EL MOMENTO DE
UN CORAZòN DESPIERTO
Il tempo di un
cuore risvegliato
Erano trascorsi cinque anni
battaglia, avvenuto nei pressi
di Olympia, che i Volturi avevano tentato di attaccare nei confronti
della
famiglia Cullen. Cinque anni, da quando Erice, dopo aver ottenuto, -con
l’aiuto
di Caius e Marcus- di infiltrarsi, assieme a Logan, tra le fila dei
Testimoni;
era riuscita a far uccidere Alec, Jane, Felix e Demetri, dalla Guardia,
ed a
smascherare Aro, su quello stesso terreno di scontro, mostrandolo a
tutti- i
Cullen ed i Volturi- come l’assassino di sua madre Didyme.
Quando avevano fatto ritorno a
Volterra, Erice si era
inginocchiata per baciare il suolo che era stato la sua culla e
l’aveva vista
crescere; ma quello era stato l’unico avvenimento felice, poiché via via che i
giorni trascorrevano, andando ad
accatastarsi per formare l’immensa, spaventosa montagna che
rappresentava quei
“cinque anni”, ciò che rimaneva dei
Volturi, aveva dovuto abituarsi a radicali
cambiamenti: Marcus, Caius ed Athenodora, avevano infatti, preso il
comando del
can, decretando per prima cosa, che la ragazza che li aveva salvati,
squarciando i veli degli inganni che Aro aveva tessuto fino ad allora;
riavesse
il suo status, tra loro.
Tuttavia, più il tempo
trascorreva, più tra le mura d’opali
della città, scendeva un’opprimente cappa di
silenzio, una sorta di buio, che
colpiva ogni angolo di quel
luogo anche di giorno, facendolo somigliare, con la sua quiete tombale,
ad una
città fantasma.
Ogni vampiro, a Volterra, sembrava in
attesa di qualcosa…magari
una punizione, per aver
sovvertito l’ordine del clan, o forse, un premio, proprio per
lo stesso motivo,
dal momento che aveva distrutto il fondatore dei Volturi, che per
millenni
aveva seminato bugie e nascosto misfatti.
Santiago Volturi serrò le
mascelle, ringhiando appena:
poteva capire quel comportamento di attesa, di apatia, solo
limitatamente a
Marcus- poiché aveva subito la perdita più grande
di tutte, essendo stato
privato della compagna che aveva scelto per condividere con lei la sua
vita- ma
Caius,- che era riuscito a realizzare il suo sogno, ottenendo il
potere, e
spartendolo con sua moglie- perché si ostinava a rimanere sospeso, come se fosse stato circondato
da una bolla senza tempo?
E gli altri?
Perché non accettavano il cambiamento?
Perché non festeggiavano a
dovere colei che li aveva
salvati?
Per quanto gli riguardava, il vampiro
messicano era stufo di
far parte di quell’ipocrisia, così, quella
mattina, si era finalmente deciso a
parlare con Erice, ad aprirsi
completamente con lei, per mostrarle che in tutto quel
cambiamento, che
ormai sembrava aver innescato una strana giostra, una
cosa non era mutata neppure per un secondo, e sarebbe per
sempre rimasta tale il suo amore per lei.
Quando però, non era
riuscito a trovarla tra le coperte,
nella sua stanza, si era vestito in fretta, determinato a cercarla in
tutta
Volterra.
Man mano che il sole si faceva
più alto nel cielo, e le ore
trascorrevano, Santiago sentiva il cuore farsi sempre più
pesante, tanto da
trascinarlo, ad ogni passo che faceva, in un vortice di dubbi, paure e
tormenti
che minacciava di soffocarlo.
