[[Ed eccoci al secondo capitolo~
Volevo postarlo più in là per non lasciare buchi
tra gli aggiornamenti, ma siccome sono già alle prese con la
scrittura del sesto capitolo e la storia è vicina al suo
finale, direi che non rischio di farvi aspettare troppo tra un
aggiornamento e l'altro :)
Vi ringrazio per i commenti, so che l'accoppiata Italua/fem!Germania
non è una delle più popolari, forse - in
generale, le coppie etero di Hetalia non sono quelle che vanno per la
maggiore, a quanto capisco - ma sono felice di trovare altri fan! :D
Spero abbiate passato un buon Natale :) ci vediamo presto con il terzo
capitolo, e buona lettura~]]
Prompt di questo
capitolo: pacchetto sogni, il Paese delle meraviglie.
Personaggi
in questo capitolo: Luise, Julchen, Sophia, Gary, Francis,
Antonio,
Lavinia, Feliciano, con fugaci apparizioni di Olanda, fem!Inghilterra,
Russia e Bielorussia.
Beta:
sempre la mia piazientissima Yuki Delleran
“Tu... non hai idea di dove siamo, vero?” la voce
di Luise quasi riecheggiò nel corridoio in cui si trovavano,
da tanto questo era vuoto.
Sophia si voltò verso di lei con sguardo vacuo.
“...temo di dover confermare la tua ipotesi.”
La fronte di Luise impattò con il palmo della sua mano. E
dire che se l'era pure stampata, una piantina dell'edificio! Ma
naturalmente, visto che si ritrovava in compagnia di una compagna
più grande ed apparentemente così giudiziosa ed
ordinata, si era detta che non le sarebbe servita a niente... insomma,
dopo due anni lì dentro, avrebbe detto che Sophia conoscesse
la strada a memoria!
Luise si tirò su la manica della giacca, per poter guardare
l'ora. Maledizione, mancavano appena cinque minuti alle undici ed
all'inizio di discorso di inizio anno! Possibile che fossero riuscite a
perdersi in maniera così clamorosa? E poi... era
comprensibile che la maggior parte degli studenti fosse già
andata a prendere posto in aula magna, ma possibile che non ci fosse
nessun altro in tutto l'istituto? Quanto era grande, l'accademia?!
“Beh, non abbiamo scelta... dobbiamo tornare
indietro.”
Il corridoio proseguiva, male illuminato da grigiastre luci al neon,
sia davanti che dietro di loro. Le porte che vi si affacciavano erano
tutte ben chiuse ed un paio di queste recavano l'arida scritta
“archivio”.
Luise non aveva fatto obiezioni, quando aveva visto l'altra scendere
qualche rampa di scale di troppo – che l'aula magna si
trovasse in un piano interrato? O forse, era semplicemente una
scorciatoia per raggiungerla? Da studentessa più giovane e
fiduciosa, aveva diligentemente seguito Sophia, contando sulla sua
esperienza, come un'Alice dai capelli corti ed in divisa scolastica, si
era tuffata dietro al coniglio bianco, curiosa e poco avveduta.
“...ed anche in fretta, possibilmente. Siamo in
ritardo.” fece notare con voce solo vagamente seccata. Poteva
anche aver ricoperto il ruolo di Alice, ma adesso toccava a lei fare il
Bianconiglio e continuare a ripetere “è tardi,
è tardi!”.
In realtà, detestava mettere in discussione
l'autorità di figure a cui, al contrario, avrebbe dovuto
portare solo rispetto, ma quello era il suo primo giorno di scuola, e
detestava molto di più l'idea di arrivare in ritardo
– lei, che era la puntualità fatta persona!
Sophia si sistemò gli occhiali sul naso, imperturbabile ma
silenziosa. Luise si chiese se il fatto di essere ripresa da una
compagna più giovane le desse fastidio, ma riuscire a
decifrare il suo viso impassibile era davvero difficile.
