Allora...questa
è una storia che ho in mente da sempre...diciamo che
è una cavolatina, diciamo che è una CAVOLATONA, ma
spero che vi piaccia!
I personaggi
appartengono a Masashi Kishimoto.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno!
Figlia della luna
Una falce di luna
crescente spiccava nel cielo, coperta appena da alcune nubi
sfilacciate.
Nella foresta deserta
dei passi strascinati facevano
frusciare
i freddi cespugli spinosi.
Due gambe tremanti si
liberarono dalla gabbia di rovi per rifugiarsi su di una
strada sterrata, l’entrata
del Villaggio della Foglia si stagliava imponente di fronte
alla sfuggente e
pallida figura vestita di stracci.
La figura sotto la
fioca luce delle lanterne che adornavano l’ingresso del
villaggio si rivelò essere
una ragazza giovanissima, che forse aveva raggiunto da poco la
maggiore età.
Tremava e ansimava,
tenendo tra le braccia un fagottino che si muoveva appena.
Una piccola lacrima
lucente scivolava sui solchi che luccicavano sulle sue guance,
segno evidente
di altre mille lacrime versate.
Si fermò dinanzi
all’ingresso,
fissando un punto imprecisato davanti a sé.
Strinse al petto il
fagottino, un debole sorriso fiorì sulle labbra
screpolate per il freddo.
Abbassò lo sguardo e
scostò un lembo di stoffa dal piccolo fagotto, un
visetto paffuto sporco di
sangue si presentò davanti agli occhi velati di pianto
della ragazza.
“Qui starai bene,
piccola mia” sussurrò la giovane “Non posso tenerti con
me, anche se solo il
cielo sa quanto avrei voluto…i miei genitori non sanno nulla
di te…sono riuscita
a nasconderti quando eri ancora dentro di me…ma non posso
trascorrere la mia
vita nascondendomi e nascondendoti…”.
Fece una pausa per
tirare su col naso, poi ricominciò a sussurrare,
carezzando il visino della
neonata.
“So che così mi
comporto da vigliacca, ma se avrebbero saputo di te la mia
famiglia mi avrebbe
cacciata di casa con te...e non avrei potuto farti crescere
bella e sana come
avrei voluto…”.
Così dicendo
entrò
timidamente nel villaggio, avendo cura di non fare rumore.
Giunta davanti alla
prima casa poggiò la bimba davanti alla porta e si
alzò.
Guardò per l’ultima
volta la sua bambina.
“Addio, tesoro mio,
qui avrai tutto quello che io non avrei potuto darti…una vera
famiglia, con una
madre, un padre e forse dei fratelli…una buona formazione per
farti diventare
una kunoichi, tanti amici…e forse l’amore, l’amore vero, non
quello che se ne
va quando hai più bisogno di lui…”.
Terminò la frase con
un singhiozzo, prima di bussare furiosamente alla porta chiusa
e scappare.
Se prima i suoi passi
erano esitanti e tremanti, in quel momento sembrava avere le
ali ai piedi,
sfrecciò lungo la strada che la portava fuori dal
villaggio.
E sparì nella
foresta
oscura.
La bimba, trovandosi
sola e distesa sul freddo scalino, cominciò a strillare
con quanto fiato aveva
in corpo.
Le luci della casa si
accesero di botto, la porta si aprì di scatto, e un
uomo di mezza età dai corti
capelli neri uscì guardandosi intorno con sguardo
insonnolito.
“Chi è là?”
chiese a
voce alta spostando rapidamente gli occhi da una parte
all’altra della strada.
Il pianto della
neonata attirò subito la sua attenzione, si
chinò per svolgere il fagottino.
La bambina era nata da
poco, pochissimo, forse qualche ora prima.
Era ancora sporca di
sangue, anche se la sua pelle mostrava alcuni timidi tentativi
di pulizia.
Il cordone ombelicale
era ancora attaccato.
L’uomo istintivamente
la prese tra le braccia, cercando di cullarla per placare le
sue grida.
“Akane! Akane!”
chiamò
l’uomo entrando subito in casa.
Una donna sulla
quarantina scese di corsa le scale fino ad arrivare di fronte
al marito, e
grande fu la sorpresa nel vederlo stringere tra le braccia una
bimba appena
nata che piangeva.
“Oh cielo…” sussurrò
portandosi una mano alla bocca “Ma dove…”.
“Sono sceso per vedere
chi bussava alla porta a quest’ora…e ho trovato lei…”.
La donna si avvicinò
lentamente.
“Ayumu…” mormorò,
intenerita “Questo è un dono del cielo…non abbiamo
potuto avere figli, e
abbiamo sofferto così tanto…chi l’ha lasciata qui
davanti probabilmente l’ha
fatto per disperazione, perché non poteva darle un
futuro…e l’ha affidata a noi…possiamo
donarle la vita che i suoi genitori sognavano…”.
L’uomo seguitava a
cullare la bambina, che lentamente si acquietò.
