unusual christmas
Autore: reilin
Titolo: An Unusual
Christmas – Di alberi di Natale,
missioni e spade leggendarie.
Fandom: Huntik
Secrets &
Seekers
Personaggi: Dante
Vale; Lok
Lambert; Sophie Casterwill; Den Pierce; Zhalia Moon; Harrison Pierce;
Metz;
Montehue, Cherit
Word Count: 3595
inclusa la traccia
(W)
Rating: Giallo
Genere: Azione,
Sentimentale, vagamente Introspettivo
Avvertimenti: What
If?, Oneshot
Note: Ora
che il contest è terminato, posso finalmente pubblicare
questa fanfiction "natalizia". Essa si colloca temporalmente
esattamente un anno dopo "Il primo Natale insieme...". Beh, spero che
vi piaccia: buona lettura!
Disclaimer: 1. I
personaggi di Huntik appartengono ad Iginio Straffi e alla Rainbow SpA;
2. Questa fanfiction è stata scritta per il
Terzo Contest dell'HNE forum, classificandosi al primo posto!
3. Partecipante al The
One Hundred Prompt Project con il prompt 018.neve
24 dicembre, casa di Dante Vale,
Venezia, Italia.
Sophie se ne stava seduta sulla comoda poltrona del salotto di Dante,
mentre
Lok si divertiva a mostrare le funzioni dell’Olotomo ad un
alquanto
meravigliato Den ed il padrone di casa si apprestava a preparare the
caldo per
tutti. Un luccicante albero di Natale e una serie di decorazioni rosse
e verdi
adornavano la casa del cercatore, rendendola, se possibile, ancora
più calda e
accogliente. Presto sarebbe stato Natale e la giovane Casterwill non
poteva
fare a meno di pensare a come le cose fossero cambiate dallo scorso
venticinque
dicembre. L’anno precedente avevano trascorso le feste tutti
e quattro insieme,
perché nessuno di loro, per vari motivi, aveva potuto
passarlo tradizionalmente
in famiglia. Ora, invece, tutto era diverso. Zhalia
quell’anno non avrebbe
festeggiato nulla, mentre Den si sarebbe sicuramente unito a loro tre.
Sophie
sospirò: la mancanza della tenebrosa cercatrice si sentiva
più di quanto si fosse
aspettata, ma la presenza di Den dava una nota vivace
all’ambiente.
Dante entrò nel salotto con un vassoio carico di tazze, the
caldo e biscotti.
Lo stava posando sul tavolo, quando il grande schermo al plasma sulla
parete di
fronte al divano segnalò loro una chiamata: si trattava di
Metz. Mentre Dante
si affrettava a rispondere, Sophie si lasciò sfuggire un
sospiro. “Un altro
attacco della Spirale. Quale regalo migliore per Natale?”
pensò mentre la voce
di Metz salutava il cercatore suo allievo.
- Dante, ho una missione per la tua squadra - disse poi – mi
dispiace disturbarvi alla vigilia di Natale, ma
credetemi, non ci sono alternative: dobbiamo agire quanto prima!
–
Il
cercatore dai capelli rossi
sorrise, tranquillizzando il suo mentore: «Non preoccuparti,
Metz, siamo sempre
pronti all’azione quando si tratta di combattere la Spirale
di Sangue! Avanti,
di cosa si tratta?», domandò.
«Bene,
avete mai sentito parlare
della Kusanagi no Tsurugi?», chiese il capo della Fondazione.
Sophie
domandò prontamente: «Sta
forse parlando dell’antichissima spada che costituisce uno
dei Tre Tesori di
Yamato?».
Metz
sorrise compiaciuto:
«Complimenti Miss Casterwill, la tua conoscenza dei manufatti
antichi è davvero
vasta! Vedete, abbiamo modo di ritenere che questa spada leggendaria
potrebbe
essere di estrema importanza per aiutarci a sconfiggere la Spirale di
Sangue…»
Dante lo
interruppe: «Ti
riferisci alla capacità sconfiggere i nemici controllando i
venti, come
raccontato nel mito di Yamato Takeru, vero? Ad ogni modo,
l’esistenza della
spada Kusanagi è solo una leggenda: nessuno l’ha
mai vista in epoca moderna…»
Questa
volta fu Metz ad
interrompere il suo allievo: «Dante, mi meraviglio di te:
quante oggetti
creduti persi o inesistenti hai visto e toccato personalmente nella tua
vita da
cercatore? Ti posso assicurare che la spada esiste e domani stesso la
vedrai
con i tuoi occhi! Cercatori: avete una missione, recuperare la Kusanagi
no
Tsurugi. Domattina all’alba verrò a prendervi
all’aeroporto San Marco con uno
dei nuovi jet ultraveloci della Fondazione Huntik ed in sei ore saremo
a
Nagoya!».