I pensieri, lo travolsero. In
effetti,- riflettè- da quando
avevano fatto ritorno a casa, da quella radura nei presi di Forks,
Erice
sembrava cambiata: inizialmente era stata affettuosa con lui,
dimostrando che
in sua assenza le era sembrato si non possedere più parte
del suo cuore; quasi
avesse voluto recuperare il tempo perduto, tuttavia, già sul
finire del primo
anno, anche la sua umana, sembrava esser stata contagiata da
quell’atmosfera
che pareva far vivere tutti in un limbo cristallizzato. E, pian piano,
ogni
momento, di ogni giorno la ragazza si era progressivamente allontanata
da lui,
armandosi di un gelido distacco che l’aveva portata a
rinchiudersi in silenzi assordanti,
dietro i quali, erano nascoste mille lacrime; finchè,
durante gli ultimi mesi,
non aveva finito per tornare nella sua vecchia stanza, quella in cui
aveva
praticamente vissuto durante tutto il tempo in cui, per i Volturi, non
aveva
rappresentato altro che un pasto.
Era tarda mattina quando il vampiro
messicano trovò Erice
Volturi seduta, le gambe raccolte al petto, su una nicchia presso la Cinta
Muraria, il
viso nascosto tra le ginocchia, ridotto ad una maschera di lacrime.
Smise di respirare, per le due
titaniche, antitetiche
emozioni che lo dilaniarono, in quel momento: il sollievo per averla
ritrovata
era grande, ma riuscì quasi a farsi sopraffare dallo strazio
ce il vampiro
sentiva- un dolore che superava di gran lunga quello che il vampiro
aveva
provato durante la trasformazione- nel vederla così.
Cosa mai poteva averla ridotta in
quello stato?
-
Erice…-
la chiamò, sussurrando.
La ragazza, udendolo,
sollevò piano la testa e, trovandosi
davanti Santiago, i riccioli neri che celavano appena gli occhi
cremisi, il
volto perfetto rintanato sotto il cappuccio del mantello grigio chiaro;
non
potè impedirsi di sussultare.
-
Erice, piccola,
coraggiosa Volturi, cosa ti succede?-
le domandò ancora, accovacciandosi a terra, questa volta,
per trovarsi alla sua
stessa altezza, e guardarla negli occhi.
La figlia di Marcus e Didyme sapeva
che quelle parole non si
riferivano soltanto al suo comportamento di quel momento. Quindi, fece
per
gettargli le braccia al collo, per trovare conforto contro il suo
petto, per
piangere sulla sua spalla, ma all’ultimo, privandosi, a pochi
millimetri da
lui, di quel contatto, si retrasse.
Trascorsero alcuni, interminabili
attimi, durante i quali
Erice strinse convulsamente tra le dita il cuore d’alabastro
che le pendeva al
collo. Poi, dopo aver rivolto gli occhi lontano,
all’orizzonte, finalmente
parlò:
-
Non sono degna di
toccarti, Santiago, né mi merito
questo…- mormorò, tra i singhiozzi, mentre si
toglieva la collana che il
vampiro aveva fatto per lei, quando si erano accettati l’un
l’altra come
compagni.
-
Perché
dici questo, amore mio?- fece lui, dolente,
mentre custodiva la sua mano rosea, che teneva ancora quel cuore bianco
stretto
tra le dita, tra le sue.
-
Perché…da
quando siamo tornati mi sembra di continuare
a fare errori, anzi, mi pare di averne sempre fatti. Forse è
stato uno sbaglio
uccidere Aro, visto come ciò che resta del clan sembra
vagare nell’ignoto da
quando non c’è. Forse, avrei dovuto fare di
più per salvare mia madre, così,
ora Marcus non sarebbe preda di quel dolore lancinante che gli vedo
riflesso
negli occhi, ogni volta che lo guardo…- gemette, rammaricata
col cuore che le
faceva male, ad ogni battito contro il petto.
-
Dolce chica,
non pensare mai di aver sbagliato agendo come hai fatto: tu ci hai salvati. Quest’attesa, che
avverti
nell’aria, nell’ottica della quale tutti si
comportano, dipende solo dal fatto
che tu, Erice Volturi, hai una concezione diversa, dalla mia, del
tempo.
