Questa sciocchezza
è dedicata alle polle che mi sopportano (quindi alla zia, a
Rowi, ad Ale, a Vane,
a Rob) come regalo di Natale molto, molto in ritardo; e alle mie due
Eleonore, perché
l’avevo promesso e perché mi fanno sempre da
supporto.
Love ya all!
C’era
una volta,
un’Autrice che…
Hogwarts, 13
agosto 2011
«Ecco,
vedete»,
stava intanto illustrando l’Autrice con tono accademico,
seguita da un codazzo di
Lettori e Aspiranti FanWriters. «Questa è la
realtà di Hogwarts. Questi sono gli
studenti», e indicò con aria annoiata un gruppo di
undicenni impegnati a studiare
con aria disperata enormi volumi rilegati in pelle, «quelli
gli insegnanti», e salutò
con un cenno del capo la professoressa Sprite, che ricambiò
stranamente entusiasta,
«e questa è la struttura», concluse,
fermandosi nel bel mezzo di una scalinata mobile.
Perché sì, ad Hogwarts le scale si possono muovere.
«Io ho
capito,
Autrice, ma-»
«Vostra Eccellenza, Moore», lo
interruppe
l’altra. Il ragazzino la fissò perplesso, e lei
aggiunse, con un piccolo sospiro:
«per voi comuni esseri mortali è Vostra
Eccellenza. Maestra, Illuminatrice di Vite, Vossignoria… Come volete, ma
non osate chiamarmi
Autrice. Mai», e socchiuse gli occhi, con aria sognante:
«dopotutto, io seguivo
Harry Potter da ancor prima che voi nasceste, e ho iniziato a scrivervi
sopra quando
ancora stavate prendendo il latte da vostra madre. Un po’ di
rispetto, grazie».
I ragazzini si scambiarono uno sguardo eloquente, ma decisero di
soprassedere.
«Ehr…
Vostra
Eccellenza»,
e il disgusto di Moore
sulle parole fu evidente, «volevo chiederle…
Dov’è che sbagliamo? A me sembra che
le cose che leggiamo siano esattamente quelle che stiamo
vedendo».
«Sbagliato.
Voi
credete di vedere, ma vi limitate a guardare e a registrare le
informazioni che
volete, mettendo il paraocchi a tutto il resto. Seguitemi, vi
mostrerò una cosa».
Iniziò a
salire
velocemente le scale, «e, Witter, fammi un
piacere… Evita di incastrarti ancora
in qualche gradino, sarebbe la terza volta, oggi».
La ragazzina
arrossì furiosamente e cercò di fare bene
attenzione a dove metteva i piedi. L’Autrice
si diresse verso uno dei corridoi del secondo piano, mentre i novellini
erano costretti
praticamente a correre per riuscire a starle dietro. Finalmente,
notò qualcosa che
la fece ghignare in modo perfido. «Cosa vedete
laggiù?»
Il codazzo
avvistò
alcune persone, poco più distanti.
«Tom… Tom Felton!», strillò
Fisher, iniziando
a saltellare sul posto insieme alla propria migliore amica.
«Oddio, oddio… La prego,
posso andare da lui a-»
«No. Quello
non
è Tom Felton», rispose risoluta
l’Autrice. «Quello è Draco Malfoy. E vi
posso assicurare
che è tutto tranne che figo».
Oh, quanto disprezzo
espresso in una sola parola! Ma l’Autrice aveva ragione:
osservando meglio, si poteva
vedere un ragazzo biondo, dall’aria decisamente malaticcia e
schifata, insieme a
due di quei classici scimmioni cerebrolesi che eviteremmo come la
peste, casomai
ci ritrovassimo loro accanto. I migliori amici di Draco Malfoy, ovvero
Tiger e Goyle.
Non Zabini e Nott.
«Mezzosangue,
se questo è uno scherzo ti giuro che te la farò
pagare cara», stava intanto dicendo
il tenero Serpeverde, indicando il penzolante rametto di vischio sopra
le loro teste,
ad Hermione Granger, la secchiona della scuola, che tornava dalla
Biblioteca con
un cumulo di libri presi in prestito.
«E cosa
pensi
di fare, andare da paparino a piangere per il grave affronto
subito?»
Il ragazzo prese
un accenno di colore sulle guance. «Te ne farò
pentire amaramente», continuò, testardo.