Mentre ritornavano indietro, Luise era tentata di mettersi a correre ma
era frenata dal fatto che, uno, non si corre nei corridoi della scuola,
e, due, scommetteva che quella dannata gonnella a coste si sarebbe
messa a svolazzarle attorno ai fianchi in maniera ben poco consona. E
poi, Sophia la seguiva a passo tranquillo, quasi non si rendesse conto
del loro enorme ritardo.
Solo il fatto che si trattasse di una studentessa più
vecchia preveniva Luise dallo sgridarla – ma, verdammt, l'altra
avrebbe fatto meglio a darsi una mossa o...
Prima che potesse definitivamente perdere la pazienza, comunque,
all'eco dei loro passi se ne aggiunse un'altra. Proveniva dalle scale
che le due ragazze avevano ormai raggiunto e, insieme ai tonfi delle
scarpe di qualcuno che sembrava scendere i gradini a salti, si udivano
anche delle voci concitate.
Qualche istante ancora, e sul pianerottolo emerse Julchen, seguita da
un ragazzo dai capelli castani legati in un codino che gli ricadeva con
noncuranza su una spalla.
"Mein Gott,
per fortuna che ti ho trovato! Dove vi eravate cacciate, eh?! Non dirmi
che quella strega ti ha portato in questi oscuri anfratti per farti
qualcosa di strano!!!" esordì Julchen, con malcelata
cattiveria, mentre squadrava le due ragazze.
"E smettila, Julchen." fece il ragazzo con un moto di stizza verso la
tedesca "Si sono perse, su. Lo sapevo che sarebbe successo. Per questo
sono venuto a cercarti." aggiunse poi il giovane, rivolgendo un caldo
sorriso nei confronti di Sophia.
Questa abbassò lo sguardo e Luise, un po' stupita,
pensò che sembrava quasi essere in imbarazzo.
"La signorina sangue blu può perdersi e riperdersi tutte le
volte che vuole, per quanto mi riguarda... Anzi, sarebbe meglio che si
perdesse una volta per tutte! Ma non vedo perché mai debba
trascinare con sé anche la mia sorellina!" sibilò
Julchen, raggiungendo Luise e prendendola per mano, trascinandosela su
per le scale.
"Beh... abbiamo solo sbagliato strada, immagino. Non è
successo nulla." disse Luise, cercando di placare la sorella. Non
capiva che comportarsi in quel modo davanti alla sua nuova compagna di
stanza la metteva in imbarazzo?
"Tsk! Credi che saresti mai arrivata all'aula magna, seguendo questa?!
Due anni in questa scuola, ed è già tanto se
riesce ad arrivare dal suo letto al bagno senza perdersi! Per fortuna
che, magnifica come sono, lo avevo previsto e sono venuta a cercarti in
tempo!"
Luise si voltò verso Sophia, a cui nel frattempo si era
affiancato il ragazzo e le aveva porto un braccio, che la giovane aveva
preso senza esitazione. Che stessero insieme...? A giudicare dallo
sguardo di Sophia, era difficile capire se quelle attenzioni le dessero
fastidio oppure le facessero piacere.
Il ragazzo, dal canto suo, sembrava piuttosto seccato dal comportamento
di Julchen, ma anche intenzionato a non far degenerare la situazione.
"Oh, e così hai una sorella? Beh, piacere, Gary." fece,
allungando una mano verso Luise. La ragazza gliela strinse dopo un
attimo di tentennamento.
"Uhm, Luise. Piacere."
"Spero vivamente che tu non sia stronza come tua sorella!" fece lui
tutto giulivo, e Luise sollevò un sopracciglio, non
esattamente felice che a Julchen si appioppassero tali epiteti.
"E' una ragazza a modo, lei." rispose quietamente Sophia. "E' la mia
compagna di stanza."
"Oh." Gary guardò le tre ragazze attorno a lui, e comprese
la difficoltà della situazione. "...oh." aggiunse, a
metà tra il perplesso e il divertito.
"Oh beh. Si prospetta un anno difficile, allora. Julchen, vedi di
limare un po' tutte quelle spine che hai sulla lingua, eh?"
