Titolo: Tired
friends in a cab
Fandom: Sherlock
(BBC)
Personaggi:
Sherlock Holmes, John Watson
Genere: Fluff,
Slice of life
Rating:
Verde
Avvertimenti: One-shot
Conteggio Parole:
872
N.d.A.:
Domani non andrò a scuola, per cui ho pensato bene di
sfruttare queste poche ore in più per scrivere questa
schifezza. Molti autori avvertono sempre che hanno scritto qualcosa di
orribbbbile e blablabla. IO vi voglio avvertire solo di una cosa: ho
scritto questa one-shot con un pesante sonno incombente sulle mie
palpebre, per cui sicuramente ci saranno degli errori che non sono
riuscita a vedere. Vi prego di perdonarmi e di leggere questo piccolo
insieme di parole come qualcosa di leggero, da leggere anche alla
toilette o in 5 minuti di nullafacenza totale.
Buona lettura o coraggiosi! Spero di leggere qualche commento :)
Tired friends
in a cab
Altro caso risolto, altra dose massiccia di adrenalina nel
corpo.
Sherlock è eccitato come un bambino che sa di dover andare
in un parco dei divertimenti, ma le sue occhiaie fanno pensare che ci
sia già stato.
Deve rischiare la vita per insonnia prima di convincersi che una
dormita gli gioverebbe?
Saliamo su un taxi qualunque e come di consueto lui si posiziona a
sinistra.
La vettura inizia a muoversi non appena gli forniamo l'indirizzo, e io
colgo l'occasione per affrontare il problema:
- Hai delle occhiaie che farebbero invidia a un vampiro -
- Perché, tu hai mai visto un vampiro? - risponde con tono
da saputello.
Non si può fare nemmeno un'innocente battuta!
- Era per scherzare... -
- Scherzare su cosa? -
- Sul fatto che hai delle occhiaie esagerate perché ti
ostini a non voler dormire -
- Ero nel bel mezzo di un caso, sarebbe stata una perdita di tempo. E
poi è l'ennesima volta che riprendi l'argomento:
io-non-ho-bisogno-di-dormire - mi spiega con tono scocciato.
- Tu-hai-bisogno-di-dormire! - rispondo facendogli il verso.
Noto con piacere che la cosa lo sta innervosendo.
- No - ed è una sentenza che non ammette repliche. Almeno in
teoria.
- Sei un idiota - sbuffo, riflettendo che non è la prima
volta che glielo dico.
- Scusa? La mia è una men... -
- "Una mente ad altà funzionalità che ha il solo
compito di essere usata per pensare, non per dormire" -. Ci sto
prendendo gusto a prenderlo in giro, però lui si offende e
si volta imbronciato verso il finestrino, dandomi volontariamente le
spalle.
Mi giro anch'io a destra per nascondere il sorriso compiaciuto.
Londra è magica all'alba, non c'è niente da fare.
Siamo partiti dalla periferia, e ora ci stiamo avvicinando verso il
centro. Certo che c'è proprio tanto traffico. Rifletto
sconsolato che il conto da pagare per il viaggio sarà
esorbitante.
- Comunque continuo a non capire come tu non voglia dormire. In fin dei
conti la tua geniale
mente ne trarrebbe davvero un bel vantaggio, e... - ma
quando mi volto mi devo tappare la bocca con una mano per reprimere una
risata.
Sherock è crollato: ha la testa china in avanti, gli occhi
serrati e le labbra dischiuse.
Trovo esilarante tutta la situazione, ma anche molto dolce.
È così strano vederlo tranquillo, calmo, con la
mente che molto probabilmente sta vagando tra i suoi desideri
più reconditi. Chissà a cosa pensa. Vorrei essere
lì, tra i suoi sogni.
Mi riprendo non appena mi accorgo che lentamente il suo corpo sta
cadendo in avanti.
Gli poggio delicatamente una mano sul petto per spingerlo verso il
sedile.
Il tassista gira a destra, così senza che io possa fare
niente Sherlock sbatte la testa contro il finestrino.
- Merda... - sussurro, ma incredibilmente lui non sembra aver sentito
nulla.
L'auto svolta poi a sinistra, e la sua testa questa volta incontra la
mia.
Mi sembra di essere in un cartone animato.