«Domattina
all’alba? Questo
significa che ci aspetta una levataccia anche il giorno di Natale:
questa vita
da cercatore è proprio sfiancante!»,
commentò Lok, esasperato.
«Mi
dispiace per te, Lok», gli
disse Dante, dandogli una sonora pacca sulla spalla, poi, tornando a
rivolgersi
a Metz, gli domandò:«Ho capito bene? Verrai in
missione con noi? È da quando
avevo l’età di Lok che non accade più
una cosa del genere!».
«Eh
sì, ragazzo, sarà un
meraviglioso quanto necessario ritorno ai vecchi tempi: vedi, il
Venerabile
Homura, il kannushi del tempio di Atsuta è un osso duro, e
solo un amico di
vecchia data come me può persuaderlo a lasciarci dare
un’occhiata alla spada»,
rispose l’uomo, generando uno sguardo interrogativo in tutti
i suoi
interlocutori.
«Bene,
trascorrete una buona
vigilia di Natale: ci vediamo domattina per gli auguri!»,
concluse ironicamente
Metz prima di chiudere la comunicazione.
Mentre si
scambiavano le loro
opinioni ed aspettative sull’imminente missione del giorno
dopo, i quattro non
si accorsero che era giunta la mezzanotte, fino a che
l’orologio a pendolo del
salone non suonò dodici rintocchi. «Ragazzi, buon
Natale!», esclamò Dante con
il suo solito entusiasmo. I cercatori si scambiarono gli auguri ed
iniziarono a
scartare i regali sotto l’albero di Natale: si respirava
un’aria di tranquilla
allegria nella stanza e per alcuni istanti ai quattro ragazzi
sembrò di essere
persone perfettamente normali, che non avevano sulle spalle il destino
del
mondo intero.
Poco
dopo, Dante era appoggiato
ad uno degli ampi finestroni del suo salotto e guardava assorto il
paesaggio
notturno di Venezia illuminato dalle luci natalizie. La sua mente era
miglia e
miglia lontana dal suo corpo: pensava alla visione che Ark gli aveva
mostrato e
si chiedeva se avrebbe avuto la forza necessaria per affrontare fino in
fondo
il suo destino; pensava anche a lei, a Zhalia. Quando lui
l’aveva appoggiata
nella decisione di lasciare la squadra ed infiltrarsi nella Spirale,
non
pensava le sarebbe mancata così tanto. Si chiedeva cosa
stesse facendo lei ora,
a cosa pensasse e se anche lei si sentisse così sola senza
di lui. Non poteva
fare a meno di pensare che quelli che stava trascorrendo potevano
essere gli
ultimi giorni della sua vita, e
sempre
più spesso gli capitava di rammaricarsi di non averle
chiesto di restare al suo
fianco per quegli ultimi momenti che il destino gli aveva concesso.
Alla fine,
però, si diceva che forse andava bene così: il
tempo passato lontani l’uno
dall’altra avrebbe reso meno difficile per Zhalia distaccarsi
da lui per
sempre, forse l’avrebbe aiutata ad affrontare la sua morte, o
almeno era questo
quello che sperava.
«Stai
pensando a lei, vero,
Dante?», la voce di Den riscosse il cercatore dai capelli
rossi dai suoi
pensieri. Sorrise debolmente al ragazzo e gli rispose, sospirando:
«Già… Anche
a te deve mancare Harrison».
I due
cercatori avevano lo
sguardo fisso sul luminoso albero di Natale, sotto il quale erano
rimasti due
doni, ancora in attesa di essere scartati dalle persone ai quali erano
destinati: quello di Dante per Zhalia e quello di Den per Harrison,
«Sai,
io e mio fratello non abbiamo
mai trascorso un vero Natale come tutte le persone normali: avrei
voluto così
tanto che lui fosse stato con me stasera…»,
confessò Den con le lacrime agli
occhi.
