Yukiko & Yusaku Story 1
Disclaimer: tutti i personaggi
appartengono a © Gosho Aoyama tranne Yoshie e Saya Sakaguchi che comunque non
hanno un ruolo importante.
YUSAKU & YUKIKO’ STORY
di Yuki Delleran
Prima Parte
Il giallista e l’attrice
Il programma del pomeriggio
prevedeva un’intervita alla radio, uno special televisivo e se fosse avanzato
tempo, cosa di cui dubitava fortemente, anche un servizio fotografico. La
ragazza sospirò appoggiandosi pesantemente al parapetto e alzò lo sguardo verso
il cielo chiaro. Amava il suo lavoro e ci metteva tutta la passione necessaria,
ma a volte avrebbe preferito non essere Yukiko Fujimine, appena premiata come
miglior attrice del Giappone. Una vita fatta di lezioni all’università e uscite
con le amiche sarebbe stata più adatta a una ragazza della sua
età. «Yuki-chan! » Una voce conosciuta e il cigolio di una porta che si
apriva interruppero i suoi pensieri e una ragazza avanzò sulla terrazza. «Ti
ho cercata dappertutto, cosa ci fai sul tetto? Bhè, non importa. Le lezioni del
mattino sono finite, se vuoi che ti accompagni alla radio sono tutta per te!
» Yukiko le sorrise riconoscente. «Grazie Eri-chan! » Eri Kisaki,
studentessa del primo anno della facoltà di giurisprudenza, era anche la sua
migliore amica e vicina di casa. Quel giorno, a causa di un improvviso
raffreddore della sua manager, si era offerta di scortarla durante i suoi
impegni. Eri non era il tipo da venire affascinata dal mondo dello spettacolo,
così come capitava sempre più raramente che Yukiko riuscisse a trovare il tempo
frequentare l’università, ma le due erano rimaste amiche per la pelle e più che
disposte ad aiutarsi a vicenda. Riuscirono ad uscire dal campus senza troppi
problemi poiché gli studenti erano abituati alla presenza di Yukiko, ma prendere
il treno senza farsi notare si dimostrò più difficoltoso. La ragazza finì per
raccogliere i lunghi riccioli sotto un berretto e abbassare la visiera sugli
occhi con la speranza che nessuno facesse troppo caso a lei. Al suo fianco Eri
chiacchierava allegramente dell’ultima lezione a cui aveva assistito. «Il
diritto civile sarà anche interessante, » diceva mentre gli occhi le brillavano
per l’entusiasmo. «ma il diritto processuale penale è quanto di più fantastico
abbia mai sentito! » «Questa tua propensione ad avere a che fare con i
criminali mi preoccupa, Eri-chan. » commentò Yukiko. «Io non intendo ‘averci
a che fare’, voglio semplicemente provare la soddisfazione di farli condannare.
Ah, la nostra fermata! » Le due ragazze si avviarono alle porte e quando il
treno si fermò con un leggero scossone, si mossero per scendere. Avevano appena
messo piede sulla banchina quando qualcosa urtò Yukiko alle spalle
sbilanciandola in avanti e facendo cadere il berretto. La chioma fluente della
ragazza le ricadde sulle spalle e voltandosi vide un giovane che si massaggiava
la fronte imbarazzato. «Ehi, perché non guardi dove vai? » lo rimproverò
Eri. «Mi dispiace, ero distratto. Non ti sei fatta male, vero? » disse quello
gentilmente. La stava fissando, un po’ più intensamente del dovuto in realtà, e
Yukiko si preparò al solito assalto da fan. Ora che il suo travestimento era
andato in fumo, anche se si era affrettata a ripristinarlo, quel ragazzo si
sarebbe sicuramente messo a fare chiasso. Come accorgendosi del suo
disappunto, il giovane si affrettò ad abbassare gli occhi. «Scusa se ti sto
fissando in questo modo, non vorrei sembrarti scortese, ma mi sono caduti gli
occhiali e senza non ci vedo bene. » si giustificò guardandosi attorno sul
pavimento della stazione. Yukiko notò che le lenti erano finite ai suoi piedi
e le raccolse porgendogliele insieme al libro che il ragazzo stava leggendo. “A
Study in Scarlet” di Arthur Conan Doyle. Letteratura inglese in lingua
originale, notò con apprezzamento. «Ti ringrazio e scusami ancora. » disse il
ragazzo infilandosi gli occhiali, poi tornò a fissarla. «Ecco, adesso che ci
vede bene mi riconosce di sicuro. Che guaio! Devo andare, ti saluto! » esclamò
Yukiko rispondendo alle pressanti richieste di Eri che la tirava per una
manica. «Aspetta! Non ti ho già vista da qualche parte? » «Lo sapevo!
» «Ti starai sicuramente sbagliando! » intervenne Eri seccamente. Sapeva
quanto Yukiko fosse infastidita e imbarazzata dalle persone che in quel periodo
la fermavano persino per strada. «Anche tu! Ma sì, adesso mi ricordo.
Frequentate tutte e due l’università Teitan. Tu sei nel corso di diritto » disse
rivolto a Eri. «e tu in quello di lettere europee anche se frequenti poco. »
continuò sorridendo a Yukiko. «Sono iscritto anch’io lì, magari ci ricapiterà di
incrociarci. Allora ciao! » Così dicendo si voltò e riaprendo il proprio
libro si immerse di nuovo nella lettura avviandosi in direzione opposta alla
loro. Yukiko ed Eri si incamminarono in direzione degli studi radiofonici,
poco distanti dalla stazione e lungo il tragitto la ragazza esternò la propria
perplessità. «Non ha fatto una piega, ci sono quasi rimasta male. » «Questo
perché ti stai abituando ad essere rincorsa dai fans, piccola presuntuosa. » la
prese in giro Eri. «A parte gli scherzi, è sembrato anche a me di averlo già
visto in giro. E’ un tipo con il naso perennemente nei libri. Niente di
eclatante. » «Non essere cattiva, dai, in fondo era carino. » «Il topo di
biblioteca non è il mio tipo, preferisco l’uomo d’azione, lo sai. » Yukiko
scoppiò a ridere a quell’affermazione. Eri si atteggiava tanto a dura ma lei
sapeva bene che era un’inguaribile romantica, le mancava solo di incontrare la
persona giusta. La registrazione alla radio non riservò particolari sorprese,
ricalcò in tutto e per tutto decine d’altre fatte in precedenza. Sempre le
solite domande. Sempre le solite risposte. Lo special per la Toho TV invece si
rivelò più impegnativo. Era la presentazione di un nuovo programma che avrebbe
seguito il lancio dello sceneggiato per cui era stata da poco scritturata, “La
pericolosa donna poliziotto”. Proprio per questo motivo alla trasmissione che
avrebbe seguito ogni episodio sarebbero intervenuti personaggi più o meno
importanti nell’ambito delle indagini criminali: avvocati, questori, semplici
poliziotti, psicologi, giallisti, periti della scientifica etc… Yukiko si
sentiva leggermente a disagio, poliziotta solo nella finzione, a dover
incontrare persone che avevano a che fare con delitti reali. Eri invece non
stava più nella pelle e dopo l’intervento di un giovane avvocato rampante chiese
di partecipare come spettatrice a tutte le puntate. «I tutori della legge
sono grandi! » commentò mentre tornavano a casa. «Che prestanza! Che spirito!
