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La vita è il circo dei sogni
La vita è come una partita a scacchi in cui
dominano il bianco e il nero.
E’ una strada in salita, ripida e contorta.
L’uomo è come una marionetta, intrappolato nella rete dei suoi stessi desideri e
delle sue stesse paure. Ci pone delle scelte e spesso ci si trova davanti ad un
bivio, in cui si deve scegliere tra ombre e luce, perché entrambe fanno parte
del nostro essere. Siamo noi a decidere quale delle due far prevalere.
La vita può essere paragonata ad un circo. Il
circo dei nostri sogni, perché l’uomo o combatte contro il tempo e contro sé
stesso per rendere concreti i suoi desideri o semplicemente scappa,
nascondendosi nella finzione; una maschera d’ipocrisia che nasce dalle nostre
più profonde paure. La vita è come il circo e se non si ha un equilibrio, cadere
nel baratro è davvero facile.
Prospero
continuava a camminare per la stanza, sommerso dai pensieri.
Si fermò
davanti alla finestra che mostrava il paesaggio notturno al di fuori del suo
ufficio. Neve candida e bianca cadeva al suolo, lentamente, come una pioggia di
coriandoli pronta a riportarlo con la mente al passato. Un passato che con tutto
sé stesso aveva cercato di dimenticare. Il suo sguardo perso nel vuoto,
contemplava silenziosamente quel paesaggio divino; fiocchi di neve bianca in
contrasto con il nero della notte. Per tanto, troppo tempo, aveva cercato di
dimenticare quell’amore malato, così doloroso, che lo aveva lacerato nel
profondo. Quell’amore a senso unico, che solo lui aveva realmente provato,
perché la donna che tanto aveva amato in realtà lo aveva solo usato. Era andata
via, lo aveva abbandonato. Era stato così cieco. A lungo aveva evitato questa
realtà, fingendo che nulla fosse accaduto, perché lui era il mago della
finzione. Era il suo mestiere. Fingere e portare una maschera di felicità
dinanzi agli spettatori, gli era sembrato facile, naturale, quasi veritiero.
Abituarsi alla finzione è facile, ma soprattutto pericoloso. La finzione è una
rischiosa abitudine. Lui era il mago dell’illusionismo, era l’illusionista di sé
stesso. Un amaro sorriso gli comparve sulle labbra. I suoi pensieri furono
interrotti dai piccoli tonfi che le scarpette della bambina provocavano sulla
facciata laterale della scrivania per il dondolare delle sue gambe a mezz’aria.
Quasi si era dimenticato della presenza della piccola nella stanza. La bambina
che aveva portato con sé quella lettera che ora giaceva sulla scrivania, sua
figlia. Si, Celia era sua figlia, frutto del suo amore per quella donna che
nella lettera minacciava il suicidio. Prospero si sentiva morire, provava un
forte dolore all’altezza del cuore. Quella donna lo aveva illuso, abbandonato e
non gli aveva mai nemmeno fatto vedere sua figlia. Provava rancore, rabbia,
disgusto, paura, così tanti sentimenti contrastanti che lui stesso stentava a
riconoscere.
«
Maledizione! » Un forte tonfo sulla scrivania lasciato dai suoi pugni. Prospero
non era riuscito a contenere la rabbia, il capo chino sulla scrivania e le mani
strette a pugno su di essa. Dopo un attimo di smarrimento, sollevò il capo per
guardare la bambina, preoccupato probabilmente di averla impaurita con quel suo
gesto istintivo. Per la prima volta, Prospero guardò davvero attentamente quella
piccola figura, che a sua volta lo osservava scrupolosamente. Gli ricordava
tanto sua madre, la pelle chiara, diafana come quella di una bambola di
porcellana, leggermente colorita sulle gote.
I
capelli le ricadevano sul viso in morbidi ricci ribelli, ma gli occhi, lucidi e
verdi erano lo specchio dei suoi. Sembravano impauriti, pronti ad esplodere in
un mare di lacrime. Celia velocemente cercò di scendere da quella sedia troppo
grande per lei, voleva uscire da quella stanza e andare a nascondersi chissà
dove.
Era
impaurita, spaesata, ancora non riusciva a capire perché fosse stata separata da
sua madre. L’unica certezza che aveva, era che quell’uomo che aveva dinanzi,
fosse suo padre o almeno così le avevano detto. Non fece in tempo a scendere
dalla sedia, che prontamente le grandi mani di Prospero, coperte da bianchi
guanti, la bloccarono tenendole il viso. Gli occhi di Prospero erano fissi in
quelli della piccola.
« Scusa, non
volevo spaventarti! » Prospero era sicuro di aver spaventato la bambina con quel
suo gesto. Non era sua intenzione intimorirla e farla scappare, era solo
arrabbiato, con il mondo, con sé stesso. Celia annuì leggermente e le mani di
Prospero si staccarono lentamente dal viso della bambina. Notò subito sul suo
volto dei piccoli segni rossi che i guanti gli avevano provocato. Il mago
continuava a guardarla e quei segni rossi sul viso, erano un segno tangibile del
contatto che per la prima volta aveva avuto con sua figlia. Quei segni rossi,
erano stati provocati dalla sua stretta, dalla paura che la piccola potesse
scappare e andare via da lui ancora una volta. Sarebbe stato solo, ancora.
Avrebbe perso oltre alla donna che aveva amato, anche l’ultima parte che gliela
ricordava, che ricordava lui, il suo amore. Tante volte nei lunghi anni,
Prospero aveva desiderato che la sua magia, quella capace di strappare un
sorriso a tanta gente, fosse vera, reale. Avrebbe tanto voluto poter cambiare lo
scorrere del tempo, gli eventi, ma se ciò fosse stato possibile, ora non avrebbe
davanti quella piccola creatura, la sua bambina. Una bambina di cui sapeva solo
l’esistenza, ma che non aveva mai potuto incontrare, amare, come solo un padre
poteva fare.
Ora ne
aveva la possibilità, Celia era tutto ciò che di più caro gli era rimasto, così
come lui per lei. Con occhi lucidi, sfilò dalle mani i guanti, sotto lo sguardo
attento della bambina e dopo essersene sbarazzato, lentamente riavvicinò le sue
mani sul viso della piccola, accarezzandone la pelle con i polpastrelli.
Avvicinò il
suo viso e chiudendo gli occhi baciò la fronte della piccola, la sua piccina.
« Papà » Celia
si aggrappò con tutte le sue forze ai gomiti del padre, stringendo tra i pugni
la sua camicia, come se avesse paura di essere abbandonata, di poter perdere
anche lui. La piccola contenta del gesto d'affetto dimostratogli dal padre, si
sentì finalmente amata, accettata e protetta. Mai una semplice parola era
riuscita a scaldare in quel modo il cuore di Prospero. Per la prima volta aveva
sentito quella parola pronunciata dalla bocca della sua bambina. L'abbracciò di
slancio, stringendola a sé, finalmente aveva ritrovato sua figlia e mai e poi
mai l’avrebbe lasciata sola. Finalmente aveva qualcuno da amare e proteggere con
tutto sé stesso.
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