FUTURE FIC,
sequel di "Me lo
prometti?".
I don't want you to
go, but...
Fingeva
di non accorgersene, ma
con la coda dell’occhio coglieva chiaramente
quell’aria pensosa e inquieta sul
volto del marito. Anni di convivenza, e ora non poteva sfuggirgli nulla!
–David,
che ti prende?
L’avvocato
continuò a piegare il
suo maglione sul letto e, per tutta risposta, sospirò:
–Sto pensando.
–Questo
lo vedo. Sembri
preoccupato.– disse Kurt, posandogli dolcemente una mano sul
braccio e
chiedendogli implicitamente di essere guardato negli occhi. Dave lo
sapeva, non
era capace di tenere nascoste le cose, a suo marito più che
a ogni altro.
Quelle dita affusolate che si stringevano al suo avambraccio erano
calde e
delicate, promettevano di riparare qualunque brutto pensiero lui stesse
facendo.
Distolse
l’attenzione dalla roba
da mettere a posto e mosse lo sguardo su quello preoccupato di Kurt.
–Stavo
solo ricordando che tre
anni fa in questo periodo… non ce la passavamo
bene.– disse alla fine, con uno
sforzo che gli costò il baluginare lontano delle lacrime nei
suoi occhi dalla
sfumatura indescrivibile.
–Oh…
Ci pensi più tu di me,
ormai. Ci credi che la sento come una cosa talmente remota
da… dimenticarla,
quasi?
Kurt
sapeva che quelle parole non
avrebbero sortito l’effetto desiderato, così si
aggrappò delicatamente al collo
del marito. David continuava a spostare con nervosismo lo sguardo sul
muro di
fronte finché il tocco di quelle adorate dita sulla guancia
non lo invogliò a
concentrarsi solo sulle stelle ardenti che erano gli occhi di Kurt. Ma
non
bastava. Faceva ancora male.
–Entrai
in ospedale il 19
dicembre, uscii alla vigilia di Natale.
Kurt
lo accarezzava come se fosse
un bambino piccolo che aveva bisogno di essere rassicurato, un bambino
che
profumava di dopobarba. David non abbandonava mai del tutto
quell’impalpabile
paura di perdere il mondo che si era costruito con quel sopranista con
manie da
primadonna.
–Avevi
raccontato ad Allie quella
storia così storia così adorabile… Sei
stato meraviglioso.
A
David scappò un sorriso sghembo
e pieno di sentimenti. –Già, le fate.
«Papino Kurt è andato a cantare per le
fate.»
–Queste
sono le cose che non mi
fanno mai pentire di averti sposato, sai?
David
s’imbarazzò, come sempre
quando l’altro lo faceva sentire così importante.
Si sentiva fortunato a
ricevere le lodi di una persona che illuminava costantemente le sue
giornate,
ed anche un po’ in soggezione, come se non meritasse poi
tutto quel parlare.
Kurt,
assicuratosi che l’ombra
dei cattivi pensieri si fosse eclissata, gli elargì un
buffetto sulla guancia e
tornò a piegare indumenti vari.
–A
proposito, Allie non deve fare
i compiti?– domandò, riponendo dei boxer nel
proprio cassetto
–Sì.
Voleva guardare un po’ di TV
prima di cominciare.
Kurt
squittì con disappunto: –Cheee???
In questo periodo non faranno altro che mandare film natalizi a
ripetizione.
Sei impazzito? Non voglio che la sua giovane mente venga traviata!
Dave
abbandonò del tutto i
dolorosi ricordi di qualche anno prima, beandosi di quanto buffo
risultasse
l’altro in quella sua fissazione. Piegava i vestiti a
velocità impressionante e
non la finiva più di alzare gli occhi al cielo. Dave, di per
sé, sentiva che
sarebbe scoppiato a ridere da un momento all’altro se il
marito non avesse
smesso subito di andare avanti e indietro dall’armadio al
letto come un
robottino impazzito.
–Kurt,
sei melodrammatico. Quando
Allie andava all’asilo la facevi rimanere a casa per tutto il
mese di dicembre,
ma ora cos’hai intenzione di fare? Perdere un mese di scuola
primaria non è
fattibile. Inoltre sei tu stesso un patito delle canzoni natalizie
e…
–Sei
divertito, caro. Lo
percepisco dal tuo tono di voce. –replicò Kurt,
passando davanti a lui a testa
alta, fermo nelle sue convinzioni.
–Sì,
molto divertito. Perché tu
mi ricordi tanto qualcuno… hmmm – David fece finta
di non ricordare il paragone,
poi cominciò a canticchiare per prenderlo in giro…
You're
a mean one Mr.
Grinch
You
really are a heel.
You're
as cuddly as a
cactus,
And
as charming as an
eel,
Mr.
Grinch!
–Ma
smettila! – rise Kurt,
scuotendo la testa. Niente, non poteva resistere, con lui rideva sempre.
–Credi
davvero che nascondendole
l’esistenza di questa festa le farai del bene? Insomma,
è il Natale!
Quand’eravamo liceali anche a te piaceva festeggiarlo!
Kurt
tornò serio e gli puntò il
dito contro con aria vagamente
minacciosa. –Esatto, David Karofsky, proprio il Natale!
È tramite questa
pantomina da feuilleton che la religione “compra” i
bambini! Noi siamo adulti e
sappiamo gestirla, ma lei? Come può capire che certe cose
vanno… uhm,
“interpretate”?
–O-okay.
–balbettò l’altro,
alzando le mani in segno di resa. Sospirò, poi disse:
–Aiuto la piccola a fare
i compiti…
Mentre
usciva dalla stanza a
passo cadenzato, continuò a canticchiare, sornione.
You're a bad banana,
With a greasy black peel!
You're a monster, Mr. Grinch!
Kurt
scoppiò di nuovo a ridere e
gli tirò dietro un paio di calzini arrotolati che
rimbalzarono sulle sue spalle
larghe da ex giocatore di football. –Sparisci, razza di
avvocato del diavolo!
***
–Ehm,
Houston, abbiamo un
problema! –fece David, gracchiando la voce come una
ricetrasmittente difettosa,
mentre filava in cucina con una pila di piatti sporchi in mano.
–Grazie,
amore, mi sei di grande
aiuto, eh!– cinguettò ironicamente Kurt, prima di
tornare allo sguardo
interrogativo della piccola davanti a sé.
–Allora,
papà? Chi è Babbo
Natale? Coline dice che ha un vestito rosso e la barba bianca e porta
tanti
regali ai bravi bambini… Allora può portare dei
regali anche a me!
Erano
rare le volte in cui Kurt
imprecava, perfino nella sua testa, ed in quel momento lo fece,
cominciando a
domandarsi perché diavolo Coline non tenesse cucita quella
sua boccuccia française
ogni tanto.
“Per
VanAssche! Ora che cosa le
dico?”
Non
ebbe il tempo di trovare una
storia convincente, che la piccola riprese a fare domande, causandogli
un
capogiro.
–E
poi chi è Gesù Bambino? Coline
dice che è tanto buono, ma io non so chi è questo
bambino! E Coline parla del
Natale, papà! Io le ho detto che non so
cos’è e mi ha preso in giro!– Allie a
quel ricordo si accigliò, stringendo la stoffa della
tovaglia con la manina.
Kurt
immaginò di mettere a tacere
la viziata figlia dei Flechère schiaffandole in bocca una
baguette. Hm.
Stupenda visione. A volte non c’era seccatura più
grande di una piccola peste
dalla lingua lunga. Una piccola peste che, fra l’altro,
rischiava di mettere in
crisi il suo operato genitoriale con le frecciatine da sartoria apprese
senza
dubbio dalla madre…
“Potrei
dirle che Babbo Natale è
il mago dell’Inverno e…” tentava
affannosamente di farsi venire un’idea
abbastanza decente da reggere tutta la storia del Natale, ma si accorse
che non
voleva mentirle davvero “No, ha ragione David. Non ha senso
nasconderle una
cosa che comunque verrà a sapere! E dovrei trasformarmi in
un bugiardo? Non è
giusto.”
Allie
era tornata a guardarlo in
trepidante attesa, sperando di ricevere le risposte al fermento che
aveva
notato a scuola. Kurt cercò un modo di iniziare il
discorso… Era talmente
impegnato a pensare che non si accorse che Dave era dietro di lui fin
quando
non posò le mani sulle sue spalle e aprì bocca
per parlare.
