Compagnia da bar

di Aerith1992
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Note (IMPORTANTE!): scritta per il prompt di mystofthestars "bar con Arthur e Lovino". Fa parte della raccolta University Life: Arthur e Lovino sono studenti della stessa Università rispettivamente al secondo e al primo anno. 

 

 

In molti desiderano fare il barista.

Arthur li può comprendere facilmente, essendo lui stesso un barista: quando hai finito puoi bere alcool gratis, anche se moderatamente, se no se ne accorgerebbero tutti - l’esperienza di Gilbert, cacciato perché finiva tutte le riserve di birra, gli ha insegnato qualcosa-, se sei abbastanza interessante i clienti offrono un giro anche a te e, dato che il locale nel quale lui lavora è piuttosto lontano dal campus, fingendosi ubriaco può sempre trovarsi un passaggio gratis.

Quello che gli dà fastidio è la gente che, essendo lui bloccato dietro il bancone a servire drink, approfitta della situazione per parlare con lui. Arthur, che è un tipo di poche parole e ha anche un brutto caratteraccio, non sa mai come comportarsi in situazioni come queste. Il suo primo istinto è quello di urlare a chiunque capita sotto il suo naso, uomo o donna che sia, energumeno o no, che lui non è un confidente e che non gliene può importare niente di quello che dice, ma sarebbe controproducente. L’ha fatto una volta e ha rischiato di perdere il lavoro, oltre che di rompersi il naso -il tipo era nonostante tutto parecchio suscettibile. D'altronde può sempre utilizzare le informazioni che ottiene per i suoi interessi quando gli capita qualcuno che conosce. Ricorda ancora quella volta che Gilbert, ubriaco fradicio, gli ha rivelato che quello che gli dà maggiormente fastidio di Roderich, l’austriaco dello stesso loro anno che il tedesco non perde mai l’occasione di tiranneggiare, è che senza fare niente ha catturato l’attenzione e l’amore di Elisaveta. In poche parole, Arthur l’ha capito immediatamente, è geloso. Arthur non perde mai l’occasione di ricordarglielo ogniqualvolta Gilbert lo prende in giro per le sue prominenti sopracciglia. L’espressione sorpresa e non più arrogante stampata sul suo volto la prima volta che Arthur gliel’ha rinfacciato è stata veramente impagabile. Arthur rimpiange di non aver avuto una macchina fotografica quel giorno; gli sarebbe piaciuto immensamente fare fotocopie della fotografia e attaccarle per tutta l’università. Ovviamente poi Gilbert si sarebbe vendicato e Arthur non vuole sapere ciò che sarebbe capace di fare in un’evenienza simile; però diamine, ne sarebbe valsa la pena. Magari un giorno riuscirà a far confessare la rana così, la prossima volta che se lo ritrova nel letto la mattina quando si sveglia sarà anche l’ultima per lui. Il genio che ha avuto la brillante idea di metterli nella stessa stanza, probabilmente per farsi due risate alle sue spalle, sarà responsabile del brutale assassinio di Francis da parte di Arthur.

Questo è ciò che Arthur rimugina mentre asciuga i bicchieri, in attesa dell’arrivo di clienti. La sera è quasi arrivata e porterà con sé l’ora di punta e per questo al momento non c‘è molto da fare, ma Arthur sa che presto non avrà un attimo libero nemmeno per respirare. Un gruppo di ragazzoni si è seduto al tavolo che offre una migliore visione di chi entra ed esce dal locale. Forse sono alla ricerca di ragazze. È Angelique che si sta occupando del loro tavolo, ma Arthur sa che la ragazza sa come cavarsela con dei tipi del genere, perciò non si preoccupa più di tanto. In un momento in cui si sentiva più gentiluomo, le ha offerto la possibilità di sostituirla, ma lei l’ha mandato al diavolo dicendo che sa benissimo difendersi da sola. Una coppietta, forse alla ricerca di un luogo tranquillo dove poter stare insieme, si è sistemata al tavolo più riservato in fondo al locale, dove le luci sono abbassate e regna incontrastata una vomitevole atmosfera romantica. Angelique, conoscendo Arthur, gli ha impedito di andarli a servire. È stata certamente una mossa corretta dato che, anche al solo vedere quei due ragazzini farsi gli occhi dolci, Arthur sente l’irritazione montargli dentro. Non è certamente colpa sua se per lui fare queste cose si avvicina all’impossibile: è colpa dell’idiota che starebbe meglio al primo anno dell’asilo piuttosto che al primo anno dell’università che purtroppo è il ragazzo che gli interes- No, non gli interessa minimamente, si corregge Arthur. Non hanno nulla in comune se non il fatto che si detestano a vicenda. Arthur torna alla realtà non appena il bicchiere che ha in mano minaccia di sfuggirgli. Dall’altra parte del bancone Angelique gli lancia un’occhiataccia, sicuramente intenta a minacciarlo. Arthur borbotta un “fatti i fatti tuoi” alla ragazza. Maledizione, gli basta semplicemente pensare a lui perché arrivi il malumore con il simpatico omaggio di un forte mal di testa. Americani.