Hermione rise, sprezzante. «Malfoy, l’unica cosa
che potrei temere da te sarebbe
che tu diventassi intelligente».
Persino Tiger
e Goyle capirono che quello era un affronto bello e buono.
«Devo darle una ripassatina?»,
domandò quest’ultimo, facendosi avanti con un
pugno che andava a sbattere, minacciosamente
e ritmicamente, sul palmo aperto della mano. La ragazza lo
guardò come se una montagna
di sterco di Ippogrifo le fosse improvvisamente piovuta davanti al
naso. «Devi solo
provarci, e ti farò rimpiangere l’assenza di una
parte importante del tuo corpo.
E non parlo del cervello».
«Ma cosa sta
succedendo? Perché non si saltano addosso?»,
mormorò perplessa Fisher. L’Autrice
le regalò un’occhiata di compassione allo stato
puro.
«Perché
se io
odio una persona, la odio. A meno che tu non dia un ottimo back-ground
ai personaggi,
motivando il loro smettere di odiarsi, le cose andranno esattamente
così», ed indicò
i due alquanto schifati soggetti allontanarsi in fretta e furia da quel
vischio
maledetto. «Anzi», soggiunse, pensierosa:
«mi aspettavo che Malfoy reagisse come
l’ultima volta… È scappato via urlando “Aiuto,
mammina! Una mezzosangue sta cercando di stuprarmi!”»
Ridacchiò da sola, prima
di riprendere. «Vi farò vedere cosa farebbero
alcuni personaggi se capitassero nelle
situazioni che vi divertite a proclamare come realistiche».
Il tono pregno
di spregio non prometteva nulla di buono, e la marmaglia si
scambiò un’occhiata
preoccupata. Cosa avrebbe combinato l’Autrice?
Draco x Ginny; e alla
fine arriva Ron; il
triangolo no.
«Malfoy,
tutto
ciò è assurdo. Io non piangerei mai per
te», proruppe Ginny, alquanto infastidita
dai numerosi lacrimoni che le scorrevano giù dal mento. Il
ragazzo si limitò a guardarla
con aria nauseata, mentre lei si soffiava rumorosamente il naso.
«Weasley, io
non prenderei neppure in considerazione l’idea di rimanere da
solo nella stessa
stanza con uno della tua famiglia, figurati con un lavandino
umano».
Dio, che schifo.
Ma il muco dei traditori del proprio sangue era mica infettivo? Doveva
uscire da
quella situazione, e subito. Chissà se il padre
l’avrebbe diseredato, una volta
venutone a conoscenza… Decise di non rischiare.
«Malfoy, a
quanto
pare noi siamo i nuovi Romeo e Giulietta della
situazione…»
Romeo e Giulietta?
E chi erano? Li stava paragonando a degli elfi domestici, per caso?
«…
E quindi dovremmo
lottare per difendere l’amore sbocciato tra due famiglie che
si fanno la guerra
da innumerevoli generazioni… Accidenti Malfoy, renditi
utile: dammi quella maledetta
sciarpa».
Draco rimase
basito a fissare quella che chiamava con disprezzo la
“femmina Weasley” sequestrare
la sua amata sciarpa e usarla come fazzoletto con un rumore molto
simile a quello
di un terremoto in atto.
«Vorrai
scherzare,
spero. Preferirei affrontare disarmato uno Schiopodo Sparacoda che
unirmi a qualche
tuo parente!»
Una voce si
levò
lontana:
«Neanche se
quel
qualcuno fosse Ron?»
Un brivido percorse
la schiena di Draco, mentre il penultimo della nidiata Weasley faceva
la sua apparizione
tra due ali plaudenti di folla.
«Ohhhhhhhhh,
lui sì che può essere il mio re quando
vuole!», disse una ragazza bene in carne, con una profonda
voce da uomo.
L’Autrice
fece
segno al ragazzo di avvicinarsi e di rimanere in posa davanti a lei.
Draco aveva
l’aria disgustata, Ginny perplessa, soprattutto quando la
Somma estrasse dal nulla
una lunga canna di bambù e la utilizzò per
indicare le varie parti del corpo del
“rosso”.
«Come
potrete
notare, i vestiti di seconda mano qui sono resi magnificamente
trascurati, casual.
