Amortentia:
profumo di neve, di libri e...
II.
Pansy
era quel genere di ragazza che non si fa problemi
a
dire le cose come stanno: era schietta, sincera a tal punto
da
dimostrarsi quasi crudele con le sue constatazioni.
Non
mi piaceva essere l'oggetto di tali constatazioni.
–
Pansy
dice che ti sei innamorato.
Nel
silenzio sonnacchioso del nostro dormitorio, il sussurro di Theodore
risuonò chiaro e forte come un grido. Non mi ero accorto di
non
essere l'unico ancora sveglio, troppo perso nei miei pensieri e nella
tormentata ricerca di risposte che non riuscivo a trovare, quindi
sobbalzai tra le lenzuola color verde smeraldo quando la voce del
ragazzo mi arrivò alle orecchie.
Sospirai
appena, chiedendomi perché fosse capitato proprio a me di
finire nel
mirino di Pansy.
–
A
quanto pare ne è convinta, – bofonchiai in
risposta. Lo sentii
aprire le tende del suo letto ed accendere alcune delle candele che
galleggiavano a mezz'aria; lo imitai, ringraziando intimamente
Merlino di poter trascorrere con la compagnia del mio migliore amico
quella che sarebbe sicuramente stata una, l'ennesima, notte insonne.
–
Non
lo sei? – mi chiese, incrociando il mio sguardo appena
illuminato
dal tenue bagliore delle candele appena accese. Mi sembrò di
leggere
tristezza sul suo volto pallido, prima che un'ormai familiare
sensazione di leggero stordimento mi costringesse a sfuggire ai suoi
occhi.
Theodore
era un bel ragazzo, lo sapevo. Possedeva quel tipo di bellezza che
è
il perfetto connubio tra pelle chiara, occhi azzurri e capelli del
colore delle piume di corvo, tra quella sua perenne ed inconsapevole
aria pensierosa e un poco malinconica e la scintilla di genuina
curiosità verso il mondo che brillava sempre nelle sue iridi
celesti.
Continuavo
a chiedermi perché fosse stato proprio il suo volto ad
entrare nei
miei pensieri quel pomeriggio, quando Pansy aveva insistito con la
sua teoria sull'innamoramento, ma più ci riflettevo e
più la
risposta diventava talmente chiara da farmi paura e costringermi a
scacciarla.
–
Le
ho detto di mandarmi un gufo quando scoprirà il nome della
ragazza
mi ha rubato il cuore, – ribattei con leggerezza, piegando le
labbra in un sorrisetto ironico; con la coda dell'occhio lo vidi
chinare il capo tirando le labbra in una smorfia, e mi chiesi
perché
continuassi a percepire quella strana tristezza.
–
Ragazza,
ovvio, – sussurrò con un'amarezza che mai, prima
di allora, avrei
potuto associare a lui.
Mi
si strinse lo stomaco, mi pentii delle mie parole e cominciai a
cercare con una furia quasi disperata qualcosa da ribattere, la
sensazione di incompiutezza di quel pomeriggio che tornava lenta ma
prepotente a farsi strada in me.
–
Be',
Draco, buon per te, – disse Theodore, prima che riuscissi a
trovare
le parole da dire, tornando a sdraiarsi e voltandomi le spalle. Per
chiudere le tende smeraldine del suo baldacchino, mormorò un
incantesimo sfiorando la bacchetta che, lo sapevo, teneva sempre
sotto il cuscino. – Buonanotte.
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