A new beginning

di tikei_chan
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A new beginning

 

È una normale giornata di scarsissimo sole nella cittadina di Forks, siamo a settembre e le scuole sono appena cominciate. Da soltanto un paio di settimane gli studenti si sono riversati nelle aule, e fra loro c’è anche chi ha vissuto quest’esperienza per la prima volta in assoluto: i cosiddetti primini.
Lei è una di questi. È la protagonista della nostra storia, la vediamo mentre cammina piano e silenziosamente – nonostante sia in ritardo – per il corridoio della scuola media del paese; si sta dirigendo verso la palestra dove tutti i suoi compagni sono già corsi al suono della campana.
Come detto, non si affretta: ginnastica non è certo la sua ora di lezione preferita. Non ha in effetti, materie preferite, perché la scuola in generale non le piace, e non, come si potrebbe pensare, per lo studio ma per la compagnia. Ha infatti qualche problema a socializzare. Già, dovete sapere che la nostra eroina, tutt’altro che impavida, ha un cieco terrore delle persone. Teme di essere rifiutata; è una paura che la paralizza e le blocca la lingua, motivo per cui, nonostante negli undici anni fin qui vissuti abbia sempre visto le stesse facce nel minuscolo paese di Forks, non è riuscita a farsi nemmeno un amico.
Eccola quindi che fa il suo ingresso in palestra, in ritardo.
“Oggi, bambini, giochiamo a palla avvelenata!” La voce della maestra, sgradevole più che mai, giunge subito alle sue orecchie, provocando un brivido lungo la sua schiena.
Odia palla avvelenata, la odia con tutte le sue forze.
Ecco come vanno di solito queste partite: poiché possiede scarse abilità sportive nessuno dei suoi compagni di squadra le passa la palla – cosa di cui è loro grata – in  compenso gli avversari la prendono di mira come bersaglio facile. È la peggiore delle torture.
Sbuffa, si contorce le mani in un angolo, temporeggiando, cercando una via di fuga. E in questo momento la vede: la maestra ha dimenticato di chiudere la porta del magazzino degli attrezzi.
È il nascondiglio perfetto. Lasciando l’indecisione da parte, raggiunge in pochi passi la stanza e vi sguscia dentro, sicura di non essere vista. Socchiude la porta e si guarda intorno. È un ambiente polveroso, triste con le sue pareti grigie e gli attrezzi consumati dal tempo. Nell’angolo a destra, accostata alla parete di fronte a lei, c’è una cesta contenente dei palloni, che sembra poter fungere comodamente da panchina. Dopo esservisi accomodata sopra sospira e finalmente si rilassa. Lì si sente protetta, ma sa che non potrà fuggire dalle persone per tutta la vita.
Non è nemmeno la persona rigida e seria che tutti pensano che sia, sa di avere dentro sé molto da offrire e vorrebbe davvero far conoscere agli altri questo lato di se stessa, mostrarsi per come è, ma le manca sempre il coraggio di fare quel passo…
Tlack.
“Oh! Ciao.” Due occhi blu, sgranati per la sorpresa, la guardano con divertito interesse, e più sotto due labbra rosee si aprono in un sorriso.
“Scusa, Jessica, non sapevo che fossi qua dentro. A proposito… cosa ci fai qui?”
Jessica – sì, lei, la nostra protagonista – si morde le labbra, il cervello in panne. Continua solo a pensare che un ragazzino della sua classe, uno dei tanti a cui non ha mai parlato, le si sta rivolgendo con inaspettata cortesia e questo la sta facendo sentire così bene.
Io… niente. Tu perché sei qui?” Sente le guance scottare mentre la mente lavora a mille, figurarsi poi quando quel suo compagno così estroverso le si avvicina! “Devo prendere un pallone.”
Con imbarazzo Jessica si rende conto che sta facendo riferimento proprio alla cesta su cui è seduta e salta in aria come se improvvisamente fosse diventata bollente.
“Oh, certo, fai pure.” Balbetta alle sue spalle.
Poi tutto succede all’improvviso: la maestra si gira, la vede attraverso la porta ancora aperta e Jessica capisce di essere in trappola, ma in quell’attimo di panico in cui non sa se fuggire ancora o arrendersi, Mike – questo è il nome del prode cavaliere della nostra storia – le molla il pallone fra le mani.
“Dai, vieni, sei in squadra con me.”
Corre via, oltre la porta, verso il campo dove lo aspettano gli altri. Poi si gira di nuovo, riservandole un altro sorriso “E oggi voglio vincere, eh.”
Jessica guarda le cuciture di quella palla ruvida, un oggetto quasi sconosciuto che però le ha già causato non poche sofferenze e prese in giro: un po’ come le amicizie.
Poi alza la testa e attraverso quella porta spalancata di fronte a lei vede il campo, Mike che la aspetta, e pensa che dopotutto non è troppo tardi per cambiare. Per aprirsi al mondo e mostrare la vera se stessa, la vera Jessica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 





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