Non so cosa darei per avere un ragazzo così! » «Io invece non credo che
riuscirei a sopportare di stare con una persona costantemente in pericolo.»
obiettò Yukiko. «Preferisco qualcuno che mi dia più tranquillità e sicurezza.
» Il sorriso sornione di Eri la raggiunse del tutto inaspettato. «Non
dirmi che stai ancora pensando al tipo della stazione? Yuki-chan si è presa una
cotta per il Topo di Biblioteca! » «Oh, falla finita! »
Restare fuori
attardandosi fino a prendere al volo l’ultimo treno non era stata una bella
pensata. Si era fatto buio da un pezzo, stava morendo di fame e sicuramente il
suo coinquilino gli avrebbe fatto l’ennesima ramanzina. Sospirando di
rassegnazione, il ragazzo si decise a suonare il campanello dell’appartamento al
secondo piano della palazzina occupata quasi interamente da studenti. Ancora
prima che riuscisse a staccare il dito dalla parete, la porta si spalancò con
violenza e un fiume di parole lo investì. «SI PUO’ SAPERE CHE FINE HAI FATTO
RAZZA DI PAZZO INCOSCIENTE E’ QUASI MEZZANOTTE POTEVI SPRECARTI A FARE ALMENO
UNA TELEFONATA SE NON HAI UNA SCUSA PIU’ CHE VALIDA QUESTA VOLTA NON RISPONDO
PIU’ DI ME!!! » Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri incerto su
cosa rispondere per non irritare ancora di più il giovane davanti a
lui. «Ehm… puoi suggerirmi tu quale scusa sarebbe valida, Doc? » «Yusakun!
» Hiroshi Agasa si coprì il volto con le mani nella parodia di un gesto
disperato e si spostò dall’ingresso lasciandolo entrare. Dopo che ebbero chiuso
la porta, riattaccò con la solita tiritera che intavolava ogni volta che il
coinquilino era assente ingiustificato. «L’unica scusa valida è che tu fossi
con una ragazza, ma…» «Ehm… acqua…» «Appunto. La biblioteca
dell’università? » «Fuochino…» «Oh, no! Di nuovo la libreria del centro
aperta fino a mezzanotte? » «Bingo! » esclamò Yusaku ignorando lo sbuffo
infastidito dell’altro. «Doc, sto morendo di fame. Vero che mi hai lasciato
qualcosa per cena? Vero? » Davanti a quel sorriso accattivante, Agasa
capitolò. «Sì, sì, ma dovrai accontentarti di ramen istantanei considerando
che ultimamente sei quasi interamente a mio carico e il mio ultimo stipendio non
si è ancora fatto vedere. » «Caritatevole come sempre, Doc. » Yusaku si
accomodò al tavolo della piccola cucina osservando l’amico che armeggiava con il
bollitore per scaldare l’acqua. Praticamente era grazie ad Agasa se ora si
trovava lì. Era stato lui a convincere i suoi genitori a lasciarlo andare via di
casa per frequentare l’università e a prenderlo come suo coinquilino. Era una
persona molto gentile e gli dispiaceva dover pesare sulle sue spalle a quel
modo, in fondo lo stipendio di un assistente professore della facoltà di
ingegneria non sempre era sufficiente a mantenere due persone. Se solo il suo
progetto fosse andato in porto, non avrebbero avuto problemi di soldi almeno per
un po’. «Come procede il lavoro? » si informò Agasa appoggiandogli davanti la
scodella di ramen. «Visto che fai spesso così tardi spero sia a buon punto.
» «Non c’è male. Il personaggio principale è ormai completamente delineato,
alla trama mancano ancora alcuni passaggi ma farò sicuramente in tempo a
consegnare per la data stabilita. » Agasa ridacchiò. «Quando l’anno scorso
te ne sei andato di casa dicendo che volevi fare lo scrittore, non avrei mai
pensato che dicessi sul serio. Invece eccoti qui: hai vinto il concorso
letterario indetto dalla facoltà di letteratura e stai per partecipare a un
bando televisivo! Ancora qualche anno e potrò vantarmi di aver conosciuto e
mantenuto il famoso romanziere Yusaku Kudo! » «Magari fosse possibile! »
sospirò Yusaku. «A un concorso televisivo partecipa un sacco di gente. Sarà già
un miracolo se supererò le selezioni. Ma non demordo! Un vero eroe non si
arrende mai! » «Già, peccato che ti manchi un fattore indispensabile per
rappresentare l’eroe classico. » «Sarebbe? » «L’eroina! Non si vive di
carta e inchiostro, Yusakun! » Detto questo il giovane andò a dormire
lasciando solo in cucina Yusaku che appoggiò gli occhiali sul tavolo e si
stiracchiò allungandosi sulla sedia. Una ragazza… come se lui avesse tempo
per pensare a queste cose! Certo, se fosse stata una creatura affascinante e
intelligente come la bella Irene Adler, unico amore del suo stimato Sherlock
Holmes… ma questo non era possibile, persone del genere esistevano solo nella
fantasia dei romanzieri e se lui voleva eguagliare i suoi grandi maestri doveva
darsi da fare. La mattina dopo di buon’ora quando si alzò, Agasa lo trovò
raggomitolato sull’unica poltrona della casa, gli occhiali storti sul naso e
decine di fogli scarabocchiati sparsi intorno. Profondamente addormentato. Agasa
rimase ad osservarlo per qualche istante. Incredibile come nel poco tempo che lo
conosceva fosse diventato il suo migliore amico. Quando l’aveva preso a vivere
con sé era convinto che in capo a pochi mesi l’avrebbe visto tornarsene a casa
con la coda tra le gambe, ma quel ragazzo allegro e dallo sguardo intelligente
non aveva mollato ed aveva continuato a perseguire i suoi sogni. Si era iscritto
alla facoltà di lettere europee, frequentava assiduamente biblioteche e librerie
e gli aveva riempito la casa di libri. Ogni angolo della camera da letto che
condividevano traboccava di romanzi, saggi, biografie e raccolte di racconti:
sulle mensole, nell’armadio, sopra e sotto il letto. Per mancanza di spazio
ultimamente si limitava a impilarli sul pavimento. Yusaku Kudo aveva talento,
Hiroshi Agasa lo sapeva bene. L’entusiasmo che metteva nello scrivere non era
quello di un semplice dilettante, sotto i capelli scuri perennemente spettinati
si trovava un cervello di tutto rispetto. Rendendosi conto dell’ora che si
stava facendo tarda, Agasa appoggiò una mano sulla spalla dell’amico con
l’intenzione di risvegliarlo non troppo bruscamente, ma Yusaku saltò su come se
si fosse scottato. «Aaaah! Oh… per fortuna sei tu, Doc. Che spavento…
» «Sognavi di essere inseguito da un’orda di editori infuriati? » lo prese in
giro Agasa. «No, mi aggiravo in un magazzino buio alla ricerca di un assassino…
decisamente inquietante ma…» L’espressione di Yusaku si fece assorta per un
attimo. «… niente male come ambientazione per la scena finale del racconto!