–Bè,
KittyCat, ci sono persone,
sai… uhm… persone che credono ci sia qualcosa di
più grande di noi in cielo,
qualcosa che ci ha creati tutti e che ci dice come dobbiamo
vivere… e chiamano
questa cosa Dio. Lo immaginano come
un uomo grande e potente che tanto tempo fa fece scendere suo figlio
sulla
Terra.
–Ma
ovviamente sono tutte
sciocchezze, baby.– intervenne Kurt, agitando le mani come un
ossesso. Era come
seduto su un cuscino di spilli, in bilico fra il rilassarsi lasciando
che il
marito spiegasse, e il tendersi per lo sdegno che percepiva a sentire
certe
cose in casa sua.
David
continuò, ormai sicuro di
riuscire a risolvere quella questione tanto spinosa.
–Comunque ci sono molte
persone che credono in questo Dio, e hanno una loro festa, il Natale.
Il Natale
è il giorno in cui tanti anni fa è nato il figlio
di Dio, Gesù Bambino.
Kurt
sentì un nodo alle viscere,
orticaria, vista annebbiata, salivazione azzerata... tutto insieme,
come
disastroso effetto della repulsione a quelle quisquilie. Allie
ascoltava con
interesse e lui temeva che si stesse bevendo tutto come una favoletta.
Non
riuscì a trattenersi, e intervenne ancora.
–Ma
il Natale lo festeggia la
gente fuori di testa, cuccioletta. Noi non crediamo a tutte queste
storielle…
Okay,
uhm. “Gente fuori di testa”
forse era stato un po’ eccessivo, considerando il fatto che
ormai i più
consideravano il Natale come un’occasione per fare festa e
scambiarsi regali, nient’altro.
Ma come accidenti spiegare a una bambina di sei anni certe cose? Che
cerchio
alla testa!
Allie
giocava con il tovagliolo
accartocciato e sembrava non saper bene cosa pensare. Dopo un
po’ disse:
–Allora io non avrò i regali come gli altri
bambini? Coline dice che ne avrà
così tanti che non riuscirà a contarli…
Kurt
non sopportava quella
francesina saccente, soprattutto perché le sue sciocche
chiacchiere ora erano
causa del faccino triste di sua figlia.
–Bè– strinse la mano di David sulla sua
spalla e trasse un profondo respiro per farsi coraggio ed essere sicuro
di ciò
che stava per dire– Ascolta, tesoro mio, sai cosa facciamo?
Faremo anche noi
una festa per il Natale, e avrai i tuoi regali! Sarà la
nostra festa
dell’Inverno, canteremo e decoreremo la casa!
–Una
festa? –ripetè Allie,
improvvisamente entusiasta, col nasino che si arricciava per
l’eccitazione–
Facciamo venire anche zio Finn e zia Rachel?
A
Kurt bastò guardare la luce
negli occhi della bambina che subito dimenticò le sue
reticenze nei confronti
del Natale…
–Ma
certo! E anche Santana e
Brit, Shelby, Puck, Beth… ci divertiremo tutti insieme!
David
era già frastornato solo
all’idea. –Oh, ca…– Kurt gli
scoccò un’occhiataccia fulminante–
…caspiterina,
Allie! Sai che bello?
–Metteremo
gli addobbi e… ti
prometto che avrai più regali di Coline!
–esclamò Kurt, ormai in orbita.
Allie
scappò via da tavola
lasciandosi dietro uno “Yeeeeee” di pura gioia.
Kurt si mordicchiava le labbra,
estasiato.
–Ah,
complimenti. Sei passato
dallo status di Grinch a “evviva il
Natale”!– commentò Dave, grattandosi
confuso il mento.
–Ma,
non hai sentito? Quella
Coline! Insomma, nostra figlia dev’essere felice e per il suo
sorriso accetto
perfino di festeggiare il Natale. Nessun significato religioso, solo
albero,
regali, pan di zenzero, agrifoglio, CANZONI… cose
così. E, siccome non esiste
persona al mondo con maggior senso estetico del sottoscritto, voglio
fare le
cose per bene. Mi divertirò!
–Che
incoerente! Fino a ieri
predicavi quanto il Natale fosse il male…!
E, prima che tu mi assalga, sto solo facendo della pungente
ironia!– borbottò
David schioccandogli un bacio sulla tempia.
–Hmmm
sarò incoerente ma… è colpa
di Allie. Mi toglierei una costola per quella bambina!–
sospirò Kurt,
stringendosi al marito con desiderio. Aveva quella voglia improvvisa di
lui
che…
–Alt!
Alt! Alt!– l’altro
interruppe il bacio causandogli il broncio– Non guardarmi
così, dimmi se hai
davvero intenzione di chiamare a raccolta mezzo liceo McKinley!
–Non
fare l’orso!– sbuffò Kurt,
spingendolo via con una mano sul petto.
David
rise tornando a cingerlo,
stavolta prendendogli con amore i fianchi da dietro. –Non
faccio l’orso, è che
so già cosa mi aspetta…
***
–Mettiti
il cappotto, dai!–
esclamò Kurt, lanciandogli il soprabito di panno scuro che
lui stesso gli aveva
regalato.
David
con un movimento di
contorsionismo lo acchiappò al volo mentre l’altro
chiudeva il cappottino in
tartan della figlia e proteggeva il suo piccolo collo con una sciarpa
rossa.
Con gonnellina bordeaux, leggings e stivaletti lucidi color amaranto,
Allie
sembrava la testimonial impeccabile di qualche casa di moda per
bambini. I suoi
occhioni scuri avrebbero dovuto ricordare al mondo che in lei non vi
erano geni
Hummel né Karofsky, ma in realtà il DNA poco
importava, quella principessina
era la LORO principessina.
E lì, in quegli occhi, era racchiusa l’eccitazione
di stare per scoprire qualcosa di nuovo di cui tutti i suoi compagni
parlavano
e a cui ora poteva magicamente accedere anche lei.
–A
quale vivaio vuoi che ti
porti?– domandò David al marito, stirandosi le
maniche del soprabito
doppiopetto. Kurt si voltò verso di lui e il suo cuore si
fermò per un attimo,
orgoglioso di avergli regalato un capo che lo impreziosiva oltre misura
delineandogli bene la corporatura possente.
–Vivaio?
Assolutamente no! Voglio
un albero sintetico bianco… e lo addobberemo con cascate di
glitter nero e un
puntale d’argento.
–Agli
ordini, capo!– sospirò
David, non del tutto sicuro di essere pronto alle grandi spese di
Natale in
compagnia di uno shopping addicted
come Kurt.
–E
sai esattamente dove desidero
che tu mi conduca, o Principe Azzurro…– disse
quest’ultimo, sfiorandosi con
innocenza il ciuffo alla pompadour
irrigidito dalla lacca.
David
lo sfotté spingendolo via
dalla spalla. –Pffff. Non chiamarmi così,
bambolina di porcellana!
Già
il viaggio in macchina fu
l’inizio del delirio. Nella Chevrolet 4x4 nuova di zecca (ah,
i vantaggi di
lavorare in uno studio legale di prim’ordine!) Dave dovette
sorbirsi degli
sproloqui infiniti su tutto ciò che Kurt aveva in programma
di acquistare allo
“Zenith”, con Coline dietro che dal seggiolino
chiedeva continue spiegazioni
sull’indecente numero di cianfrusaglie che suo
papà elencava come se fossero
salmi mistici. Cos’era lo “Zenith”?
Semplicemente il luogo che Dave era quasi
arrivato a sognare di notte, per colpa del marito che lo trascinava
lì puntualmente
tutti i mesi! Ormai conoscevano i commessi come se fossero loro
dirimpettai, e
Kurt ovviamente raccontava anche tutti gli affari di casa
Karofsky-Hummel alla
stregua di chiacchiere da salotto. A volte David temeva perfino che
l’altro si mettesse
a svelare quei piccoli imbarazzanti particolari della loro vita di
coppia, ci
mancava solo quello! Che razza di posto era lo
“Zenith”? Bè, David non sapeva
neanche che tipo di negozio definirlo, riusciva a catalogarlo
tutt’al più come
una sorta di santuario dell’oggettistica…
oggettistica di innovativo design che
sfociava in articoli di arredamento sconvolgentemente costosi e
bizzarri. Per
qualche strana ragione, anche un anticonformista come Kurt, sempre
dedito alla
ricerca del nuovo (e quindi anche di nuovi negozi!), aveva fatto
qualcosa come
un voto segreto di non abbandonare mai lo “Zenith”
fino al giorno in cui avesse
dovuto disgraziatamente chiudere i battenti.
Paula,
la commessa con cresta
alla Puckerman color melanzana, li accolse con il suo solito sorriso
asimmetrico e pieno di vita.