Dante
ripensò all’anno
precedente, all’emozione che traspariva dagli occhi di Zhalia
nonostante lei
cercasse di dissimularla, alle sue gote arrossate
dall’entusiasmo mentre
insieme a lui sistemava per la prima volta nella sua vita i regali
sotto
l’albero la
precedente vigilia di
Natale. Aveva provato così tanta tenerezza per lei in quel
momento: dietro
quell’apparenza scontrosa si nascondeva un enorme vuoto, una
muta richiesta di
affetto, e lo stesso doveva valere per il fratello di Den.
«Sono
sicuro che il prossimo
anche Harrison sarà con noi a festeggiare il
Natale!», lo rassicurò Dante con
un ampio sorriso.
Alba del
25 dicembre, Aeroporto
Marco Polo, Venezia, Italia.
«Buon
Natale, ragazzi e
benvenuti a bordo!», così Metz accolse i membri
del Team Huntik, ancora tutti
assonnati, ad eccezione di Dante.
«Ehilà
cercatori, Buon Natale!»,
la voce possente di Montehue richiamò l’attenzione
dei presenti.
«Monty,
che piacere ritrovarti,
amico mio!», esclamò Dante,
abbracciando calorosamente il suo amico, « Sei anche tu dei
nostri in questa
missione? E dove lo hai lasciato Teresly?»
«Oh
beh, gli ho consigliato di
trascorrere le feste con la sua famiglia in Scozia. Questa spedizione
non è
certo per un tipo
come lui!«,
ironizzò
l’omone.
«E
così questo è uno dei
nuovissimi Scrangehead della Fondazione Huntik?»,
domandò il cercatore dai
capelli rossi, mentre osservava con minuziosa attenzione la plancia di
controllo dell’aeromobile.
L’anziano
consigliere gli
sorrise: «Vorresti
pilotarlo, eh? Vieni, ti cedo il comando!». Dante non se lo
fece ripetere due
volte e subito si sedette alla postazione di pilotaggio:
«Allacciatevi le
cinture, ragazzi, si parte!», esclamò entusiasta.
Den, dopo
essersi guardato attorno con aria incuriosita, commento:
«Ragazzi, qui dentro è fantastico! A me sembra
quasi di essere nel jet degli
X-men!».
«Già,
già!», confermò Lok, «io
voglio essere come Cyclope!».
«Ed
io come Wolverine», concluse Den.
«Beh,
a me Montehue sembra molto più somigliante a
Wolverine», osservò
Dante.
«E
Metz allora sarà il nostro Dottor Xavier!»,
concluse
entusiasticamente Lok.
Sophie
alzò gli occhi al cielo, disperata. «Questi
ragazzi non
cresceranno mai, vero?», commentò Cherit, dando
voce ai pensieri della giovane
Casterwill.
Metz
tossicchiò, cercando di richiamare l’attenzione
degli altri
cercatori: «Allora, ragazzi, cosa sapete della spada
Kusanagi?»
Dante,
con ancora sul viso un’espressione che sembrava quella di un
bambino
che si sta divertendo un mondo col suo nuovo giocattolo,
iniziò a raccontare: «
Si narra che il dio del mare e delle tempeste Susanoo
incontrò nella
regione di Izumo una famiglia disperata: i genitori avevano perso sette
figlie
sacrificate al malvagio mostro a otto teste Yamata no Orochi, e adesso rischiavano di
perdere anche l’ultima
di loro, Kushinada. Invaghitosi della giovane, ideò un piano
per
sconfiggere
il mostro,
in cambio della possibilità di sposarla: trasformata
Kushinada in un pettine
per averla sempre con sé, ordinò che fossero
raccolti otto barili di sakè, da
disporre di fronte alla casa della ragazza, dove Yamata no Orochi
sarebbe
giunto per reclamarla.
Mentre
Susanoo si
nascondeva in una vicina foresta, il demone giunse
di fronte alla casa di Kushinada, e qui
si ubriacò con gli otto barili di sakè. Solo
quando tutte le teste del mostro
scivolarono in un sonno profondo, Susanoo abbandonò il suo
nascondiglio e le
recise,
uccidendo
il drago
leggendario. In seguito iniziò a recidere le code del
mostro, ma quando giunse
alla quarta, la sua spada incontrò qualcosa di molto
resistente. Fu così che
Susanoo trovò la spada Ama no Murakumo».
