Nota legale: The
Chronicles of Narnia © 1950, Clive Staples Lewis.
Il qui presente intreccio è da considerarsi
proprietà esclusiva dell'autrice; pertanto, non
può essere riprodotto
- totalmente o parzialmente - senza il consenso di quest'ultima.
Avvertimenti:
lievissimo OOC, female!OC, diabete&ammore a palate,
Note: Bene,
è la mia prima Fanfiction sulle Cronache - a dir poco imbarazzante.
La storia dovrebbe essere ambientata nel 1945, nel contesto della II
Guerra Mondiale e all'epoca Peter aveva 18 anni.
Ylang
ylang
C'era
una benevolenza infinita in quello sguardo,
c'erano tenerezza,
commozione e
la profondità vuota e sciocca di chi ama.
(Patrick Süskind)
Sta passando
un’altra notte.
Stanno lanciando
troppe altre bombe.
Stanno sparando altre
centinaia di proiettili.
Controllo di essere
viva. Sorrido, mentre mi sfioro una coscia.
Lo sono ancora, ma
sento le forze venire meno. Oramai non sono che il fantasma
della vecchia me, consumata dal cinismo umano. Da una guerra troppo
stupida, guidata da ideali folli.
Negli ultimi anni ho
visto dolore. Solo dolore.
E ho sentito la paura
impossessarsi di me, proprio come in questo momento.
Urla. Non voglio
sentire, ma non posso fare a meno di uscire, in cortile.
Un soffio di vento mi
colpisce in pieno volto. E’ una brezza fredda, secca,
tagliente.
Potrebbe essere una
bella nottata stellata di fine dicembre, sapete?
Odo altri boati. Una
lacrima scende, impercettibile, lungo la guancia. Soddisfo questo
strano bisogno fisiologico di sfogarmi, anche se sono stata sempre
troppo orgogliosa per piangere.
Il volume dei
singhiozzi si fa sempre più forte, ma non riesco a
controllarlo.
A controllarmi.
Crollo a terra.
Nel selciato risuona
un rumore di passi.
«Bastardo,
ti sei svegliato, eh?» domando in tono beffardo, senza
aspettarmi risposta.
Sento già i
suoi occhi dannatamente – meravigliosamente – blu fissi su di
me, mi pesa il suo sguardo comprensivo. E biasimevole.
Ci
sono le stelle.
Cerco qualcosa da dire, forse loro mi potranno dare un aiuto.
Non ce la faccio, le parole mi muoiono in gola.
E’ buffo, in fin dei conti ho tenuto discorsi di
incoraggiamento per ben due guerre.
Comizi per quindici anni. Ho stretto alleanze, convincendo, con una
parlantina invidiabile, i più cocciuti re delle Terre vicine.
Ma lei mi destabilizza.
E mi spaventa vederla così.
Voglio ricordarti bella e spavalda, Liz.
Ancora viva.
Sono ancora seduta,
tremante, ho bisogno della sicurezza della pietra.
Più giu di
così non posso cadere, perlomeno.
Mi sta fissando,
ancora, in silenzio. Odio questa sua ostentazione di calma.
«Pete,
cazzo, di’ qualcosa! Ti prego» mi esce come un
lamento, un’ultima supplica.
Alzo lo sguardo, il
viso bagnato da lacrima calde, gli occhi gonfi.
Lo vedo cambiare
espressione.
Sorrido.
Forse ancora si è conservato un frammento della
sua vecchia personalità.
È, al contempo, la persona più fragile e
sfacciata che abbia mai conosciuto.
Dolce e amabilmente impaziente.
Mi accomodo accanto a lei, e fisso il cielo.
«Ti ho mai raccontato di Narnia?».
Stavolta sono io a
rimanere muta, sorpresa dalla sua domanda, posta con
quell’aria da bambino che lo ha sempre caratterizzato, anche
ora che ha diciott’anni suonati.
È strano,
Peter. Infantile e narciso, ma anche amabile e protettivo.
Contraddittorio per
natura, ecco il termine per definirlo.
Mi chiedo come faccia
sopportarmi. Per quale ragione perde ancora tempo dietro un povera
fallita che piange, di notte, nel cortile davanti casa.
Perché non si cerca qualcosa di meglio.
Potrebbe essere felice.
Allo stesso tempo,
però, non voglio che scompaia, così come
è entrato, dalla mia vita.
Ho bisogno di lui. Ed
è per questo che gli rispondo, sforzandomi a dimostrare la
maggior tranquillità possibile. «Forse…
»
«Non
sai mentire» sbuffo, spostando un ciuffo di capelli biondi di
fronte agli occhi «ma ormai ti costringerò ad
ascoltarmi» le dico, deciso.
La guardo di sottecchi; si sta asciugando il viso.
La stringo a me, delicatamente per paura che si possa spezzare, ed
inizio a raccontare.
Ricordo ogni singolo dettaglio della mia terra, dalle montagne coperte
d’erica, alle linee dolci delle colline, dal centauro
più valoroso alla ninfa più aggraziata.
Rivedo gli interni di Cair Paravell e nella mia mente compare ogni
singolo arazzo, ogni sfumatura del tramonto sul mare.
L’amore per Narnia brucia in me dopo tanto tempo.
Ero Re Peter il Magnifico.
Grazie, Liz, per avermelo ricordato.
Peter è la
mia ancora di salvezza, mi aggrappo a lui con tutte le mie forze.
Ed eccoci, ci vedo,
due idioti in giardino che fantasticano su terre fantastiche nel
momento in cui la guerra dilaga.
Mentre cadono mine dal
cielo, che, se non fosse per il rumore, qualche povero romantico
sognatore scambierebbe per stelle cadenti.
Appoggio la testa
nell’incavo del suo collo ed inspiro; Peter sa di buono,
semplicemente.
Chiudo gli occhi.
Penso sia questo l’odore di Narnia.
Si
è addormentata.
Il mio cuore si libera di un macigno.
Stanotte è passata.
La prendo in braccio, facendo attenzione a non svegliarla, il suo capo
ancora appoggiato alla mia spalla.
I suoi capelli hanno un buon profumo; sanno di
quell’essenza particolare, Ylang ylang, che le avevo regalato
io. Era un estratto di una pianta esotica, credo, selvaggia e non
comune, come Liz.
Se me lo chiedessero, molto probabilmente, direi che questo
è mio odore preferito.
Perché sa d’amore.
Perché sa di
Narnia.
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