–Oh,
la nostra famigliola
felice!– esclamò, uscendo da dietro il bancone per
mostrare a Kurt il suo
maxipull psichedelico.
Attirato
dall’allegro
chiacchiericcio, spuntò dal retro un altro dei commessi.
Luc, allampanato, con
bellissimi occhi verdi dietro la montatura da nerd, risata contagiosa e
una
spiccata sintonia con Allie. Non appena fece
“ciuf-ciuf”, David lasciò andare
la manina della figlia, sapendo che quello era il loro richiamo. Era un
po’
geloso, ma in fondo quel Luc sapeva davvero come trattare la
principessina! Li
osservò un attimo mentre si avventuravano su per le scale
del secondo piano,
poi tornò a Kurt che, a quanto pareva, non aveva perso un
minuto di tempo!
–Sapevo
che mi avresti capito al
volo! Insomma, se proprio devo festeggiare il Natale tanto vale che lo
faccia
alla maniera Hummel! –sentenziò Kurt trillando di
entusiasmo con la ragazza.
Paula
li condusse nella stanza
adiacente, dove erano stipati alberi di Natale di ogni genere e dagli
altoparlanti
si diffondevano delicati coretti di musica natalizia. Il sopranista
indugiò qualche
istante, affascinato da un abete fuxia, ma David lo spinse oltre
bisbigliandogli una minaccia all’orecchio.
–Questo
è perfetto, non puoi
dirmi nulla! –esclamò Kurt dando di gomito al
marito davanti all’albero bianco
che era stato nei suoi piani fin dall’inizio. David
guardò l’abete da sotto in
su, per quanto era alto. Due metri e dieci, recitava il cartellino. Per
portarti a casa quei due metri e dieci di plastica dovevi spendere un
bel
bigliettone da cento dollari e un altro da venti. Considerando le volte
in cui
far spese con Kurt non gli era costato che il quadruplo di quella
cifra, David
capì che stavolta non gli era andata poi così
male. E in fondo, a dir la verità,
per la sua fatina cosa non avrebbe fatto? Sembrava che si divertisse!
“Incoerente e maniaco delle stramberie. Ma… cazzo,
quanto lo amo!”
Quel
pomeriggio uscirono dallo “Zenith”
con molti soldi in meno. Arrivarono fino alla macchina alquanto
sovraccarichi.
David con una mano teneva Allie, tutta contenta del lecca-lecca alla
fragola
che le aveva regalato Luc, mentre con l’altra aveva
raccattato una parte del
carico natalizio di Kurt, e lo stesso sopranista portava buste su buste
senza
lamentarsi, soddisfatto. Erano le diciotto e un quarto, 9 dicembre. Di
lì a
poco i fattorini dello “Zenith” avrebbero portato
nel loro salotto quell’adorabile
abete color neve.
***
–Amore,
per favore, reggi qui. –disse
Kurt porgendogli l’altra estremità del festone
nero luccicante mentre si alzava
in piedi sullo sgabello.
–Attento!
–esclamò David,
bloccando col piede la tenuta malferma dello sgabello. Allie si
chinò e
mantenne con le manine i basamenti perché suo
papà non cadesse. L’avvocato
prese il festone che l’altro gli porgeva e, seguendo le
indicazioni di Kurt, lo
sistemò fra le fronde basse dell’abete mentre
l’altro lo faceva passare tutt’intorno
dall’alto.
–Passami
il puntale, Dave!
David
tirò fuori dalla busta
dello “Zenith” il magnifico puntale, una sorta di
ampolla che si assottigliava
in una bacchetta lucente, tutto cromato d’argento e glitter
con sottili fregi
neri.
–Tieni.
Kurt
lo prese e, quando con un
po’ di frizione lo infilò in cima,
sentì le orecchie andargli a fuoco
immaginando le battutine oscene che David si stava sicuramente
trattenendo dal
dire in presenza della bambina.
–Scendi,
dai! –rise il marito
mollandogli una pacca sul sedere.
–Sì,
sì, scendo, scendo…–balbettò
Kurt, stordito dal fatto che ogni possibile battutina stava venendo in
mente
proprio a lui e non riusciva a capacitarsene. “Maledetta
astinenz…”. Il
pensiero capitombolò insieme a lui che, intento a
vaneggiare, aveva poggiato
male il piede sul piolo e aveva perso l’equilibrio. In
qualche maniera i
riflessi di David furono talmente veloci che fece in tempo a sorreggere
Kurt
prima che quello sbadato si slogasse qualcosa.
–Ouch!
Scoppiarono
a ridere in un
bizzarro intreccio di braccia e Kurt gli stampò un bacio di
gratitudine.
–Che
impiastro…–lo prese in giro
il marito.
–M-mi
sono distratto! –balbettò
il sopranista, glissando sulla causa della propria disattenzione. Le
braccia di
Dave erano forti e calde, un richiamo sensualissimo al quale sapeva di
poter soccombere
da un momento all’altro… –Adesso
è il momento di appendere le ghirlande e
cambiare i foderi dei divani! Rosso fuoco è la parola
d’ordine! Allie, mi
aiuti, vero?
La
piccola lanciò un urletto
elettrizzato e si ancorò alla gamba di Kurt
stritolandogliela con riconoscenza.
***
–Dobbiamo
avvertire tutti quanti,
altrimenti potrebbero prendere altri impegni per il 24, no?
Kurt
era concentrato a sfogliare in
tutta fretta una rivista a caccia di una ricetta particolare da esibire
durante
la cena, perciò non lo ascoltò.
–Kurt?
Solo
sentendosi chiamare alzò gli
occhi dalle pagine. –Dimmi!
–Siamo
già al 12 dicembre, non
dovremmo fare un colpo di telefono agli altri? Molti di loro dovrebbero
arrivare da Lima, non siamo sicuri che possano venire!
–Sì,
amore, puoi telefonare tu?
C’era
un mucchio di persone da
contattare il prima possibile e David non ebbe il tempo di farsi una
lista
mentale degli invitati, che Allie li raggiunse in cucina tutta
trafelata, con
in mano un quadernone di scuola.
–Papà
Davey, mi aiuti? Non riesco
a fare i compiti!
–Telefonerò
più tardi, Kurt. Do
un’occhiata al lavoro della bambina…
Il
sopranista gli diede l’ok con
un movimento della mano, per tornare subito alla sua ricerca.
–AH! –urlò, con
tale soddisfazione nella voce che David tornò a fissarlo con
aria
interrogativa.
–Che
ti prende?
Kurt
puntava freneticamente il
dito contro una pagina, sembrava quasi che volesse farci un buco!
–Cappone
alle ciliegie, sarà il
nostro piatto forte!
David
strabuzzò gli occhi e
chiese ad Allie di aspettare solo un attimo. La piccola
tornò in sala, pronta a
fare i compiti con suo papà accanto all’albero di
Natale.
–A
costo di fare un’osservazione
stupida… Dove vuoi che trovi le ciliegie a Dicembre? Non si
potrebbe optare per
qualcosa di più…
Kurt
si alzò di scatto e cominciò
a sventolare la foto del cappone alle ciliegie sotto il naso del
marito. –Conserva di
ciliegie, caro! Guarda, non
ti fa venire l’acquolina in bocca solo a guardarlo?
David
aveva i suoi dubbi che si
sarebbe innamorato di quel piatto, ma Kurt era già partito
per la tangente,
così alzò le spalle e annuì.
Per
tutta l’ora seguente rimase a
girare le pagine del libro di letture di Allie, standole vicino mentre
lei si
concentrava nell’esercizio di bella calligrafia che le aveva
assegnato
l’insegnante. Staccò gli occhi da “La
bicicletta di Janet” per guardarla tirare
fuori la linguetta nel tentativo di ricopiare una perfetta lettera
effe, con i
bagliori delle lucette appese all’albero che si riflettevano
sui suoi capelli
ramati. Era bella. Davvero bella. David in quei riflessi luminosi sui
capelli
da fata e nell’espressione scrupolosa della piccola vedeva
tutte le meraviglie
del mondo condensate insieme… Senza dubbio
l’avvocato sentiva che nella vita
aveva fatto le scelte giuste, e ora si ritrovava a esser parte di una
famiglia
di cui era tanto orgoglioso che gli faceva brillavano gli occhi per la
commozione. “Dannata bambolina di porcellana, mi ha
trasformato in un
orsacchiottone lacrimoso!”. Sì, la frecciatina
colma d’amore andava sempre e
comunque a Kurt Hummel. Fu interrotto nel suo vago ammasso di pensieri
sdolcinati dallo squillare dell’iPhone accanto alla rarissima
lampada Verner
Panton del ’64 a cui probabilmente Kurt teneva più
che al resto della casa.