Sophie
non poté fare
a meno di fare sfoggio delle sue approfondite conoscenze
storiografiche: «Nel
688 la spada fu
trasferita dal Palazzo
Imperiale e portata al Tempio di Atsuta, a Nagoya. Nonostante diversi
tentativi
di furto, la spada dovrebbe trovarsi ancora in quel tempio, ma
è impossibile
provarne la reale esistenza, dato che non è accessibile al
pubblico».
«Bene!»,
esclamò Metz,
«oggi non solo scoprirete che la spada Kusanagi esiste per
davvero, ma
capirete anche perché essa è di
fondamentale importanza per la lotta alla Spirale di Sangue. Ricordate
la
storia di Yamato Takeru di cui ha parlato ieri Dante? Ebbene, i nostri
ricercatori hanno scoperto che i poteri di questa spada leggendaria non
si
riferiscono solo al
dominio del vento:
essa sarebbe in grado di sconfiggere ben cento titani con un suo solo
fendente.
Capite bene quale vantaggio potrebbe darci negli scontri con lo
sconfinato
esercito dei Fanatici della Spirale!».
Tardo
pomeriggio 25 dicembre, Tempio
di Atsuta, Nagoya, Prefettura di Aichi, Giappone
«Certo,
non avrei mai pensato di
trascorrere il giorno di Natale in un posto così insolito
come un tempio
shintoista!», commentò Sophie, mentre insieme agli
altri cercatori saliva la
lunga scalinata in pietra che portava al santuario.
«Dai,
almeno c’è la neve qui, a
Venezia non l’avremmo trovata di sicuro»,
replicò Lok con il suo solito
ottimismo.
Avevano
appena messo piede nel
cortile del tempio quando vennero attaccati da una trentina di Fanatici
della
Spirale di Sangue capitanati da Harrison. Tantras aveva ormai perso
ogni potere
ed il giovane olandese era diventato a tutti gli effetti il suo
successore fra
i consanguinei della Spirale.
I sei
cercatori divennero il
bersaglio di una raffica di Augerfrost: prontamente ognuno di essi si
riparò
dagli attacchi con un Armourbrand. Dante lanciò una rapida
occhiata alle fila
nemiche e proprio dietro Harrison, notò la figura sottile
della guardia del
corpo del ragazzo: era la sua Zhalia. I due si scambiarono uno fugace
ed
intenso sguardo: il cercatore si sorprese nel desiderare di poterla
trasformare
in un pettine come Kushinada ed averla sempre al suo fianco.
«La
spada Kusanagi sarà nostra!
Preparatevi ad essere spazzati via!», esordì
Harrison in tono sprezzante e
subito dopo evocò Hitokiri: dal fitto di una nebbia
scarlatta emerse un titano
che aveva le sembianze di un Oni ed una katana affilata.
«Dovrete
vedervela con me e con
il mio Baselaird Powerbondend!», replicò Lok
richiamando il krono- titano che
aveva ricevuto da suo padre Eathon, mentre il fido Cherit svolazzava al
suo
fianco. Den e Montehue stabilirono di occuparsi dell’esercito
dei fanatici
della Spirale: il primo chiamò in suo aiuto Cursed Archer
per essere in grado
di fronteggiare titani ed attacchi a medio – lungo raggio,
mentre il secondo,
agitando in aria le sue due asce, evocò Fenris e si
lanciò nei combattimenti
corpo a corpo con i nemici più intrepidi che osavano
sferrare attacchi diretti.
Sophie e Zhalia si ritrovarono di nuovo una di fronte
all’altra.
«Preparati,
principessa!
Stavolta non avrò esitazioni come al castello di Vlad
Dracul!», disse la
cercatrice dai capelli corvini sferrando un Poisonfang verso la
Casterwill.
«Buon
per te! Ma non pensare che
ti lascerò vincere facilmente!»,
replicò la ragazza difendendosi con un
Honourguard.
«Avanti,
Dante! Mentre tutti
sono occupati a combattere, approfittiamone per andare a recuperare la
spada
Kusanagi!», Metz esortò il suo allievo a seguirlo
verso i padiglioni più
interni del tempio.
Corsero
verso un edificio in
legno dal tetto spiovente e lì, fra due komainu, vi era un
uomo anziano che
indossava un copricapo nero ed una veste cerimoniale di colore viola.