Nuovi passi e il rumore di una sedia spostata attirano l’attenzione di Arthur, che vede seduta dall’altra parte del bancone, poco lontano da lui, una vecchia conoscenza. Ghigna divertito, avvicinandosi al moretto appena arrivato che altri non è che una delle matricole, uno dei gemelli italiani (che non sa riconoscere) che sono tanto terrorizzati da lui e dal suo aspetto da vandalo. Ci sarà da divertirsi, pensa.

Gli si avvicina senza che se ne accorga fino a quando gli è di fronte ed esordisce con un “Cosa desideri?”.

L’italiano alza il volto e non appena lo vede quasi salta dallo spavento. L’indistinto numero di parolacce italiane che Arthur sente gli confermano che sta parlando con Lovino Vargas. A volte i pettegolezzi da portinaia di Francis possono essere utili: è lui che gli ha parlato dei gemelli, essendo i due troppo spaventati da Arthur per farci due chiacchiere, ed è grazie alla sovra citata rana che li sa distinguere. Non che la rana verrà mai a saperlo. Angelique gli lancia un’altra occhiataccia che significa chiaramente “Non spaventare i clienti, idiota” e che Arthur ignora.

“Cosa desideri?” ripete, nascondendo il suo divertimento per rimpiazzarlo con un’espressione irritata.

“Birra alla spina” dice Lovino, tremando leggermente “Che ci fai tu qui?”

“Io ci lavoro qui. La vera domanda è cosa ci fa una matricola così lontano dal campus da sola” risponde, muovendosi agilmente dietro al bancone e poggiando poi un boccale ricolmo sul tavolo.

Lovino prende il boccale esitante, osservando Arthur come se fosse un nemico e poi la birra. Da quanto si può capire dalla sua faccia, sembra che temi che la birra sia avvelenata. Il primo sorso lo beve osservandolo intensamente e subito poggia il bicchiere con aria disgustata.

“È la migliore birra dell’Inghilterra, ragazzino, goditela” lo avverte Arthur con un’aria minacciosa. Lovino è intimorito e Arthur non può fare a meno di approfittare dell’occasione per farsi due risate. Dopo un po’, quando Lovino è a circa metà boccale però cambia idea. Dopotutto ci sarà un motivo per cui ha deciso di presentarsi proprio in questo locale.

Appoggia un gomito sul bancone e ritorna a pulire i bicchieri e, fingendo che non gliene importi veramente chiede “Allora, come sei finito qui?”

“Volevo stare da solo” risponde Lovino e, dallo sguardo con cui lo osserva, Arthur capisce che è un modo implicito del ragazzo di dire “và a quel paese” e “che diamine vuoi da me?”

Arthur però non è il tipo da farsi intimorire. “E vieni a ‘stare da solo’ proprio qui, lontano dall’Università?”

“Mi hanno parlato di questo locale e sono venuto. Adesso fatti i cazzi tuoi.”

A quanto pare Lovino è tanto irritato dalla mancanza di privacy da dimenticare persino il terrore che prova nei suoi confronti. Arthur alza un sopracciglio, non ancora irritato ma manca poco perché lo sia. Non gli piace fare da confidente, questo è vero, ma a volte le circostanze sono troppo interessanti per non premere per altre informazioni.

“Ma poi come torni a casa? Avrai bevuto e non potrai guidare”

“Chiamerò mio fratello, che chiederà aiuto al mangia patate che non potrà rifiutare. Adesso fammi bere in pace.”

