fg
Thehehe, salve a tuuuuuuutti!
non ho voglia di cominciare in maniera seria, dunque.. YO
AHAHAHAHAHAHHAHAA, LASCIAMO STARE. :'D
Le quattro canzoni blablabla.. 1, 2, 3, 4.
Bene, non c'ho niente da dire ("Emmenomale").. boh, magari alla fine perché fa più figgy. ADEEIEUEI. <3
2. vongole, gongole, gondole.
Svegliato dalla solita ansia crescente nel petto, aprì gli
occhi. Pigramente li stropicciai. La nottata era stata completamente
insonne. Mi svegliai dopo solo un quarto d'ora di riposo, troppo
agitato e nervoso per chiudere occhio. Inconsciamente, ancora speravo
di svegliarmi, guardare alla mia destra e sentire quel solito calore
familiare ed i borbottii che faceva sempre dormendo per poi scoprire
che era stato tutto un sogno. Anzi, incubo. Avrei voluto alzarmi,
sussurrargli qualcosa all'orecchio e perché no, pur di
cancellare qualsiasi cosa avessi fatto, mi sarei anche preso la solita
cazziata per averlo svegliato. "Mmhh.. nah.. Geeerr.. lasciami
dormir.." sbadiglio, sbadiglio, sbadiglio, parolaccia. Girari lo
sguardo verso sinistra, borbottando come una nonna con la sciatica;
l'orologio a led segnava che erano ancora le 5:31 del mattino e persino
quel poco di luce mi fece strizzare gi occhi. Frank dormiva beato nel
suo letto. Mi dava le spalle, e, in quel momento, invidiai il
finestrino, che se non fosse stato un oggetto inanimato, sarebbe potuto
rimanere a guardarlo tutta la notte. Di solito ero io che, da bravo
maniaco, rimanevo a guardarlo finché non mi addormentavo. Quando
dormiva era uno degli unici momenti in cui non litigavamo: pensavo che
sarebbe stato tutto più facile, stando insieme. In un certo
senso lo era, ma ci accapigliavamo per ogni stronzata, e forse non era
proprio il massimo.. bhè, c'ea un detto che diceva, "l'amore non
è bello se non è litigarello". Intuì che forse
aveva ancora il broncio perché la sera prima lo avevo, per
così dire, "appeso". Ma andiamo, chi avrebbe avuto genio dopo
una telefonata del genere?
Mi feci coraggio a scendere dal
letto. Per poco non mi ribaltai dalla scaletta (più che altro
insieme la scaletta), ma poi finalmente riuscì a raggiungere il
bagno. Mi dimenticai completamente del gradino che c'era all'entrata, e
perché no, inciampai anche a terra, proprio perché mi
mancava solamente un bernoccolo in testa. Arrancai per alzarmi,
aiutandomi con qualsiasi spigolo o mobile trovassi. Porbabilmente
sembravo totalmente rincoglionito, ma era l'effetto della notte
insonne.. speravo. Mi guardai velocemente allo specchio. Avevo pianto
un po' qella sera, e avevo gli occhi leggermente arrossati. A rendere
ancora di più quell'effetto da "sono appena tornato da un rave
di tre giorni", contribuivano anche le occhiaie ed il sonno che mi
marchiava chiaramente il volto. Guardai fuori dal minuscolo
oblò, unico sbocco di aria e luce, e mi resi conto che a
quell'ora per strada c'erano a malapena i piccioni. A nessuno (e dico,
nessuno) sarebbe importato del mio aspetto. Il cielo era di un colore
davvero poco esitvo: un grigio-azzurro macchiato da qualche nuvola ogni
tanto che mi faceva tanto pensare ai tristi inverni. Fortuna che, di
lì a poco, quei colori sarebbero drasticamete cambiati.
