Autore: ~Angel_R~
Titolo: Fighting for love
Coppia e genere sorteggiati:
Coppia: Magnus e Camille. Genere: Triste
Altri generi: Romantico
Avvertimenti: One-shot. Rating
Giallo
Personaggi: Magnus Bane,
Camille Belcourt
Note d'autore: Piccola shot
ambientata subito dopo la fine del quarto libro della serie "Città
degli angeli caduti".
Naturalmente tutto ciò che è narrato e descritto in questo mio
racconto, è di pura fantasia e non corrisponde alla realtà del libro.
Ho solo voluto immaginare come può svolgersi un incontro "privato" tra
i due personaggi dopo ciò che è accaduto nel libro.
-L'avvenire
ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge.-
[Gustave
Flaubert]
Aveva più di ottocento
anni, ormai, ma Magnus non avrebbe mai creduto che una delle più
potenti creature esistenti come Lilith potesse apparire sul tetto di un
edificio di New York per combattere contro due giovani Nephilim e un
vampiro Diurno.
Rientrare nel suo appartamento di Brooklyn era allo stesso tempo un
sollievo e una tortura.
L'interno era immerso nella penombra della sera, e i rumori della città
erano attutiti dalle pareti e dalle finestre serrate e ricoperte da
pesanti tende. Spesso, però, il silenzio è più fastidioso della
confusione, rimbomba nelle orecchie come il più assordante dei
frastuoni.
Si era preoccupato molto per Alec e, a dirla tutta, anche per gli
altri. In fondo si stava affezionando a quel gruppo di ragazzini che
sembrava attirare i guai come una calamita. Guai che poi, in parte,
doveva risolvere lui stesso... gratis per giunta.
Alec era dovuto rimanere assieme agli altri Shadowhunters per
raccontare al Conclave ciò che era accaduto, e, molto probabilmente, ci
avrebbe impiegato parecchio tempo.
Tutto quello che lo stregone aveva potuto fare, era aiutare chi era
rimasto ferito e sentire qualche frase qua e là.
A quanto pareva Lilith aveva trascinato in qualche modo Simon, Jace e
Clary in quel palazzo e aveva cercato di riportare in vita Jonathan
Morgenstern. Non appena qualcuno aveva pronunciato quel nome, qualcosa
era cambiato nell’aria. La sola presenza di quel ragazzo con l'anima di
un mostro era come un velo di tristezza che calava su tutti loro, chi
per un motivo, chi per l'altro.
Avrebbe voluto che Alec fosse lì con lui, per rimanere un po' soli e
magari riuscire a spiegarsi meglio riguardo a tutto quello che era
successo nell'ultimo periodo.
Sbuffò. Spiegare cosa? Che uno di loro due era destinato ad andarsene
nel giro di poco tempo e l'altro a vederlo spegnersi poco a poco,
giorno dopo giorno senza riuscire a fare niente, sentendosi impotente
come mai prima di allora?
Aveva pensato parecchio alla loro evidente differenza di natura, ma mai
come in quei giorni, mai come dopo aver rivisto lei.
Camille era riapparsa nella sua vita come un fulmine a ciel sereno,
all'improvviso.
Era ritornata trascinandosi dietro un pezzo del suo passato,
riaccendendo vecchi ricordi e sentimenti. In fondo, si sa, il passato
non muore mai... soprattutto se sei uno stregone immortale...
I suoi pensieri furono spezzati da un movimento improvviso. Un'ombra
più scura che si muoveva in modo quasi impercettibile tra le altre.
Magnus socchiuse appena gli occhi e alzò una mano davanti a sé,
lasciando che piccole scariche di elettricità blu scaturissero dalle
punte delle lunghe dita, pronto a difendersi da chiunque fosse in
agguato.
«Strano modo di accogliere gli ospiti, il tuo.» Una voce femminile, fin
troppo familiare.
«Che cosa ci fai tu qui? Pensavo te ne fossi andata.»
Camille mosse qualche passo verso il centro del salotto, avvicinandosi
a lui. I capelli biondi e la pelle chiara risaltavano in modo sinistro
nell'oscurità dell'appartamento. Era bellissima come al solito, proprio
come lui la ricordava.
«Si può scappare una vita intera e non arrivare mai da nessuna parte.»
La sua voce risuonava distaccata e fredda.
«Che cosa ci fai qui?» ripeté Magnus abbassando lentamente il braccio.
«Volevo vederti. Parlarti.»
«Sei diventata abile anche nella violazione di proprietà, adesso?»
Camille rispose con un sorriso mesto, senza dire niente.
«Dovrei consegnarti al Conclave» aggiunse Magnus assumendo un tono più
serio.
«Ma non lo farai, non è vero?»
Lo stregone impiegò qualche secondo per rispondere. «Sì, se sarà
necessario.»
«Necessario» gli fece eco la vampira con una punta di sarcasmo nella
voce.
«Hai ucciso delle persone, Camille.»
«Dei Nephilim.»