A quanto può ricordare dei gracidii di Francis, il mangia patate è Ludwig, il fratello minore di Gilbert, un ragazzo serio che non ha niente a vedere con il suo fratello maggiore. Per Arthur è un tipo a posto, ma non è questo quello che conta: quello che conta è che al ragazzo davanti a lui non importa di dover chiedere l’aiuto di una persona che detesta -cosa alla quale Arthur preferirebbe la morte- seppure non direttamente. La faccenda si fa ancora più interessante, pensa, e si avvicina di più al ragazzo.

“Ma davvero? Cosa ti ha portato qui, allora?”

“Vuoi farti i cazzi tuoi, sopracciglione?”

Oh. Questo non avrebbe dovuto dirlo. La rabbia corre veloce nelle vene di Arthur, che batte un pugno proprio accanto al boccale di Lovino -per fortuna non ha bicchieri in mano o avrebbe rischiato di romperli- ed esclama “Che cosa hai detto? Ripetilo se ne hai il coraggio.”

“Mi dispiace, mi dispiace! Non uccidermi!” esclama Lovino al colmo del panico.

“Allora rispondi alle mie domande, vermiciattolo” dice Arthur, con inavvertitamente il volto contorto nell’espressione più buia e più spaventosa che sa fare. Angelique lo fulmina di nuovo, e Arthur le rivolge la stessa espressione che ha assunto contro Lovino. La ragazza a quel punto decide bene di scomparire nei meandri del bar, verso la cucina, luogo nel quale ad Arthur è proibito andare. Insomma, è il punto perfetto per mettersi al sicuro da lui. Peccato davvero che Lovino non lo sappia.

“Va bene, va bene! Farò tutto quello che vuoi!”

“Così va meglio” risponde Arthur soddisfatto, e siccome si sente un po’ in colpa -non che l’ammetterà mai- per aver spaventato così il ragazzino e il suo boccale di birra gli sembra triste così vuoto, gliene riempie un altro. “Lo offre la casa” borbotta.

Lovino lo occhieggia sospettoso ma, come un qualsiasi umano con la testa a posto, non perde altro tempo ad accettarla. Forse ha persino detto grazie, tra le parole borbottate a bassa voce.

"Mio fratello..." dice finalmente dopo qualche sorso. "Piace veramente a tutti"

Arthur vorrebbe commentare, dire che a lui suo fratello nemmeno interessa, figuriamoci piacergli, ma sa che se vuole che Lovino continui deve stare zitto. Esperienza personale: se la rana non lo coprisse ogni volta di domande come se fosse una mamma ansiosa, molto probabilmente saprebbe qualcosa in più su di lui. Anche Francis però ha imparato questo trucchetto -e ci mancherebbe, dopo tutti gli anni passati insieme.

La tattica del silenzio funziona: Lovino sembra apprezzare il fatto che Arthur non prema per farsi i fatti di qualcun altro, infatti dopo un po' continua a parlare. A quanto pare, non sono così tanto diversi come l'inglese pensava all'inizio.

"Volevo stare da qualche parte in cui Feliciano non sia l'unico nome che sento dire dalla gente quando mi vede" borbotta, guardando da tutt'altra parte rispetto ad Arthur.

Questo l'inglese non può ben comprendere: certo anche lui aveva tentato di evitare i luoghi che i suoi fratelli frequentavano, non perché temeva di essere scambiato per loro, ma perché i suoi fratelli avevano sparlato così tanto di lui e dei suoi segreti che sarebbe stato preso in giro da completi sconosciuti.

"A volte avere dei fratelli è solo una scocciatura" dice Arthur. Lovino annuisce quasi tristemente. Arthur avverte che c'è altro sotto, ma non ci può mettere la mano sul fuoco.

"Anche tu?" chiede Lovino tristemente.

"Un branco di bastardi" conferma Arthur.

L'argomento è fin troppo penoso e il boccale di Lovino è di nuovo vuoto, così Arthur ne riempie senza starci troppo a pensare altri due.

"Questo lo paghi eh" dice passandone uno all'italiano, ignorando le sue proteste. Alza l'altro e dice "Ai fratelli. Cheers". Niente è meglio di una birra per scordare un passato che aveva ormai messo da parte.