» Il suo volto venne illuminato da un ampio sorriso. «L’agguato nel buio è
un classico ma in questo caso le parti saranno invertite e il cacciatore
diventerà la preda! » Agasa ascoltava affascinato, del tutto dimentico delle
lezioni a cui entrambi dovevano partecipare. «Ovviamente dopo lo scontro,
finalmente l’abile detective riuscirà a catturare l’assassino, vero? »
chiese. «Certo che no! » rispose Yusaku risoluto. «Il Barone della Notte è un
antagonista troppo grande per essere eliminato nel primo racconto che scrivo su
di lui. Un genio del crimine, la crudeltà personificata, colui che tramando
nell’ombra tira le fila dell’intera malavita! Il personaggio ideale per un gran
numero di racconti seriali! Però far finire male il detective mi secca… dovrò
trovare una soluzione… A proposito, Doc, che ore sono? » Agasa lanciò uno
sguardo all’orologio e ridacchiò imbarazzato. «Ehm… troppo tardi per l’inizio
della prima lezione del mattino, temo… »
Non era sua abitudine svegliarsi
tardi, ma il lavoro del giorno prima era stato davvero impegnativo e quella
mattina non aveva proprio sentito la sveglia. A questa ed altre scuse del genere
pensava Yukiko mentre correva trafelata verso l’aula dove si teneva la lezione
di letteratura europea. L’ingresso del corridoio era proprio davanti a lei,
aveva solo dieci minuti di ritardo, poteva farcela. Ce l’avrebbe fatta
sicuramente! Poi… un colpo improvviso, un forte dolore alla testa e si sentì
scaraventare indietro sul pavimento. Quando si azzardò ad aprire gli occhi notò
che di fronte a lei, seduto per terra in un mare di fogli, si trovava un
ragazzo. «Mi dispia…» iniziarono contemporaneamente. Si zittirono entrambi
rimanendo a fissarsi per alcuni istanti poi ripresero. «Scusami tanto,
non…» «Sono spiacente, io…» La situazione stava sfiorando il ridicolo,
pensò Yukiko alzandosi, raccogliendo i suoi libri e una parte dei fogli del
ragazzo. «Ti ringrazio. Ti sei fatta male? » chiese lui
gentilmente. «Tutto a posto… Oh! Ma tu sei il tipo di ieri! » esclamò Yukiko
riconoscendo il giovane con gli occhiali che le era andato addosso alla
stazione. «Ma guarda! Quella che non frequenta il corso di letteratura! A
quanto pare i nostri incontri sono destinati ad essere scontri. » Yukiko
valutò velocemente la situazione: ormai i dieci minuti erano diventati un quarto
d’ora, presentandosi nella grande aula silenziosa nel bel mezzo di una lezione e
per di più accompagnata da un ragazzo sarebbe stato decisamente
imbarazzante. «D’accordo! » decise. «Mariniamo insieme, ti va? » Il
ragazzo sembrò valutare la proposta con espressione pensierosa. «La lezione
di oggi era incentrata sugli scrittori inglesi del ‘900 e considerando che avrei
potuto tenerla tranquillamente io, direi che ci sto! » Yukiko sorrise e fece
per avviarsi verso il piccolo bar dell’università quando il ragazzo la
fermò. «Potrei almeno sapere il nome della mia compagna di fuga? » Yukiko
tornò sui suoi passi incerta se essere seccata o divertita. Ma questo dove
viveva? «Mi stai prendendo in giro o cosa? » L’espressione sconcertata che
le giunse come risposta la convinse della sincerità della persona che aveva di
fronte. Per quanto sembrasse assurdo e quasi impossibile, non la conosceva
davvero. «Mi chiamo Yukiko Fujimine. » si presentò con un sorriso. Forse era
la volta buona che sarebbe riuscita a stringere una nuova amicizia che non si
basasse sulla sua fama. «Piacere, io sono Kudo. Yusaku Kudo. » le rispose lui
stringendole la mano. Dopo una breve sosta al bar dove entrambi si
ristorarono con un caffè che contribuì anche a svegliarli un poco dopo la
levataccia, uscirono nell’ampio parco del campus. L’aria fresca del mattino era
riscaldata dai raggi del sole che annunciavano l’imminente arrivo dell’estate.
Si sedettero sull’erba all’ombra di un albero e Yukiko si appoggiò al tronco
stiracchiandosi. La maggior parte degli studenti era a lezione e solo pochi
ragazzi si attardavano qua e là con grossi tomi tra le mani. La tranquillità
regnava sovrana e quell’atmosfera era davvero rilassante. Quello era uno degli
unici posti dove riusciva a non pensare al lavoro e si sentiva in pace con sé
stessa. «Tu di cosa ti occupi? » La voce di Yusaku giunse a spezzare
l’idillio. «Cosa…? » mormorò Yukiko aprendo gli occhi che aveva
inconsapevolmente chiuso. «Mi chiedevo cosa fai oltre a frequentare
saltuariamente le lezioni. Sono molti gli studenti che hanno un lavoro part-time
e anch’io ho una sorta di occupazione alternativa. » Per l’ennesima volta
Yukiko rimase stupita e per evitare di rovinare il clima di complicità che si
stava creando, rispose in modo controllato. «Diciamo che ho a che fare con il
mondo dello spettacolo. Tu invece? Qual è la tua ‘sorta di occupazione
alternativa’, Kudo-kun? » «Lo scrittore! » esclamò Yusaku con sincero
entusiasmo. «O almeno ci provo. Adoro tutto ciò che è legato alla letteratura e
ai libri. » Ecco spiegato l’arcano, si disse Yukiko. Da bravo Topo di
Biblioteca era completamente a digiuno di tutte le frivolezze che concernevano
il suo lavoro. «Il mio obiettivo sarebbe quello di raggiungere il livello dei
miei idoli. » continuava intanto Yusaku. «Arthur Conan Doyle, Agatha Christie,
Edogawa Ranpo, Ellery Queen… ma non voglio essere solo una pallida imitazione,
intendo scrivere romanzi originali dove la vera protagonista sarà
l’intelligenza. Niente splatter e spargimenti di sangue gratuiti ma uno scontro
di grandi cervelli. L’intuito dell’investigatore contro la scaltrezza della
mente criminale… ehm… parlo troppo, non è vero? » si interruppe. Yukiko, che
era rimasta ad ascoltarlo imbambolata, si riscosse. «Eh? No, scusa, mi ero
incantata. Così ti piacciono i gialli, eh? » disse rendendosi conto di quanto
quell’affermazione suonasse banale. «Già! » esclamò Yusaku con un sorriso che
andava da un orecchio all’altro. «Li adoro! » La compagnia di quel ragazzo
era piacevole, nonostante le sue stranezze e fu quasi con dispiacere che poco
dopo Yukiko si avviò alla lezione successiva. Le avrebbe fatto piacere vederlo
di nuovo e si ripromise di frequentare più assiduamente il corso di letteratura
europea. Più tardi, quando si incontrò con Eri durante la pausa pranzo, le
raccontò quella piacevole esperienza. «Oh, mamma! Yuki-chan si è persa una
cotta per il Topo! » commentò l’amica. «Stai diventando ripetitiva Eri-chan.