I morbidi capelli rossi, rossi come il sangue che scorre nelle sue
vene, il sorriso
bianchissimo e perfetto, gli addominali scolpiti dai lunghi allenamenti
di Quidditch,
il barlume d’intelligenza negli occhi, l’aria
matura e affascinante… Questo non
è Ron Weasley, questo è Principe Giglio che ha
scambiato la Foresta Proibita per
il Fantabosco e ogni tanto si diverte a fare il plebeo lontano da casa.
Vai, caro,
vai, continua il tuo giro».
Il ragazzo fece
un inchino regale e disse: «Rimango sempre ai vostri ordini,
mio splendido raggio
di sole, mia dama argentata, mia-»
«Fuori dalle
palle!», ululò la Magnifica, che odiava Principe
Giglio e Principessa Odessa sin
dalla sua più tenera infanzia. «Fuori tutti, anche
voi!», urlò al codazzo di fan
in visibilio. Quando la grande folla si fu sfoltita, Ginny fece
un’osservazione.
«Mi era
sembrato
un po’ troppo figo ultimamente…»
Ma l’Autrice
si era voltata verso i ragazzini, brandendo il lungo bastone con aria
battagliera.
I poveri allievi si misero immediatamente sull’attenti e non
osarono fiatare, ivi
inclusi il prode Malfoy e la tenera Ginny.
«Ron
è uno sfigato.
Lo dico con tutto l’affetto del mondo, ma non saprebbe
neanche allacciarsi le scarpe
da solo se sua madre non gliele avesse incantate da piccolo»,
e qui Ginny annuì,
consapevole. «Ora, non so che razza di allenamenti possa dare
il Quidditch, ma ho
l’idea che stare per ore con le chiappe serrate intorno ad un
manico di scopa ti
faccia venire un culo da favola (e qui le fan dello Slash si persero in
poco casti
pensieri) ma quanto al resto…»
Improvvisamente
si udì uno strano rumore, come di singhiozzi a stento
trattenuti, e l’Autrice corrucciò
lo sguardo verso un arazzo sussultante.
«Perché,
mio
unico amore? Perché hai preferito lui a me?
Cos’aveva più di me? Niente, niente!»
«Ehm,
è forse
il vero Ron, colpito nell’orgoglio da una
Dramione?», domandò con tono timido Joyce,
un ragazzo tutto pelle e ossa. L’Autrice scosse il capo e
fece loro segno di proseguire.
«No, il vero
Ron è nelle cucine a strafogarsi di cibo, come
sempre… Ormai è abituato a certe
situazioni, ha persino fondato il Club dei Cornuti, sotto la
supervisione di James
Potter».
«E allora
chi…?»
L’Autrice
fece
di nuovo una sosta e li fissò con aria rammaricata.
«Povero Sev,
ormai è stato reso una mammoletta priva d’orgoglio
da così tante fanfic che ha subito
un crollo nervoso e ora soffre di crisi di personalità. Ogni
tanto cerca di
uccidere ancora Silente, altre va in giro per Malfoy Manor con solo un
boa
viola sulle spalle, agitando dei ventagli di piume improvvisati,
fabbricati con
le povere code dei pavoni bianchi di Lucius, dedicando proprio a lui
strofe alla
“NO!
Morire qui non è da me, morire va bene,
ma non per te! Ti lascerò alla tua follia di crederti bella,
di crederti mia! Non
è finita, lo sento!”»
Draco ebbe un
singulto, non si capiva se fosse un accenno di pianto o di riso, ma
recuperò in
fretta la sua solita aria superiore. La Somma lo fissò per
qualche istante, prima
di continuare:
«La povera
Narcissa
ha avuto qualche crisi isterica - sapete, ha visto il suo devoto
maritino finire
nel letto di chiunque, nelle fic, ma subire anche
quest’affronto… - mentre Lucius
si è asserragliato dentro al Maniero cercando recuperare i
pavoni traumatizzati
rimasti, la luce dei suoi occhi. Lord Voldemort si è
divertito a seccare diverse
volte Piton, ma tanto ogni volta resuscita… Alla fine ha
rinunciato e si gode lo
spettacolo quando capita».
«Che storia
tristissima!»,
pigolò Witter, con le lacrime agli occhi. «Che
uomo sfortunato!»
«Ad ognuno
la
sua croce», replicò con aria saccente
l’Autrice. «Facciamoci un giro nei Sotterranei,
tanto che parliamo di Serpeverde!»
«Oh,
no…», mormorò
Draco, allarmato. «Posso andarmene, vero?»