“Hai ragione, Akane…non
c’è nemmeno un biglietto…non avrà neanche un
nome”.
Akane prese dolcemente
la bimba in braccio, e andò verso la finestra,
guardando il cielo.
Accorgendosi della
falce di luna che brillava, sorrise.
“La chiameremo Tsukiko”
disse “Perché è rinata sotto la luna”.
La bambina
crebbe felice ed ambiziosa, sebbene la sua corporatura
esile e la sua salute cagionevole suscitò non poche
preoccupazioni per i
genitori adottivi, che avevano paura ad iscriverla all’accademia
ninja
credendola troppo debole, ma di fronte alle preghiere di Tsukiko
furono
costretti a cedere.
Contrariamente
alle aspettative dei genitori, Tsukiko riuscì
ad ottenere il diploma di Genin.
Dopo aver
superato l’esame, la ragazzina cominciò a correre
per tutto il villaggio sventolando il coprifronte la cui placca
metallica
scintillava alla luce del sole, i lunghi capelli castani e lisci
garrivano al
vento come una gloriosa bandiera.
Appena la
madre vide Tsukiko con un gran sorriso e il
coprifronte ancora in mano, si avvicinò alla figlia.
Le prese il
coprifronte per legarglielo alla testa, le
ciocche brune della frangia lo coprivano appena.
“Bambina mia,
sono orgogliosa di te” disse “Diventerai una
brava kunoichi”.
“Mamma…”
sussurrò la ragazzina timidamente “…posso chiederti
una cosa?”.
“Certo,
Tsukiko, cosa vuoi sapere?” mormorò guardandola
negli occhi.
Tsukiko per
qualche istante intrecciò le dita delle mani,
distogliendo lo sguardo.
“…i Genin si
possono innamorare?”.
La donna rise,
ravviandosi una ciocca di capelli biondi
dietro l’orecchio.
“Certo,
bambina mia, tutti si possono innamorare”.
La ragazzina
cominciò a fissarsi i piedi, arrossendo di
colpo.
“Allora lo
posso dire: sono innamorata”.
Aveva deciso
di rivelarlo solo in quel momento, anche se
quel dolcissimo sentimento le aveva avvolto il cuore come la
più soffice delle
nuvole già da tempo, sin dai primi giorni dell’Accademia.
Però il
giorno dell’esame aggiuntivo il tenero amore che
provava si infiammò ulteriormente.
Essendosi
iscritta per ultima all’Accademia, non poteva avere
un gruppo in quanto dispari.
Venne
assegnata eccezionalmente al gruppo del Jonin Asuma,
per effettuare l’ultimo esame.
L’esame venne
superato brillantemente, anche perché l’anima
di Tsukiko era galvanizzata dalla presenza molto ravvicinata del
ragazzo di cui
si era innamorata.
Ma dubitava
che un ragazzo che considerava così carino
potesse accorgersi di lei.
Le altre
ragazze che conosceva erano tutte molto più belle
di lei: Sakura Haruno aveva due bellissimi occhi verdi e la
fronte ampia che
tanto odiava contribuiva però a rendere il suo viso molto
grazioso, Ino
Yamanaka aveva degli stupendi capelli biondi lunghissimi e gli
occhi azzurri e
magnetici, Hinata Hyuga aveva un viso dolcissimo, un corpo molto
ben fatto
sebbene lo nascondesse sotto quell’informe divisa e i capelli
neri lucidissimi
come l’ala di un corvo, Tenten era dinamica e determinata con un
fisico forte e
gli occhi ardenti, senza contare la sua pettinatura perfetta…
Lei, invece,
tutto quello che vedeva guardandosi allo
specchio era una ragazzetta di una magrezza allucinante, dai
lunghi capelli
castano scuro finissimi, deboli e leggeri, che al minimo
movimento si
imbrogliavano in duemila nodi e che sovente si spezzavano ad
ogni passata di spazzola;
gli occhi erano di
un insignificante
nocciola smorto, la carnagione era pallidissima, quasi
cadaverica.
Per completare
il disastro, un seno quasi inesistente, tutte
le sue compagne di accademia si stavano sviluppando sempre
più, e i loro corpi
diventavano sempre più femminili, mentre lei era piatta
come una tavola
piallata.
Tutto questo
di certo non l’aiutava a trovare la forza
necessaria per potersi dichiarare al ragazzo che amava, ma il
batticuore che le
faceva mancare il respiro quando incrociava quegli occhi neri
non riusciva a
calmarlo.
I suoi capelli
neri e lisci legati in un codino, il suo sguardo
perennemente corrucciato, quell’intelligenza quasi
sovrannaturale…Tsukiko era
profondamente affascinata da quel ragazzo, anche se il suo modo
di fare con le
ragazze era alquanto scorbutico.
La ragazzina
pensava a lui continuamente, e con la sua
immagine si addormentava, dopo aver scritto tante volte sul suo
diario “Ti amo
Shikamaru Nara”.
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