Allie
alzò gli occhi dal quaderno
mentre suo padre si alzava per rispondere.
–Lo
studio legale? –esclamò
David, vedendo il nome del suo capufficio illuminare lo schermo.
–Pronto, Liam?
La
bambina osservò attentamente
come suo papà cambiava espressione parlando di qualcosa che
nei suoi sei anni
non conosceva, ma che sapeva lo avrebbe portato via. Infatti, quando
David ripose
il cellulare sul mobile, le scompigliò il ciuffo e poi le
baciò la testa
profumata dicendo: –KittyCat, papà deve andare al
lavoro, ma torno presto.
Allie
allungò le braccine verso
il suo collo e posò le labbra delicate sulla guancia
dell’avvocato.
–Kurt!
–David lo chiamò
dirigendosi in cucina dove l’aveva lasciato. Lo
trovò invece in bagno in una
precisissima operazione di pulizia facciale.
–Smettila
di fare la primadonna.
Mi ha chiamato Liam e devo correre in ufficio, Allie è di
là da sola. Vuole un
po’ di compagnia.
–Certo,
amore. Ci penso io… vai
pure! –trillò Kurt, sporgendosi verso
l’altro per baciarlo.
–Argh!
No! –biascicò David, schivando
una faccia ricoperta da una poco invitante cremina bianca–
Non ti dico cosa
sembra quella roba!
–Troglodita!
Sei sempre un
troglodita! –sbuffò Kurt, picchiandolo con
l’asciugamano.
***
E
non era stata una buona cosa,
non proprio.
–Ma
chi è che si mette a fare
causa ad una Spa proprio a Natale? –esclamò Kurt
con disappunto, sedendosi a
tavola.
–Cosa
vuoi che ti dica? Quando ci
sono di mezzo grandi quantità di denaro la gente non aspetta!
–A
proposito di aspettare… devo
parlarti di una cosa.
David
si grattò la fronte, pronto
a qualche proposta stravagante. –Dimmi…
–Mentre
eri via mi ha chiamato
anche Jodie Carliff.
–La
sovrintendente della tua
compagnia?
–Sì.
–Kurt sospirò, poi
ricominciò a parlare a velocità mostruosa, come
se sapesse che quello che
doveva dire non sarebbe stato facile da digerire –Mi ha detto
che dopo la pausa
delle festività i Rubies
avranno assolutamente
bisogno di me per un musical sperimentale,
“Versailles” e… hanno in programma
una tournèe in New York, Pennsylvania, Ohio, Indiana e
Illinois, poi Georgia e
Florida. Si tratterebbe di cinque mesi.
David
incagliò lo sguardo su di
lui come pietrificato. –Oh.
–Cosa
vuoi dire con “oh”? –domandò
il sopranista, mordicchiandosi l’unghia del pollice.
–Nulla
in particolare. Sei tu che
dovresti dirmi qualcosa… Hai intenzione di andarci?
–borbottò Dave, serrando la
mascella e infilzando con vigore la grigliata di zucchine nel piatto.
Allie
aveva sentito delle parole
che non le piacevano, non sapeva quale dei due papà guardare
per non scoppiare
in lacrime.
–Papà
Kurt… cosa… dove… dove devi
andare?
–Cucciola,
è il mio lavoro…
–Vuoi
andarci, è così? –lo
interruppe l’avvocato lasciando perdere quelle stupide
zucchine– Insomma, è una
bella occasione e tu hai… quella luce negli occhi,
sai… come quando con i Rubies
eravate appena sbarcati a
Broadway.
Kurt
ponderò attentamente le sue
parole. –Lo sai, è quello per cui vivo.
Non
abbastanza. Fu come una
freccia al veleno, spedita dritta al cuore di David Karofsky.
Bastò a farlo
sentire inutile, quasi un peso. L’altro se ne accorse e
capì di aver sbagliato.
–Non…
non fare quella faccia. Non
intendevo dire… Oh, non far finta di non saperlo…
oltre a voi il palcoscenico
è ciò che amo.
–Perché
devi andare via? Papà,
perché? –ripeté Allie, fissando le luci
intermittenti dell’albero con le iridi
velate di lacrime.
David
le prese con delicatezza il
braccio. –Perché tuo papà Kurt ha la
voce più bella del mondo, KittyCat. Ed è
giusto che la gente lo senta cantare! Noi due ce la caveremo, non
credi? Non ci
accorgeremo nemmeno del tempo che passa.
Kurt
nascose un sorriso dietro le
mani incrociate. Ogni volta quell’uomo riusciva a
sorprenderlo in mille modi
diversi e ricordò che, in fin dei conti, l’aveva
sorpreso fin dal principio con
quel bacio negli spogliatoi del McKinley….
Quella
sera in camera da letto,
il sopranista riaccese l’abat-jour pochi minuti dopo che Dave
l’aveva spenta.
Con la luce soffusa che si infrangeva debole sulle sue spalle,
appoggiò il
gomito al cuscino e diede adito alle sue abilità da
seduttore. Accarezzò la
guancia di Dave con tocco da gatto, beandosi dell’accenno di
barba sotto i suoi
morbidi polpastrelli.
–Guardami.
Quella luce negli
occhi ce l’ho anche adesso…?
David
respirava forte sulla sua
mano, si voltò lentamente e alzò le palpebre.
Giochi di luci e ombre
proiettavano sul suo viso un’espressione atona, quasi
sofferta, quando parlò.
–Sì, ed è magnifico.
Baciò
le dita affusolate di Kurt
con la spontaneità che vive nell’animo di un
bambino.
–Hmm.
È perché avere un marito
come te fa bene al corpo e alla mente! –ridacchiò
sommessamente Kurt.
David
sapeva dove voleva andare a
parare. Ma non era la serata giusta, e probabilmente non lo sarebbe
stata per
un po’. Non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a
fingere che andasse
tutto bene. Gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte,
erano lisci e sottili
come seta… –Sono stanco. Buonanotte, fatina.
***
“Il
mattino ha l’oro in bocca,
oro come questi cereali.” Quello il pensiero di Dave non
appena si riempì la
tazzona di cornflakes dorati, come faceva da sempre. I petali di mais
erano
diventati improvvisamente così interessanti da meritare un
excursus su proverbi
e affini…? No. La verità è che quando
hai qualcosa da nascondere fai di tutto
pur di non dare a vedere che ci stai pensando, che hai quel piccolo
tarlo
annidato nel cervello. Odiava tenersi dentro i sentimenti, aveva
imparato al
liceo che non portava a niente di positivo, ma in questo caso rivelarli
avrebbe
fatto del male a Kurt, quindi il suo dolore personale passava in
secondo piano.
–Stai
ancora dormendo?
–Uh?
–Dave scosse la testa e si
stropicciò gli occhi, cogliendo la palla al balzo–
Sì. Sì… una di quelle volte
in cui il letto non ti vuole proprio lasciare andare, sai?
–Ci
vuole una spremuta d’arancia!
–Che
orrore! Ti prego,
risparmiamela.
–No!
–asserì Kurt, posando con
eleganza un bicchere di spremuta sotto il naso
dell’altro– Il mio bambinone non
ha ancora imparato che non c’è niente di
più salutare?
L’avvocato
storse il naso.
–Invece di propinarmi questa schifezza, vai a svegliare Allie.
Kurt
finse di offendersi e
raggiunse la cameretta ancora buia della piccola, con gli scaffali
pieni zeppi
di pupazzi a vegliare su di lei. Il sopranista alzò
lentamente la tapparella
fino a farla arrivare a metà, poi si avvicinò al
letto e, come ogni mattina,
cominciò piano a cantare una dolce melodia al suo orecchio.
Birds flying high
You know how I feel
Sun in the sky
You know how I feel
La
sua voce era una carezza
intrisa d’amore, dedita a sfumare con delicatezza i contorni
del sonno di Allie
affinché si svegliasse nel modo in cui un fiore apre con
magica soavità i suoi
petali…
Allie
stropicciò gli occhietti,
poi incurvò le labbra in un sorrisino ancora assonnato.
Quando uscì dal letto
ancora in pigiama, la prima cosa che fece fu correre in cucina
dall’altro papà.
–Principessina!
–la salutò David,
illuminandosi di orgoglio paterno. Allargò le braccia mentre
la piccola si buttava
a capofitto su di lui chiudendo di nuovo gli occhi e accoccolandosi
morbidamente nel suo petto ampio.