La Somma lo
fissò
con aria divertita.
«Per chi mi
hai
presa, Malfoy? Per Allock? Avanti, in fila insieme agli altri. E se
provi a minacciarmi
di nuovo con la storia di tuo padre finisce come l’ultima
volta».
A Draco tanto
bastò.
Pansy Parkinson e
l’Armadio delle Vergogne
«Ma come,
per
lei niente pairing, Maestra?», domandò Moore, lo
sguardo posato su una ragazzina
smilza e dall’aria incarognita seduta in un angolo a studiare.
«Uhm, per
Pansy,
dici? Povera, le lascio una mezz’oretta libera per poter
rimettersi al passo con
Trasfigurazione, dato che ogni tre per due me la rapiscono per farla
scopare con
ogni essere - animato o meno - dentro e fuori Hogwarts».
Fisher si fece
di fuoco e l’Autrice la guardò con aria di
superiorità.
«Per favore,
Fisher, non far finta di essere sconvolta dalle mie parole
perché minorenne; so
benissimo cosa diamine hai scritto solo due settimane fa, quindi non
prendiamoci
in giro».
La Somma si
ravvivò
i capelli con un gesto teatrale, prima di continuare:
«Parlavamo
di Pansy: quella povera creatura non ha più tempo libero. La
sua agenda
personale trabocca di appuntamenti, festini a luci rosse, incursioni da
Morgana’s Secret… E non parliamo del suo aspetto!
Ora, come per tutti gli altri
personaggi, ricordiamo che nel libro si parla di un volto simile al
muso di un
carlino. Presente il carlino? Il cane che appare in Pocahontas,
bravissimo
Joyce! Qui invece dev’essere una… Per le mutande
di Merlino, come potremmo
definire Pansy?»
Ginny fissò
Pansy
con astio e sibilò un ben udibile: «Una
zoccola».
La Serpeverde
l’udì e alzò lo sguardo sperando di
incenerire così la più piccola dei Weasley,
ma non fiatò perché stava cercando di recuperare mesi di compiti non fatti. Quella
strega della McGranitt era del tutto
immune alle suppliche delle ragazze: «Se la signorina Granger
riesce comunque a
tenersi al passo, non vedo cos’avreste voi di
diverso».
«Perfetto,
Ginny!
Facciamo il riassunto della situazione: Pansy Parkinson è
una zoccola, una stronza,
ma una stronza con un cuore. Una stronza che se la spassa con chiunque,
ma nel cuore
rimane fedele al suo primo, unico e vero amore, Draco Malfoy. Uno
spirito
gentile ed incompreso, che si finge forte per nascondere le carenze
affettive
lasciate dall’assenza dei suoi genitori. Questo è,
ragazze, perché vedete
troppo Gossip Girl».
Fisher si
voltò irata: «Ma Blair non è una
zoccola! Lei fa così perché-»
«Sentite, lo
so che stronza fa figo. Lo so. Il problema è che, nella
realtà, se ti trovi davanti
una tipa del genere la strozzi, non cerchi di psicanalizzarla. Anche
perché, fidatevi
di chi ha più esperienza di voi, chi fa lo stronzo di solito
è stronzo e basta.
O, perlomeno, non merita la metà delle giustificazioni che
vorreste attribuirgli».
Un rumore sordo
interruppe il lungo e noioso sermone dell’Autrice.
«Cos’è?»,
chiese
Witter, terrorizzata. Draco trasalì e tentò di
nascondersi dietro alla Weasley,
che lo fissò disgustata e si scostò da lui.
«E’
l’Armadio
delle Vergogne dei Serpeverde. Millicent Bulstrode è
un’ospite onoraria, Tiger e
Goyle ci passano diverso tempo e anche Flitt non ci marcia
male… E’ l’Armadio dove
vengono nascosti gli elementi imbarazzanti dei Serpeverde. Quelli
troppo poco estetici,
per intenderci, che non possono rientrare nella categoria
“Serpe-algida-e-bellissima”».
«Ma Flitt
è un
figo!», ribatté Fisher, che si stava dimostrando
quella con i gusti peggiori di
tutto il gruppo.
«No. Flitt
è
così brutto che ci spavento mia cugina di quindici anni,
quando mi rompe l’anima.
Lo estraggo dall’Armadio et voilà! Cugina
sull’orlo del pianto, effetto assicurato.