Inoltre, un cambiamento tanto radicale richiede un certo tempo per
tutti, e se
tu, piccola umana, riesci a superare l’idea della morte di
Aro, presto, devi
avere pazienza, con noi vampiri, che siamo un po’
più lenti…-
tentò di drammatizzare le ultime parole per strapparle un
sorriso, ma quando si rese conto di aver fallito, perché lei
non cambiava
espressione, continuò.- Non pensare mai di poter cambiare il
passato. Ormai,
quello che è stato è stato, tu vivi nel presente,
e devi viverlo al meglio,
cercando di imparare dal passato,
null’altro. Non riesci a capire che semmai avessi tentato di
salvare tua madre,
avresti dovuto affrontare Aro, e con i tuoi sensi
“ibridi” di allora, avrebbe
potuto significare la morte, questo, per te? E cosa ne sarebbe stato di
me,
allora? Non rimpiangere mai le tue azioni, Didyme non lo vorrebbe,
anzi, sono
certo che sarebbe fiera di te, se ti vedesse adesso, poiché
hai portato la
giustizia tra di noi.- le spiegò, rassicurante e sincero,
con quella voce
profonda che fece tremare le ginocchia alla ragazza, facendola quasi
scivolare
in suo potere, dal momento che, col suo aiuto, trovò la
forza di rialzarsi in
piedi, ed insieme, il vampiro e la Volturi, presero a passeggiare lungo
il
camminamento delle mura.
-
Grazie per le tue
dolci parole, Santiago. Ma lei mi
manca infinitamente, ogni tanto, di
notte, mi svegli desiderando di avere ancora qualche attimo da
trascorrere con
lei, per dirle che le voglio bene, che le sono grata per ciò
che ha fatto di
me, e che mi dispiace per averla, in un certo senso, allontanata, tutte
le
volte che non capivo un suo gesto nei miei confronti. Solo ora riesco a
vedere
che ha fatto tutto questo perché…mi amava.-
e subito dopo, senza pensarci, di slancio si aggrappò al
collo di Santiago,
come fosse stato la sua unica ancora di salvezza, e pianse tutte le sue
lacrime, felice di averlo vicino, lui che, con la sua presenza le
sembrava la
stesse salvando da un baratro.
-
Eppure, da quando
ho rimesso piede qui, e lei non c’è,
mi sento totalmente sbagliata…-
proseguì, quando si fu calmata.- Forse Logan aveva ragione:
non ho mai veramente fatto parte
dei Volturi…-
ragionò infine, ad alta voce.
Per Santiago, udire quelle ultime
parole fu come ricevere
uno schiaffo in pieno viso. Tentando di nascondere lo
sconfortò, sciolse
l’abbraccio della ragazza e si inginocchiò davanti
a lei.
-
Per me, e per noi
tutti sei, e sarai sempre, a merito,
Erice Volturi. Io ti amo, Erice. Immensamente. È tutta
l’eternità che ti
aspetto, perché sei la mia luce. Ma aspetterò
ancora, se sarà necessario, se
hai deciso che Logan è, per te, un compagno migliore di
me…- le disse, così, per
quella che parve un’eternità i due rimasero a
fissarsi, immobili, nei pressi di
Palazzo Viti, mentre la vita attorno a loro, scorreva indisturbata.
Né per
Erice né per Santiago era possibile pensare che dalla bocca
del vampiro
messicano potessero essere uscite simili parole.
La ragazza non riusciva a credere
alle proprie orecchie: sin
da quando e aveva memoria infatti, lui l’aveva sempre
protetta, ed aveva sempre
lottato per averla al proprio fianco; quando erano divenuti compagni,
poi,
aveva fieramente respinto chiunque avesse anche solo osato posare gli
occhi
sulla sua donna.
Possibile che la loro lontananza-
durante l’esilio forzato
di lei- l’avesse fatto soffrire a tal punto da ipotizzare che
si lasciassero,
se questo la rendeva più felice? Pur, di renderla felice?
Erice Volturi boccheggiò,
ed il mondo tutt’attorno prese a
vorticare pericolosamente: non poteva davvero immaginare la sua vita
senza
Santiago, perché lui metteva tutto ciò in
discussione?
Con dei capogiri ancora tanto forti
da rischiare di farla
cadere a terra, quindi, la figlia di Marcus e Didyme si
avvinghiò alle braccia
del suo vampiro, del suo compagno:
-
Hai ancora la
lettera che ti avevo fatto recapitare
prima della battaglia, da Marcus?- gli chiese, gli occhi verde scuro
che
indagavano il suo viso bianco, quasi imploranti.