» la rimbeccò Yukiko. «E poi smettila di chiamarlo Topo, Kudo-kun sarà anche un
po’ strano ma è una persona rilassante. » «Permettimi di esprimere la mia
perplessità riguardo all’aggettivo ‘rilassante’ inteso come complimento nei
confronti di un ragazzo…» «Perdoni l’uso improprio del vocabolario, signora
maestra. » la prese in giro Yukiko. «Significa che siccome non sa chi sono,
mentre ero con lui mi sentivo insolitamente tranquilla. » «Il che
effettivamente non è un sintomo da cotta. Oh, esisterà in qualche angolo remoto
di questo o di qualunque altro universo l’uomo adatto a noi? » sospirò
Eri. «Sempre la solita melodrammatica! Avresti dovuto studiare recitazione
con me, altro che giurisprudenza! » Nel pomeriggio Eri tornò a lezione e
Yukiko si preparò, un po’ a malincuore, per la seduta fotografica che il giorno
prima era saltata a causa della mancanza di tempo. Un simile stato d’animo non
le era familiare, di solito era entusiasta del suo lavoro, ma quel giorno
avrebbe voluto passare più tempo in università. «Forse se riesco a
sbrigarmela velocemente potrò fare un salto in biblioteca prima che chiuda…» si
trovò a pensare senza rendersene conto. «Un attimo… In biblioteca? Ma se ci avrò
messo piede sì e no due volte in tutta la mia vita…» In realtà, senza volerlo
ammettere neanche a sé stessa, non vedeva l’ora di rivedere un certo ragazzo con
limpidi occhi azzurri nascosti da enormi occhiali che la faceva sentire così
bene.
Le lezioni del pomeriggio si erano protratte più del solito ma
Yusaku non si sentiva per niente affaticato. Infatti nei primi dieci minuti del
corso di inglese gli era venuta una brillante idea per salvare la pelle al
detective del suo racconto e l’aveva prontamente messa in pratica scrivendo per
le due ore successive. Quando rientrò a casa il blocco originariamente adibito
agli appunti delle lezioni e su cui aveva continuato a scribacchiare durante il
tragitto in treno, era per una buona metà ricoperto di idee espresse con una
fitta calligrafia inclinata e che lasciavano presagire un happy end per il
protagonista. «Doc, ho fame! » fu la prima cosa che esclamò non appena
oltrepassata la soglia. «Ma guarda, lo scrittore squattrinato che vive a
sbafo sulle spalle degli altri si è degnato di farsi vivo e pretende la cena! »
brontolò Agasa già affaccendato in cucina. Yusaku si sedette al tavolo
allungando le gambe su una sedia davanti a sé con espressione beata. «Non ti
rispondo nemmeno, sono troppo di buon umore per raccogliere certe provocazioni.
» sentenziò. Qualche minuto dopo Agasa portò in tavola due tazze di zuppa di
miso e si sedette di fronte all’amico. «Allora, che novità ci sono? Perché
tutta questa euforia? Aspetta, fammi indovinare! Ti sei finalmente presentato
alla giovane assistente del professore di chimica come ti dicevo di fare da
mesi! » Yusaku soffiò sulla zuppa e scosse la testa. «Molto meglio! Ho
trovato il modo per risolvere il problema del finale del racconto! » Sorseggiò
il brodo e continuò: «Il detective abbandona lo scontro con il Barone della
Notte per salvare la ragazza presa in ostaggio. Il Barone ne approfitterà per
scomparire, ma il detective arriverà comunque troppo tardi per salvare la
ragazza. Un fantastico espediente per alimentare il suo rancore verso il rivale!
» Agasa si infilò in bocca un’alga e masticò con aria poco convinta. «Era
la sua ragazza? Del detective, intendo. » «Bhè, in realtà non si erano mai
dichiarati ma in pratica sì. » «Allora pensi davvero che una persona sana di
mente perderebbe tempo in uno scontro quando la donna che ama è in pericolo?
Così faresti passare dalla parte del torto il protagonista. » «Ma il senso di
giustizia… lo spirito di sacrificio… » «Tutte balle che non valgono quando
c’è di mezzo l’amore! Yusakun, tu hai bisogno di una ragazza! » Yusaku finì
di sorseggiare la zuppa e si allungò sulla sedia. «In realtà oggi ne ho
conosciuta una. Cosa c’è d’altro di buono? A giudicare dal profumo si direbbe
tempura di verdure. » Agasa per poco non si strozzò con l’ultimo sorso di
zuppa e cominciò a tossire. «Chi se ne frega della tempura! » esclamò quando
si riprese. «Hai conosciuto una ragazza? Dove? Come? » «Parlerò solamente a
pancia piena. » disse Yusaku solennemente dettando l’improrogabile
condizione. Solo dopo aver ripulito il piatto ed essersi accomodato sulla
poltrona, cedette alle insistenti occhiate curiose del coinquilino e spiegò come
aveva incontrato Yukiko quella mattina. «Sembra simpatica, anche se non ha
parlato molto di sé… No, Doc, frequenta lettere, non la incontreresti mai, per
così dire, ‘per caso’. » concluse anticipando la domanda dell’amico. «Le hai
almeno chiesto come si chiama? » «Certo, si chiama Fujimine-san.
» «Fujimine-san? Sta’ a vedere che hai conosciuto Yukiko Fujimine! » esclamò
Agasa scoppiando a ridere come se avesse detto la più grande assurdità
possibile. Yusaku invece rimase serio non capendo il motivo dell’ilarità
dell’altro. «Il suo nome è proprio quello. Yukiko Fujimine-san. Fa così ridere?
» L’urlo di Agasa venne sentito probabilmente da tutti gli abitanti
dell’isolato ed ebbe come immediata conseguenza un colpo violento al soffitto da
parte dell’inquilino del piano di sopra e uno, anche se meno convinto,
dall’appartamento a fianco. «Intendi farti sentire da tutta la città? Qual è
il problema, Doc? » «Qual è il problema?! ‘Qual è il problema’ dice lui! Con
quel faccino innocente! Mi stai prendendo in giro?! » Agasa era decisamente
su di giri, almeno quanto Yusaku si sentiva confuso. Nessuno dei due però riuscì
ad aggiungere altro perché vennero interrotti da minacciosi colpi alla porta.
Yusaku aprì e si trovò davanti l’inquilino dell’appartamento accanto che lo
fissava torvo. «Buonasera. Cosa posso… » «Fare silenzio! » lo interruppe
quello senza nemmeno lasciargli finire la frase. «Qui c’è qualcuno che sta
cercando di studiare! Se voi non avete proprio niente da fare almeno cercate di
non seccare con il vostro chiasso chi domani deve dare un esame vitale!
» Detto questo girò sui tacchi e si sbatté alle spalle la porta del suo
appartamento lasciando Yusaku imbambolato nell’ingresso. «Che tipo! »
commentò il ragazzo rientrando. «Dovrebbe darsi una regolata quel Nakamori-kun.