Non dimentichiamoci che Harry pensava che in lui scorresse sangue di
mostro… Mica
era per tanto per dire».
«Ok,
ma…»
«Niente ma.
La
parola della Somma non si discute».
I ragazzini si
scambiarono un’altra occhiata eloquente, ma preferirono non
discutere. Avevano ormai
compreso che con Lei era tutto inutile, come parlare contro un muro di
gomma.
Fecero un ultimo
giro per Sala Comune dotata di deumidificatori - ogni tanto qualcosa di
buono lo
facevano, quelle dannate fanfic! - godendosi gli sguardi lascivi e
lussuriosi degli
studenti.
«Merlino,
ogni
tanto dimentico quanto siano diventati ninfomani questi
ragazzi», brontolò l’Autrice,
strattonando via Witter e Fisher e dando una bacchettata sulle mani di
Zabini,
elegantemente posate sia sul proprio didietro che su quello di Ginny.
«Disgustoso,
roba che neanche al passaggio delle ragazze di
Beauxbatons…»
Il suo
imprecare venne interrotto subito dopo l’uscita dalla Sala
Comune, quando Joyce
notò una porta dai colori psichedelici brillare di luce
propria e pulsante
nella penombra del corridoio.
«Maestra, e
quella
cos’è?»
L’Autrice
quasi
strillò nel vederla, e Draco e Ginny sfoderarono
immediatamente le loro bacchette.
«Per tutti i calderoni! Si sono spostati ancora! Malfoy,
Ginny, in formazione! Mi
raccomando, voialtri, non guardate da questa parte per nessun motivo, o ne verrete
contagiati!»
I tre indossarono
immediatamente degli occhiali da sole - anche questi comparsi dal nulla
- e l’Autrice
si fece avanti, con il lungo bastone alla mano e uno strano aggeggio
nell’altra.
«Ok, al
solito.
Io apro la porta e agisco, voi due pensate a Schiantare gli eventuali
fuggitivi».
Ginny e Malfoy annuirono, uniti per la prima volta contro un comune e
temibile nemico.
«Allora, al mio via!»
L’Autrice
spalancò
la porta e mise in azione l’aggeggio, tanto che per un attimo
il corridoio s’illuminò
di un’intensa luce bianca. Ginny eseguì un paio di
fatture su un paio di esseri
non meglio identificati e poi li fece Levitare all’interno
della stanza, mentre
Malfoy ne Cruciava un altro. De gustibus…
«Perfetto»,
esclamò
la Somma, chiudendo la porta, ora tornata normale, e togliendosi di
dosso gli occhiali
insieme agli altri. «Mi chiedo proprio come riuscire a
debellarli del tutto, sparaflasharli non basta
più…»
«Ma
chi?», chiese
Moore, perplesso.
«Mary-Sue e
Gary-Stu»,
annunciò la Maestra, con tono funereo. «Ogni volta
penso di essermene liberata per
sempre, ma continuano a spuntare come funghi… Fisher!»,
strillò, correndo da lei e scuotendola per un braccio.
«Stupida,
stupida ragazzina! Gliel’avevo detto di non guardare!
Ginny!»
La ragazza
obbedì
prontamente e sussurrò un incantesimo a mezza voce. Fisher
perse immediatamente
l’aria svagata e assente che aveva assunto, e anche
quell’assurda ciocca nera tendente
al viola tendente al blu notte tendente all’argento che le
era spuntata.
«Comincio a
diventare
troppo vecchia per prendermi certi spaventi»,
sospirò con aria afflitta l’Autrice,
portandosi una mano al cuore. «D’altronde, se non
ci fossimo noi Somme, Hogwarts
andrebbe allo scatafascio. Silente ballerebbe nudo sopra i tavoli
insieme a Piton,
la Stanza delle Necessità servirebbe a tutto tranne che a
delle reali
necessità,
come scappare da Mastro
Gazza, gli studenti andrebbero in giro con mp3 e telefonini e si
collegherebbero
a Facebook… Non riesco nemmeno a pensarci».
Risalirono le
scale e passarono per la Sala Grande, dove l’Autrice si
beò dell’ovazione levatasi
al suo passaggio. Interi branchi di Tassorosso andarono a stringerle la
mano, i
Corvonero cominciarono a declamare poesie in suo onore, persino Gazza
si avvicinò
con passo claudicante per ringraziarla di mantenere l’ordine
tra quei debosciati.