Santiago, annuendo si
sbottonò parte della camicia, per
mostrargliela: custodiva quel foglio di carta, accuratamente ripiegato
cucito
all’interno del tessuto, all’altezza del cuore.
La ragazza sentì che il
cuore le esplodeva di felicità,
mentre calde lacrime di commozione le bruciavano sotto le palpebre.
-
L’ho
riletta sempre, ogni notte, baciandola(nella
speranza che quel gesto potesse arrivare fino a te) durante tutto il
tempo che
ci ha divisi dalla battaglia.- le confessò, lo sguardo
scarlatto che si
intrecciava al suo.
-
Allora, dal
momento che ti amo, e ti amerò sempre( e
non mi stancherei in qualsiasi istante di dirlo, né ora
né mai, né di
lasciartelo impresso su mille lettere)come puoi pensare, anche solo per
un secondo,
che io possa vedere Logan, come altro rispetto a ciò che per
me è sempre stato?
Ossia, un amico ed una “guardia del corpo”che mi ha
protetta durante la caccia
che Aro aveva scatenato per catturarmi?- lo rimproverò, e
via via che parlava
il tono convinto e deciso lasciò il posto alle lacrime.-
ultimamente ti ho
allontanato solo perché mi sembra sempre di non fare
abbastanza, di non essere
abbastanza, di essere fuori tempo…-
gli mormorò, sincera.
Ormai era scesa la sera. I
due si ritrovarono in Piazza dei Priori
e, mentre si guardavano- consapevoli di essere l’uno il
prolungamento
dell’altra, eppure cercando un modo per dimostrarselo a
vicenda- una musica dal
profumo spagnoleggiante, li sorprese, salendo dai dintorni di Palazzo
Viti come
una voce passionale, disperata, che li chiamava, li pregava di
avvicinare i
loro corpi, e di lasciarsi andare, di lasciarsi trascinare…
Solo in quel momento Erice si rese
conto che stava
sorridendo, come non aveva più fatto da anni: un sorriso
sbarazzino, adombrato
dal desiderio; gli occhi che le sfavillavano. Un attimo più
tardi realizzò che
Santiago le aveva detto:
-
Fuori tempo? Tu?
Danza con me, chica, e ti
dimostrerò che non è così: che sei fatta per questo mondo, per me, per noi e
per il nostro amore.- la
voce suadente, in grado di farle sciogliere il gelo che aveva sentito
dentro
sino ad allora.
Quindi, mentre nello sguardo del
vampiro brillava la stessa
scintilla che aveva animato i suoi, i due presero a girarsi intorno,
disegnando
un cerchio che si restringeva sempre più, e la danza
iniziò.
I due amanti avevano spesso ballato
il paso doble insieme, ma mai con
tanto trasporto e con tale passione
come quella volta.
I loro passi, dal ritmo umano, che si
rincorrevano e
sembravano affrontarsi, parevano narrare una storia di sfida, come
quella tra
un torno ed un torero, una storia di sottomissione ed attacco, che
mostrava e
ascondeva- come fosse stato un drappo di luce e d’ombra- la
natura di entrambi,
bestiale eppure umana, allo stesso tempo.
Ed Erice, ora che il mondo sembrava
essere ammutolito,
svanito, tutt’attorno a lei, poteva sentire quella contesa
erotica sulla pelle,
tanto che, nonostante cercasse di mantenere un’espressione
quanto più possibile
aggressiva, in viso, come la danza richiedeva- come quella disputa,
richiedeva,
in quel momento- ogniqualvolta Santiago la sfiorava, sentiva in
sé un velo, una
barriera, una ritrosia, cadere.
Ad ogni tocco, gelido, eppure
rovente, del suo vampiro,
infatti, l’anima della ragazza esultava.
Ben presto, il ritmo della musica si
fece più serrato,
incalzante, ed i loro passi, rapidi come quelli che si eseguono durante
una
lotta, la seguirono.
