbe dovuto trovarlo era la sua pudica madre.
Non c’era alcun pericolo che avesse la tentazione di
chiamarlo
né c’era il rischio di incontrarlo per caso, se
non era
mai accaduto prima, nonostante la vicinanza dell’officina a
casa
sua.
“Oh Chastity! Per fortuna che sei tornata! Devi prendere la
bicicletta e portare la teglia di pasta al forno a zia
Margareth!” Appena tornata a casa e già iniziavano
le
richieste, come al solito.
“Non poteva portarla papà stamattina, di ritorno
dal
centro?” Come aveva sempre fatto praticamente ogni domenica,
da
anni.
“Stamattina non è riuscito a far partire
l’auto, il
vicino ha provato con i cavi ma sembra che non sia la batteria.
Dobbiamo trovare un meccanico onesto, l’auto è
vecchia e
le riparazioni sono costose. Quest’anno abbiamo dovuto anche
rifare il tetto! Poveri noi!”
Chastity sospirò, incapace di affrontare
l’ennesimo dramma economico, ingigantito come sempre da sua
madre.
Aveva appena promesso a se stessa che non avrebbe mai più
rivisto Tony, senza contare che non poteva certo conoscere la sua reale
abilità o onestà come meccanico.
Però forse le avrebbe fatto un prezzo di favore per scusarsi
o
per provarci con lei. Sembrava il genere di uomo che ci prova anche con
una bombola d’ossigeno, pensando che potesse respirare per
magia.
Si sarebbe trattato solamente di chiamarlo e di chiedergli cortesemente
di passare a rimorchiare… l’auto, non lei.
Con la mano già istintivamente infilata nella tasca interna
della borsa e le dita che scorrevano sul lucido bigliettino indecente,
Chastity prese un bel respiro per farsi coraggio.
“So io chi chiamare.” E che il cielo me la mandi
buona, aggiunse tra sé.