I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Manabu Kaminaga e Suzuka Oda.
«Yakumo-kun!»
Chiamò Haruka infastidita dal fatto che lui non stesse
minimante cercando di andare al suo passo, dopo esser uscito
dall’ufficio di Gotou-san senza darle il tempo di salutare i
due poliziotti.
«Ehi! Aspettami!» protestò.
Proprio non accennava a rallentare e lei non aveva certo intenzione di
corrergli dietro solo per dargliela vinta. D’altronde, era
stata lei ad invitarlo a prendere qualcosa alla caffetteria
lì vicino prima di tornare a casa.
«Okay!» sbottò.
Testone!
Si arrese, sorridendo. Magari avesse avuto il potere di farsi obbedire
da lui…
Aumentò il passo e riuscì finalmente a
raggiungerlo. Lo afferrò dalla camicia, sul braccio, per non
essere più lasciata indietro.
«Potresti anche ringraziarmi, sai?»
attaccò. «”Grazie, Haruka. La tua
gentilezza mi tocca il cuore!”»
Haruka vide gli angoli delle labbra di lui alzarsi in un sorrisetto.
«Visto che offro io, non mi merito neanche un
“grazie”?» continuò
imperterrita, contenta del fatto che era lei –
lei
– il motivo di quello.
Raramente lui l’assecondava o esprimeva apertamente
ciò che sentiva; perciò, ogni volta, doveva tirarglielo a
forza.
Yakumo la fissò con la coda dell’occhio per un
momento, poi distolse lo sguardo puntandolo nuovamente innanzi.
«Grazie.»
Haruka s’illuminò in un sorriso: «E non
ti sembra di aver dimenticato qualcosa?»
«No.»
«Uffa! Quando ti deciderai a chiamarmi per nome?»
sbuffò, imbronciandosi. «Ha-ru-ka.»
sillabò in modo chiaro. «Non è
difficile.»
«Conosco il tuo nome.» si limitò a
ribattere lui.
«Be’, non ne sarei così sicura; visto
che tu ti limiti a chiamarmi: “lei”,
“quella”, “idiota” o, quando
sei in vena di darmi un’identità più
precisa, “porta guai”.»
Haruka si strinse nelle spalle. In fondo era riuscita già a
tirargli fuori un “grazie” e lui non
l’aveva allontanata, limitandosi a lasciare che la sua mano
stringesse il cotone della camicia senza fare commenti o accennare a
bruschi strattoni per liberarsi.
Era un bel passo avanti.
Sorrise.
«Vedrò di accontentarmi.»
scrollò le spalle.
Era sicura che prima o poi sarebbe successo. Quel giorno sarebbe
arrivato.
Aspetterò.
Note – per chi vuole leggere gli sproloqui di una
poveretta
che si diverte a scribacchiare:
Un saluto a tutti!!
Grazie per aver letto questa cosuccia :)
Ho notato che non c’è nessuna storia su questa
serie di romanzi/manga/anime… Io purtroppo non ho resistito
alla tentazione di scrivere dopo aver scoperto Yakumo *-*
Questa flash di 326 parole si colloca prima o durante il terzo caso
della seconda versione manga “Shinrei Tantei
Yakumo”, all’incirca dopo il quattordicesimo
capitolo (ma si può leggere anche senza aver letto tutti questi capitoli o visto solo l'anime, tanto non c'è nessun riferimento alla trama). Il manga è tutt’ora in corso in patria,
perciò non posso sapere come si evolverà il
rapporto dei due protagonisti, posso solo immaginare.
E così… eccomi qui a cogliere un momento
tranquillo e quotidiano dei due. Ho solo pensato che prima o poi Haruka
avrebbe dovuto accorgersi del fatto che lui non la chiami mai per nome
né per cognome (oppure se n’è accorta,
ma gli autori del manga non ce l’hanno fatto ancora capire),
e che gliel’avrebbe detto, perché lei è
spontanea, sincera e impicciona (soprattutto xD).
Questo fatto penso sia importante per Yakumo, perché lui non
vuole legarsi alle persone e chiamarla “Haruka” o
anche “Ozawa-san” sarebbe stato come darle una
certa importanza. Cioè, le ha già concesso di
chiamarlo “Yakumo-kun” e non
“Saito-san”, perciò non poteva diminuire
ancora le distanze; anche se a mano a mano che la storia procede,
queste distanze si assottigliano di più, ovviamente. Ma
così facendo, Yakumo mantiene come una barriera, un muro,
anche se si vede che tiene a lei e agli altri.
Comunque sia, è questo che ho notato in 19 capitoli di manga
che ho letto in inglese e 13 episodi di anime…
Spero di non essere andata OOC con i personaggi…
E dopo questo sproloquio (che è quanto la
flash ma spero non ve ne siate accorti xD): A voi l’ardua
sentenza! ;)
Calime