Titolo: Xmas
Wish
Autrice: monstropolis
Rating: Verde
Avvertimenti: One
Shot, Fluff
Conta parole: 987
A/N: Sono viva.
Maccheggioia.
Sento
lo spirito Natalizio, per cui posto questa
cosa a cui non so dare un nome adatto.
Lo
so, Ronnie ha un fratello ma qui non lo metto
e penso si capisca il motivo.
La
dedico a G
u i l l o t i n e perché dovoceaisuoipensieri
e per un volta voglio farle vivere qualcosa di felice e a BambolaMorta, mia moglie.
Desclaimer: Questi
due
soggetti non mi appartengono, ora sono adulti (?) e non scrivo a scopo
di
lucro.
Se
si guardava fuori dalla finestra sembrava vi
fosse un mondo magico.
Un
mondo diverso dalla realtà, una cruda e piena
di sofferenze.
Tutto
quel bianco si rifletteva negli occhi di
Ronald rendendoli più chiari.
Il
naso attaccato al vetro, un dito in bocca e un
orsacchiotto in mano, rapito dalla neve che cadeva fitta e le lucine
sparse qua
e là.
«Ronnie!»
- lo chiamava il padre - «Dai, scendi!»
Sembrava
che sotto ai piedi di Ronald ci fosse
una calamita che lo manteneva immobile in quel punto preciso della sua
cameretta ma al secondo richiamo del padre si mosse si diresse verso le
scale.
«Papy,
hai visto? Papy, papy, fuori c’è tutto
bianco!» - lo diceva quasi tremando.
Il
padre rise e rivolse uno sguardo dolce al
bambino, lo prese in braccio e lo strinse a sé, portandolo
nuovamente accanto
alla finestra.
«Hai
visto la neve, Ronald? Quest’anno ti
prometto un Natale bellissimo.»
Il
precedente, la madre l’aveva abbandonato e da
quel momento non seppe più sue notizie. Di tanto in tanto
formulava sempre la
stessa domanda al padre «Ma perché la mamma non mi
vuole più bene?» e riceveva
sempre la stessa risposta «No Ronald, la mamma non ama
più il tuo papà.». Si
era stancato di chiederglielo e forse si era stancato di più
sentirsi dire che
in realtà era fuggita per colpa del padre. La mamma non gli
voleva più bene,
punto e fine.
Tante
persone non osavano nemmeno avvicinarsi a
Ronnie e non provavano nessun desiderio di volerlo accanto o di
donargli un po’
del loro affetto ma dopotutto si accorse che gli bastava
l’amore di una sola
persona.
Si
rese anche conto che in realtà la figura
materna era soltanto colei che l’aveva messo al mondo. Non
aveva avuto l’opportunità
di passare del tempo con lei e di conoscerla e ciò lo
portò subito a
disinteressarsi all’argomento “mamma”.
«Davvero?»
«Sì,
davvero.»
«Davvero
davvero?»
Il
padre rise - «Sì, Ronnie!»
La
mattina di Natale,
preso ancora dal paesaggio completamente bianco, Ronald si
affacciò alla
finestra.
Una
macchina nera
stava parcheggiando nel cortile della casa di fronte. Scese una donna
bionda
con un cappotto scuro e una lunga sciarpa rossa al collo,
scaricò una montagna
di valigie dal baule e aprì la portiera di destra, prendendo
in braccio quello
che doveva essere suo figlio.
La
prima cosa che fece
fu aprire la porta di casa e portare quel bambino biondo dentro, al
riparo dal
freddo.
«Papy!?
Quel bambino
ha un orsacchiotto uguale al mio! Guarda, guarda!»
«Quale
bambino,
Ronnie?» - gli chiese il padre, una volta alle spalle di
Ronnie.
«Adesso
non c’è più ma
quella signora lì l’ha preso in braccio e
l’ha portato in casa, quella lì,
eccola, eccola!» - fece Ronnie, indicando la donna bionda
fuori dalla finestra
e lasciando una ditata sul vetro.
Il
papà di Ronnie
continuò a guardare fuori in silenzio e attentamente come se
stesse ammirando
le stelle con un telescopio.
«Non
so chi sia. Si
saranno trasferiti oggi» - borbottò.
«Ma
c’è solo quella
signora lì.»
La
mamma di quel
bambino biondo era senza un marito, forse anche lui se ne era andato.
«Beh,
se sono soli, li
inviteremo noi, eh Ronnie? Noi siamo dei bravi vicini di
casa.»
La
tavola era coperta
da una tovaglia rossa in perfetto stile natalizio e il padre di Ronnie
tirò
fuori il set di piatti e di bicchieri più bello che avesse.
«Sono
convinto che
faremo una bella figura, già!» - disse, quasi tra
sé e sé.
Quando
suonò il
campanello, corse subito ad aprire la porta e si ritrovò
davanti la donna
bionda appena trasferitasi.
«Grazie
dell’invito
signor Radke, davvero!»
Il
padre di Ronnie era
lì lì per fare un inchino ma le sorrise soltanto,
credendo quel gesto troppo
teatrale o da maggiordomo, e invitandola ad accomodarsi.
«E
tu come ti chiami?»
- chiese al bambino biondo.
«Dai,
presentati! Fai
il bravo.» - lo incitò la madre.
Si
tolse il dito dalla
bocca - «Maxwell!» - e fece un largo sorriso
guardando il papà di Ronnie dritto
negli occhi.
Era
curioso, per
Ronnie, vedere come all’improvviso gli si era affacciata
l’occasione di farsi
un amichetto che mettesse il dito in bocca, fosse biondo, fosse stato
abbandonato
da un genitore, vivesse nel nord di Las Vegas e che avesse un
orsacchiotto.
Quel
bambino era
proprio in casa sua, in quel momento, nel giorno di Natale.
Gli
fu spontaneo
avvicinarsi a lui, togliersi a sua volta il dito dalla bocca e
sfoderargli un
sorriso - «Io mi chiamo Ronald ma il papà mi
chiama anche Ronnie!».
«Anche
la mia mamma mi
chiama anche Max, ogni tanto.» - e ricambiò il
sorriso.
Il
padre di Ronnie,
con una pentola in mano, si affacciò in salotto e
chiamò tutti a tavola.
«E’
pronto il pranzo!
Ronnie hai lavato le mani?»
Max
e sua madre
scesero dal divano e quest’ultima si diresse in cucina,
iniziando a parlare al
papà di Ronnie, complimentandosi con lui e chiedendogli se
aveva bisogno di una
mano.
«Ronnie!
Max! Su,
venite a tavola!».
Era
come la prima
volta in cui Vegas si ricoprì di neve, Ronnie nella sua
cameretta che non
riusciva ad abbandonare la finestra.
Aveva
gli occhi di
Maxwell puntati addosso.
Due
occhi verde acqua
che lo guardavano incuriosito.
Ronnie
continuava a
succhiarsi il dito e cominciò a graffiarselo con i denti,
diventando sempre più
nervoso e sperando che il padre lo chiamasse di nuovo.
Ciò
non accadde - «Il
papà mi ha detto che devo andare a lavarmi le
mani.».
Non
sapeva perché lo
aveva detto. Di solito non gli ubbidiva mai, quindi non aveva senso, ma
dopo
averli sorriso si diresse verso la porta della cucina.
«Ronnie!»
- Ronnie si
bloccò e si girò a guardarlo, sbattendo le
palpebre un paio di volte e poi si
sentì chiedere una cosa che all’asilo non gli
aveva ancora chiesto nessuno.
«Vuoi
essere mio
amico?»
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