Solo perché frequenta l’accademia di polizia si crede chissà chi. » «E’ solo
geloso perché hai più intuito di lui. Oh, adesso non cambiare discorso! Cos’è
questa storia che conosci Yukiko Fujimine? » riprese Agasa. «Sapevo che
frequentava la nostra università ma non ho mai incontrato nessuno che fosse
riuscito ad avvicinarla. » «Sembra che tu stia parlando di una specie di
celebrità. Cos’è, Miss Teitan o qualcosa del genere? » «Si vede che hai occhi
solo per i tuoi stupidi libri! » saltò su Agasa imporporandosi. «Yukiko Fujimine
ha vinto il premio come miglior attrice del Giappone! » Yusaku rimase
leggermente shockato da quella notizia. La ragazza che aveva conosciuto era una
famosa attrice. Ecco spiegato il motivo del travestimento il giorno prima sul
treno. Si rendeva conto dello sguardo di Agasa fisso su di lui in attesa di una
qualunque reazione, ma in tutta sincerità non avrebbe saputo cosa dire. L’unica
differenza che gli appariva rispetto a prima era che ora gli erano chiari i
motivi delle ripetute assenze della ragazza. Rimase in silenzio pensieroso per
qualche istante nonostante le occhiate impazienti di Agasa, poi il sul suo volto
si aprì un sorriso che l’amico aveva ormai imparato a conoscere e che
significava una cosa sola. «Fantastico! Ho trovato una preziosa fonte di
informazioni! » esclamò infatti. «La ragazza del detective è un’attrice e mi ero
impantanato in certe scene perché non sapevo come descrivere al meglio il suo
lavoro. » Agasa si portò una mano alla fronte e rinunciò a qualunque
tentativo di discussione. Se neanche una notizia del genere riusciva a smuovere
quel fissato, probabilmente niente al mondo ci sarebbe riuscito. «Almeno me
lo fai fare un autografo? » chiese rassegnato. «Non se ne parla nemmeno! E’
una persona, non un fenomeno da baraccone! » «C’era da aspettarselo. Sei un
egoista. Vuoi tenertela tutta per te, vero? » I due rimasero a fissarsi
imbronciati ma non riuscirono a resistere neanche cinque secondi che scoppiarono
in una risata contagiosa.
Yukiko si sentiva piuttosto inquieta. In quel
periodo il carico di lavoro si era fatto più pesante del solito e per diversi
giorni non era riuscita a frequentare le lezioni. Non aveva nemmeno avuto un
momento libero per fare quel famoso salto in biblioteca che si era ripromessa.
Cercò di convincersi che a seccarla fosse l’idea di perdere le spiegazioni ma
non risultò particolarmente credibile neanche per sé stessa. L’unica persona che
vedeva con una certa regolarità era Eri, grazie alle registrazioni della
trasmissione che seguiva il suo sceneggiato, ma anche lei sembrava
particolarmente assente. Durante l’ultima puntata aveva rincontrato un suo amico
d’infanzia, ora neo poliziotto, e non aveva occhi che per lui. Però quel giorno,
al termine delle riprese, l’aveva avvicinata con una strana espressione. «E’
successo qualcosa? »chiese Yukiko cominciando a togliersi la divisa da
poliziotta e a cambiarsi. «Hai l’aria di un rospo che ha appena inghiottito una
mosca. Spero non si tratti ancora di quel Mori-san. » «Kogoro non c’entra.
Non indovineresti mai chi ho incontrato oggi! » Yukiko finì di allacciare la
camicetta e prese a spazzolarsi i capelli senza troppo interesse. «Vediamo…
un altro giovane avvocato? O un cosiddetto brillante investigatore? Oppure uno
di quei barbosissimi scrittori over cinquanta? » «Quasi. » rispose Eri con un
sorrisetto. «Ci sei andata vicina con il ‘brillante investigatore’ e il
‘barbosissimo scrittore’, ma sei caduta sull’ ‘over cinquanta’, mi dispiace.
» La spazzola cadde sul pavimento con un tonfo sordo quando la ragazza si
voltò a guardare l’amica con uno sguardo carico di aspettativa. «Felice di
essere riuscita a catturare il tuo interesse. » commentò Eri. «Ebbene sì, ho
incontrato il tuo Topo. » «Davvero? E cosa… Ehi! Non è affatto il mio Topo! »
protestò Yukiko. «Già, e dev’essere per quello che ti brillano gli occhi.
Comunque, a dire la verità, è venuto lui a cercarmi. Quasi non ci credevo quando
me l’ha detto, ma voleva tue notizie. » Il viso di Yukiko si
illuminò. «Sul serio? » «Già. Era preoccupato perché non ti fai vedere da
un po’ e mi ha pregato di farti avere le copie dei suoi appunti delle lezioni.
» Yukiko era senza parole: nessun ragazzo era mai stato così gentile con lei
senza un secondo fine. «Non è finita. Mi ha anche chiesto di darti questo non
appena ti avessi vista. » continuò Eri. «E’ il suo numero. Vorrebbe che lo
chiamassi al più presto perché ha urgenza di parlarti. » «Vuole parlare con
me?! » esclamò Yukiko balzando in piedi, le guance arrossate e il cuore che
batteva almeno tre volte più velocemente del normale. Era fantastico che la
sua voglia di vederlo venisse così prontamente ricambiata. Se fosse dipeso da
lei lo avrebbe chiamato subito. «Scusa se ti parlo in questo modo, Yuki-chan,
ma non ci spererei troppo. » disse Eri consapevole che le sue parole avrebbero
avuto l’effetto di una doccia fredda. «Mi sono informata un po’ su di lui. E’ un
tipo piuttosto sveglio, ha vinto anche un concorso letterario e alle superiori
era la punta di diamante del giornalino d’istituto. Pare divida l’appartamento
con l’assistente di un professore della facoltà di ingegneria, tale Hiroshi
Agasa. L’ho intravisto qualche volta, un tipo insignificante. Nonostante sia una
matricola, il tuo Topo è abbastanza conosciuto, soprattutto per aver avuto
spesso a che fare con la polizia. L’hanno consultato diverse volte e grazie a
questo si è fatto la fama di poter risolvere qualunque caso. Ma a parte queste
dubbie doti, pare che con le ragazze non ci sappia proprio fare, anzi di solito
dopo due minuti di conversazione con lui tendono a scappare. Insomma, tutto
questo discorso per dirti di non farti troppe illusioni. Non è il tipo da
imbarcarsi in storie d’amore. » Yukiko era rimasta senza parole. «Tu… »
balbettò alla fine del resoconto. «Tu hai indagato su di lui! Ti sei impicciata
della vita privata di un’altra persona! » «Pensa che c’è chi si fa pagare per
questo. Io in vece per te sono disposta a farlo gratis. » Yukiko non sapeva
se essere infastidita o divertita, comunque sia non vedeva l’ora di chiamare
Yusaku. Magari non le avrebbe chiesto subito un appuntamento, ma almeno aveva
fatto il primo passo. Durante quella giornata ebbe a malapena il tempo di
respirare e quando rientrò a casa, attorno a mezzanotte, era talmente esausta da
non avere la forza di sollevare la cornetta. Il giorno successivo si svolse
nello stesso modo e Yukiko si rese conto che se avesse aspettato che fossero gli
altri a concederle del tempo libero senza che fosse lei a imporsi, non avrebbe
combinato niente. Quindi informò senza mezzi termini la sua manager che quella
sera intendeva rientrare a un orario decente che non superasse l’ora di cena e
con qualche insistenza e un po’ a fatica riuscì a spuntarla. Quando si trovò
in camera sua, sola davanti al telefono, si accorse che le tremavano le mani.