Julchen, in tutta risposta, gli fece una smorfia ed un gestaccio con il
dito medio.
"Fottiti. Fottetevi tutti e due. Oh, e ti consiglio di fare le scale
lentamente, o sua signoria potrebbe slogarsi una caviglia. Non ti ci
vedo a portare in braccio il suo dolce peso per tutta la strada."
Detto questo, strinse la presa sul polso di Luise e se la
trascinò di corsa su per le scale.
Troppo impegnata a non inciampare nei gradini per protestare o
liberarsi, si ritrovò a correre per pianerottoli e corridoi.
Davanti a lei, i capelli candidi di Julchen le ondeggiavano attorno
alla vita allo stesso ritmo delle balze della gonna, e Luise si
ritrovò di nuovo nel ruolo di Alice, tirata a forza in un
mondo dove gli eventi si susseguivano senza che lei potesse fermasi un
momento a respirare.
“S-Schwester!
Non sta bene correre così!”
“E' tardi! Non dirmi che vuoi arrivare a discorso
già iniziato?! Kesesesese!”
Le finestre tornarono ad inondare il pavimento di luce naturale, e le
due ragazze si mischiarono ad altri studenti che si stavano affrettando
nella loro direzione.
Luise era rossa come un peperone: il primo giorno di scuola, e tutti
dovevano vederla correre come una dannata per i corridoi? In
un'accademia così prestigiosa, dove...
In un lampo, passarono accanto ad uno spilungone magro magro, i cui
capelli biondo cenere pettinati all'insù contribuivano
soltanto ad innalzarne la statura: stava bellamente poggiato vicino ad
una finestra, fumando un pipa. A vedere passare le due sorelle
così di corsa, inarcò un sopracciglio e
rilasciò una piccola nuvoletta di fumo a forma di ciambella.
Fumo! Nei corridoi della scuola! Ma questo era sicuramente verboten nel
regolamento!!!
Prima che Luise potesse dar voce alle sue proteste, svoltarono di
volata un angolo del corridoio e quasi investirono una ragazza con i
capelli legati in due lunghi codini, che in mano reggeva un bicchiere
di plastica.
“Bloody he-
...state un po' attente! Mi rovesciate il tè addosso! Queste
matricole...” la sentirono borbottare infuriata. Luise
tentò di voltarsi per chiederle scusa, ma svoltarono di
nuovo e la ragazza con i codini era già fuori vista.
“Julchen!!!” protestò Luise, che non
vedeva l'ora di fermarsi. Bene, avevano incontrato anche il Brucaliffo
e la Lepre Marzolina, ja?
Ora ne aveva abbastanza del tour del paese delle meraviglie, grazie,
pensò, ma la sorella non accennava a rallentare.
Almeno era sicura di dove stavano andando... Luise, invece, non lo era
più. Aveva ascoltato i racconti delle prodezze della sorella
per due anni, si era studiata il sito dell'accademia con dedizione,
preso nota degli alti posti che questa aveva nelle classifiche
nazionali. Ma di fatto, non sapeva nulla: non conosceva nessuno dei
suoi compagni, non sapeva che rapporti li legavano alla sorella, e si
era anche dimenticata in stanza la cartina dell'edificio! Sarebbe
sopravvissuta?
Incredibilmente, si fermarono – giusto in tempo per non
spalmarsi contro il grande portone il legno alla fine del corridoio.
Julchen si concesse un paio di secondi per riprendere fiato e lasciare
che un paio di studenti, arrivati in quel momento, lo aprissero per
loro.
“Osserva, sorellina: l'aula magna.” disse, passando
con noncuranza davanti ai due studenti che avevano aperto la porta, che
furono costretti a lasciarla passare, anche se le rivolsero un paio di
occhiate poco amichevoli.
Le ante del portone di legno si erano spalancate su di un'aula
semicircolare, vasta, dal soffitto alto e dalle pareti chiare. Erano
intervallate da dipinti e da ampi finestroni oltre cui si potevano
intravedere gli alberi del giardino, le cui chiome dai caldi colori
autunnali non erano che fulve e dorate macchie di colore semicelate
dalle tende sottili.