Metz lo
salutò con un profondo inchino: «Venerabile
Homura, questo è Dante, il mio
allievo e cercatore del quale vi ho parlato».
L’uomo dai capelli rossi si
inchinò anche lui di fronte al kannushi, attendendo che,
come dettava il
protocollo, fosse il vecchio sacerdote a rivolgergli per primo la
parola:
«Benvenuto
giovane cercatore! Il
mio amico Metz ha una fiducia incondizionata in te. Spero che non ci
deluderai!»
Dante
chinò la testa e rispose
in tono grave: «Farò il mio meglio per non
deludervi!».
Il
Venerabile Homura sorrise
lievemente al cercatore, poi esortò i visitatori a seguirlo:
«Presto, venite
con me! La Sacra Spada vi aspetta per misurare il vostro
valore!».
I tre
uomini si inoltrarono
all’interno del monastero fino a giungere alla soglia
dell’honden, il
padiglione nel quale era custodito l’oggetto più
sacro del tempio. Il kannushi
pose una mano sulla spalla di Metz: «Ora il ragazzo
dovrà entrare da solo. Tu
aspettalo qui fuori, amico mio!», e così dicendo
condusse Dante all’interno
dell’edificio. Il penetrante odore di incenso avvolse i sensi
del cercatore,
che osservava con curiosità le pareti disadorne in legno
chiaro e carta di
riso. La sua attenzione si concentrò sull’altare
vuoto che era al centro della
stanza: «Venerabile Homura, non dovrebbe esserci la spada
Kusanagi in questo
reliquiario?», chiese il giovane, alquanto confuso.
Il
sacerdote batté una pacca
sulla sua spalla e poi gli rispose: «Mio giovane amico, la
Sacra Spada è qui di
fronte a noi, ma solo se tu le dimostrerai di essere degno di lei, essa
si
mostrerà a te e si lascerà dominare».
Dante era
confuso: «Come posso dimostrarle
il mio valore? Io non so cosa fare…».
«Concentrati
e lascia che la
Sacra Spada legga il tuo animo», gli rispose il monaco,
lasciandolo solo
nell’honden.
Il
cercatore si sedette sul
tatami che ricopriva il pavimento della stanza, assumendo la posizione
del
fiore di loto e, respirando lentamente, cercava di rilassarsi e
concentrarsi
sulla spada. Paradossalmente, più cercava di liberare la sua
mente, più il
pensiero dei suoi amici che fuori di lì stavano combattendo
contro la Spirale
di Sangue, gli impediva di focalizzarsi sulla sua importante missione.
Scosse
con forza la testa, come
a voler fare uscire quei pensieri che attentavano alla sua
lucidità. Riprese a
concentrarsi sulla respirazione, mentre pensava ai motivi che lo
avevano
guidato fino a quel luogo e che avevano il volto di Metz, Cherit,
Montehue,
Lok, Sophie e Zhalia. Gli tornarono alla mente le immagini del suo
primo
incontro con Metz: lui era ancora un bambino ma era già solo
al mondo; il
cercatore gli aveva sorriso calorosamente e lo aveva accolto nella sua
vita,
crescendolo, insegnandogli ad essere un cercatore, ma soprattutto
donandogli
tutto l’affetto di cui lui aveva sempre sentito il bisogno.
Ripensò alle lunghe
nottate trascorse a chiacchierare con Cherit dei misteri del mondo di
Huntik,
agli amichevoli scontri e alle bevute con Montehue, alle risate ed ai
momenti
difficili delle prime missioni con Lok e Sophie e a quella strana
tensione che
lo pervadeva ogni volta che Zhalia era vicino a lui, fin da quella
prima volta
a Praga. Con ognuno di loro aveva condiviso momenti ed esperienze
uniche, che
avrebbe difeso ad ogni costo, si disse con risolutezza. Aprì
gli occhi e rimase
sorpreso nel trovare nel reliquiario una lunga spada a forma di calamo,
forgiata in un metallo bianco: la Kusanagi no Tsurugi lo aveva
giudicato degno
e si era mostrata a lui. Si sollevò in piedi e con cautela
si avvicinò all’arma
sacra per impugnarla: non appena la sua mano toccò
l’elsa, il suo intero corpo
fu pervaso da un’intensa energia che si manifestò
anche attorno al suo corpo
sotto forma di un’aura verde. Dante impugnò la
spada ed uscì dall’honden: qui
il Venerabile Homura e Metz rimasero stupiti nel vederlo tornare
vittorioso.