Lo sento lamentarsi un po' ma non riesco a credere che sia ancora
addormentato. Lo guardo sconcertato, eppure mi viene da ridere.
Svolta di nuovo a sinistra.
Questa volta ho l'esperienza dalla mia parte, per cui mi ritraggo e il
mio coinquilino mi cade addosso come un corpo morto, poggiando la testa
sulle mie gambe.
Stop.
Lo stomaco fa male
come se si fosse annodato e sento per
un attimo l'aria
mancare ai polmoni, e il sangue non defluire
in testa.
Mi riprendo.
Gli accarezzo con gli occhi i capelli, il volto spigoloso, le labbra,
le labbra, le labbra.
E appoggio la testa sul sedile chiudendo gli occhi e dandomi dello
stupido.
Forse è meglio dormire e non pensare troppo...
Mugolo. Apro gli occhi e la scena che mi trovo davanti è
incomprensibile: perché sto guardando John da un punto di
vista così basso?
Il mio cervello si riavvia come un computer, e in un attimo mi rendo
conto che la mia nuca poggia sulle sue coscie, che lui sta dormendo e
che io, da che seduto che ero, durante il pisolino ho tirato su le
gambe sul sedile per stare più comodo.
Mancano pochi istanti all'arrivo, ringraziando il cielo. Erano secoli
che non bramavo così tanto la mia casa. La nostra casa. Mia
e di John. Anche se tecnicamente parlando la casa è di Mrs.
Hudson.
Certo che da questa posizione - a dire la verità
così comoda - non si direbbe mai che quest'uomo sia un
medico militare. È così traquillo.
La mia mano si muove lesta verso la tasca della mia giacca, estraendone
il cellulare. Aspettando il momento buono inquadro John e click,
gli scatto una foto. È così divertente.
Sarà un piacere prenderlo un po' in giro una volta scesi.
Mi alzo, anche se una strana vocina dentro di me si lamenta.
John si sveglia e si vede che ha la bocca impastata, gli occhi lucidi
dal sonno, e sta cercando di capire dove si trova.
Il taxi fa una frenata brusca. Certo che questo qui ha davvero preso la
patente vincendola col tiro a freccette al pub!
Con stizza gli do i soldi che gli devo e scendo, stiracchiandomi. Il
sole si sta levando lentamente, alla stessa velocità con cui
Watson scende dalla macchina.
- Forza, John! Vuoi mettere su famiglia in quel taxi o hai intenzione
di scendere e salire a casa? -
- Troppe... parole - mi sento rispondere. Si stropiccia gli occhi,
chiude la portiera e si dirige verso il portone. Sogghigno divertito e
lo seguo. È uno spettacolo fantastico vederlo salire le
scale a passo di lumaca.
Per questo inizio a spingerlo su per le due rampe arrivando nel nostro
salotto.
John punta chiaramente il divano, ma devio la sua traiettoria verso le
nostre camere da letto.
Quello è il mio
divano.
Vedo che sta salendo da solo, per cui lo lascio andare.
Certo che una dormita non sarebbe una cattiva idea. Mi libero della
giacca, della sciarpa e delle scarpe, salendo due alla volta gli
scalini. Ma la mia camera è occupata.
- John, questa è la mia
stanza - gli faccio notare.
Suono indistinto attutito dal cuscino.
- John, vai a dormire nella tua
stanza -
- Sta zitto e dormi - riesco a capire a fatica. Intanto lui si sposta
di qualche centimetro a lato.
Inevitabilmente mi viene da ridere, ma mi siedo sul bordo del letto.
Vedo un braccio alzarsi, afferrare il mio per poi trascinarmi
giù.
- 'Notte - mi fa. Non me la sento di dirgli che in realtà
è appena sorto il sole.
Mi alzo, chiudo le imposte e prendo una coperta che stendo su entrambi
una volta che mi sono sdraiato.
Mi ringrazia e poi lo vedo avvicinarsi. Mi stampa sul naso quello che
forse doveva essere un bacio sulla fronte. Lo guardo allibito e sento
come un formicolio sulle guance, segno che sto arrossendo.
Però, non è stato così male. Se questo
è ciò che significa avere un amico, allora me ne
sarei dovuto fare uno molto tempo prima.
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