Non
appena fu l’ora di uscire di
casa, David fu piuttosto sbrigativo nel rivolgersi a Kurt.
–Devo andare,
altrimenti farò tardi.
Non
pretese nemmeno dal marito
quel bacio di rito che gli spettava ogni volta prima del lavoro, e
ciò cominciò
a far insospettire l’altro che forse qualcosa non
andava…
***
–Sono
così eccitato per il
musical! Oggi ci hanno detto che presto ci verranno recapitati i
copioni, per
avere una minima idea di quello che andremo a fare… Ah, ho
telefonato io ai
nostri amici, altrimenti te ne saresti dimenticato! Nessun
“disertore”,
dovrebbero riuscire a raggiungerci. Per Rachel e Finn il problema
neanche si
presenta, devono macinare solo un paio di chilometri e sono
qui… anzi, si sono
offerti di venire in mattinata, così ci danno una mano.
I
propositi che Dave si era
cucito addosso in mattinata volarono via come foglie al vento. Kurt gli
aveva
appena sbandierato con compiaciuta felicità tutto il
fermento che sentiva per
il musical. A quanto pare era contento di andar via per cinque mesi?
Fantastico. Ora non voleva altro che sputare fuori tutto il suo
malumore, ma
cercò di contenersi, almeno per il momento.
–Ok.
–disse soltanto.
–Potresti
mostrare un po’ più di
entusiasmo…? Pensavo che alla fine ti facesse piacere
rivedere tutti quanti.
–Infatti…
Kurt
cercò di esplorare gli occhi
cangianti del marito e, vedendo un’ombra che non vi
apparteneva, ebbe l’illuminazione.
–Come
ho fatto a non arrivarci
prima? È per la tournèe…
David
gli diede le spalle. Non
aveva alcuna intenzione di creare tensioni e si sentì uno
sciocco per non aver
mascherato meglio la propria inquietudine.
–Sì,
è per la tournèe. Dimmelo!
Lo capisco… Cosa vuoi che faccia? –insistette Kurt.
–Ascolta.
Quando ci siamo sposati
ho accettato tutto di te. Esibirti fa parte del tuo essere, sei nato
per stare
sul palcoscenico e sai quanto mi piace sedermi in prima fila con Allie
nei
teatri, applaudirti e poi portarti i fiori dietro le quinte…
Non posso
chiederti di rinunciare adesso! Solo… non ti eri mai
assentato per così tanto
tempo. Mi aspetto la tua comprensione, non sarà facile
né per me né per la
bambina.
Probabilmente
Dave aveva una
qualche parte di sé che si sarebbe potuta definire
masochista, dato che si
ostinava ad assecondare quell’altalena che saliva e scendeva
in lui. Una volta
faceva finta che tutto andasse perfettamente e quella dopo si lasciava
prendere
dall’irrequietezza.
–David…
–Va
tutto bene! –puntualizzò
l’avvocato, con troppa durezza nella voce perché
suonasse credibile. Ma Kurt
non poteva dire nulla, non voleva dover scegliere fra la sua famiglia e
la sua
passione. Optò per la strada del silenzio, sentendosi anche
un po’ meschino.
Quante volte in passato era già successo che avessero delle
incomprensioni, che
si ritrovassero a soffrire in conflitti interiori che non riuscivano
mai ad
esternare del tutto se non al limite del litigio? Quei momenti non
erano
mancati nemmeno da quando c’era Allie e, per quanto Kurt si
stesse sforzando di
ricordare come li avevano superati, non riusciva a farlo. Tuttavia
amava
quell’uomo in maniera viscerale, non importava quanto a volte
potesse fare
male, perché sapeva che anche David lo amava esattamente
quanto faceva lui.
Nei
giorni successivi risultò
evidente che quel “va tutto bene” era un fittizio
calmiere che David aveva
imposto a se stesso e che era destinato a crollare. Sembrava che ora
dopo ora
la sua tranquillità venisse inghiottita lentamente da un
tangibile nervosismo.
Tutto quel disagio represso esplose quando arrivò
l’ora di comprare i regali
per tutti (il che già non era propriamente
un’impresa facile, considerata la
grande quantità e varietà di amici che si
ritrovavano). Girarono in tondo nel
parcheggio del centro commerciale per tre volte, e ad ogni giro il
nervosismo
dell’avvocato saliva. –Maledizione!
–Guarda,
forse quella macchina
sta uscendo…
–Sta
entrando, invece. Sta’
zitto. –sbuffò David, stringendo le mani sul
volante. Al quinto giro riuscirono
ad infilarsi fra una BMW e una vecchia Ford. Mentre Kurt ed Allie
zampettavano
allegramente verso l’ascensore, l’avvocato si
tirava indietro, camminando con
non troppa volontà dietro di loro. Improvvisamente tutto
quanto aveva perso
importanza. Si crogiolava nel suo umore nero, standosene fra
sé e sé come una
bomba con la miccia accesa. Il tempo si accorciava, era il 22 dicembre,
Kurt
presto l’avrebbe lasciato, era tutto orribile.
Quando
furono dentro e passarono
per prima cosa dallo store di abbigliamento maschile, Dave continuava a
muovere
non poche obiezioni alle idee di Kurt, sbattendogli in faccia quanto
fossero
bislacche.
–E
tu vorresti regalare quel
papillon con le farfalle a Blaine? Cazzo, ma ti rendi conto che
quell’uomo già
si veste in modo ridicolo di suo?
–Calmati.
Non parlare così quando
c’è la bambina. E perché dai addosso a
lui?
–Non
sto dando addosso a nessuno!
Anzi, cerco di evitare che tu gli regali un obbrobrio!
–David,
trovo assurda la tua gelosia
dopo tutti questi anni, soprattutto ora che siamo sposati!
–In
che lingua parlo con te? Non
me ne frega niente, non sono geloso! Vorrei solo risparmiargli un
ulteriore panzaneria
a quel look da pescatore gay-chic che si porta dietro da anni!
–David!
–Kurt si girò di scatto,
cominciando a farsi rosso in viso per la rabbia– Smettila di
dire cattiverie.
–Non
posso neanche dire la mia,
ora? Fatina, non scherzare col fuoco! –ringhiò
David, alzando con strafottenza
il sopracciglio.
–Papà?
–si preoccupò Allie,
nascondendosi dietro la gamba del sopranista. Dave si accorse dei suoi
occhioni
spaventati e sbuffò, odiandosi per come mal gestiva i suoi
problemi.
–Ne
ho abbastanza. –borbottò a
bassa voce, stringendo i pugni lungo i fianchi – Ne ho
abbastanza di tutto!
–Perfetto,
allora prendi un taxi
e tornatene a casa! –sbottò Kurt, serio–
Sei intrattabile da giorni, rendi
nervoso anche me! Sembri… sembri… una checca
mestruata! Sì, proprio tu, David
Karofsky!
Dave
a quelle parole lo guardò
come faceva davvero di rado, con quella ferocia mascolina che gli
alterava i
lineamenti quando era arrabbiato. Si cavò di tasca le chiavi
della Chevrolet
tendendole verso la mano del marito… –OPS!
–sibilò, lasciandole cadere di
proposito.
Kurt
rimase imbambolato a fissare
con incredulità Allie che raccoglieva le chiavi da terra e
suo marito che già gli
aveva dato le spalle e si allontanava. –Sei proprio immaturo!
David
fece finta di non aver
sentito. Storse le labbra, non voleva dargli la soddisfazione di
voltarsi e
rispondere, soprattutto per non spaventare ulteriormente la piccola.
“La fatina
porterà tutte le sue dannate buste da sola,
chissenefrega”. Dovette
attraversare a passo svelto tutto il centro commerciale, respirando con
fastidio l’armonia delle altre famigliole che si stavano
occupando dei loro
acquisti, mentre le decorazioni e le luminarie con pacchianeria lo
punzecchiavano da tutte le parti, facendogli detestare la
falsità di quella
festa. La falsità a cui si abbandonava da sempre, e a cui in
maniera viscida si
stava abbandonando anche il marito. Che senso aveva dover comprare i
regali, organizzare
il cenone, ascoltare i classici di Natale a ripetizione? Non appena le
festività fossero finite, avrebbe dovuto lasciare andar via
la sua metà per
cinque fottuti mesi. Quindi, cosa diavolo c’era da
festeggiare?
