Di piedi scalzi e poltrone consumate

di remvsg
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coppia 1




Poteva piangere, ma non lo fece.
Poteva fare molte cose e aveva il diritto per tutte. Ma non ci riusciva.
Non riusciva a fare niente. Giusto respirare, era un medico e sapeva a cosa andava in contro altrimenti. No, l'avrebbe saputo anche senza la laurea in medicina.

I piedi nudi per capire che ancora la terra esiste, che non sta sognando, e ha bisogno di sentirla sotto di lui. Perché aveva paura, paura davvero. Di impazzire. Di mettere Sherlock sopra ogni cosa, e che quindi senza di lui niente aveva più ragione. Oppure di dimenticare, di credere anche lui alla favola.

E poi c'era quella sedia vuota. Grande, immensa. Infinita. Pesante, davanti a lui. C'era ancora il segno della sua presenza, quelle leggere infossature sui braccioli dove piegava i gomiti, mani congiunte sotto il mento e meditava. E poi lo guardava, come se fosse uno stupido, un ignorante senza speranza. Forse aveva ragione.



                                                                                                           


Non sapeva cosa fare.
Non c'era niente da fare, in effetti.
Avrebbe potuto dire al mondo che era tornato, in effetti. E magari chiamare Lestrade, porre fine alla sua vita da mediocre ispettore e fargli prendere un attacco di cuore. Salve ispettore, sì, sono io, non sono morto, mai stato. Ha un bel caso per me?
Noioso.

Aveva ordinato a Mycroft che avrebbe voluto trovare tutto esattamente come aveva lasciato.
Incompetente.
C'erano i suoi strumenti, sì. Il guardaroba e il violino.
Ma non c'era niente di cui avesse voglia in quel momento. E se ne stava lì. Su quella poltrona di pelle che ancora lo ospitava comodamente, a fissare l'assenza fisica che quella rossa, davanti a suscitava.
Aveva voglia di lanciare via il cuscino con la bandiera inglese che in quel momento occupava tutta la seduta. Era il posto di John, per Dio, e lui dove stava!?
Si sentiva uno stupido, e desiderava la presenza di quell'unica persona che glielo aveva detto chiaro e tondo. Forse aveva ragione.



                                                                                                                                             

Ave gloria gente.
Ringrazio amabilmente Renato Zero e la sua leggendaria Forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti (de I migliori anni della nostra vita) che ogni volta mi ispira tanta roba e tanto angst, e le donne squinquernate del convento che hano retto i miei deliri per scrivere in tempo e poi manco ci sono riuscita.
Tanto amore allo Sherlock Fest, alle admin e a twitter con cui ho chiesto la proroga.

REMMA
(in onore della Nari)




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