CAPITOLO
8
Per
un po’ nessuno dei due riuscì ad assopirsi.
Nonostante le braccia di Sully la
stringessero più forte di quanto June ricordasse in un uomo,
la pelle ruvida e
calda di lui scottava ancora a contatto con il suo corpo impedendole di
chiudere gli occhi.
Lo
guardò solamente occupare quella metà del letto
che credeva potesse rimanere
vuota per sempre, freddo specchio della propria anima e, quando un
sorriso si
affacciò nei suoi occhi, Victor colse ancora una volta
l’occasione per
accostare le labbra alle sue. Sembrava perfettamente a suo agio, lui,
con quel
sorriso prepotentemente stampato sulla bocca piacevole e sottile, e la
ragazza
sperò ardentemente che non si accorgesse della propria
emozione. Una felicità
che quasi non riuscì a trattenere, nel momento in cui,
istintivamente,
ripresero ad accarezzarsi.
Continuarono
ad amarsi per ore, perché Sully non sembrava mai stanco,
quasi non volesse più
abbandonare quell’adorabile ghigno di soddisfazione che Estel
notava allargarsi
sul suo viso ad ogni pausa.
Era
quasi l’alba quando la ragazza, ancora rannicchiata contro il
petto di lui,
sentì il sonno prendere il sopravvento e Sullivan la
lasciò chiudere gli occhi
d’oro, stringendola gentilmente.
Fu
l’uomo a svegliarla qualche ora più tardi,
chiamando sottovoce il suo nome con
una tenerezza che la ferì nel profondo, ricordandole
inevitabilmente quella
vita lontana e confusa, quasi fosse stata vissuta da qualcun altro.
Si
lasciò andare al calore del corpo di lui che la stringeva
ancora dolcemente,
ispirando l’odore di colonia e sigaro di cui la sua pelle era
impregnata,
ascoltando quella risata bassa e roca che l’aveva sempre
affascinata. Rimasero
stretti a lungo, parlando a malapena, senza riuscire a smettere di
sorridere e
solo quando Estel si offrì di preparargli la colazione Sully
sembrò in difficoltà.
-
Piccola, sono stato io a farti perdere il lavoro … e vuoi
offrirmi la
colazione? – si schermì con un ghigno, mentre la
ragazza si sistemava seduta
sul letto.
-
Ho
un piano anche per quello. – sospirò June
raccogliendo distrattamente i capelli
ramati sulla spalla, lasciandosi sfuggire un sorriso
all’espressione stupita di
lui.
-
Avrei dovuto immaginarlo. – gracchiò Victor in
risposta infilando i boxer, ai
piedi del letto fino a qualche momento prima. Estel lo
osservò attentamente
rivestirsi, incapace invece di alzarsi a sua volta, confusa
dall’amore che
sentiva dominare i propri pensieri.
Infondo
non sapeva quasi nulla di lui, eppure aveva affidato nelle sue mani
qualcosa di
cui solo Zell era stato in possesso, qualcosa per cui un solo uomo
aveva
lottato. Cosa ne sarebbe stato di quei sentimenti se Sully fosse
partito?
Si
sentì improvvisamente sciocca, guardandolo infilare la
canottiera bianca a
coprire il corpo solido e piazzato … di certo non poteva
essere stata la prima
e dubitava sarebbe stata l’unica. Allora perché
non poteva nascondere quel
sincero sorriso incontrando gli occhi limpidi e azzurri?
Perché di nuovo si
accostava a lui, lasciandosi cingere i fianchi, permettendogli di
sfiorare la
sua pelle con le labbra morbide e sottili?
June,
nonostante il pungente orgoglio la mettesse in guardia, sapeva di aver
perso
quella battaglia contro il proprio cuore, sapeva che ormai non poteva
porre
rimedio a ciò che sentiva, si era innamorata di lui.
La
ragazzina aveva davvero un piano, e glielo dimostrò
già dal giorno seguente
quando, con uno speranzoso sorriso, gli comunicò che da
quello stesso
pomeriggio avrebbe lavorato per il fioraio del quartiere.
Il
lavoro procedeva a rilento per Sully ed era felice di potersi concedere
una
pausa, di quando in quando, per fumare un sigaro osservando la ragazza
dietro
la mezza serranda del negozio. Si divertiva a flirtare con lei
affacciandosi al
bancone, fingendo sfacciatamente di essere un cliente.
Era
talmente piacevole vederla arrossire quando passava a prenderla alla
fine della
giornata, che quasi pensò che quella vita potesse durare per
sempre. Che, se
glielo avesse chiesto, Estel sarebbe diventata l’unica.
Nonostante
la sua naturale avversione per le storie a lungo termine, Victor
riusciva ad
intravedere nello sguardo sincero di lei qualcosa di cui, stranamente,
ogni
donna con cui aveva condiviso più di una notte
d’amore peccava terribilmente.
Se
non fosse stato sicuro che il suo “lavoro” avrebbe
presto o tardi rovinato
tutto, di certo non avrebbe esitato un istante a parlarle dei propri
sentimenti, di quanto fossero belli e profondi.
Eppure,
anche quando le teneva la mano, la stringeva con più
dolcezza di quanto
pensasse di essere capace, non riusciva ad essere sincero con lei.