***
Più
tardi, non appena Kurt ed
Allie rincasarono, David stava già preparando la cena e
lanciò un’occhiata di sfuggita
mentre il marito si affannava a portare buste su buste in camera da
letto. Pochi
istanti dopo vide Allie sfrecciare a mettere due pacchetti sotto
l’albero e poi
piazzarsi davanti a un dvd.
Tornò
ad affettare le uova sode
da mettere nell’insalata. Silenziosamente, Kurt
scivolò accanto a lui,
fissandolo. Nessuno dei due trovava il modo di cominciare un qualsiasi
discorso… Ci volle un sospiro di Dave per indurre
l’altro ad aprir bocca.
–Hai
turbato Allie. Era
preoccupata. Ho dovuto tranquillizzarla con parole alle quali non credo
nemmeno
io.
–Non
è successo nulla di grave,
perché mi devi far sentire un mostro? Sono cose che
capitano, non voglio
parlarne. –borbottò l’altro, senza
smettere di concentrarsi sui piatti.
–Solo
perché ora che siamo
sposati e non posso allontanarmi da te, questo non significa che non
sia
successo niente di grave. Cinque anni fa ti avrei già
piantato in asso.
–E
saresti tornato dopo quanto?
–Non
provare a giocarti il jolly.
Dipendo da te esattamente quanto tu dipendi da me.
–E
allora?
–Allora
parla! Dimmi che problema
hai! È successo qualcosa al lavoro?
–Voglio
solo che questo Natale
passi il prima possibile.
–Non
è vero, all’inizio sei stato
tu a spingermi a non privare Allie di questo evento. Se hai qualcosa da
dire,
fallo! Non ho voglia di stare a implorarti, devo sempre tirarti fuori
tutto con
le pin…
–Te
ne vai, Kurt. –Dave lo
interruppe, posando il coltello sul tagliere. Era il momento di
guardare
l’altro dritto negli occhi– Te ne vai per cinque
mesi e io non posso né devo
impedirtelo. Ti chiedo scusa se do l’impressione di essere
scostante,
arrabbiato… bè, è quello che sono, e
tu non puoi cambiarlo.
–E
allora perché lunedì mi hai
detto che non c’era nessun problema per la
tournèe? Ti diverti a nascondermi le
cose, a rendermi la vita impossibile? Cosa pretendi da me? Qualsiasi
cosa io
facessi in questi giorni mi hai remato contro. Vuoi che ti dica che non
parto?
Posso farlo, lo farei per te! Ma sai come mi sentirei dopo? Come una
casalinga
che vive con il proficuo stipendio del maritino e se ne sta a casa a
fare le
pulizie!
–Basta,
chiudiamo la questione.
Non c’è niente da fare e non ti sto chiedendo di
rinunciare, è chiaro? Accetta
il mio dolore come io sto accettando la tua partenza!
–Dobbiamo
far finta di niente?
–Sì.
–sbuffò Dave, superandolo
con i piatti in mano. Kurt rimase a mangiucchiarsi le unghie, cosa che
faceva
solo quanto era davvero in ansia. Sapeva che quando il marito prendeva
una decisione
era quella, non avrebbe cavato un ragno dal buco provando a tirare
avanti il
discorso. Ma sentiva le lacrime premere con urgenza, solo a pensare che
avrebbero dovuto passare il primo Natale insieme ad Allie con
quell’aria gelida
fra loro due, facendo finta di essere felici davanti a tutti i loro
amici…
***
In
un modo o nell’altro, il
fatidico giorno non tardò ad arrivare. Kurt
svegliò Allie cantandole “Let it
snow” al posto della solita “Feeling
Good”. Erano le nove del 24 dicembre, e la
casa profumava già dell’impasto dei biscotti allo
zenzero che il sopranista
stava preparando. Mentre dalle casse dell’hi-fi si
diffondevano le note calde
delle melodie natalizie, David girava in tondo tenendo la figlia in
braccio,
come in una sorta di tenerissimo valzer. Soprattutto sulla
“Radetzky March” la
bambina si divertì un mondo, rideva tutta contenta in
vorticosi giri scanzonati
col suo amato papà. D’accordo, non era
propriamente una composizione natalizia,
ma contribuiva all’atmosfera di festa e David
l’aveva voluta personalmente sul
disco, dato che era quella che ascoltava da piccolo e ballava sempre
con sua
madre. Ricordava che ogni volta era come se gli scoppiasse il cuore
dalla
gioia, fino ai dieci anni, quando fare certe cose con i genitori la
vigilia di
Natale diventava da mammoni…
Dlin
dlon!
–Oh,
amore, andiamo ad aprire!
–disse l’avvocato– Accidenti, mi gira la
testa.
La
piccola ridacchiò e lo seguì
trotterellando fino alla porta. Dave guardò dallo
spioncino…
–Siamo
i folletti di Babbo
Natale!
–Hudson!
–rise Dave. Si
abbracciarono di getto, dandosi grandi pacche virili sulla schiena.
Abbracciò
con più delicatezza una
sfavillante Rachel mentre lei passava le buste che aveva in mano al
marito.
–Bel
cappello, Rach! –sorrise
l’uomo, col cuore in subbuglio a quella visione. Era un basco
rosso, qualcosa
in grado di suscitargli un’ondata di ricordi
piacevoli… i primi momenti in cui
era stato veramente vicino a Kurt, come sua speciale scorta.
–A
te sta molto meglio! –esclamò
Rachel con un sorriso radioso, alzandosi tutta sulle punte per
metterglielo in
testa.
Finn
nel frattempo era già stato
“assalito” dalla nipotina. La prese in braccio,
riempiendola di baci.
–Ciao
gattina! –le sussurrò
Rachel, strizzandole il nasino.
–Fratellone!
–gridò Kurt,
comparendo all’ingresso con il grembiule da cucina. Strinse
calorosamente Finn
e poi si diresse squittendo verso Rachel Berry.
–Dolcezza,
abbiamo un sacco di
cose di cui parlare…
–Oh,
sì, ci aspetta “Versailles”!
–trillò la brunetta.
A
quella parola indigesta, David
si tolse il basco con rassegnazione e cercò di sviare il
discorso con poca
convinzione. –Andiamo, datemi i cappotti.
Finn
colse con stupore l’evidente
lampo di tristezza negli occhi dell’altro. Mentre Kurt e
Rachel si dirigevano
cinguettando in cucina insieme ad Allie, lo prese da parte, facendolo
sbattere
al portaombrelli nell’angolo.
–Hai
la grazia di un elefante,
Hudson. Che c’è?
–Amico,
è tutto apposto?
–Certo.
–disse l’avvocato alzando
sornione le spalle ed elargendogli un mezzo sorriso tirato.
–Nah
nah nah. Non sforzarti di
fingere. Sputa il rospo.
Dave
si morse le labbra,
combattendo con se stesso. Non era tanto il fatto che non si fidasse di
Frankenteen, anzi, il suo atteggiamento scherzoso era del tutto simile
a quello
che avrebbe avuto con un fratello. Il problema è che si
sentiva stupido.
–È
una cosa talmente idiota… Mi
sento un egoista, ma non riesco ad evitarlo…
–Sei
sempre un rebus! Devo
tirarti fuori le cose a spizzichi e bocconi! Oh, aspetta,
c’entra per caso la
storia di “Versailles”?
Dave
ostentò un profondo sospiro
che bastò come conferma.
Finn
cambiò tono, facendosi
serio. Gli posò una mano sulla spalla e gli parlò
a cuore aperto. –Ascoltami.
Abbiamo sposato due supernove. Come puoi pretendere che una stella
smetta di
brillare? Siamo abbastanza adulti da dover pensare a ciò che
abbiamo costruito,
Dave, e sarai d’accordo con me che dobbiamo tenercelo
stretto. Guarda me e
Rachel, non abbiamo ancora un bambino nonostante io lo desideri ogni
giorno.
Eppure questo non mi toglie il sorriso! E poi tu e Kurt, David, siete
perfetti.
Hai presente cos’è la perfezione…?
–Hudson,
che c’entra che siamo
perfetti? Non è neanche vero! Litighiamo, siamo diversi,
perfino sulla musica
da ascoltare in macchina partono discussioni!
–La
perfezione non vuol dire
assoluta conformità, non vuol dire appianamento di ogni
ostacolo. Vi
completate, state crescendo una bambina che è una
principessa, e vi guardate
sempre con quegli occhi, sì, insomma… mi hai
capito…
–Hudson,
non ho capito un
accidenti. Perché stai ammiccando?
–Andiamo!
Ti detesto, fai finta
di non capire. Quando vi guardate è come se… non
vedeste l’ora di chiudervi in
camera da letto, SEMPRE.
