Buonasera
a
tutti, è la mia seconda fiction e spero di aver fatto un
buon lavoro.
Ho
rivisto
proprio oggi l’episodio 189 della serie Z che mi ha ispirato
questa breve e
intensa creazione, che mi auguro piaccia anche a voi.
Buona
lettura, e non dimenticatevi di recensire.
Sono
alle
prime armi e un parere esterno mi è sempre utile per poter
migliorare.
A
Fuoco
Sangue
scuro
irruppe dalla sua bocca fine in un conato di irreversibile morte. I
suoi
capelli lilla, lunghi dall’allenamento nella Stanza dello
Spirito e del Tempo,
erano scossi dal vento che li accarezzava delicatamente, come in un
addio silenzioso.
Vegeta
fissò
con aria incredula quello che era sangue del suo sangue esalare
l’ultimo,
estremo respiro.
Ti
prego non lasciarmi, Trunks
–
sussurrò senza nemmeno rendersene conto. Il buio lo aveva
avvolto in un
abbraccio di solitudine che gli aveva irrigidito le membra, non
sentendosi più
in alcun luogo.
Nei
suoi
occhi neri e affilati c’era solo il corpo di suo figlio,
privo di vita.
Ancora
una
volta qualcuno lo aveva privato di ciò che era suo, ancora
una volta gli era
stato strappato quello a cui teneva. La frustrazione e il dolore gli
fecero
stringere i pugni e serrare la mascella digrignando i denti. Un urlo di
disperazione e di rabbia si fece spazio nella sua gola serrata, mentre
tentava
di far tacere ciò che risuonava come un monito nella sua
mentre: quella parola
dal suono così dolce a lui completamente sconosciuta, papà. Trunks
era solito ripeterglielo, mentre lo guardava
amorevolmente con quegli occhi color acquamarina, nonostante non lo
avesse mai
degnato di uno sguardo e solo coperto di disprezzo e disinteresse.
Papà, come una
tortura poteva risentire
quella voce affettuosa e cristallina che lo chiamava. Nemmeno
quell’urlo roco e
lancinante era in grado di coprire la propria coscienza macchiata dal
senso di
colpa: non era stato in grado di proteggere suo figlio. Si
lanciò contro Cell
in un impeto di completa irrazionalità.
Non
avresti dovuto fare del male a mio figlio, te ne farò
pentire -
pensò Vegeta,
ignaro del significato delle sue stesse parole finché queste
non si ordinarono
nella sua coscienza macchiata e colma di dolore. Percepì il
proprio corpo andare
a fuoco, ardere voracemente in una bruciante rabbia e tremare dal
desiderio di
vendetta: i suoi capelli corvini divennero biondi e i suoi occhi scuri
e
taglienti assunsero quel colore tra l’erba primaverile e
l’acqua del mare.
Mentre volava verso l’assassino di suo figlio e si preparava
a colpirlo, il
Principe provò a chiedersi la reale
motivazione dietro i propri gesti e propri pensieri.
I
sentimenti, l’amore, l’amicizia, sono per
gli insulsi terrestri, non certamente per me, il Principe dei Saiyan –
riaffioravano alla sua mente quelle parole crudeli che era solito
pronunciare
con un ghigno di superiorità, concentrando il viso altero e
superbo in una
smorfia divertita di scherno. Ricordò di come Bulma a quelle
parole si fosse
adirata, mentre i suoi occhi azzurri si erano riempiti di tristezza e
dispiacere.
Il
Principe
poteva sentire quella sua presunzione penetrargli dolorosamente nella
carne e
ricominciò ad urlare, ferito nel profondo e ossessionato
dalla vendetta, mentre
il suo sguardo chiaro e colmo d’odio era concentrato in
un’unica direzione di
fronte a sé: Cell.
Aprì
le
mani, ed energia dorata e potente ne scaturì, furiosa e
omicida.
Perdonami,
Trunks.
*
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