ALL’OMBRA
DEL FAGGIO NERO
I
All’ombra
del crepuscolo, l’albero di faggio si
tingeva di colori scuri, mischiandosi alle
tenebre incombenti, in un abbraccio
lugubre e carico di morte.
Agnes
osservava muta i neri rami, tenendo
stretta a sé il piccolo palmo della bambina. Alcuni capelli
biondi scivolavano
sulle guance, ormai del tutto prive di quei tratti fanciulleschi,
tipici
dell’infanzia.
Marc
non riusciva a staccarle gli occhi di
dosso.
-Dunque
sono entrambi morti?- domandò.
La
donna annuì, fissando muta la pianta.
-E’così-
fece questa- Marie non è riuscita a reggere
la perdita. Nemmeno Anais è riuscita a fermarla. Se ne
è andata, per seguire il
suo amore.-
Marc
depose la spada al suo fianco, un segno del
valore dimostrato in guerra, un decoro che non aveva strappato nessuno
dalle
fauci della morte.
Si
tolse l’elmo, lasciando che la chioma marrone
scivolasse fino alle spalle. Una cascata autunnale che agli ultimi
raggi del
sole sembrava assumere bagliori di fiamma.
-Sette
anni- mormorò- Sette anni sono passati da
quando il mio amico è stato reclutato nelle file del suo
signore…non doveva
finire in questo modo.-
Agnes
strinse lievemente la piccola mano.
-Marie
ha passato molto tempo, in sua attesa…Laurent
era il suo unico pensiero.- fece, voltandosi verso il nobile ed osando,
per la
prima volta, dopo tanto tempo, levare gli occhi su di lui.
Marc
ebbe un sussulto.
Le
iridi della sorella maggiore di Marie non gli
erano mai sembrate così grandi e profonde. Per un momento,
ebbe la sensazione
di essere inghiottito da quel mare invernale, il vetro con cui lei
vedeva il mondo.
Istintivamente, tornò a fissare i rami del faggio, nel
tentativo, forse, di
fuggire quelle lastre chiare, ma nemmeno questa mossa gli fu concessa.
-Perché
non siete venuto prima?- domandò
improvvisamente Agnes –Vi abbiamo aspettato…io vi
ho aspettato…-
Il
vento fresco della sera era ormai alle porte.
La piana che si vedeva dalla collina appariva ai loro occhi brulla e
spoglia.Uno
specchio del loro animo, uscito a pezzi dalla guerra secolare. Agnes
osservava
quello spazio immenso, sentendo su di sé la presenza del
cavaliere.
La
bolla di quiete, nella quale erano caduti, si
era formata con estrema naturalezza, tanto che nessuno dei due
pensò di rompere
quell’improvvisa stasi. Non vi era nulla attorno a loro,
tranne quel silenzio,
rotto solo dal vento di tramontana che spirava in quel momento.
L’animo
del conte, immerso in quella pace
mortifera, era avvolto da pensieri di ogni genere. Da un lato, si
sentiva
immensamente in colpa nei confronti dell’amico,
dall’altro però, non riusciva a
non provare un sordo risentimento verso Marie e Laurent.
-Non
ci riuscivo- fu la sua risposta.
Agnes
lo guardò.
Era
lì con lei e, malgrado fossero passati
alcuni anni, era ancora bello. La fiammella della speranza e la gioia
di
vederlo vivo, tuttavia, non erano ancora uscite dalla fortezza del suo
corpo,
sebbene sapesse che il passo era molto breve. Marc però era
giunto nella sua
umile dimora per sua sorella, non per lei.
-E’tipico
di voi- disse allora, tenendo lo
sguardo sull’albero nero.
Il
conte di Fussac si voltò, perplesso
–L’amavate
molto…l’ho sempre saputo, come voi eravate a
conoscenza del fatto che i vostri
sentimenti non avevano mai raggiunto, per intensità,
l’animo di Marie.- fece
questa, guardandolo da sotto la cuffia.
Marc
non seppe cosa dire.
La
sorella maggiore della giovane contadina che
aveva rubato il cuore al suo amico, e a lui, era una creatura che non
era mai
riuscito a comprendere fino in fondo. Schiva e riservata, come una
creatura
notturna. Si era sempre sentito a disagio in sua compagnia, sebbene
questa non
gli avesse mai chiesto spiegazioni, né biasimato o compatito
quel sentimento
segreto che lo logorava, tutte le volte che incontrava le iridi cielo
della
piccola di quella casa.
Con
i suoi silenzi, lo costringeva, allora come
in quell’istante, a fare i conti con quello che, in tutti i
sette anni di
scontri, aveva deliberatamente sacrificato sull’altare
dell’amicizia.
L’amore
per Marie lo aveva spesso portato ad un
passo dall’odiare Laurent,
che
era riuscito a conquistare quel fiore
leggiadro, grazie al suo spirito allegro e brigante.
Perché
non lui?
Era
saggio.
Era
colto.
Aveva
ottenuto, malgrado fosse figlio di una
delle tante amanti del conte, un titolo nobiliare.
Aveva
un aspetto gradevole ed era piuttosto
benestante.
Aveva
tutto…tranne il cuore di Marie.
Eppure,
i suoi passi lo avevano spinto
all’albero di faggio, là dove un tempo loro
quattro giocavano insieme. Era
stato più forte di lui, come se a trascinarlo fin
lì vi fosse l’opera di una
corda invisibile.
-Credo,
signor conte- mormorò Agnes – che sia
opportuno andare in casa.-
Marc
sobbalzò.
Le
parole della donna lo avevano fatto scendere
bruscamente con i piedi per terra, un attimo prima che il suo animo,
denso di
malinconia, precipitasse in un vortice doloroso di nostalgia e
rimpianto.
Istintivamente,
con un po’di sorpresa, sorrise.
Lei,
con il suo silenzio assordante, lo aveva
salvato da quell’insidia.
-Perché
quell’espressione?- domandò Agnes,
inarcando un sopracciglio.
Il
nobile non la guardò, concedendosi un ultimo
sguardo all’albero.
–Nulla-
rispose sbrigativamente.
La
beghina osservò l’uomo di fronte a lei poi,
tenendo per mano la bambina, iniziò a incamminarsi.
–Signor Conte- fece,
fissando la strada - non vi sono locande nelle vicinanze. Se lo
desiderate,
potete riposare nella mia dimora.-
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