–Mi
stai dando dell’infoiato?
–Dio,
no! –balbettò Finn,
levandogli cautamente la mano dalla spalla. –Il punto
è questo: lo so che fa
male vederli andare via, ma farebbe ancora più male non
averli mai avuti al
nostro fianco.
Ci
furono dei secondi di
silenzio, in cui i due continuarono a fissarsi come se aspettassero un
segno
dal cielo. David stava riflettendo, Finn spostava lo sguardo da lui
allo
zerbino con velocità impressionante. L’avvocato
lavorava quotidianamente con le
parole, e dovette ammettere che quelle sapevano dove puntare, erano
ineccepibili, contenevano una grande verità. Le ripeteva
nella sua testa
“…farebbe ancora più male non averli
mai avuti al nostro fianco”. Caspita, a
volte la genuinità di Finn Hudson era salutare!
–Però,
Frankenteen! Continuo a
sorprendermi che dietro quella faccia da eterno tonto si celi in
realtà un uomo
saggio. –disse alla fine Dave, prendendolo in giro per
l’ennesima volta.
–Karofsky,
Karofsky… sei ancora
uno pseudo-bullo! Continua a lavorarci, eh!
–ribattè l’altro, tirandogli un
gancio amichevole sulla spalla mentre si dirigevano in sala.
–Piuttosto,
vedi di esserci per
le partite di Premier League quando i nostri consorti saranno in giro
per gli
States.
–Contaci!
Partita e birretta
tutta la vita!
***
Erano
già le tre di pomeriggio. E
c’erano un mucchio di faccende da sistemare per la serata!
Finn, Rachel ed
Allie stavano già aprendo il tavolo in noce del salotto che
più tardi avrebbe
accolto il cenone.
Ora
di preparare il dolce. Dave
non aveva ancora avuto l’occasione di mettere in chiaro le
cose col marito che,
come lui stesso gli aveva più o meno implicitamente chiesto,
l’aveva evitato
per tutto il giorno. Ogni volta che l’avvocato sentiva
l’impulso di mettere
fine a quella buffonata, il momento gli sembrava inadatto.
D’altronde non
capiva come fosse possibile avere tante cose da fare in un giorno solo,
dovevano
solo prepararsi ad una cavolo di cena con gli amici, ma sembrava
dovessero
allestire un campo di rifugio per un plotone di armati. Continuava a
fare
avanti e indietro dallo studio al salotto, senza saper di preciso in
cosa
occuparsi, passando milioni di volte davanti alla cucina ma senza
entrarvi mai.
Okay, alla dodicesima volta i passi lo guidarono là dentro
quasi
inconsapevolmente. Non era un bambino, poteva benissimo sostenere la
situazione.
–Posso
aiutarti? –chiese
docilmente.
Kurt
certamente non gli aveva
negato la parola. –Certo. C’è da
preparare il caramello per il parfait.
–disse il sopranista, con un
sorrisetto sollevato. David non aggiunse altro, prese un tegamino e si
diede da
fare. Mentre con pazienza aspettava che lo zucchero si cristallizzasse,
pensava
e ripensava a come sciogliere la tensione, tutt’altro che
tranquillo. Ci voleva
un gesto spontaneo, confidenziale, neanche troppe parole campate in
aria…
Kurt
nel frattempo versava il
composto del parfait nello stampo
da
zuccotto, ripulendo per bene col cucchiaio la casseruola del suo
contenuto,
finché David scelse un approccio infantile e lo spinse con
un goliardico colpo
d’anca. Kurt perse l’equilibrio perché
non se l’aspettava, annaspò
aggrappandosi al ripiano di marmo e colpì con la mano lo
stampo pieno che finì
riverso a terra, con l’impasto cremoso del parfait
che si espandeva sul pavimento con tragica lentezza.
–Ooops!
–esclamò David,
riparandosi con le mani dall’imminente linciaggio.
–Ma.sei.scemo?
–gli urlò contro
il sopranista, alternando ogni parola con un pugno che andava a vuoto
frenato
dalle mani ampie di David.
–Imploro
pietà! Volevo solo scherzare.
–si schernì quello, dandosi mentalmente del
“cazzone” almeno cinquanta volte in
due secondi.
Kurt
sembrava arrivato al limite.
Come sull’orlo delle lacrime. Non aveva idea di cosa stesse
succedendo fra loro
due, era solo stanco di non riuscire a trovare un punto di equilibrio
che
reggesse entrambi. Dave era ancora una volta immaturo e fuori luogo!
Kurt si
fermò con un’espressione combattiva in volto.
–Sai cosa? Adesso pulisci questo
disastro e il parfait lo rifai tu!
In
fretta, che deve riposare tre ore…
–Che
succede? –intervenne
preoccupata Rachel che, avendo sentito dal salotto dei rumori poco
piacevoli,
si era affacciata alla porta della cucina.
–Succede
che ho sposato uno
scimmione! –sbottò Kurt, togliendosi in fretta il
grembiule e gettandolo
addosso all’altro in un gesto di stizza.
–Rach,
il caramello, per favore! –David
supplicò l’amica prima di lanciarsi
all’inseguimento del marito. Ma perché
doveva fare sempre quelle uscite di scena teatrali?
***
–Kurt…!
L’avvocato
entrò nella stanza e
chiuse la porta, terribilmente sconfortato dalla loro solita
incapacità di
comunicare.
–Perché?
Dave, perché deve andare
così? Siamo noi… non dovremmo!!!
Il
sopranista era confuso,
parlava senza sapere di cosa, stanco di non capire, di dover passare
oltre e
aspettare che il marito facesse qualcosa che l’avrebbe fatto
sentire di nuovo
felice.
–Mi
dispiace. Mi dispiace tanto.
–disse soltanto Dave, avvicinandosi. Pensava che
l’altro l’avrebbe respinto,
che quelle scuse non sarebbero state sufficienti, e invece no. Invece
Kurt si
lasciò stringere forte perché non desiderava
altro, da giorni. La fatina, ispirando
a fondo l’odore del marito –uomo e dopobarba,
sintesi di un paradiso personale–
cedette al tremolio delle proprie gambe abbandonandosi a lui in maniera
decisamente poco pudica. Spinse con violenza la testa di lui verso la
sua bocca
fremente e lo baciò senza tenerezza. Dave accolse senza
reticenze quell’invito,
spingendolo verso il letto fra i mugolii. Kurt cadde sul copriletto con
la
compostezza di una principessa, e l’avvocato
deglutì, quasi intimorito da
quella perfezione che l’altro aveva sempre addosso. Gli
sollevò il maglione poi
lo fece scivolare via velocemente, liberando un petto tornito e candido
che
apparteneva a lui, solo e soltanto a lui. Vi si immerse. Kurt
accarezzava la
sfumatura bassa dei suoi capelli mentre Dave disegnava arabeschi
sensuali con
la lingua nel solco degli addominali, mordicchiava, baciava quella
pelle tesa e
calda… Le dita di Dave cercarono l’asola del
pantalone, fecero scattare fuori
il bottone e abbassarono la zip. Bastò un sospiro
più profondo di Kurt troppo
simile a un rantolo sfacciato, per fargli perdere la cognizione di
“preliminari”… Gli abbassò i
boxer senza dire nulla, pronto a dargli tutto il
piacere che avrebbe chiesto e a nutrirsi di lui con agognata
necessità. In un
attimo, Kurt stava già godendo con gli occhi chiusi e quella
solita venuzza che
gli si gonfiava sul collo quando le labbra di Dave lo lavoravano fino
alla
sfinimento…
Tornarono
in cucina mano nella
mano venti minuti più tardi. Rachel, dopo aver ripulito il
pavimento e fatto un
caramello veloce, stava cercando disperatamente di rifare il parfait alla vaniglia pur non avendolo
mai preparato in vita sua. Si girò a guardarli con il viso
corrucciato e i
capelli scomposti. Sbuffò. Non se l’era mai cavata
con i dessert!
–Avete
già fatto pace, voi due?
Sulle
guance di entrambi comparve
una traccia di rossore. Avevano risolto in maniera più che
piacevole, con
l’antidoto ideale allo stress che respiravano da giorni: una
sveltina dal
sapore adolescenziale, consumata sulle loro labbra con sollievo senza
neppure
essersi chiusi a chiave nella stanza. Non c’era stato nemmeno
bisogno di vari
giri di parole. Quando si ha una bambina piccola al seguito non
è propriamente possibile
concedersi
qualche capriccio carnale all’ordine del giorno, per di
più la situazione di
stallo in cui si erano cacciati li aveva tenuti distanti per troppo
tempo, pur
sotto le stesse lenzuola. Ed era anche vero che è innaturale
privarsi di certe
cose a trent’anni… Troppe le ragioni che li
avevano spinti a riprendersi
vogliosamente, incoscientemente, con gli ospiti e la bambina a pochi
metri e
qualche parete di distanza da loro.