«Dunque
sei riuscito a farti
accettare dalla Sacra Spada, Dante: davvero grande è il tuo
valore! Ricorda che
ora il potere della Kusanagi è dentro di te e potrai
richiamarla ogni volta che
in battaglia dovrai difendere coloro che per te sono
preziosi!», disse con tono
greve il kannushi.
Dante
ringraziò l’anziano saggio
con un profondo inchino, poi si recò dai suoi compagni che
ancora combattevano
contro la Spirale: i cercatori della Fondazione , benché
esausti, continuavano
a respingere gli attacchi dei loro avversari, ma era ormai questione di
tempo e
avrebbero avuto la peggio contro quegli oscuri poteri.
«Maledizione,
si è legato alla
spada Kusanagi!», maledisse fra i denti Harrison, ma prima
che egli potesse
ordinare ai suoi uomini di ritirarsi, il cercatore dagli occhi
d’ambra aveva
già scagliato un fendente della sua nuova arma contro lui ed
il suo drappello
di soldati silenti. In una frazione di secondo tutti i titani degli accoliti della
Spirale di Sangue
ritornarono nei loro amuleti.
«Vi
consiglio di desistere se
non volete fare una brutta fine», li minacciò
Dante brandendo la spada.
«Darkfog!»,
Harrison creò
una fitta nebbia scura per poter coprire
la ritirata della sua squadra, ma prima di scomparire, la sua voce
carica di
rabbia risuonò nell’aria: «Questa volta
avete vinto la battaglia, ma la guerra
è ancora aperta e saremo noi a dominare su tutto il
mondo!».
Ore 23:30
del 25 dicembre - Stanza
di Dante, Bosenkan Ryokan, Nagoya,
Prefettura di Aichi, Giappone
«Che
giornata intensa quella di
oggi, vero, Dante? Mi dispiace averti rovinato il giorno di
Natale!», Metz
ancora non riusciva a perdonarsi di aver messo sulle spalle del suo
allievo un
peso così grande.
«Oh,
non preoccuparti! Erano più
di dieci anni che non andavamo in missione insieme, e per me
è stata una bella
esperienza, questa… poi, guardati attorno, non sembra
neanche Natale, qui!»,
rispose il cercatore più giovane.
«In
effetti… », assentì il capo
del Consiglio Huntik guardando lo yukata blu che ognuno di loro aveva indossato dopo aver
fatto un bagno
ristoratore nell’onsen della locanda.
I due
uomini erano seduti nella
veranda e guardavano i raggi della luna piena riflettersi sulla neve
che
copriva completamente il giardino zen: quel paesaggio sicuramente non
era
quello tipico natalizio, ma era talmente suggestivo da mozzare il fiato.
Dalla
stanza accanto provenivano
le voci allegre dei restanti membri della spedizione che,
impossibilitati a
giocare a tombola, avevano organizzato in camera di Lok un torneo di
Mahjong.
«Dannazione,
Den, possibile che
tu abbia fatto kong un’altra volta!»,
esclamò contrariata Sophie.
Montehue
rise rumorosamente: «Su
ragazzi, non litigate: la notte è ancora giovane ed ho
intenzione di
stracciarvi tutti. In questo gioco l’unico in grado di
tenermi testa è quel
furbone del vostro mentore!»
Dante
sorrise: «Sembra proprio
che quei cinque si stiano divertendo, eh? Forse dovremmo andare di
là e dar
loro una lezione su come si gioca a Mahjong!».
In quel
momento qualcuno bussò
delicatamente sul telaio della porta scorrevole della camera.
«Avanti!»,
disse Metz a voce alta.
Il fruscio degli shoji che si aprivano non destò
l’attenzione di Dante, di
nuovo assorbito dalla contemplazione del panorama notturno. Una
cameriera
vestita in abiti tradizionali entrò nella stanza e,
chinandosi, poggiò accanto
ai due uomini un vassoio laccato: «Vi ho portato del
saké caldo: è l’ideale in
notti fredde come queste», comunicò la donna
parlando quasi sottovoce. Il
cercatore più anziano si voltò verso lei per
ringraziarla ed i loro sguardi si
incrociarono per una frazione di secondo.