Immaginavo facesse anche un po' freddo, di prima mattina. Frugai nel
cesto dei panni lavati e afferrai un paio di jeans (miei o di mio
fratello, non importava) e una felpa di Frank. E no, non importava
molto nemeno del fatto che mi andasse di almeno una taglia più
grande: volevo il suo profumo addosso. Coprì con essa la maglia
nera che non mi toglievo dalla sera prima e completai il perfetto
completo per un provino di "Lost" con delle scarpe da ginnastica. Fra
occhi gonfi, occhiaie e mise da naufrago/barbone, non riuscivo
nemmeno guardarmi. E chi volevo prendere in giro.. anche se
razionalmente sapevo che nessuno mi avrebbe visto, ero un complessato
del cazzo e non potevo negarlo. Cercai di districare parte dei nodi che
avevo fra i capeli scarlatti con le dita, e, passandocele lentamente,
feci un respiro profondo e mi preparai psicologicamente a qualsiasi
fosse stata la notizia di Lindsey.
Chiusi lentamente la porta del
bagno alle mie spalle, e, camminando sulle punte, mi diressi verso la
zona giorno dopo un veloce sguardo per assicurarmi che il nano
addormentato nel bosco stesse ancora dormendo. Cercherò di
sintetizzare lo scenario che mi si presentò davanti senza
perdermi in questo triliardo di cose che avrei da dire:
C'erano Mikey e Ray addormentati a
terra (o svenuti.. ma li avrei sinceramente presi per morti, e non
avessi visto i loro petti fare lentamente su e giù). Il primo,
"vestito" come l'indiano dei Village People (e purtroppo no, non
è sarcasmo) e il secondo con una parrucca afro (più di
quanto non fossero già i suoi capelli) di un anonimo color fuxia
neon. Ovviamente non mi esprimo sullo stato in cui era la stanza,
perché altrimenti potremmo fare Natale.
Se Ray non avrebbe mai cornificato
la moglie, su mio fratello avevo qualche dubbio. Feci un respiro
profondo pensando a cosa sarebbe diventata la loro già
moralmente discutibile serata se ci fossimo stati anche noi e poi
scossi il capo, lascindo stare la mia ossessione per il non far rumore,
che tanto sembravano addormentati con dei sedativi per cavalli.
Uscì dal bus chiudendo a chiave la porta con la mia copia del
mazzo, consapevole che la vera impresa sarebbe iniziata lì:
trovare la maledetta piazza di cui mi aveva parlato Lynz ieri.
A quell'ora per strada c'erano solo
dei gondolieri. In pratica erano dei poveretti costretti ad indossare
maglie a righe ed uno stupido foulard nei periodi in cui ci sono
turisti e accompagnarli per i canali di Venezia su delle.. vongole?
gongole? gondole, credo. Poco motivato a nuotare di prima mattina e
anche abbastanza sicuro che non fosse troppo legale, chiesi ad uno di
loro di portarmi al luogo x. Dopo vari tentativi di farmi capire in
altre lingue, nella mia, in quella che (penso) fosse la sua, un piccolo
ritorno all'età della pietra attraverso gesti così
elementari che li avrebbe capiti anche un feto e altri tenativi che non
voglio nemmeno citare, sembrò di aver capito.
Mi fece salire a bordo e mi portò proprio lì, a Piazza San Marco.
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Misi tutta la concentrazione
possibile nello scendere dalla.. umh, gondola. Non volevo sembrare un
totale deficiente e inciampare, siccome sapevo che mi stava già
guardando. Feci finta di non vederla subito, ma ahimè, è
difficile far finta di non trovare qualcuno in una piazza completamente
vuota. Lindsey se ne stava lì, impassibile. Seduta al tavolino
di un bar che, per qualche arcano motivo, era aperto già a
quell'ora. Due tazzine di caffè, una accanto a lei, mezza vuota,
e l'altra ancora piena, dal lato della sedia dove mi sarei dovuto
"accomodare" io. Era chinata su un'agendina, segnando chissà
cosa. I capelli di un nervo corvino quasi le coprivano il pallido
volto, data la posa in cui si trovava. Indossava degli occhiali da sole
anche se di sole non ce n'era, e quando alzò di scatto il volto,
li tolse lentamente, facendomi un sorriso che era più sull'acido
che sul "ciao". Le feci un cenno con la mano e accellerai il passo, che
tanto un giorno o l'altro, anche camminando alla velocità di una
lumaca col tumore, ci sarei pur arrivato.
