ABITUDINE
Era abituata alle botte, che sempre
arrivavano in quell’orfanotrofio
del cazzo.
Era abituata alla fame, che pativano
tutti perché a nessuno
fregava di loro.
Era abituata alla sete, per lo stesso
motivo di sopra.
Era abituata alla stanchezza,
perché dovevano stare attenti
che nessuno li uccidesse per venderne gli organi.
Era abituata al freddo pungente, che
uccideva molti di loro.
Era abituata al caldo asfissiante,
che uccideva ugualmente
molti di loro.
Era abituata alle prediche dei preti,
che la beccavano a rubare
nelle offerte.
Era abituata a rubare per tenersi in
vita, lei ed Eda, l’unica
che poteva considerare come compagna.
Era abituata all’odio, suo
e degli altri, perché non puoi
conoscere altri sentimenti in quell’ambiente.
Era abituata alla solitudine, dovuta
dal menefreghismo di
coetanei e non.
Era abituata alla vendetta, che
sempre la circondava, anche
se lei non ci aveva mai pensato.
Era abituata alla morte, dei barboni
per strada oltre che
degli altri dell’orfanotrofio.
Era abituata a sparare, anche se non
aveva mai ucciso
nessuno, ma serviva come difesa.
Era abituata a mantenere il suo
orgoglio, sempre, in
qualunque circostanza.
Non era abituata a cedere,
perché andava contro il suo orgoglio.
Non era abituata ad uccidere, non ne
aveva mai avuto
bisogno.
Non era abituata ad avere paura, non
poteva permetterselo.
Non era abituata a desiderare la
morte di qualcuno, nessuno
che le stava talmente tanto sul cazzo.
Non era abituata ad odiare qualcuno,
stesse ragioni di
sopra.
Non era abituata a piangere, non
poteva permetterselo, mai.
Non era abituata a farsi usare come
un oggetto , andava
contro il suo orgoglio.
Non era abituata a sentirsi chiamare
puttana, non si era mai
abbassata a tanto.
Non era abituata ad essere violentata.
Non era abituata ad essere violentata.
Non era abituata ad essere violentata.
Non lo era.
Non lo era .
Non lo era .
Nonloeranonloeranonloeranonloeranonloeranonloera!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Si abituò al tradimento,
di coloro che avevano sempre
vissuto con lei, anche se se lo doveva aspettare.
Si abituò ad essere
accusata ingiustamente di colpe mai
commesse.
Si abituò a pagare, per
qualcosa che non aveva fatto ma che
tutti la credevano colpevole.
Si abituò a provare
terrore, non paura.
Si abituò a provare odio
puro, non semplice rabbia.
Si abituò a desiderare la
morte di qualcuno, violenta,
dolorosa.
Si abituò ad essere usata
come un oggetto, non più come un
essere umano.
Si abituò al suono dei
loro passi, dei poliziotti che in teoria dovrebbero rispettare la legge.
Si abituò al gelo nelle
vene, che arrivava puntualmente con
il suono dei loro passi.
Si abituò ad essere
picchiata con ferocia inaudita, che in
confronto quelle dell’orfanotrofio erano carezze.
Si abituò ad essere
drogata, con qualunque droga purché
restasse zitta e buona, come una bambola.
Si abituò alle risa di
scherno, risa di quegli uomini in
divisa, anzi, sacchi di merda in divisa.
Si abituò al loro respiro
sul suo corpo, quel fetido respiro
che le faceva venire conati di vomito.
Si abituò alle loro mani
sul suo corpo, mani vogliose solo
di sesso con una ragazzina.
Si abituò al loro corpo su
di lei, corpo voglioso di
soddisfare il desiderio di quei morti di figa.
Si abituò al loro cazzo
dentro di lei, che faceva male,
troppo male.
Si abituò
all’idea di non poter fare niente, perché nessuno
poteva salvarla.
Si abituò
all’idea che la sua vita non le apparteneva più,
perché
ormai era nelle loro mani.
Si abituò a piangere, ogni
volta che erano da lei, ogni
volta che erano dentro di lei.
Si abituò ad avere incubi,
ad urlare al suo risveglio
scoprendo che era la realtà.
Si abituò a quella vita di
merda, da puttana costretta, in
mano a pedofili di merda.
Si abituò… si
abituò… si abituò…
Si abituarono alle sue grida, che
pian piano cessarono
insieme alle lacrime.
Si abituarono al suo corpo, che ormai
non gli dava più la
stessa soddisfazione iniziale.
Si abituarono al suo diventare pian
piano come una bambola,
sempre più passiva nei loro confronti.
Si abituarono al suo volto
inespressivo, come quello di una
bambola perfetta e bellissima.
Si abituarono a non farci
più tanto caso, ormai era solo un
vecchio giocattolo.
Si abituarono a lasciare incustoditi
i loro oggetti, come se
fossero a casa loro e non nella sua cella.
Si abituarono a lasciare incustodite
le loro armi, convinti
che lei non avrebbe fatto mai niente.
Si abituarono ad andare da lei
ubriachi, perché tanto cosa
poteva fare una mocciosa senza palle?
Si abituarono ad ascoltare musica
Rock anche nella sua cella,
una musica che la marchiò a fuoco.
