Compagnia da gay bar

di Rota
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Cap. 17



Le grate del carcere si chiudono dietro le spalle, e Matt ha un forte sussulto mentre sente la serratura scattare.
Francis, dalla panchina del parco antistante, proprio al di là della strada, si alza e attende, con le braccia ancora incrociate al petto. Sembra guardare nella loro direzione, ma Matt non potrebbe giurarci. Sospira, socchiudendo appena le palpebre.
Suo fratello gli sorride, con le mani dietro la nuca, e parlando forte si allontana da lui.
-Io torno a casa! Tu vedi di raggiungermi presto che ho fame!-
Gli da una pacca sulla spalla, dirigendosi poi verso destra, a prendere l'autobus.
Matt guarda la sua schiena mentre diventa più piccola, sempre più piccola, e quasi gli viene la tentazione di seguirlo, lasciando perdere tutto il resto e dimenticandosi dei doveri che si era imposto.
Ma Francis è ancora lì e attende qualcosa - attende lui, per la precisione, e il ragazzo lo sa perfettamente.
Sono troppi giorni che lo sta evitando, lui come tutti gli altri membri della compagnia.
Ora che Antonio e Roderich sono andati via, ora che il tempo è passato, ora che Ivan è stato condannato a quasi un anno di carcere, dopo un processo che è stato estenuante per tutti quanti.
Due lunghissimi mesi da quella maledetta sera.
Matt sospira, guarda a destra e a sinistra, poi attraversa la strada.