Puntualmente
gli mancava il cuore di raccontarle che razza di mascalzone avesse
accanto, che
cosa aveva fatto per denaro e che costa stava facendo
tutt’ora dietro compenso.
Standole
così vicino, come mai era stato con nessun altra donna,
Sully sperò con tutto
se stesso che nulla l’avrebbe mai costretto a ferirla, a
mostrare quella parte
di sé di cui andava meno orgoglioso. Purtroppo Victor era
anche un uomo
intelligente e, nel profondo, sapeva che non avrebbe potuto ingannarla
per
sempre, che, prima o poi, ciò che faceva della propria vita
sarebbe venuto a
galla.
Almeno,
non così presto.
Stava
frequentando la ragazza ormai da un paio di settimane, assopendosi
sempre più
spesso nel suo appartamento la notte, rubando tempo alle sue ricerche
per
bighellonarle attorno, quando arrivò l’invito a
pranzo di Marlowe, cosa che, di
certo, non lo colse certo impreparato.
Victor
sapeva benissimo che cosa stava rischiando temporeggiando a quel modo e
conosceva Kate abbastanza bene da credere che la donna avesse intuito
qualcosa.
Forse per questo non se la sentì di rifiutare
l’invito, si armò invece della
faccia più tosta di cui disponeva per presentarsi
all’incontro.
Il
tempo
minacciava stranamente pioggia, conferendo all’intero
quartiere un’aria
opprimente di città in rovina qual’era.
Durante
il tragitto Sully si accese prudentemente un sigaro, sperando che
l’odore
pungente del tabacco coprisse quello floreale delle lenzuola su cui
aveva dormito
fino a qualche ora prima.
Aveva
lasciato Estel nella piccola cucina, intenta a preparare il pranzo che
avrebbe
portato quella mattina stessa alla signora Jennings in segno di
gratitudine per
la proroga che le aveva concesso sull’affitto. Le aveva
sorriso prima di
lasciare l’appartamento, curandosi di non farle notare la
propria
preoccupazione: Marlowe era una donna egoista oltre che estremamente
intelligente, se avesse intuito i sentimenti di Victor per la ragazza
di sicuro
l’istinto le avrebbe ordinato di far terra bruciata su tutto
ciò che non poteva
controllare.
La
donna
bionda in tailleur l’aspettava già accanto alla
fontana spenta della piazza
principale, riservandogli quel sorriso soddisfatto che
l’animava solo quando
poteva ammirare qualcosa che le apparteneva. Sully abbozzò
un sorriso in
risposta, trattenendo ancora il sigaro tra i denti, gesto che la fece
immediatamente volare tra le sue braccia.
L’uomo
la strinse distrattamente accennando una raspante risata delle sue:-
Kate. – la
salutò furbo, mentre la bella donna stringeva le mani alle
sue braccia.
-
Pensavo mi avessi dimenticata, Victor. – sorrise divertita,
allontanandosi.
-
E
come potrei? Abbiamo un contratto, no? – rispose Sully
sfacciatamente e non
poté fare a meno di notare quanto fossero freddi gli occhi
della donna in
confronto a quelli di Estel.
-
Già, un contratto. Sono contenta che te ne ricordi ancora,
dato che in questo
periodo sembri … distratto. – osservò
sollevando un sopracciglio, Victor capì
di essere nei guai. Katherine, con ogni probabilità, sapeva
della ragazzina.
-
Bé
… sono a un punto morto. Ma penso di potermela cavare.
– gracchiò mantenendo la
calma.
Per
tutta
risposta Marlowe gli rivolse un sorriso beffardo, quasi ad insultare
quella sua
sfacciata bugia.
-
E
questo punto morto … non è per caso
un’attraente ragazzina del posto? –
insinuò
raggiungendo il suo petto con le dita sottili, gli occhi azzurri che,
nonostante tutto, tradivano il desiderio che provava per lui.
Sully
sapeva che un’esitazione a quel punto avrebbe potuto costare
molto cara ad
entrambi, ed avrebbe negato qualsiasi cosa pur di risparmiare alla
piccola Estel
quel pericolo.
-
Quella? È solo una bambina. Mi sto divertendo un
po’, tutto qui. È talmente
ingenua che, se sparissi, non se ne accorgerebbe. – rise
forte per allontanare
la vergogna per ciò che aveva detto.
-
Ah, davvero? Se dovesse essere lei la causa di questa tua negligenza mi
troverei costretta a … darti un incentivo. –
sorrise come una scolaretta, quasi
non lo avesse appena minacciato di far sparire la donna che amava.
-
Diavolo,
Kate! Non essere gelosa. – gracchiò con un mezzo
sorriso, senza tradirsi.
-
Provamelo allora. Provami che quell’orfanella non conta
niente. – soffiò avvicinandosi
al suo corpo e, senza pensarci due volte, l’uomo la strinse e
la baciò come,
fino a qualche ora, prima aveva stretto e baciato la piccola June.
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Il
capitolo purtroppo è un pò corto e non ho avuto
tempo di rivederlo come avrei voluto, se quindi ci dovesse essere
qualcosa che stona siate liberi di comunicarlo che poi farò
i debiti aggiustamenti ;) Grazie a tutti i lettori!
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