Cosa c'è di meglio che iniziare
l'anno raccontando qualche storia dell'orrore?
Partecipa alla Gift Box Challenge, pacco blu, Bicchieri di cristallo,
"Non sono stato/a io!"
Horror di inizio anno
"Auguri e felice anno nuovo!"
"Auguri!"
Nel gabbiotto del pronto soccorso i ragazzi del volontariato
sollevarono i bicchierini di plastica, brindando a quella mezzanotte
speciale.
Marco sollevò le spalle, dando un colpo col gomito a Carlo.
"Non saranno bicchieri di cristallo, ma l'importante è festeggiare!"
"Oh, la sapete la storia che gira sul capodanno qui in ospedale?"
Carlo poggiò il proprio bicchiere sul tavolino, guardando il collega
più anziano. Giorgio, quello con gli occhiali che guidava l'ambulanza,
si versò un altro bicchiere di coca cola, annuendo.
"Quella sui tunnel!"
Marco gli sorrise, annuendo con foga.
"Sì, quella! Tu la conosci?"
Carlo negò con la testa: aveva iniziato a lavorare lì da poco più di un
mese, figurarsi se conosceva già tutte le storie su quegli ospedali.
Marco spostò la sedia per guardarlo meglio in faccia, agitando le mani
per aria.
"Allora, hai presente sì che c'è una serie di tunnel sotterranei che
collegano tutti gli ospedali?"
Carlo annuì: li aveva percorsi già decine di volte per spostare dai
loro reparti i pazienti deceduti e portarli alla camera mortuaria;
sapeva che spesso venivano utilizzati quando c'era brutto tempo per
spostare anche i pazienti ancora vivi da un reparto all'altro senza
farli uscire per forza all'esterno o farli salire in ambulanza. L'unico
problema della rete di tunnel era l'illuminazione scarsa, in alcuni
punti praticamente inesistente.
Marco continuò immediatamente a raccontare. "Ecco, si dice che la notte
di Capodanni il tunnel si popoli di fantasmi che cercano l'uscita prima
che spunti l'alba. Se ci riescono fermano qualche infermiere o
portantino e gli dicono di essersi persi e di essere riaccompagnati
nella loro stanza. Ma non bisogna farlo!"
"Perché?"
Il ragazzo aprì bocca per rispondergli ma in quel momento il telefono
squillò e la squadra andò via di corsa. Carlo si guardò attorno,
chiedendosi ancora perché, ma la sua domanda dovette essersi riflesso
sul suo viso perché un Giovanni, un ragazzone simpatico, gli batté
sulla coscia, ridendo.
"Ma ci hai creduto? Era solo una storia!"
Il telefono squillò ed il suo collega prese la chiamata, facendogli
cenno di alzarsi dalla sedia.
"Andiamo, dai: dobbiamo portare una donna."
Carlo spingeva la barella lungo il tunnel, cercando di non guardarsi
troppo attorno per non far capire a Giovanni di avere ancora la storia
impressa in testa, mandando mentalmente a quel paese il collega che
gliel'aveva raccontata. Nel tunnel rimbombavano il rumore dei loro
passi e quello delle ruote sul cemento freddo, d'un tratto entrarono in
una delle tante zone d'ombra e Carlo sopprimette un brivido.
La voce di Giovanni risuonò irritata al suo fianco.
"La smetti di spingere?"
Il ragazzo sbarrò gli occhi, cercando la vaga sagoma al proprio fianco.
"Ma chi ti ha spinto?"
"Ah, mi sono spinto da solo. Che è, continui?"
Se non fosse stato impegnato a spingere la barella avrebbe scosso le
spalle.
"Non sono stato io!"
D'improvviso si sentì tirare la giacca della divisa e gli venne la
pelle d'oca.
"Gio, mi hai tirato per rallentare?"
"No."
La voce che iniziava a steccare, Carlo insistette.
"Qualcuno mi ha tirato, Gio, se è uno scherzo..."
"Ti dico che non l'ho fatto!"
Senza nemmeno pensarci aumentò il passo, praticamente correndo via da
quelle ombre in cui c'erano fin troppe cose strane. La voce del collega
lo raggiunse alle spalle, stralunata.
"Ma che fai? Aspettami!"
Il ragazzo però si fermò solo quando tornò ad entrare in una zona
illuminata, allora si voltò, cercando di respirare a fondo, il battito
a mille, e allora quasi balzò fuori dalla propria pelle.
Una bambina in camicia da notte lo guardava dal basso, una manina
stretta attorno all'orlo della sua giacca. Si guardarono in silenzio,
Carlo impegnato a rallentare il proprio battito, chiedendosi
affannosamente da dove fosse spuntata fuori la piccola.
"Credo di essermi persa. Cercavo qualcuno che mi desse un bicchiere di
latte."
Giovanni camminava il più velocemente possibile, una mano contro il
muro per non rischiare di tirarsi ad una parete a causa dell'oscurità.
Finalmente raggiunse il collega, ancora fermo lì dove c'era nuovamente
la luce, perfettamente immobile.
"Ma sei uscito scemo a correre a quel modo?"
Carlo si voltò lentamente verso di lui, guardandolo per un attimo senza
alcuna espressione in viso. Lentamente un sorriso si allargò sulle sue
labbra, l'aria stranamente un po' folle.
"Sai di cosa ho voglia? Di latte."
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