***
I
primi ad arrivare furono Quinn
e suo marito Taylor, con una stella di Natale fra le mani. Era bello
vedere
l’ex-cheerleader finalmente soddisfatta della sua vita,
attrice emergente con un
compagno devoto che l’amava e la trattava come tutte le
bambine sognavano da
piccole… in più poteva contare su una dolce peste
di cinque anni al seguito!
–Vieni
campione, Allie ti stava
aspettando! –esclamò Dave prendendo per mano il
piccolo Jake.
–Vi
abbiamo portato questa…
–sorrise Quinn Fabray porgendo il vaso a Kurt.
–E
questi! –aggiunse Taylor,
sventolando allegramente sotto il suo naso le buste con i regali.
–Troppo
disturbo! Avete viaggiato
bene? –chiese gentilmente Kurt, baciando entrambi.
–Parecchie
ore. Ma per voi questo
e altro. –sospirò la bionda, stringendolo con
affetto inaspettato.
Affacciatasi
al salotto, vide
Rachel tirarsi su dal tappeto dove erano sparsi i giocattoli di Allie.
Mentre
la bambina correva intorno al tavolo con Jake, Quinn li
schivò per miracolo,
nel tentativo di raggiungere l’amica. La brunetta le
regalò un grande sorriso.
–Sono così felice di rivederti. Lo facciamo
così raramente… Sei splendida.
–Vieni
qui, razza di petulante
amica del cuore. –scherzò la bionda,
abbracciandola con slancio. Alludeva al
fatto che Rachel telefonava a casa sua un giorno sì e uno no
sfinendola di
chiacchiere. In realtà l’ex-cheerleader non voleva
fare a meno di quelle
telefonate ad orari improponibili, sentire la voce della sua Rach non
era mai
una seccatura…
Il
prossimo a suonare il
campanello fu Azimio, insieme alla sua fidanzata poliziotta,
l’unica donna che
era stata in grado di “metterlo al guinzaglio”. Non
appena David si trovò
davanti l’amico di sempre cominciò a scodinzolare
come un cagnolino. Era
felice, davvero felice! Ora che con Kurt aveva chiarito, niente poteva
impedirgli
di godersi la giornata… Soprattutto, aveva parecchie cose di
cui parlare con Z
che, nonostante gli anni, era rimasto il solito fedele bastardo senza
gloria.
Uno
dopo l’altro, tutti gli
ospiti riempirono casa Karofsky-Hummel. Blaine e Sebastian, impeccabili
nei
loro blazer, avevano portato una bottiglia di champagne pregiato, alla
cui
vista Kurt a dir poco si entusiasmò. Una certa quindicenne
in fiore di nome
Beth era l’orgoglio di Puck e Shelby, che avevano vinto alla
grande la
scommessa di una vita insieme. Aprendo di nuovo la porta, Dave si era
poi trovato
davanti i gemellini Chang, Neil e Jacob, con dei cappellini da Babbo
Natale in
testa, Tina e Mike dietro di loro con le buste piene di pacchi. La luce
negli
occhi di Artie brillava riflessa da quella della dolcissima moglie Lily
Turner,
e si erano ritrovati sul pianerottolo insieme a Brittany e Santana.
–Scusate
il ritardo. Abbiamo
perso un po’ di tempo in ascensore…
–disse maliziosamente l’ispanica, mangiando
la sua Brit con lo sguardo.
–Non
preoccupatevi, non siete le
ultime! –sghignazzò David, accorrendo
all’ennesimo trillo del campanello.
Era
Sam, sempre biondissimo e con
la solita adorabile bocca da trota. Quasi spariva dietro la montagna di
regali
che si era portato dietro. Accanto a lui un’altra vecchia
conoscenza e colonna
portante dell’ex-glee club, favolosa nel cappotto di velluto
viola…
–Donna
col pancione in arrivo,
fate largo! –esclamò Mercedes, entrando in salotto
per sfoggiare con
disinvoltura il suo settimo mese di gravidanza.
Nell’andirivieni
generale, il
proposito di bere una cioccolata calda prima di scartare i regali fu
accolto
con gran successo. Stavano tutti seduti a tavola, sorseggiando
lentamente
quell’elisir divino e scambiandosi chiacchiere su
chiacchiere. Per uno strano
scherzo del destino, David e Kurt non avevano ancora trovato il tempo
di
parlarsi a carte scoperte. Se ne stavano in piedi ad ammirare
l’armonica
tavolata piena di colori, di facce, di voci diverse.
L’avvocato approfittò della
confusione per tirare in ballo la questione per l’ultima
volta…
–Sai
perché tutti festeggiano il
Natale? Perché la gente vuole solo un modo per crogiolarsi
in un sentimento
caldo d’amore, per stare vicino a qualcuno di speciale,
bevendo insieme
cioccolata calda accanto all’albero sfavillante di luci,
oppure per ubriacarsi
della gioia degli amici e vivere per poco in una bolla magica.
È come un sogno,
un modo di evadere dalla realtà solo per un giorno.
Kurt
si strinse al suo braccio
con un sospiro. –E noi abbiamo bisogno di tutto questo?
–Ora
più che mai! Voglio godermi
la tua presenza finché posso! Sarebbe stato sciocco
lasciarti partire senza
esserci prima riappacificati. –disse Dave, facendosi
più vicino. Prese con
delicatezza il viso del marito fra le mani, come faceva sempre quando
aveva
intenzione di regalargli un lungo bacio.
Le
loro bocche si muovevano con
lento affanno, scambiandosi promesse all’unisono, in un
abbraccio umido e
sereno.
Santana
saltò su dalla sedia
leccandosi le labbra. –Woohoo! Bacio collettivo, ciurmaglia!
–gridò,
lanciatissima, prima di intrecciare la lingua a quella di Brittany.
Mentre
gli adulti si davano ad
una sorta di imbarazzante flash-mob pieno di saliva, Beth
stampò un bacione
sulla guancia di Allie prima che a quella furbetta venisse in mente di
sbaciucchiarsi con Jake, già un seduttore dagli occhi
azzurri!
–Devi
solo promettermi che
sventolerai la tua fede sotto il naso di tutti quei maiali che
sicuramente ci
proveranno con te. –disse Dave, in un tono misto fra serio e
spiritoso, ma
senza smettere di guardare Kurt nei suoi occhi fervidi di luce.
–Oh,
sicuro! –sussurrò Kurt,
arrossendo d’orgoglio per la sana gelosia del suo uomo.
–Bene!
–Amore,
lo vedi quel pacchetto
blu scuro, dietro a quello con la carta rossa? È il mio
regalo per te, l’ho
preso quel giorno al centro commerciale…
–Ma
come? Non avevi una certa voglia
di mandarmi a quel paese?
–Sì,
abbastanza. Ma non così
tanto.
–Io…
io… mi sento un’idiota
totale, non ti ho comprato nulla.
–Hmm,
non importa. Vederti di
nuovo tranquillo mi basta. –sussurrò Kurt,
strofinandogli dolcemente il naso
sul collo. –Bè, sai, magari potresti usare il
regalo che ti ho fatto su di me!
Dave
cominciò a sudare freddo. Sentiva
il respiro di Kurt farsi intenso sul suo pomo d’Adamo.
Era.sexy.come.l’inferno.
–C-cos’è?
–Olio
per massaggi. Dozzinale,
vero?
Mille
impudichi pensieri si
affacciarono senza rimedio alla mente di David Karofsky.
–Macchè. È andata,
fatina! Buon Natale!
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Salve
Pirates!
Spero
che siate arrivati fino a
questo punto e che la storia non vi abbia fatto addormentare. xD
Niente,
lo so, è un po’ non-sense
e non certo uno sprazzo lampante di originalità. Non sono
molto soddisfatta di
questo lavoro, ma spero comunque che non sia una schifezza totale.
E’ anche
abbastanza fluff, no? La piccola Allie è un pasticcino alla
crema, mi piace
immaginarla così: dolce ed entusiasta della vita (almeno
lei, sob!).
Dave,
Dave, Dave. *ama alla
follia*…ah, i piccioncini a questo punto della storia hanno 34 anni. Sapevatelo xD
GRAZIE
per essere passati,
Buone
Feste!
Frankie
:3
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