Lovino si gode qualche sorso in compagnia, prima di borbottare, indicando il boccale in mano ad Arthur "Quello però non lo pago"

Arthur alza gli occhi al cielo, lasciando che siano essi ad esprimersi per lui. Altri clienti sono arrivati e si sono sistemati ai vari tavoli. Non può lasciare che Angelique si occupi anche di loro, così Arthur finisce il suo boccale in fretta e furia e lascia solo Lovino per andare a prendere le ordinazioni. Per fortuna che non sono nè coppiette né ragazzoni con gli ormoni a mille, ma semplici gruppi di amici. Se riesce ad evitare battute sulle sopracciglia che si ritrova, Arthur non può davvero lamentarsi.

Tra un cliente ed un altro e momenti di pausa il tempo passa in fretta e quando Arthur riesce finalmente a scambiare più di due parole con Lovino, l'italiano è decisamente brillo.

"Finalmente sei tornato. Sei un bastardo come quell'altro" dice, inciampando nelle parole.

"Non posso solo occuparmi di voi marmocchi del primo anno" risponde Arthur pensando anche ad un altro marmocchio che dovrebbe ignorare come adesso fa con l'insulto e il vaffanculo borbottato da Lovino quando si sente chiamare marmocchio "devo lavorare. E chi sarebbe l'altro bastardo?" continua, riempiendosi un boccale di birra. È tardi e fra non molto potrà anche andarsene quindi non c'è problema se beve anche lui, e poi ha come l'impressione che gli servirà. Bere lo fa pensare di meno, gli fa sentire la testa molto più leggera e queste proprietà gli risultano indispensabili già da subito, dato che non fa altro che chiedersi come mai Lovino è rimasto fino ad ora, pur essendo stato per la maggior parte del tempo da solo.

"Il Bastardo" risponde Lovino come se stia parlando di un qualcosa di ovvio. Ovvio che sia oppure no, Arthur alza un sopracciglio, perplesso. "Lo spagnolo. Quello che va dietro per dietro a mio fratello come un cane da riporto, quello che sorride sempre come uno scemo, quello con il culo sodo"

Arthur ha capito subito dalle prime parole chi è lo spagnolo in questione e si dà al caso che sia nella lunga lista dei suoi nemici; Antonio Carriedo, Mr culo sodo -e qui purtroppo per lui deve dare ragione a Lovino, che nel frattempo è arrossito fino alla punta dei capelli, perché davvero chi lo nega è un cretino- anche se non si ritrova con la seconda descrizione datagli: a quanto lui stesso ha potuto notare, Carriedo ha solo una leggera affezione per l’altro italiano e gli sembra invece cotto di Lovino.

“Però ti ha chiesto di uscire” ribatte perplesso Arthur.

“Come diamine fai a saperlo?”

“Condivido la stanza con la rana, non sapere queste cose è un lusso che non mi posso permettere” sospira, alzando gli occhi al cielo. Francis è anche peggio di una portinaia. Birra, gli serve birra. Ne beve un lungo sorso.

“L’ha chiesto a me perché mio fratello è tutto preso dalla patata macho”

“Non dire cazzate” ribatte Arthur. Distrattamente si accorge che l’alcool sta iniziando a fare il suo effetto. Era ora. “Se ti ha chiesto di uscire, è perché vuole uscire con te. Carriedo è quel tipo di persona. Sei fortunato”

Lovino non sembra crederci. “Fortunato un cavolo”

“Invece sì!” esclama Arthur battendo il pugno sul bancone “Perché lui non ti odia né ti evita e non è un idiota del primo anno senza speranza!” Oh diamine, è ubriaco, non riesce a controllare quello che dice. Oltre alle birre con Lovino quanto diamine ha bevuto stasera? “Stupido Alfred…” borbotta nascondendosi il volto sul bancone. Ottimo lavoro, adesso è di nuovo depresso.

“Un altro giro. Qui ci vuole un altro giro” dice Lovino.

 

Sono entrambi ubriachi fradici quando il locale chiude e sono costretti ad andarsene. Arthur e Lovino si reggono l’uno all’altro lamentandosi rispettivamente di Alfred e Antonio, dei propri fratelli e di altro, aspettando che li vengano a prendere. A questo punto non sanno se hanno chiamato Feliciano o Francis, ma non gliene importa un bel niente.

“Dobbiamo rifarlo” dice Arthur.

“Giusto. Sei un bastardo, ma dobbiamo bere insieme di nuovo” risponde Lovino.

Che succede dopo, nessuno dei due è abbastanza cosciente da ricordarlo.





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