A Little's Enough

di Molly182
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Chap 12
Rimasi da sola in mezzo alla stanza. Come il giorno prima, aveva ricevuto una telefonata e il suo umore era mutato immediatamente.
“Dov’è Tom?”, mi chiese Nicole quando rientrò in casa.
“È andato, come ieri”
“Ah” sembrava un po’ delusa. “Non è successo niente?”
“Del tipo?”
“Un bacio”
“Ci risiamo... ”, dissi scuotendo la testa. “Abbiamo solo ballato”
“Solo?”
“Qual è il significato di ballare nella tua mente perversa?”
“Beh fare sesso”, disse spontaneamente.
“Ah beh, vedi troppi film”
“È questione di tempo, vedrai”
“Ok, allora facciamo che io torno in camera mia e faccio finta che questa discussione non ci sia mai stata”, dissi ridendo.
Non sapevo di cosa si trattava ma stava di fatto che il giorno dopo non si fece vedere né quello successivo.
Non m’importava se la mattina non avevo più un passaggio, non mi dispiaceva prendere l’autobus. La cosa che mi mancava di più era fare colazione con lui, trovarlo, la mattina presto, seduto al tavolo della cucina con la sua tazza di cereali. Chissà se lo avrei rivisto.
“Buongiorno”, dissi entrando in negozio lunedì mattina.
“Ciao Mary, passato bene il week end?”
“È stato piuttosto faticoso, dipinto le pareti e finalmente io e la mia coinquilina siamo riuscite a far funzionare la lavatrice”.
“Fine settimana impegnativo!”
“Già”
Passai la giornata piuttosto tranquillamente, come il resto della settimana. Le giornate erano così tranquille che lasciavano la mia mente libera di pensare, cosa che non dovevo permettere. Infatti, pensai ai vari motivi per cui Thomas non si era fatto vedere per un’intera settimana.
Finita la mia giornata lavorativa, tornai a casa. Ad aspettarmi seduto sul dondolo, c’era una figura che non riuscivo a riconoscere. Pian piano che mi avvicinavo l’immagine diventava più nitida così che quando salii i tre gradini, trovai seduto sul dondolo Thomas.
“Ciao”, mi accenno alzandosi in piedi.
“Che ci fai qui?”, dissi entrando in casa seguita da lui che chiuse la porta alle sue spalle.
“Ho portato del gelato”
“E dov’è?”
“Dentro il freezer”
“Potevi aspettare dentro”, dissi prendendo il barattolo di gelato e due cucchiai e li poggiai sul tavolo, dove lui si era già andato a sedere.
“Non mi sembrava carino dato che voi non c’eravate”.
“E intrufolare cibo nelle case altrui lo è?”, si limitò a scrollare le spalle e a prendere un’altra cucchiaiata di gelato.
“Comunque volevo farmi perdonare”, mi alzai e posai il mio cucchiaio nel lavandino e iniziai a lavare i pochi piatti della colazione. Lui si avvicino a me e posò le sue mani sui miei fianchi.
“Smettila di giocare”
“Non sto giocando, non volevo sparire così”.
“Non ti devi far perdonare, non hai fatto assolutamente nulla, puoi fare quello che vuoi”.
“Beh, allora domani ti porterò in un posto stupendo”, mi girai così da guardarlo negli occhi. “Ci vado quando voglio stare da solo”
“Però porti me”
“Perché voglio condividerlo con te”
“È quindi un invito?”
“Diciamo di sì, accetti?”
“Solo perché non ho di meglio da fare”, mi fece un sorriso a pochi millimetri dal mio volto. Quasi mi sciolsi.
“Senti, se ti chiedo di restare a cena, te ne vai come l’ultima volta?”
“Credo proprio di no”, aggiunse continuando a sorridermi.




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