Naturalmente, l'aula traboccava di studenti, ma per fortuna sembrava
almeno che sul podio fossero ancora intenti a finire di provare i
microfoni: avevano fatto una corsa ben poco educata e dignitosa, ma
almeno non erano arrivate in ritardo.
"Schwester,
posso sapere cosa diamine è successo tra te e la mia
compagna di stanza?" fece la minore, mentre camminavano alla ricerca di
un posto.
"Niente." fu la secca risposta.
Luise la guardò storto, sicura che la sorella si stesse
semplicemente rifiutando di rispondere.
Julchen si strinse nelle spalle. "Sophia è una con la puzza
sotto il naso, tutta delicatina e imbranata, e quel Gary non fa altro
che farle da scendiletto, come se quella non ne avesse abbastanza, di
maggiordomi e servi, a casa sua!"
Quindi Sophia era di famiglia nobile? Non credeva che questo
giustificasse tanta antipatia da parte di Julchen, comunque... Sempre
dubbiosa, Luise seguì la sorella mentre questa si faceva
largo tra le gambe dei compagni che occupavano una delle file in fondo.
Mentre si scusava, imbarazzatissima, per i piedi calpestati da Julchen,
si ritrovò davanti ad un posto vuoto.
“Sitz, sitz!”
le stava facendo l'altra, dando dei colpetti sulla poltroncina dal
posto che aveva occupato.
Un po' impacciata, Luise si sedette, girandosi indietro per controllare
di non essersi messa davanti a qualcuno di troppo basso e di non
ostacolare la visuale a nessuno: ogni tanto, si chiedeva se per caso da
piccola non avesse finito per ingoiare uno di quei biscotti dalla
scritta “mangiami” che ad Alice avevano fatto
combinare tanti guai.
Fortunatamente, il ragazzo che occupava il posto dietro al suo
– uno coi capelli chiari chiari, un grosso naso e uno
sciarpone attorno al collo – sembrava alto abbastanza per
vederci più che bene. Un momento dopo, Luise si accorse che
la ragazza che gli stava avvinghiata al braccio la stava osservando con
sguardo omicida. Imbarazzata, tornò a voltarsi in tutta
fretta.
“Lieschen!” la sorella la riportò alla
realtà con una gomitata nelle costole “Devo
presentarti della gente fica come tua sorella!”
sghignazzò, indicando i due ragazzi seduti vicino a lei. Il
biondo con i capelli lunghi e la barbetta stava allungato sulla
poltroncina con una fare vagamente lascivo, mentre il moro, nel posto a
fianco, si sporse verso di lei a salutarla con la mano, con un
sorrisone felice.
“Questi sono i miei magnifici amici! Antonio e Francis!
Conosciuti loro non hai bisogno di conoscere più nessuno,
verstanden? Kesesese!”
“Ma è la tua sorellina?! Che carina!!!”
fece il moro, il sorriso che si allargava agli occhioni verdi e
spensierati. Luise si chiese se per caso non stesse per offrirle un
lecca-lecca.
“Enchanté~”
disse il biondo, facendole l'occhiolino.
Luise si irrigidì tutta, rispondendo ai due con un vago
cenno del capo.
“Piacere. Luise.”
Quindi erano loro, i famosi Antonio e Francis. I due studenti i cui
nomi erano spesso menzionati insieme a quello della sorella quando la
scuola chiamava a casa per parlare con loro padre, o mandava il conto
dei danni. Aveva sempre pensato che la sorella avrebbe dovuto smettere
di frequentarli, ma a vederli così sembravano... a posto,
supponeva.
“Kesesesesese, la mia sorellina è un po' timida!
Datele il tempo di ambientarsi, prima di distruggerla con il vostro
fascino, ragazzi!”
Luise si scostò un attimo prima che potesse arrivarle
un'altra pacca sulla spalla e, in tutta risposta, scoccò
un'occhiata severa alla sorella.