Dandosi della sciocca, prese un bel respiro per farsi coraggio e compose il
numero scarabocchiato sul foglietto che le aveva dato Eri. «Pronto? Casa
Agasa. » rispose una voce sconosciuta dopo un paio di squilli. «Agasa. Il
coinquilino. » fece mente locale Yukiko. «Buonasera… ehm… mi chiamo Fujimine.
» Dall’altra parte del filo ci fu un improvviso silenzio. «Ehm… mi sente?
» «Fuji… mine…? Sei Yukiko Fujimine? Oh, cielo! Io… ehm… mi chiamo Hiroshi
Agasa. E’ un piacere! Un onore! Davvero! Sono un tuo grande ammiratore… » Un
trambusto interruppe quello strano farfugliare e una nuova voce si intromise
nella conversazione. «Doc, cosa cavolo stai facendo? Molla! Fujimine-san, sei
tu? » «Kudo-kun? » mormorò Yukiko arrossendo involontariamente. «Sì, sono
io. Ciao! Scusa per il mio coinquilino, è fuori di testa. Ahia! No… scherzavo!
Doc, te ne vuoi andare? E’ una conversazione privata! Scusami ancora…
» «Figurati, ci sono abituata. » rispose Yukiko. Yusaku aveva detto che si
trattava di una conversazione privata e questo la faceva ben sperare. «Di cosa
mi dovevi parlare? » «Ehm… sì. Scusa se ho chiesto a te di chiamare ma non
avevo il tuo numero e non volevo sembrare troppo invadente. Ho assolutamente
bisogno di un consulto. » «Un consulto? » Yukiko era perplessa. Forse
avrebbe fatto meglio a dare ascolto ad Eri e non sperare troppo. «Ehm… sì.
Vedi, il fatto è che la ragazza dell’investigatore è un’attrice però io non so
niente di queste cose. Pensavo che, siccome tu lavori nel mondo dello
spettacolo, potessi darmi una mano. Insomma, almeno quando parla del suo lavoro
saprei come trattare la situazione. » Un discorso del genere era aperto a
libera interpretazione e una qualunque altra persona avrebbe potuto pensare che
Yusaku avesse intenzione di provarci con la fidanzata di un amico investigatore.
Yukiko però ricordava il discorso fattole dall’amica. «Stai parlando del tuo
romanzo? » «Certo. » rispose Yusaku come se fosse la cosa più ovvia del
mondo. «E’ un problema per te darmi qualche informazione? Cioè, se ti da
fastidio io… » Yukiko tentennò per un attimo. In effetti si sentiva un po’
sciocca per aver sperato che le intenzioni di Yusaku fossero altre. In fondo
anche lui l’aveva cercata per via del suo lavoro. Prese la sua decisione in una
frazione di secondo. Era un’attrice famosa, e allora? Qualcosa le impediva di
sfruttare la sua situazione per trascorrere qualche innocuo momento
piacevole? «In questo periodo sono abbastanza occupata però se tu avessi un
po’ di tempo libero, avrei una mezza idea per farti avere tutto il materiale che
vuoi. Faccio parte dello staff che sta girando uno sceneggiato poliziesco. Se ti
va puoi venire sul set. » «Venire sul set con te? Veramente non saprei. Non
vorrei essere di disturbo. » Si sentì una porta sbattere e la voce di Agasa
echeggiò nell’orecchio di Yukiko. «Yukiko Fujimine ti invita e tu rifiuti?
Sei pazzo?! Potessi andarci io! Fujimine-san, vengo io al posto di questo scemo!
» «Doc, falla finita! » Di nuovo una porta che sbatteva e colpi
ripetuti. «L’ho chiuso a chiave nel bagno. Scusami ancora. Vengo volentieri,
cercherò di starti tra i piedi il meno possibile. » Yukiko sorrise
sollevata. «Puoi starmi tra i piedi fin che vuoi. A proposito, grazie mille
per gli appunti. » La telefonata proseguì su toni leggeri per un’altra
mezz’ora, in cui chiacchierarono di lezioni, professori e del romanzo di Yusaku
interrotti periodicamente da Agasa che pregava di poter uscire dal bagno. Quando
riappese la cornetta e andò finalmente a dormire, Yukiko pregustava già
l’appuntamento per l’indomani. «Chi ha detto che dopo due minuti di
conversazione con lui le ragazze scappano? »
Frequentare un set
televisivo si era rivelato piuttosto diverso da come se lo aspettava. Credeva
che nessuno avrebbe avuto il tempo di dargli retta, invece durante le pause tra
una ripresa e l’altra cameraman e addetti ai lavori si erano dimostrati più che
disponibili a chiacchierare con lui. Con gli attori invece era diverso, la
maggior parte tendeva a stare sulle sue. Forse, a causa del suo continuo
appuntarsi qualunque cosa, lo avevano scambiato per un giornalista. Fatto sta’
che in capo a tre settimane Yusaku aveva raccolto abbastanza materiale per
scrivere non uno ma almeno due libri e trascorso con Yukiko più ore di qualunque
altro ragazzo da anni. All’inizio erano stati incontri saltuari, ma presto
avevano iniziato a vedersi tutti i giorni e lo staff aveva accettato la sua
presenza costante. Per contro Agasa era diventato un tormento, lo sfiniva in
continuazione con battutine e allusioni tanto che il tempo che non trascorreva
agli studi, Yusaku aveva preso a passarlo chiuso nella biblioteca
dell’università a revisionare i suoi scritti lontano da lingue indiscrete.
Proprio durante una di queste sedute si rese conto di avere un problema. «Come sarebbe che non verrai più? » Alla fine, non riuscendo a venirne a capo,
aveva
preso la drastica decisione di non frequentare più il set e l’aveva comunicato a
Yukiko il prima possibile. Si erano incontrati nel parco del campus durante la
pausa pranzo e la ragazza sembrava dispiaciuta da quella scelta anzi, a
giudicare dalla sua espressione, addirittura addolorata. «Il fatto è che il
racconto è praticamente finito e ho bisogno di un po’ di tempo per sistemare le
ultime cose. E’ saltato fuori un grosso problema e devo assolutamente
risolverlo. » tentò di giustificarsi. «Che genere di problema? » fece Yukiko.
«Di… ehm… logistica nel finale. » «Logistica? » Yusaku non sapeva spiegare a
parole la brutta sensazione che ora gli trasmetteva il finale che aveva deciso.
Poco tempo prima lo aveva trovato geniale e ora invece gli sembrava di non aver
mai letto niente di più orribile. La cosa peggiore però era che non riusciva in
nessun modo a inventare nulla di alternativo. La sua vena creativa era
sprofondata nel buio più completo e questo lo gettava nello sconforto. Quello
era l’unico modo che aveva trovato per tentare di levarsi dalla mente l’idea che
da un po’ di tempo la occupava completamente. Purtroppo non era affatto sicuro
che servisse a qualcosa. Lasciò Yukiko senza una spiegazione convincente e si
avviò verso il bar della facoltà di ingegneria per pranzare con Agasa. Quando lo
vide arrivare, il giovane constatò che la situazione non era affatto migliorata.
