Chap 12
Rimasi da sola in
mezzo alla stanza. Come il giorno
prima, aveva ricevuto una telefonata e il suo umore era mutato
immediatamente.
“Dov’è
Tom?”, mi chiese Nicole quando rientrò in casa.
“È
andato, come ieri”
“Ah”
sembrava un po’ delusa. “Non è successo
niente?”
“Del
tipo?”
“Un
bacio”
“Ci
risiamo... ”, dissi scuotendo la testa. “Abbiamo
solo
ballato”
“Solo?”
“Qual
è il significato di ballare nella tua mente
perversa?”
“Beh fare
sesso”, disse spontaneamente.
“Ah beh,
vedi troppi film”
“È
questione di tempo, vedrai”
“Ok, allora
facciamo che io torno in camera mia e faccio
finta che questa discussione non ci sia mai stata”, dissi
ridendo.
Non sapevo di cosa si
trattava ma stava di fatto che il
giorno dopo non si fece vedere né quello successivo.
Non
m’importava se la mattina non avevo più un
passaggio,
non mi dispiaceva prendere l’autobus. La cosa che mi mancava
di più era fare
colazione con lui, trovarlo, la mattina presto, seduto al tavolo della
cucina
con la sua tazza di cereali. Chissà se lo avrei rivisto.
“Buongiorno”,
dissi entrando in negozio lunedì mattina.
“Ciao Mary,
passato bene il week end?”
“È
stato piuttosto faticoso, dipinto le pareti e
finalmente io e la mia coinquilina siamo riuscite a far funzionare la
lavatrice”.
“Fine
settimana impegnativo!”
“Già”
Passai la giornata
piuttosto tranquillamente, come il
resto della settimana. Le giornate erano così tranquille che
lasciavano la mia
mente libera di pensare, cosa che non dovevo permettere. Infatti,
pensai ai
vari motivi per cui Thomas non si era fatto vedere per
un’intera settimana.
Finita la mia giornata
lavorativa, tornai a casa. Ad
aspettarmi seduto sul dondolo, c’era una figura che non
riuscivo a riconoscere.
Pian piano che mi avvicinavo l’immagine diventava
più nitida così che quando
salii i tre gradini, trovai seduto sul dondolo Thomas.
“Ciao”,
mi accenno alzandosi in piedi.
“Che ci fai
qui?”, dissi entrando in casa seguita da lui
che chiuse la porta alle sue spalle.
“Ho portato
del gelato”
“E
dov’è?”
“Dentro il
freezer”
“Potevi
aspettare dentro”, dissi prendendo il barattolo di gelato e
due
cucchiai e li poggiai sul tavolo, dove lui si era già andato
a sedere.
“Non mi
sembrava carino dato che voi non c’eravate”.
“E
intrufolare cibo nelle case altrui lo è?”, si
limitò a
scrollare le spalle e a prendere un’altra cucchiaiata di
gelato.
“Comunque
volevo farmi perdonare”, mi alzai e posai il
mio cucchiaio nel lavandino e iniziai a lavare i pochi piatti della
colazione.
Lui si avvicino a me e posò le sue mani sui miei fianchi.
“Smettila di
giocare”
“Non sto
giocando, non volevo sparire così”.
“Non ti devi
far perdonare, non hai fatto assolutamente
nulla, puoi fare quello che vuoi”.
“Beh, allora
domani ti porterò in un posto stupendo”, mi
girai così da guardarlo negli occhi. “Ci vado
quando voglio stare da solo”
“Però
porti me”
“Perché
voglio condividerlo con te”
“È
quindi un invito?”
“Diciamo di
sì, accetti?”
“Solo
perché non ho di meglio da fare”, mi fece un
sorriso a pochi millimetri
dal mio volto. Quasi mi sciolsi.
“Senti, se
ti chiedo di restare a cena, te ne vai come
l’ultima volta?”
“Credo
proprio di no”, aggiunse continuando a sorridermi.
|