“Ora basta. Sta per iniziare il discorso!”
Julchen fece spallucce. Esattamente quello che c'era da aspettarsi da
Luise.
Antonio e Francis si scambiarono un'occhiata significativa. Nessuno
studente né nessuna studentessa avrebbero mai avuto successo
nell'azzittire Julchen così! Vedere l'amica alle prese con
la “sorellina timida” sarebbe stato interessante...
Con un mezzo sorriso, si apprestarono anche loro a seguire il discorso.
Parlarono il preside ed alcuni dei professori, ci furono degli
applausi, qualche chiacchiera e battutina qua e là da parte
degli studenti ma, in generale, Luise si sentì rassicurata.
Fu come se il discorso l'avesse riportata in quella scuola ideale a cui
lei si era scritta.
Sì, tutti gli alunni che iniziavano questo anno scolastico
erano lì per studiare ed impegnarsi. Certo, sapevano che il
semestre sarebbe stato duro, ma ce l'avrebbero messa tutta.
Sì, tutti loro amavano il buon nome della scuola e delle
loro famiglie e si sarebbero impegnati a tenerlo alto.
Impegno, studio, ordine, disciplina. E non si correva per i corridoi.
Luise si sentiva come tornata a casa, ora.
Quando finalmente il discorso finì, ed agli studenti fu
concesso di alzarsi per raggiungere la mensa, tornò il boato
di disordine. I ragazzi si accalcavano nelle file per riuscire ad
uscire prima, con l'unico risultato di rimanere schiacciati nella
calca. Luise sospirò; si ritrovavano nel mezzo della fila, e
da qualsiasi parte fosse andata avrebbe trovato solo una massa di
ragazzi che tentavano di lasciare l'aula in fretta e furia. Rimase
seduta ad aspettare che la situazione si decongestionasse, e nel
frattempo venne scavalcata da Antonio e da una ragazza che lo seguiva
tenendolo per mano, una bruna dall'aria arrabbiata e con una fascia
rossa tra i capelli lunghi e mossi.
“Muoviti, idiota! Sto morendo di fame!”
“Ma Lavinia, non posso, non vedi che c'è troppa
ressa?”
“Kesesesese! Siete indietro, gente!”
annunciò Julchen, montando sulla poltrona e scavalcandone lo
schienale, decisa ad attraversare l'aula in questo modo. Luise la
osservò con disappunto – ma che modi erano? E poi,
con quella minigonna?
Si alzò in piedi di scatto, decisa a richiamare la sorella,
ma nel farlo andò a sbattere contro qualcuno che,
apparentemente, le era caduto addosso. Quando abbassò gli
occhi per scusarsi col malcapitato – si era mossa troppo
d'impulso! - però, non riuscì a vederlo. O
meglio, l'unica cosa che vide fu una folta capigliatura fulvo-castana,
che apparteneva indubbiamente a quella che doveva essere una testa
– una testa incastrata con matematica perfezione tra i suoi
seni.
Luise si sentì avvampare. “S-Scusa,
potresti...?!” fece con voce stridula, tentando di
trattenersi dal dargli del maniaco urlando e dal toglierselo di dosso
in maniera poco gentile.
L'altro si mosse ma, nel malaugurato tentativo di recuperare
l'equilibrio, mise una mano avanti per cercare appoggio. Appoggio che
venne prontamente fornito dal petto di Luise.
Le dita del ragazzo vi affondarono per qualche istante, mentre il
ragazzo si raddrizzava e si guardava intorno con un sorriso ebete.
Sembrava non aver compreso appieno la gravità della
situazione.
“Ve... scusa, sono inciampa-”
Il sorriso e le scuse vennero interrotti bruscamente dallo schiaffo di
Luise, la cui mano impattò sonoramente contro la guancia del
moretto di fronte a lei.
“Maiale!” gracchiò lei, furente e
paonazza.