«Se potessi esprimermi in gergo letterario, definirei la tua espressione
‘tormentata’. » commentò. «Va davvero così male? » «Ho detto a Fujimine-san che
non andrò più agli studi. » disse Yusaku. Agasa annuì per una volta senza fare
battute. «Non ho più molto tempo, Doc. La consegna del lavoro è la prossima
settimana. Se non ne vengo a capo impazzisco! » «Cerca di non farti prendere
dall’ansia. » tentò di tranquillizzarlo Agasa sfoderando un’espressione paterna
mai vista prima. «E’ il classico blocco dello scrittore, se ti distrai un po’
vedrai che le idee torneranno. » «A me non era mai successo! » «C’è sempre una
prima volta. » «Non per me! Non in questo caso! » Agasa lo scrutò con sguardo
sospettoso. «Cosa mi stai nascondendo, Yusakun? » Yusaku arrossì leggermente e
si voltò dall’altra parte. «Sono già in crisi di mio, non tormentarmi! » sbottò.
Rimase distratto per tutta la giornata e non riuscì a buttare giù mezza idea
nemmeno durante una lezione particolarmente noiosa di storia della letteratura
giapponese. Quella sera rientrò addirittura prima di Agasa senza fermarsi in
nessuna libreria. Quando il suo coinquilino rincasò a sua volta, lo trovò
rannicchiato sulla poltrona che aveva spostato davanti al televisore. Stavano
trasmettendo “La pericolosa donna poliziotto” e Yusaku aveva l’espressione più
triste che gli avesse mai visto. Terminata la trasmissione, poiché il ragazzo
non accennava a muoversi, Agasa prese una sedia e si accomodò accanto alla
poltrona. «Illuminami. » disse solamente. Yusaku scosse la testa con aria
sconsolata. «Dimmi almeno se è davvero per il racconto o c’è anche dell’altro. »
insistette Agasa e dal suo tono si capiva che stava iniziando a preoccuparsi
seriamente. Non aveva mai visto l’amico in quello stato. «E’ un disastro… »
mormorò Yusaku. «Il finale è un disastro. Non riesco… Oh, è un disastro e basta!
» Non riusciva a spiegare nemmeno a sé stesso il suo esatto stato d’animo,
l’unica cosa che sapeva era che si sentiva insoddisfatto e quella sensazione non
gli piaceva. «Ok, visto che la cosa ti deprime tanto, cerchiamo di trovare una
soluzione. » esclamò Agasa. «Mi leggeresti la bozza del passo dove
l’investigatore trova il cadavere della sua ragazza? » Yusaku allungò un braccio
e pescò il blocco degli appunti dallo zaino abbandonato ai piedi della poltrona.
«Dunque… ‘Nella fitta oscurità che lo circondava, i suoi passi affrettati
risuonavano come i rintocchi di una campana che segnava una sentenza
inappellabile. L’angoscia che lo attanagliava gli impediva quasi il respiro. Fu
con il cuore in gola che raggiunse la stanza dove sapeva che lei avrebbe dovuto
trovarsi. Pregò di non essere giunto troppo tardi, ma come un presagio funesto,
ancora prima di aprire la porta, nella sua mente si disegnò la scena che più di
ogni altra temeva di vedere.’ Doc, mi stai ascoltando? » Agasa si era alzato e
cercava qualcosa nella propria borsa. «Certo che ti sto ascoltando. Vai avanti.
» «Dicevo… ‘la scena che più di ogni altra temeva di vedere. Il corpo esile
riverso al suolo immobile, i lunghi riccioli ramati sparsi nella polvere, gli
splendidi occhi azzurri che non si sarebbero più illuminati posando il loro
sguardo su di lui…’ » Yusaku si interruppe bruscamente perché Agasa gli aveva
fatto scivolare davanti agli occhi una rivista coprendo il blocco. «Cosa
significa? » Agasa indicò con un sogghigno la copertina dove troneggiava un
primo piano di Yukiko. «Lunghi riccioli ramati, splendidi occhi azzurri… devo
continuare? Inoltre la tua fanciulla è un’attrice. Sarà un caso? » «Che c’entra?
Anche Irene Adler era un’attrice! » fece Yusaku indispettito arrossendo suo
malgrado. «E Sherlock Holmes era un investigatore. » «Ti avevo chiesto di non
infierire. » «Non intendo farlo, dico solo la verità. » rispose Agasa con un
largo sorriso, poi tornò serio. «Il tuo problema è chiaro come il sole: chiunque
si sentirebbe male a descrivere la morte della ragazza che gli piace. » Yusaku
saltò sulla poltrona rosso come un peperone. Il blocco gli sfuggì di mano e i
preziosi appunti si sparsero tutto intorno. Agasa non batté ciglio. «Guardati.
Hai il coraggio di dire che Yukiko Fujimine non ti piace? » Yusaku tentennò
guardando altrove. «Non è che non mi piaccia… è stata molto gentile ed è una
buona amica… » «Balle! Espedienti da mangaka fallito per allungare la storia di
un centinaio di volumi. I tentennamenti non hanno mai fatto bene alle trame.
Guarda quel tuo povero investigatore che non si è mai dichiarato. La soluzione è
una sola, te lo dico io! Piantare in asso il suo grande rivale insieme a tutte
le idee astruse sul senso di giustizia e arrivare in tempo dalla sua bella.
Happy end con dichiarazione d’amore. Vedrai che poi ti sentirai meglio. » Yusaku
sospirò intuendo l’analogia. «Non è detto che lei lo accetti. Dopotutto è
un’attrice famosa mentre lui è solo un detective squattrinato e con la testa tra
le nuvole. » «Non dovrei essere io a dirtelo ma spesso i detective con la testa
tra le nuvole sono quelli che hanno più successo. » Agasa sospirò
drammaticamente. «Sarà un duro colpo per il giovane assistente universitario,
fan della bella attrice, ma è un ragazzo forte e sopravviverà. »
Una settimana.
Una settimana era decisamente troppo. E lei che aveva anche litigato con la
manager per poter frequentare più assiduamente le lezioni! Quando Eri la
raggiunse alla caffetteria, Yukiko aveva un diavolo per capello. La ragazza
invece appariva radiosa come se avesse ricevuto la più bella notizia della sua
vita. «Indovina! » cinguettò. «Kogoro si è finalmente deciso a chiedermi un
appuntamento. Erano settimane che aspettavo! » Yukiko la squadrò: non sembrava
più nemmeno la Eri che conosceva, l’amica che da sempre si atteggiava a cinica e
disillusa solo perché non aveva ancora incontrato la persona giusta. Aveva un
sorriso estatico stampato in faccia, le guance rosee e gli occhi che brillavano.
