A Death Eater
A Death Eater's Musts - I doveri Di Un Mangiamorte
Prima di leggere...
Prima di leggere, io e Criros vogliamo dirvi alcune cose...
Innanzitutto, grazie per aver clikkato per leggere la nostra
fanfiction, siamo molto contente ! Questa è una storia su Draco, di come si
possa ritenere un Mangiamorte convinto, convinzione che andrà a scemare con
l'andare del tempo e soprattutto con l'arrivo di una persona speciale...non una
ragazza, sia chiaro. Non possiamo svelare niente perchè sennò non ci sarebbe la
sorpresa, ma possiamo dirvi che l'arrivo di questa persona porterà a svelare il
vero animo del giovane, costretto sin da piccolo a perseguire l'attività dei
genitori...
Concluso ciò, vi auguriamo buona lettura, sperando che la
storia vi possa piacere!
Criros&Nina [Grint]
p.s.-il primo chap è piuttosto corto ma solo perchè è
l'inizio!
Riflessioni prima del conflitto
Erano appena le nove di sera, ma il
cielo aveva già cominciato a scurirsi e i lampioni di un piccolo paesino babbano
si erano accesi da poco per illuminare le vecchie strade male asfaltate e le
antiche casette con i muri tutti sporchi e pieni di graffiti di tutte le forme e
dimensioni.
Proprio in una di queste quotidiane
abitazioni, precisamente chiuso in una stanza buia e senza finestre, era seduto
per terra un bel ragazzo di circa venti anni, alto e magro, di sicuro un tipo
che attirava facilmente l’attenzione.
Ma non era il fisico la parte di lui
che tutti notavano, ma i capelli biondissimi sempre lisci e lucenti insieme a
due grandi occhi azzurri e freddi come il ghiaccio, come del resto era il suo
carattere.
Solo le nove, eppure cominciava a dare
segni d’impazienza.
Erano passati tre anni da quando aveva
lasciato la scuola, ma lui non era cambiato molto; faceva sempre le stesse cose
di quando era un ragazzo.
Si ricordava ancora quella terribile
notte, la sua ultima notte a Hogwarts, quando aveva esitato, quando aveva
lasciato che Piton, suo professore e sua guida, uccidesse per lui Silente.
Ancora adesso non sapeva se avrebbe
avuto il coraggio di uccidere quel vecchio tanto indifeso; si chiedeva spesso
cosa avrebbe fatto se Piton non fosse arrivato e gli avesse rubato il compito,
se fosse stato solo davanti ad un Silente disarmato e implorante, l’unica volta
che aveva visto quel vecchio così debole.
Sarebbe rimasto un mistero con cui
avrebbe condiviso la sua vita, lo sapeva, ma voleva una risposta.
L’avrebbe ucciso o l’avrebbe
risparmiato? Aveva sempre creduto di essere nato per fare il mangiamorte, come
suo padre, era diventato seguace di Voldemort a soli sedici anni, anche se aveva
creduto fermamente in lui dalla nascita, si era addirittura vantato con gli
altri di aver ricevuto l’ordine di uccidere Silente direttamente dal Signore
Oscuro.
Eppure… ora aveva dei dubbi al
riguardo, non era più tanto sicuro di essere fiero andando in giro ad uccidere
la gente, non era sicuro di volerlo fare, se non per onorare i suoi genitori
ormai morti.
Guardò con un sorriso freddo il suo
avambraccio sinistro: un enorme tatuaggio a forma di teschio con in bocca un
serpente era tutto ciò che caratterizzava la sua vita da tre anni.
Quando il signore oscuro chiamava, lui
arrivava prontamente ed eseguiva i suoi ordini; niente rimorsi, niente
ripensamenti. Non c’era spazio per la pietà nel suo mondo, almeno non senza poi
morire.
Andò verso la porta e accostò
l’orecchio per sentire se gli altri stavano dicendo qualcosa, ma rimase deluso
non udendo neanche un sussurro proveniente dall’altra stanza.
Così si rimise per terra e guardò senza
un particolare interesse il luogo dove si trovava: quattro pareti vecchie e
cosparse di crepe formavano una piccola camera dove l’unico oggetto presente era
un letto in legno tutto ammuffito con una coperta bucata qua e là.
Sul pavimento era steso uno spesso
strato di polvere, sul soffitto miriadi di ragnatele era l’unico spettacolo
visibile.
Si era quasi abituato all’odore di
umido e marcio, però quando era entrato per la prima volta lì dentro non aveva
badato molto alle condizioni o all’odore del posto, ma se fosse abbastanza
silenzioso.
Sempre, prima di una missione, lasciava
gli altri a parlare insieme, mentre lui si isolava il più possibile, per
concentrarsi, per pensare.
Pensare a cosa, poi? Non certo di
essere perdonato per l’uccisione della prossima vittima, ma neanche a come
ucciderla. Pensava solo ai “vecchi tempi”, come li definiva lui, quando era
ancora convinto di quello che faceva, quando solo a sentire il nome “Harry Potter” una rabbia folle si impossessava di lui.
Sperò vivamente di non incontrarlo
proprio quella sera.
L’ordine della fenice stava dando
parecchio filo da torcere ai mangiamorte e ciò lo infastidiva molto.
Non riusciva neanche a compiere una
missione, che ecco sbucare fuori lo sfregiato con i suoi amichetti perdenti che
tentavano disperatamente di fermare i loro piani.
Doveva ammettere che alcune volte ci
riuscivano, alcune volte erano loro a dover scappare mentre quella massa di
babbanofili li rincorrevano urlanti di gioia e determinazione, ma non quella
volta. No. Quella sera era più determinato lui a far filare tutto liscio che
Potter a rinchiudere ad Azkaban alcuni mangiamorte.
Fuori, lontano da quella casa,
l’orologio della piccola chiesa del paese suonò finalmente le undici: era tempo
di prepararsi.
Un lieve bussare alla porta e poi,
senza neanche aspettare risposta, l’uscio della stanza dove lui si trovava, si
aprì con un forte cigolio e tre figure incappucciate apparirono davanti a lui.
“Draco, è ora” disse la voce femminile
centrale, che non se ne andò appena finito di pronunciare quella frase.
“Bene allora, andiamo” rispose lui con
voce glaciale, che molti paragonavano a quella del signore oscuro.
Lentamente si rizzò in piedi e camminò
verso l’ingresso dove l’unica luce era quella emessa dalle due bacchette dei due
che avevano accompagnato la ragazza.
“Sapete cosa dovete fare. Non fallite o
ve la vedrete con la mia ira e quella del signore oscuro. Intesi?”
Gli altri tre annuirono debolmente,
spaventati da quella minaccia tanto esplicita che veniva rivolta loro prima di
ogni missione.
“Si comincia”
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