Si abituarono a non guardarla nemmeno
più in volto, tanto le
bambole non avevano volto.
Si abituarono talmente tanto da non
vedere il piccolo ghigno
che sempre più si allargava sul suo volto.
Si abituò
all’ovvietà che la sua vita era sua, e di nessun
altro.
Si abituò
all’idea che nessuno l’avrebbe più resa
schiava, non
l’avrebbe più permesso.
Si abituò a pensare come
una fredda assassina, che non
ascoltava le suppliche di nessuno.
Si abituò
all’idea che sarebbe stata libera, libera di fare
la vita che voleva.
Si abituò
all’idea di uccidere, e le piaceva,
la divertiva.
Si abituò
all’idea che sarebbe stata lei a rubare la vita
agli altri, anche se non le avevano fatto niente.
Si abituò ad impugnare
nuovamente una pistola, questa volta
con fermezza, con l’intenzione di uccidere.
Si abituò ai loro occhi
terrorizzati, quando si resero conto
di essere stati drogati e dell’arma nelle mani di lei.
Si abituò al loro sangue
che la macchiavano, che usciva da
tutti i buchi in più che si ritrovarono sul corpo.
Si abituò ad uccidere
ascoltando Rock, lo stesso che ascoltavano
nella sua cella.
Si abituò
all’idea che piangere non era permesso, non più.
Si abituò ad essere
nuovamente libera, ad essere davvero
libera.
Si abituò ad uccidere,
ormai era diventato un lavoro.
Si abituò a Roanapur,
quella città del cazzo piena di
coglioni ma che la faceva sentire bene.
Si abituò ad essere
temuta, tutti la conoscevano ed avevano
paura di lei.
Si abituò ad essere
chiamata Rebecca dai leccaculo, il suo
vero nome che solo Eda conosceva.
Si abituò ad essere
chiamata Two Hands, nome affibbiatole
dato la sua abilità a sparare a due mani.
Si abituò alle sue
Cutlass, le sue amata pistole costruite
apposta per lei.
Si abituò alla vita nella
Lagoon Company, era divertente e
per niente noiosa.
Si abituò ad incontrare
persone folli, dalle cameriere con l’artiglierie
pesante ai gemelli complessati.
Si abituò
all’atteggiamento della Sorellona, al suo essere
una malata della guerra.
Si abituò al suo
abbigliamento, molto ridotto ma che la
faceva stare comoda
Si abituò al tatuaggio sul
suo braccio, che si era fatta non
ricorda quando non ricorda perché.
Si abituò agli incarichi
che gli venivano affidati, uno più
suicida dell’altro.
Si abituò alla Chiesa
della Violenza, dove aveva ritrovato
Eda.
Si abituò alle bevute con
Eda, che puntualmente veniva
cazziata dalla Madre.
Si abituò alle sparatorie
nello Yellow Flag, che spesso
avvenivano a causa sua o in generale della Lagoon.
Si abituò a non pensare
più a quel periodo, periodo di
merda, ricordi del cazzo.
E allora perché non si
abituava a lui, che era molto più
semplice di tutto il resto?
Non si abituava alla sua assenza.
Non si abituava all’idea
che fosse in pericolo, anche se era
ovvio nella Lagoon.
Non si abituava al fatto che si
rilassava solo con lui.
Non si abituava al desiderio di
avvicinarsi sempre più a lui.
Non si abituava al suo sguardo.
al suo
sorriso.
al
suo carattere…
Non si abituava a lui.
Non si abituava all’idea
che finalmente qualcuno le volesse
bene.
Non si abituava che
“Rock” era una persona e non un semplice
genere musicale.
Non si abituava all’idea
che finalmente provasse amore e non
odio o rabbia o indifferenza
per qualcuno.
Non si abituava a provare un
sentimento così femminile.
Però ad una cosa si
era abituata:
a sorridere ogni
volta che Rock la guardava chiamandola semplicemente Revy.
___________
Nota
d'Autrice: boh, è l'unica cosa che riesco a dire. non
dirò mai che non mi piace una storia che pubblico,
perché altrimenti non l'avrei pubblicata. Semplicemente la
trovo strana pure io che l'ho scritta. Credo sia nata per colpa di un
periodo depressivo che sto vivendo, perciò di certo non
potevano nascere storie dai toni leggeri in sto periodo. Comunque,
depressione mia a parte, la storia è ambientata ovviamente
alla fine della serie animata, che però non so a che punto
del manga sia, è ho voluto scrivere proprio di
quell'episodio in cui Revy è stata violentata da ragazzina
perché è ciò che più mi
è rimasto impresso. Questo credo sia accaduto principalmente
perché ho visto un barlume di fragilità in lei, e
pur essendo ovvio perchè tutti gli essere umani sono fragili
è difficile trovare quest'aspetto in lei. In questo modo
è stato dimostrato come anche Revy era "una ragazzina
innocente" che è stata cambiata dalla crudeltà
del mondo, da qualcosa che non poteva fermare. Bon, basta, mi sono
dilungata troppo, ovviamente spero in almeno una recensione per sapere
un parere negativo o positivo che sia, mi basta anche un bella o
brutta, alla prossima
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