Joshua
“In quel momento,
pensò Harry, c’erano undicenni entusiasti
chini su pile
di libri di magia appena acquistati senza
sapere che non avrebbero
mai visto Hogwarst,
che forse non avrebbero
rivisto nemmeno i loro genitori.”
Quando era arrivata la lettera non volevo crederci. Non poteva essere
vero, doveva essere uno scherzo di quell’antipatico di
Michael perché lo sanno tutti che la magia non esiste.
Invece era proprio vero. Sono andato insieme ai miei genitori e ad una
vecchia signora in un posto chiamato Diagon Alley -un posto in cui si
entrava da un muro!- pieno di negozi che vendevano cose strane:
calderoni, gufi, scope volanti e c’era anche una farmacia in
cui non si trovavano aspirine ma cose come uova di rospo e fegato di
drago.
Per prima cosa siamo andati in una banca, Gringott mi pare, dove degli
strani esseri al posto delle sterline ci hanno dato delle enormi
monete. E poi finalmente siamo andati a comprare la bacchetta!!
La signora che era con noi ha detto che era un vero peccato che
Olivander non ci fosse più, che dovevo accontentarmi di una
bacchetta più vecchia ma a me non importava che fosse nuova.
Nel momento in cui ho preso in mano quel bastoncino una vampa di calore
mi ha invaso e hanno cominciato a piovere scintille; è stato
il momento più bello della mia vita, il momento in cui ho
capito che era tutto vero.
Cerco di aggrapparmi a quella sensazione ora. Alla certezza che era
tutto reale, che sono stato io a far uscire quelle scintille. E quindi
sono davvero un mago.
Devo concentrarmi solo su questo, non lasciare che nessun dubbio si
insinui in me, non ora. Perché ho bisogno di credere che sia
vero. Non posso tremare davanti a loro. Non posso piangere, anche se
sono solo e spaventato. Devo essere forte.
-Abrams Joshua.
Mi hanno chiamato, tocca a me. Un passo davanti all’altro,
cercando di nascondere che mi tremano le gambe. Guardo solo i miei
piedi, non posso guardare altro. Non voglio vedere le facce
terrorizzate degli altri ragazzi altrimenti rischierei di crollare. E
non voglio vedere le facce senza emozioni di queste persone.
-Guardami ragazzo.
Una vocina leziosa e infantile. Non voglio guardare la proprietaria
della voce. Ma devo essere coraggioso. Alzo lo sguardo. Il mio primo
pensiero è che sembra un rospo e mi viene da ridere; non
è una buona idea quindi cerco di trattenermi ma un sorriso
piega le mie labbra. Lei sorride in risposta e questo mi fa
immediatamente tornare serio. Un rivolo di sudore gelido mi scende
lungo la schiena.
-Molto bene. Sappiamo che hai ricevuto la lettera per Hogwarst ma sono
necessari alcuni controlli prima che tu vada a scuola.
Sarà per questo che nessuno degli altri ragazzi è
tornato? Se superano i controlli li mandano direttamente a scuola? Non
mi illudo neanche, non devo prendermi in giro.
-I tuoi genitori sono dei maghi?
Scuoto la testa
-Quando ti faccio una domanda devi rispondere Sì Signora o
No Signora.
Nella sua voce affiora un vago tono di minaccia.
-No Signora.
-Qualcun altro dei tuoi parenti?
-No Signora
-Prima di ricevere la lettera sapevi dell’esistenza della
magia?
-No Signora.
Non passerò i controlli, lo so. Sto rispondendo no a tutte
le domande. Forse potrei mentire, anche se è sbagliato. La
mamma era così contenta e curiosa, anche lei vuole che vada
ad Hogwarst, non si arrabbierà troppo se dico una piccola
bugia.
-E avevi mai sentito parlare di Hogwarst?
-S… No Signora.
Ho cambiato idea all’ultimo momento, qualcosa mi dice che
è meglio non dire bugie. La donna-rospo inarca leggermente
un sopracciglio, ma non fa commenti.
-E dimmi, come mai tu hai ricevuto la lettera?
-Perché sono un mago Signora.
Lo dico forte, sicuro. Lei si acciglia.
-Ma davvero? E come fai a dirlo?
Devo concentrarmi sulle scintille che ho fatto uscire dalla bacchetta.
Sono un mago perché ho fatto funzionare una bacchetta.
È semplice, basta dirlo. Forza. Ma questa donna mi fa paura,
oscura la mia sicurezza e io non riesco a parlare.
-Le scintille…- e tutto ciò che riesco a dire.
Lei ride. Sono patetico, lo so.
-Non devi dire bugie ragazzo. A chi hai rubato la bacchetta che ti
abbiamo preso? A chi hai rubato la magia?
La sua voce si alza, sembra meno infantile ora. Ma quello che dice
è assurdo, io non ho mai rubato nulla a nessuno.
-A nessuno!!
Ho urlato anche io. Non volevo, ma ho perso il controllo La donna-rospo
ora è furiosa, non le è piaciuto che io abbia
urlato e improvvisamente sono contento di averlo fatto.
La porta si apre ed entrano due uomini con le bacchette sguainate.
-Che succede Dolores?
-Ninete Yaxley, il nostro piccolo Nato Babbano si sente coraggioso.
Forse prima di spedirlo ad Azkaban potremmo insegnargli
qualcosa…
Nato Babbano? Azkaban? Non so cosa stiano dicendo ma il suo tono e la
risata degli uomini dietro di me non mi piacciono. Cerco ancora di
essere coraggioso ma non ci riesco, ho paura. Voglio mia mamma.
-Dove sono i miei genitori.
-A casa loro.
-Posso andare anche io?
-Oh no, direi proprio di no.
-Spero tu li abbia salutati perbene- aggiunge l’uomo dietro
di me- perché non li rivedrai.
Le prime lacrime mi scendono lungo le guance e l’altro uomo
ride. Mi sforzo di smettere. Non voglio che ridano di me. Ho capito che
vogliono farmi del male e devo essere coraggioso.
-In tre contro uno, dovreste vergognarvi.
La stessa cosa che ho detto la scorsa settimana a Michel e i suoi amici
e loro se ne sono andati.
Ma la donna-rospo non è Michael, non ha nessuna intenzione
di farmi andare via. E poi, mi viene in mente solo ora, forse lui non
se n’è andato per quello che ho detto ma
perché aveva sentito la maestra arrivare. Il mio cuore
sprofonda.
Lei alza la bacchetta e la punta contro di me:
-Crucio!
Dolore. Tanto dolore. Come se ogni cellula del mio corpo prendesse
fuoco. Urlo, piango. Ad ogni lacrima mi odio un po’ di
più perché non voglio piangere, voglio fare
l’uomo, essere coraggioso. Ma non sono un uomo, sono solo un
bambino spaventato. E questo dolore è insopportabile.
Sono un mago. Ma anche loro lo sono. Vorrei trarre conforto
dall’idea che la magia esiste ma non ci riesco
perché anche questa è magia; questo dolore
lancinante che mi sta uccidendo è magia. E non si
può trarre conforto da questo.
Sento di essere sul punto di svenire o forse il vuoto che incombe su di
me è la morte. Non lo so. Altre lacrime scendono
mescolandosi alle altre.
Da molto lontano sento la voce della donna-rospo:- Portatelo via. E
chiamate il prossimo.
-Mamma…- sussurro. O forse lo penso solo.
E poi il buio.
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