Non che prima non fosse carina, ma si capiva subito quando una ragazza era
innamorata e felice. Sospirò seccata. Innamorata e felice, come no? Proprio
l’esatto contrario di lei. «Tu che mi dici invece? » chiese Eri come intuendo i
suoi pensieri. «Che ne è stato del novello Ellery Queen? » «Ellery che? »
«Queen… lasciamo perdere. Intendevo il tuo Topo. » La porta d’ingresso alle sue
spalle tintinnò ma Yukiko la ignorò. Il solo sentir nominare Yusaku la irritava
ancora di più. «Non ne ho la più pallida idea! » esclamò secca. «Una volta che
ha ottenuto quello che voleva è sparito nel nulla e senza nemmeno degnarsi di
accampare una scusa decente. ‘Non verrò più agli studi.’ Punto. Problema
logistico, l’ha chiamato! Ti sembra normale? » Eri non tentò nemmeno di
rispondere. Aveva lo sguardo fisso di fronte a sé e Yukiko, che aveva ormai
preso il via, continuò a sfogarsi. «Sono veramente stufa! Non ne posso più di
quello scribacchino da strapazzo! Ha approfittato di me e poi quando ha ottenuto
le informazioni per il suo stupido libro, si è defilato! Esattamente come tutti
gli altri! Spero di non vederlo più! Insomma, che cos’hai? » L’espressione di
Eri si era fatta allarmata e questo indusse Yukiko a voltarsi. Quando si rese
conto che Yusaku era in piedi alle sue spalle si sentì sprofondare. Il ragazzo
era terribilmente pallido e stringeva un raccoglitore tra le mani che tremavano
leggermente. «Kudo-kun… io… » Yusaku abbozzò un sorriso tirato. «Mi dispiace…
interrompervi. Fujimine-san, volevo dirti che ho concluso il racconto. Te
l’avevo portato ma… non ha importanza. Grazie del tuo aiuto e scusami. Allora
ciao. » Senza aggiungere altro si voltò e uscì dalla caffetteria. Yukiko rimase
immobile con gli occhi sbarrati, realizzando a poco a poco quello che era
successo. «Oddio, Eri-chan, cos’ho detto? » mormorò. «Cosa fai ancora qui? Vai,
devi seguirlo! » esclamò Eri mentre Yukiko già balzava in piedi. Si precipitò
fuori e si guardò attorno ansiosa. Era stata crudele. Aveva detto quelle cose
spinta solo dalla frustrazione perché voleva vederlo e lui non si era più fatto
vivo. Inoltre invidiava Eri. Non era assolutamente vero che lo considerava uno
scribacchino da strapazzo, aveva visto quanto impegno ci metteva e non vedeva
l’ora di leggere la sua opera. Non pensava affatto che fosse come tutti gli
altri, né tantomeno desiderava non vederlo più. Era stata una sciocca, appena
l’avesse trovato gli avrebbe chiesto scusa un centinaio di volte. Ma dove si era
cacciato? Nello spiazzo della caffetteria non c’era traccia di lui e Yukiko
trascorse l’ora successiva a setacciare i posti dove supponeva potesse trovarsi,
primo tra tutti la biblioteca. Si spinse addirittura al reparto di ingegneria
dove chiese di Agasa, che quando se la trovò davanti sembrò sul punto di avere
un mezzo infarto, ma non riuscì a trovarlo. Del resto se era uscito dal campus
aveva ben poche possibilità di rintracciarlo. Abbandonato suo malgrado quel
proposito, raggiunse Eri all’uscita dall’ennesima lezione di diritto, con
espressione demoralizzata. «Guarda il lato positivo! » tentò di risollevarla
l’amica. «Quando se n’è andato aveva un’espressione sconvolta. » «Questo non è
il lato positivo! » strillò Yukiko sull’orlo delle lacrime. «Dubito che l’avere
mortalmente offeso il ragazzo che mi piace abbia dei lati positivi! » Si bloccò.
L’aveva detto. Per la prima volta lo aveva ammesso e le faceva uno strano
effetto. Come se ora quel sentimento confuso fosse diventato improvvisamente
chiaro e reale. «Era ora. » sorrise Eri. «Comunque il lato positivo c’è eccome.
Se ci è rimasto male significa che lui a te ci tiene almeno un po’. » Era vero,
ma non per questo la situazione migliorava. Avrebbe potuto telefonargli quella
sera stessa ma solo all’idea le mancava il coraggio. Lui era sempre stato così
gentile. Era persino corso a portarle una copia del suo racconto finito e si
beccava quelle crudeltà come ringraziamento. Doveva trovare il modo per fargli
sapere che le dispiaceva. Mentre tentava di fare mente locale vide una macchina
conosciuta fermarsi nello spiazzo centrale del campus e la sua manager scendere
con aria risoluta. «Santo cielo! » esclamò ricordandosi improvvisamente degli
impegni del pomeriggio. «Devo andare! Ho lezione con Kuroba-sensei! Sharon si
infurierà se arrivo in ritardo. » Rivolse uno sguardo implorante all’amica.
«Eri-chan… » «D’accordo, mi inventerò qualcosa. » acconsentì quella. «Cerca di
stare tranquilla, non è brutta come sembra. » Invece la situazione era
decisamente brutta. La relazione che fece Eri all’amica quella sera la lasciò
piuttosto sconfortata. Nemmeno lei era riuscita a rintracciare Yusaku, quindi
aveva a sua volta cercato Agasa. Quest’ultimo, dopo un paio di battute, si era
reso conto della serietà della situazione e le aveva confermato che Yusaku era
andato da lei animato dalle migliori intenzioni. A parte questo non aveva saputo
esserle d’aiuto. Yukiko si diede mentalmente della stupida, per una volta che le
interessava un bravo ragazzo, era riuscita a rovinare tutto.
CONTINUA…
Buongiorno a tutti, sono tornata! Allora, cosa ne pensate di questa prima parte?
E’ la prima volta che mi cimento con Detective Conan, nonché la primissima in
cui sperimento il genere giallo (a causa di una mia recente e insana passione
per i romanzi di Ellery Queen…:-P). Chiedo scusa in anticipo per la semplicità
della trama (che in realtà è più rosa che gialla, ma che volete…), con tutta la
buona volontà, non sono proprio riuscita a prendere spunto da nessun libro (cosa
che generalmente dovrebbe fare comodo ma che a me questa volta non veniva
proprio). In compenso mi sono lasciata prendere la mano dalla storia della
giovinezza dei genitori di Shinichi, aggiungendo alcune situazione del tutto
inventate (come il fatto che Yusaku e Agasa fossero coinquilini, la prima
professione del dottore, la conoscenza con Nakamori, o che Yukiko ed Eri fossero
amiche da tempo) e alcuni spoiler che nella serie originale ancora non sono
stati menzionati (come il fatto che Yukiko andasse a lezione di travestimento
dal padre di Kaito Kid e fosse amica di Sharon Vineyar alias Vermuth, anche se
non sono comunque importanti ai fini della storia). Spero comunque che non vi
dispiaccia e che mi lasciate qualche commentino ^_^. Intanto un grandissimo
grazie va a VampiraSix che mi sta dando un aiuto enorme con l’html! Tata, sono
contenta di diventare la tua Beta! Per ora è tutto, ci risentiamo nella seconda
parte! Un bacio a tutti! YUKI-CHAN
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