Erice riusciva solo a sentire quelle
note, con tanta
intensità che sembrava avessero sostituito i battiti del suo
cuore; a vedere
soltanto il viso feroce, dolce e splendido di Santiago,
poiché pareva occupare
tutto il suo campo visivo; e ad avvertire le sue mani che la
richiamavano alla
vita, carezzandole la pelle con più impeto di quanto non
avrebbe mai potuto
fare la gonna che la ragazza indossava, e che, ad ogni suo movimento,
sembrava
ondeggiare come un mare in tempesta. La figlia di Marcus aveva la
sensazione
che esistessero solo loro, in tutta Volterra, in tutto il suo mondo.
La musica continuò, per
alcuni minuti senza tempo, mentre il
suo ritmo saliva, ancora e ancora, facendoli stare al centro di un
uragano di
sensazioni ed emozioni intensissime; e soltanto quando esplose, Erice
si
accorse nella piazza, si era radunato l’intero clan Volturi,
intento a
festeggiare lei ed il suo compagno, con una crosciante cascata di
applausi.
La figlia di Marcus stava per
lasciare la mano del
messicano, le guance imporporate per la foga della danza e per la
vergogna per
quella massiccia presenza, ma Santiago le fece fare un’ultima
piroetta e, con
le braccia avvinte alle sue spalle, si chinò solleticandole
il collo con i
ricci scuri, fino a sussurrarle, in un orecchio:
-
Guarda, mi amor.
Come puoi pensare di essere “fuori tempo”? Non vedi
l’espressione sorridente
che tuo padre ha, grazie a te? Credo che la tua presenza
renderà ognuno
migliore(penso, infatti, che la tua gioia aiuterà Marcus,
non a dimenticare tua
madre, ma ad andare avanti, per te); credo che renderà me un
uomo migliore
perché…te quiero.-
le confessò
Erice lasciò scorrere gli
occhi verde bosco sulla folla
radunata in Piazza dei Priori e, vedendo tutti quei vampiri,
sorridenti,
vivificati, realizzò che si trovava in famiglia. Quindi, non
potè fare a meno
di sorridere anche lei mentre rideva e piangeva felice.
-
Anche io ti amo,
Santiago.- replicò, ed infine,
liberando, sguinzagliando tutta la
passione, il desiderio, l’amore che erano stati latenti
e-seppur percepibili-
serpeggianti, tra i loro corpi, durante la danza; gettò le
braccia al collo del
suo uomo, e premette le labbra sulle sue, baciandolo, con tutta se
stessa.
Quindi, finalmente comprese che
quello che aveva detto il
suo amato, era vero: dal passato poteva solo imparare,
sul futuro, invece, solo sperare-
poiché non le era dato sapere ciò che sarebbe
stato,
domani; ma il presente poteva, e doveva
viverlo.
E lei aveva tutta
l’intenzione di viverselo
fino in fondo, quel presente!
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Confesso che non credevo che avrei
mai scritto una cosa
simile, ma sono troppo affezionata a questa coppia, e sentivo che non
potevo
lasciarli in sospeso, com’era invece accaduto nella ff cui
questa one shot è
riferita “Erice Volturi”
Spero che questo post vi sia
piaciuto, vorrei farne un
regalo di Natale per Ayumi_L che ha
fatto scattare l’ultima scintilla a finchè questa
storia vedesse finalmente la
luce, giorni fa, ed a Luce70 che,
quando conclusi Erice Volturi mi disse che avrebbe voluto che Santiago
ed Erice
si riunissero.
E naturalmente la dedico a tutte/i
voi che avete inserito
quella Long One tra le preferite,
le ricordate o le seguite,
senza dimenticare, ovviamente coloro che ancora adesso mi
dimostrano il loro appoggio, andando a dare a quella storia una
sbirciatina,
ogni tanto ^___^
PS due cose importanti: la scena del
ballo è nata, nella mia
testa, sulla base di “Spanish paso doble” tratto
dalla colonna sonora de “la
maschera di zorro” quindi, mi piacerebbe che leggendola,
metteste in sottofondo
quel pezzoJ
Inoltre, spero si sia capito tutto, e
che questa storia vi
sia piaciuta ugualmente. Ho cercato di fare del mio meglio, nonostante
non
abbia mai ballato il paso doble, e tutte le ripetizioni che secondo me
si
trovano nel testo.
Fatemi sapere cosa ne pensate
Un abbraccio
Marty23
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