Il tavolo dei professori si sollevò contemporaneamente e
applaudì insieme ai propri
studenti (l’unico assente era Piton, rintanato in
chissà quale angolo buio e umido),
i Grifondoro fecero ruggire le proprie bacchette in splendide scintille
rosse e
dorate, persino i Serpeverde dimostrarono il loro apprezzamento (anche
perché probabilmente,
in caso contrario, l’Autrice li avrebbe lasciati in pasto a
Fanwriters prive di
scrupoli, e loro non erano affatto stupidi).
«Per oggi la
lezione finisce qui, domani ci occuperemo dei luoghi magici e
non», si accomiatò
la Somma, dirigendosi verso Silente, che l’accolse come se
fosse la figlia che non
aveva mai avuto. Dall’alto del suo scranno dorato,
l’Autrice fece loro cenno che
potevano unirsi alle tavolate e servirsi a volontà del cibo
che apparve proprio
in quel momento sugli enormi vassoi dorati e sui piatti di ognuno.
«Godetevi la
cena, ragazzi».
Tutti cominciarono
a mangiare, e i ragazzini si fecero posto sulla tavolata dei
Tassorosso, quella
più vicino a loro.
«Ma non vi
sembra
di esserci dimenticati qualcuno di importante, oggi?»,
domandò Fisher, con aria
perplessa.
Moore fece spallucce,
servendosi abbondantemente di pasticcio di rognone.
«Boh, anche
se
fosse? Mangiamo, dai, che quella domattina vuole farci alzare
all’alba per farci
godere della vista della Piovra del Lago appena
sveglia…»
Fisher fece spallucce
e cominciò a riempirsi il piatto. Dopotutto, si trattava
sicuramente di qualcuno
di insignificante e poco apprezzato.
The end
O forse no?
Una figura si
materializzò sull’ultimo gradino di Grimmauld
Place, entrando in punta di piedi
per non far svegliare la dolcissima signora Black, che
l’avrebbe accolto con i soliti
graziosi ed affettuosi epiteti.
«Sirius, sei
in casa?», bisbigliò, dirigendosi verso la grande
cucina.
«Parola
d’ordine!»,
urlarono quattro voci diverse, nel buio. La figura alzò le
braccia verso l’alto,
la bacchetta bene in vista, proclamando: «A morte le
fanfic!»
La luce apparve
nella stanza, illuminando il profilo di tre uomini, un ragazzo e una
donna.
«Oh, Harry,
finalmente!
Ci stavamo preoccupando», disse Sirius, facendo il giro del
tavolo e abbracciando
il figlioccio. Lui ricambiò la stretta e poi strinse anche
Remus e i suoi genitori.
«Tonks
dov’è?»,
chiese, notando un’assenza.
«Non ce
l’ha
fatta stavolta. Ma si trattava solo di poche righe, dovrebbe tornare a
breve».
Harry
annuì,
accasciandosi su una sedia e afferrando una Burrobirra rimasta sul
tavolo.
«Questa
tortura
non avrà mai fine… Quasi preferivo il periodo in
cui dovevo sconfiggere Voldemort,
la loro crudeltà non è minimamente paragonabile!
Per fortuna oggi le Autrici mi
hanno lasciato perdere… Cominciano a stancarsi del
protagonista, sono passato inosservato».
«Beato
te…»,
sospirarono i tre Malandrini (Peter faceva piccole e alquanto inutili
comparsate, poteva godersi la vita, lui!).
«Coraggio,
fra
poco scemerà l’ondata di commozione dovuta
all’uscita dell’ultimo film, e torneremo
ad avere ritmi più normali, tesoro».
«Speriamo…»
Ma nessuno di loro
aveva messo in conto l’apertura di Pottermore.
Comunicazioni di
servizio: Nessun
Draco
Malfoy è stato maltrattato durante la stesura di questa
fanfic.
Come avete notato
benissimo, si tratta di una parodia non solo delle fic scritte con poco
riguardo
al mondo originario di Harry Potter, ma anche delle fan più
accanite della zia Row.
Avanti, un po’ Autrici dentro lo siamo tutte…
Ammetto di aver tranquillamente preso
in giro anche me stessa!
Il testo è
farcito
di citazioni di HP e la canzone che canta Piton è di Renato
Zero (ma va’?) e si
intitola Morire qui.
Ogni
riferimento
a cose e/o persone è puramente casuale.
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