“Ehi tu! Che cacchio credi di fare al mio
fratellino?!” esclamò la ragazza con la fascia
rossa tra i capelli stava dietro di lei, mani piantate sui fianchi e
sguardo assassino negli occhi ridotti a due fessure. Tuttavia, quando
Luise si voltò verso di lei, arretrò di un passo.
La bionda gesticolò furiosa verso il ragazzo al suo fianco.
“Ma se è stato lui! Mi ha messo le mani addosso
senza...!”
“...senza volerlo! Mi dispiace!!! Mi dispiace, davvero,
è stato uno sbaglio, non picchiarmi
più!!!” l'altro, lì vicino, aveva la
guancia arrossata e le lacrime agli occhi.
Luise si zittì. Improvvisamente, le parve che tutti gli
studenti lì attorno avessero gli occhi puntati sulla scena,
e si sentì avvampare anche di più.
Aveva fatto una cosa terribile, vero? Si era appena resa un mostro agli
occhi di quello studente, di sua sorella, degli amici di Julchen e del
resto della scuola... ma come si poteva pretendere che rimanesse calma
se un ragazzo le toccava le...
“Oh, così questo è il tuo fratellino,
Lavinia? Kesesesese!”
Luise sollevò gli occhi su Julchen, che non sembrava
particolarmente toccata dalla situazione. Attorno, Francis stava
osservando con sorriso divertito, mentre Antonio sembrava
più preoccupato di calmare Lavinia che non del resto.
Quest'ultima rivolse a Julchen uno sguardo accusatore.
“Sì! Ed è appena stato violato dalla
tua, di sorellina!” ringhiò.
Julchen scoppiò in una risata sguaiata.
“Veramente, a me è parso il contrario!”
Sporgendosi sopra lo schienale di una poltroncina, allungò
una mano ad arruffare i capelli del malcapitato brunetto.
“La mia sorellina picchia duro, se la prendi per il verso
sbagliato. Brutto inizio scolastico, kesesese! Come ti chiami,
figliolo?” fece in tono materno, ignorando Luise che
protestava: sicuramente, l'inizio scolastico peggiore era toccato a
lei, non certo a quel pervertito!
Il brunetto guardò Julchen con occhioni luccicanti di
lacrime represse.
“Feliciano.”
“Ah, Feliciano, che carino!” Julchen gli
regalò un'occhiata dolce, e poi gli diede un pizzicotto che
fece squittire il ragazzo di paura. “Ti sconsiglio di toccare
di nuovo la mia sorellina... per il tuo bene, kesesesese!
Però se hai carenze affettive, e non mi sorprenderebbe con
la sorella che ti ritrovi, vieni da me, ja?”
“Ehi! Che cosa cavolo vuoi dire, si può
sapere?!” sbraitò Lavinia, punta sul vivo.
“Kesesesese! Ho fame, andiamo a mangiare!” dato un
altro affettuoso pizzicotto a Feliciano, Julchen volteggiò
sopra le poltroncine, afferrò a braccetto Luise e Lavinia e
le trascinò verso la porta dell'aula magna.
Una volta che la componente femminile del gruppo fu sparita alla vista,
Francis si avvicinò a Feliciano, dandogli una pacca di
incoraggiamento sulla spalla.
“Apprezzo il tuo entusiasmo, mon petit~ Ma certe
ragazze bisogna lavorarsele, sai?”
Feliciano alzò lo sguardo verso di lui. Sul viso, ancora un
po' rosso per i vari maltrattamenti subiti, gli era tornato il sorriso
ebete di poco prima.
“Ve, è stato lo schiaffo meglio guadagnato della
mia vita.” affermò, spensierato.
Francis lo osservò incamminarsi verso la porta
(“Che fame, ve!”), e scambiò un'altra
occhiata significativa con Antonio.
“Pare che qualcuno, qui, abbia trovato la sua regina di
cuori.” disse con un sospiro teatralmente romantico.
“I primini promettono di essere interessanti,
quest'anno!” rispose l'altro, divertito.
Con calma, seguirono gli altri verso la mensa.
Verdammt:
dannazione
Sitz! :
siediti
Verstanden?:
capito?
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