Spostai la sedia, ben attento a non
fare quell'odioso rumore di metallo che struscia. Mi sedetti sulla
gelida plastica intrecciata, resa ancora più freddo dal fatto
che probabilmente, quella notte aveva piovuto. Dopo dieci minuti di
silenzio, capì che forse si aspettava che fossi io ad esordire,
perciò..
-Umh.. buongiorno.- Borbottai appena. Forse "ciao" era troppo amichevole, no?
-Buongiorno.- Fu glaciale. Mi fulminò letteralmente anche solo con un saluto.
-Bhè.. sono qui.- Mi strinsi
nelle spalle, notando solo in quel momento l'abbigliamento poco da lei;
indossava un impermeabile beige, ben stretto in vita con un cordino.
Probabilmente sotto aveva un pullover nero, proprio come gli
strettissimi pantaloni che indossava insieme ad un paio di stivali di
cuoio. Dio. Sembrava.. cresciuta.
-Accomodati, tanto ne avremo per un
po'.- Indicò con un cenno del capo la tazzina. Mi sentivo
piuttosto ridicolo a bere qualcosa offerto da una donna che per giunta
era la mia ex-moglie, ma infondo nessuno gliel'aveva chiesto,
perciò.. esitai un po', ma poi feci un breve sorso. Ripose in
una borsa la stessa agenda di prima e appoggiò la testa fra le
mani. Decisi di incitarla a sbrigarsi piuttosto che continuare il gioco
del silenzio, così espressi tutta l'ansia che provavo.
-Così mi uccidi, ti prego.
Dimmi.- Tutto d'un fiato e senza risentimenti. O almeno, senza
risentimenti nel dirlo.. forse dopo aver ascoltato la notizia, me ne
sarei pentito.
-Okay Gerard, se ci tieni
così tanto..- Fece un respiro profondo, probabilmente non troppo
contenta di quello che avrebbe seguito quella frase. -Sono incinta.-
In un primo momento non collegai
come il suo essere incinta potesse avere qualcosa a che fare con me.
Stavo quasi per obbiettare, quando, finalmente, ci arrivai. Tutto
ciò che riuscì a fare fu rimanere lì con gli occhi
sgranati e tanta, tanta, troppa voglia di urlare.
-Lindsey..c-c-come?- Aggrottai le
sopracciglia, lasciando che il mio sguardo si perdesse a terra, ancora
un po' troppo scosso per mettere insieme i pezzi. Fece una risatina
acida, come se un suo forte presentimento fosse appena stato confermato.
-Davvero non te lo ricordi?- Mi
guardò disgustata, scuotendo il capo. -Tre mesi fa. Era la festa
di Jimmy ed eravamo ubriachi fradici. Ovviamente una cosa tira l'altra
e..- La interruppi in tempo con un gesto delle mani. Non volevo nemmeno
immaginare. Da un lato diventare padre mi sarebbe piaciuto, ma
dall'altro.. no. Non per come era la mia vita adesso. Non con chi
l'avrei voluta passare (anche perché sarebbe stato piuttosto
impossibile). Non in quel momento.
-Ti manderò tutto quello di
cui avrai bisogno. Lo vorrei incontrare, ma, ecco.. non vorrei che
sapesse che suo padre sono io. Ed io, Lindsey..- Feci una breve pausa.
-Non voglio passare il resto della mia vita con te.- Arricciai le
labbra, abbassando nuovamente il capo dopo quello sprazzo improvviso di
coraggio. Avevo anche solo paura di vedere la sua espressione in quel
momento, ma doveva essere piuttosto contrariata.