«Ehi,
Dante, ci hanno portato il
saké…», Metz scosse leggermente Dante
per richiamare la sua attenzione.
«Bene,
era proprio quello che ci
voleva!», esclamò lui allegro, «ci
facciamo un bicchierino?».
Il
mentore rivolse al suo
allievo un sorriso sornione: «Io preferisco andare di
là a fare una partita a
Mahjong. Tu puoi farti dare compagnia dalla signorina!».
«Ma…
Metz…», provò ad obiettare
Dante, ma prima che potesse aggiungere un’altra parola,
l’altro si era alzato e
si stava avviando verso la porta. Si fermò un attimo accanto
alla cameriera che
era ancora inginocchiata a terra accanto al vassoio, le posò
una mano sulla
spalla: «Buon Natale, mia cara», le disse con un
ampio sorriso, poi uscì dalla
stanza.
Dante si
voltò indietro per
prendere il sakè ed i suoi occhi si fermarono sulla figura
femminile che si
trovava accanto a lui. Era fasciata da un furisoda di broccato di seta
nero
decorato con candidi fiori di pruno e stretto in vita da un ampio obi
scarlatto, i suoi capelli corvini erano raccolti in
un’acconciatura da un
fermaglio di ebano e foglia d’oro e le sue labbra erano
dipinte di un rosso
carminio. Quando la ragazza alzò lo sguardo e lui la
poté guardare in volto, la
tazzina piena di vino di riso che aveva in mano cadde a terra, vuotando
il suo
contenuto sul tatami.
«Zhalia,
sei davvero tu?»,
domandò sorpreso Dante.
La
cercatrice non riuscì a
trattenere un sorriso: «Sì, sono proprio io!
Sorpreso?».
«Beh,
più che sorpreso sono
proprio incantato, Zhalia: sei… sei bellissima»,
rispose lui con trasporto,
mentre i suoi occhi non riuscivano a distogliersi da lei, non avendone
mai
abbastanza: in quei momenti, lei sembrava davvero la principessa
Kushinada
uscita dalla leggenda della spada Kusanagi.
La donna
guardava con la
medesima intensità il cercatore: quello yukata blu oltremare
faceva risaltare
ancora di più i suoi occhi del colore del miele ed i suoi
capelli, illuminati
dai raggi della luna, sembravano quasi incandescenti. «Anche
tu non sei niente
male con questo kimono», replicò lei, lanciandogli
uno sguardo languido.
Dante le
cinse le spalle e la
fece sedere accanto a lui.
«Come
hai fatto a venire qui?»,
le chiese, curioso.
«Dubiti
delle mie capacità di
spia, Dante Vale?», rispose lei, fingendo di essersela presa.
«No,
però, non si accorgeranno
della tua mancanza?»
«Dopo
la sonora sconfitta che
hai inflitto alla nostra squadra, ci siamo rifugiati nella nostra base
qui a
Nagoya. Harrison è così furioso che neanche si
accorgerà che sono stata via un
paio di ore!», spiegò lei.
«Per
quale motivo hai deciso di
correre questo rischio, posso saperlo?», le
domandò, non riuscendo a capire
perché una cercatrice prudente come lei avesse deciso di
osare tanto.
«Beh,
semplice! Per poterti
augurare Buon Natale, e sono arrivata appena in
tempo…», e così dicendo, gli
accarezzò una guancia, poi, avvicinandosi a lui,
poggiò delicatamente le sue
labbra su quelle del cercatore.
«Buon
Natale», gli sussurrò
Zhalia, arrossendo in volto.
«Buon
Natale anche a te»,
rispose Dante, stringendola forte a sé e, mentre liberava i suoi capelli del colore
della notte dalla
presa del fermaglio, ripensò ancora alla storia
d’amore fra Susanoo e la sua
bella principessa.
«Questa
notte non mi scappi, mia
bella Kushinada!», le disse sorridendo dolcemente, prima di
baciarla con
passione.
Nonostante
tutto, quello sarebbe
stato un Natale indimenticabile per entrambi.
Note a fine storia: Era
da tanto tempo che desideravo scrivere una storia sulle leggende
dell'antico Giappone! Per maggiori informazioni sugli argomenti
trattati - Spada Kusanagi, templi shintoisti ed abbigliamento
tradizionale giapponese - riferirsi a questa e quest'altra
pagina della Wikipedia anglofona.
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