-Come sta Ivan?-
Il parco è silenzioso, tranquillo, rilassante. Sotto i piedi, sono soltanto i cocci dell'acciottolato a scricchiolare di tanto in tanto, mentre qualche fringuello canta dolcemente sui rami bassi degli alberi.
Matt ha le mani in tasca, chiuse a pugno. Sorride, guardando altrove.
-Direi che potrebbe stare peggio. Riesce ancora a sorridere, quindi significa che qualche energia l'ha ancora in corpo...-
Francis fa schioccare le labbra.
-Se sorride significa che è nelle condizioni di non poter essere davvero sé stesso...-
Matt riflette per qualche istante, in silenzio, poi il suo sorriso diventa più triste.
-Questo è vero...-
I due uomini arrivano agli argini di un laghetto, superando un piccolo ponte sotto il quale starnazza qualche anatra. Sembra che tutto, al di fuori di loro due, stia bene.
Matt riprende il discorso, cercando nuova energia.
-Si è lamentato della mensa. Dice che fa schifo e che non gli servono vodka né roba vagamente somigliante. Poi dice anche che il suo compagno di cella è strano, se ne sta tutto il giorno a fissarlo da lontano. La notte trema, nel letto sotto il suo. E lui si annoia davvero tanto.-
Francis si porta una mano alla bocca, reprimendo un riso troppo forte.
-E' come ascoltare le lamentele di un bambino piccolo!-
Matt lo guarda per qualche istante, poi gli nasce un sorriso sincero sulle labbra. Non vede perché dargli torto, in tutta franchezza.
Si ferma, ad un certo punto, sedendosi sopra una panchina. Non che sia effettivamente stanco o spossato, pensa solamente che guardare con più tranquillità gli animaletti del parco sia una soluzione migliore che farli scappare spaventati.
E dopo qualche istante, Francis segue il suo esempio.
-Come sta tuo fratello?-
La domanda non lo sorprende per nulla, anzi si chiede quanta fatica abbia fatto il francese a non porgerla subito.
Alza le spalle, guardando in alto, il cielo sgombro di nubi.
-Sta bene anche lui. Se sta bene Ivan, sta bene anche lui...-
In realtà, anche Matt nasconde scheletri nell'armadio che non farebbe mai vedere a nessuno, neppure sotto tortura.
E quello che è successo non più di due ore prima rientra nel gruppo.
Suo fratello non ha mai pianto, di fronte a lui. Mai, neppure una volta. Eppure, seduto a quel tavolino stretto e basso, con il legno che gli ha fatto male sulle cosce e la sedia che a momenti lo fa cadere a terra, ha pianto. Basso lo sguardo, chiuse le palpebre, mani strette a pugno.
-Torna da me...-
Così ha detto, davanti ad un Ivan muto e quasi sorpreso.
-Torna da me... non andare via! Torna!-
Matt ha sentito stringersi il cuore a quella scena, come se un minuto prima non stessero parlando delle guardie che li stavano guardando in maniera terribile e tutt'attorno c'erano persone doloranti come loro. Successo quasi all'improvviso, li aveva spiazzati.
Senonché Ivan aveva avuto la delicatezza di prendergli la mano tra le proprie e baciarla, con un sorriso di quelli che Matt non gli ha mai visto in faccia.
-Non ho intenzione di abbandonarti...-
Si é sentito un intruso, in quel momento - come se Ivan e Alfred abbiano, all'improvviso, trovato in uno semplice sguardo l'intimità di una stanza chiusa, e lui fosse l'unico, indisponente spettatore.
Si é guardato attorno, cercando qualcosa da fare o qualcosa da dire, ma Alfred è tornato tutto d'un botto solare e forte, e ha cominciato a urlare cose insensate come suo solito.
Gli ha fatto male, tutto quello. Gli ha fatto male Alfred, che con un'umanità incredibile chiedeva proprio a Ivan di avere pietà di lui, dimostrandosi debole come mai lo era stato. Gli ha fatto male Ivan, perché con la sua stessa umanità ha avuto l'accortezza di non approfittare di tutto quello ma invece di incoraggiarlo e di stargli vicino ancora una volta.
Gli ha fatto male, perché si è sentito fuori posto e senza quelle risposte che avrebbero potuto rendere pieno e incredibile quel momento.
Si è riscoperto pieno di dubbi ed esitazioni, solo per quei semplici gesti.
Francis, dopo aver aspettato qualche attimo di silenzio, lo riporta prepotentemente alla realtà.
Si volta verso di lui, allungando una mano verso la sua. Gli prende il polso, stringendolo appena tra le proprie dita.
-Tu come stai, Matt?-
Quella è una domanda crudele, lo sanno entrambi. Una domanda che richiede sincerità, e al contempo una capacità incredibile di mentire.
Francis sa perfettamente che Matt non è in grado di celarsi a quel modo, rinunciando così a ogni purezza, a ogni buon sentimento. Non è abbastanza vile, nonostante tutto - o forse, semplicemente, lo spera con tutto il cuore.
E Matt pensa, a lungo, prima di rispondere.
Pensa a quanto è successo negli ultimi tempi, a cosa è stato prima, a cosa potrebbe essere dopo, a cosa è in quel momento.
Anche a pensare ad avvenimenti e possibilità turpi, Matt non trova quel senso di inquietudine solito che ha sempre, ogni volta che prova a fare un calcolo per il futuro.
Si stupisce un poco, meravigliandosi di quella nuova forza che trova a scorrere sotto la pelle.
L'ha già sentita, alcune volte, non troppo lontano da quel momento. Ogni volta che ha preso in mano la chitarra e ha cominciato a suonare, assieme a tutti loro. Ogni volta che ha sorriso a Francis, senza sentire alcun legame o alcun impedimento nel gesto.
Pian piano.
Quindi risponde all'uomo, serenamente e con un sorriso.
-Io? Io direi che sto bene...-
L'altro gli si fa più vicino, conscio che la verità può rivelarsi davvero dopo anche un poco d'insistenza.
-Sicuro?-
La stretta viene ricambiata dalle dita di Williams, un bacio viene posato sulla guancia - proprio lì, verso l'attaccatura della bocca, la delicata conca morbida delle labbra - e alla fine non ci sono più dubbi.
La speranza, timidamente, ha fatto sbocciare
il suo tremulo fiore delicatissimo.
-Sì, sono sicuro...-





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