-Ah, ah, ah.- Risata sarcastica. -E
magari lo chiamiamo Frank, maschio o femmina che sia.- Aveva la bocca
appena aperta, come faceva di solito quando voleva mantenere un tono
sarcastico.
-Ti prego.. non voglio che.. che lo
sappia.- Sospirai, tirando su col naso nel tentativo di non fare una
sceneggiata da ragazzina.
-Sai, a volte sei simpatico..
perché io spero veramente che tu scherzi!- Il suo tono si
alzò sempre più, sempre più, sempre più.
Improvvisamente si mise in piedi, slegando il cordino del trench.
Scoprì appena un piccolo bozzolo nero, e sinceramente, ancora
non riuscivo a pensare che.. che lì dentro ci fosse qualcosa di
mio. Mio figlio, mia figlia: maschio o femmina, mi sentivo già
in colpa per la vita poco facile che gli si prospettava. E mi sentivo
già in colpa perché sapevo che non sarei stato un buon
padre. -Lo vedi questo?!- Si trattenne dall'urlare,ma questo la
portò a fare qualcosa simile al ringhiare, indicando con un dito
la sua pancia. -E' tuo figlio!- Cercò di renderlo ancora
più ovvio, schematizzando la situazione come se non ci fossi
ancora arrivato. Si allacciò di nuovo il giaccone, tornando a
sedersi con un'espressione avvilita in volto. Chiuse gli occhi,
poggiando i gomiti sulle gambe e la testa fra le mani. Si lasciò
sfuggire un sospiro.
-Hai una settimana per dirlo al tuo
fidanzatino.- Cercò di mantenersi sempre acida e distaccata. -E
se dovessi scoprire che non lo è ancora venuto a sapere..- Prese
il suo cellulare che fino a quel momento era rimasto incustodito sul
tavolino. Velocemente compose un numero, e già il suono dei
tasti era troppo familiare. Mi mostrò il numero di Frank, bello
che composto sullo schermo. -Bhè, lo verrà a sapere da
me. E considera che sono già buona, perché così
potrai raccontargli la tua versione dei fatti, che di certo sarà
ben più censurata della mia.-
In quel momento mi sentì uno
schifo in tutto. Mi sentì uno schifo come padre, come ex-marito,
come fidanzato, come persona. Possibile che non ci fosse un solo
impegno che sapessi mantenere? un solo legame che sapessi preservare?
possibile che non ci fosse niente che mi riuscisse bene?
Annuì senza obbiettare
troppo, che tanto aveva ragione. Continuavo a non ricordare
praticamente niente di quella maledetta festa, ma come aveva detto
lei.. "eravamo ubriachi fradici".
-Bene. E detto questo, me ne vado.-
Raccattò le sue cose, gettandole nell'enorme borsa e alzandosi
di scatto. La vidi lentamnete allontanarsi senza nemmeno salutare, e
forse non aveva tutti i torti.
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Rimasi un po' al bar ad elaborare
la situazione, ma poi, quando la piazza cominciò a riempirsi, mi
avviai di nuovo verso il canale. Mi accorsi solo in quel momento di
quanto fosse un bel posto. I palazzi erano così imponenti che
sembrava fossero lì da secoli, e probabilmente, lo erano.
Chissà quante storie, quante vite a me ignote hanno conosciuto
questi edifici. Forse la mia non è altro che un granello di
sabbia in confronto a tutte quelle che, in anni e anni, si sono
susseguite. Chissà quante coppie, quanti amori, quanti litigi,
quanto di tutto si ammassa fra questi ciottoli di pietra. Chissà
da quanto l'acqua scorre in questi canali, chissà da quanto li
si naviga. E a dirla tutta, l'Italia è l'Italia. Non tiene il
confronto con quasi nessuno dei paesi che, in una vita a girare il
mondo, ho visto. E finché eravamo lì, volevo godermi
serenamente l'ultimo periodo con lui.
Entrai nell'autobus con un
sorrisone. Finto, sì, ma sono un bravo attore. I ragazzi si
erano appena svegliati ed erano reduci da una sbornia che, come si
preannunciava quella mattina, era colossale. Se ne stavano ancora stesi
a terra, stropicciandosi gli occhi fra un "mh" e un "vaffanculo".
Provai ad aprire le finestre, ma in quel momento erano come vampiri.
-Ciao ragazzi.- Dissi
frettolosamente, avviandomi verso le cuccette. -A dopo ragazzi.-
Continuai con altrettanta velocità quando mi trovai dinanzi al
suo letto, dove, ancora dormiva. Cercai di scacciare tutti i pensieri
che mi attanagliavano la testa e salì la scaletta.
Se ne stava con la testa affondata
nel cuscino, a pancia in giù. Mi stesi letteralmente su di lui,
così cominciai a solleticargli i fianchi. Dopo qualche grugnito
dovuto al brusco risveglio, cominciò a ridacchiare.
-T..t..ti prego!- Si affannò
fra una risata e l'altra, girandosi di scatto. Gli sorrisi e lo lasciai
stare, stendendomi accanto a lui in un angolino di spazio. Riprese
lentamente fiato e dopo un po' fu il primo a parlare.
-Che ci facevi già sveglio?
sono le otto del mattino.- Sbadigliò, sedendosi con la schiena
poggiata contro il finestrino. Cercai di elaborare velocemente una
scusa credibile senza andare nel panico, probabilmente riuscendoci ben
poco.
-Volevo andare a correre.. ma poi
sono rimasto a guardare il paesaggio.- Mi strinsi nelle spalle,
osservando Frank che scuoteva il capo sorridendo. Si stropicciò
un po' gli occhi, fece un respiro profondo e poi tornò a
guardarmi.
-Non hai bisogno di andare a
correre, non sei grasso.- Mi diede un colpetto sulla pancia e quasi
sobbalzai. -E hai la mia felpa..- Sorrise.. di nuovo. Mi strinse
fortissimo a sé, e in quel momento, avrei solo voluto piangere.
Probabilmente se ne accorse; c'è una specie di collegamento fra
di noi. Stupido a dirsi, manco fossimo gemelli.. eppure..
-Che hai?- Interruppe l'abbraccio
per prendermi la mano. Continuò a fissarmi, e credetemi, quando
incrociai i suoi occhi, mi sentì di svenire. Gli avrei voluto
dire tutto, ma non ero pronto. E niente, continuai a tratteneremi.
-Niente..- Tirai su con il naso.
-Dormiamo? ho sonno.- Gli feci il cosìddetto gesto dei pollici,
come ad indicargli che stavo bene anche quando era chiaramente visibile
che non era così. Mi tolsi i pantaloni, gettandoli direttamente
sul mio letto insieme alla felpa. Mi stesi e mi accoccolai fra i
cuscini, sotto gli occhi confusi di Frank.
-Oookey..- Sussurrò,
stendendosi accanto a me. Lo abbracciai, perché quella
sensazione mi era mancata troppo, la sera prima. E sì, avrei
voluto essere inghiottito dalle coperte e scomparire.
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Okay.
Allora. Cominciamo col dire che 'sto "Jimmy", per chi non lo sapesse,
è il cantante dei dei Mindless Self Indulgence, essì, ho
messo proprio lui per rimanere in tema, che una festa di un tizio a
caso non sarebbe stato credibile, mlmlm.
Poi. La scena di Piazza San Marco..
io boh. L'ho pensata proprio mentre ero seduta in QUEL bar, in QUELLA
piazza, in QUELLA città. Ci tengo mucho, specialmente
perché non doveva essere parte di questa storia, ma alla fine,
è andata così.. :')
Boh, al prossimo capitolo!
Baci, xMN.
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