«È la stessa cosa.»
«Davvero? Dopo tutto quello che hanno fatto a quelli della mia specie?»
«Non ti nascondere dietro ad una scusa. Lo sai anche tu cosa prevede la
Legge per coloro che...»
«Stare in mezzo a loro ti ha cambiato.» Quella di Camille era una
semplice constatazione macchiata da un velo di accusa.
«Chi non rispetta gli Accordi viene punito, Camille, e tu non fai
eccezione.»
«Un tempo l'avrei fatta, per te.»
A quelle parole Magnus rimase in silenzio, senza riuscire a ribattere
in alcun modo. Lei sapeva dove colpirlo, ed era perfettamente riuscita
nel suo intento.
Sì, anni prima -parecchi anni prima- l’avrebbe, molto probabilmente,
aiutata, avrebbe provato a fare in modo che la sua pena fosse ridotta
al minimo, ma adesso? Lo avrebbe fatto lo stesso?
«Dovresti andartene. Subito. In questo momento non sei la loro
priorità, ma ti cercheranno di sicuro, e allora la tua posizione sarà
aggravata anche dall'evasione dal Santuario e dalla latitanza.»
«Tu hai solo paura che possano trovarmi qui e che quel tuo piccolo
William ti guardi con disprezzo.»
«Lui non è William.» La voce
dello stregone si era fatta dura. Non aveva voglia di riprendere quel
discorso, non con lei e non dopo la giornata appena.
«Certo, ma, come ti ho già detto, gli assomiglia molto. E non provare a
dirmi che non te n'eri accorto. So quale tipo di persone accendono la
tua curiosità, e il piccolo Lightwood rientra nei tuoi canoni. Non è
per quello che adesso ti diverti con lui?»
Divertirsi? Con Alec? Era evidente che non aveva idea di chi o cosa
stesse parlando.
«Sai» riprese la vampira senza aspettare alcuna risposta, «lui prova un
sentimento davvero molto forte per te. Me ne sono accorta subito, da
quando l'ho visto per la prima volta, e anche dopo...» fece una piccola
pausa. «Ma tu sai anche che quello che ti ho detto nel Santuario è
vero, Magnus. Lui non sarà altro che un'altra piccola parentesi della
tua interminabile vita. Tra cento o duecento anni, apparterrà solo a un
flebile ricordo, e allora ci saremo solo noi due che potremo rammentare
questo piccolo scorcio di passato.»
Le sue parole pungevano come piccole lame affilate; come tante verità
che ferivano le orecchie e il cuore.
«È vero, in futuro ci saremo solo tu ed io, ma non insieme. Non ho
bisogno di qualcuno che mi aiuti a rievocare... i bei vecchi tempi.»
«In questo momento, però, potremmo farlo, non credi?»
«Camille...»
«Abbiamo vissuto tante belle esperienze assieme, Magnus.»
«In un passato che ormai è finito, non esiste più.»
«Il passato ti rincorre, proprio come un nemico crudele che non ti
lascia scampo. Non devi cercare di rinchiudere tutto quello che è
stato, perché ciò che hai vissuto, visto, sentito, provato, fa parte di te, del tuo
essere, e se coloro che conosci adesso, che ami, non lo capiscono,
significa che non ci tengono davvero a te.» Fece una piccola pausa per
dare più significato alle proprie parole. «Io sola so chi sei davvero,
Magnus. Io ti conosco da così tanto tempo che posso indovinare
qualsiasi tuo pensiero. So che sono passati parecchi anni dall’ultima
volta che ci siamo visti, ma ne abbiamo talmente tanti davanti a noi
che non sarà di certo un problema riprendere da dove c’eravamo fermati.
Non credi?»
Lo stregone non parlò e la guardò intensamente negli occhi. Sembrava
parlare seriamente. Ogni parola pareva provenire direttamente da quel
cuore che ormai non batteva più da molto. Quello era ciò che appariva,
ma Magnus sapeva bene che Camille era abilissima nel manovrare le
persone a suo piacimento, infarcendo discorsi con pari dosi di belle
parole e fascino ammaliante.
Aveva messo in guardia Alec solo qualche ora prima e, in quel momento,
nel suo appartamento ormai immerso nel buio, cercava di rammentarlo
anche a se stesso.
Era vero, ascoltare Camille e seguirla come avrebbe fatto una volta,
sarebbe stato molto più semplice che soffrire per un amore destinato a
durare il tempo effimero di una vita mortale…
«Ti stai aggrappando a un passato ormai morto, sepolto, pieno di
persone e ricordi che non esistono più.» Quelle parole uscite dalla sua
bocca sembravano più un modo per convincere se stesso che per far
desistere la vampira dal continuare nel suo intento.
Camille gli si avvicinò ulteriormente. «Certo che esistono. Sono tutti
qui» disse appoggiando una mano sul petto dello stregone proprio
all'altezza del cuore.
Il suo viso era a qualche centimetro dal suo e non accennava a
muoversi. Se lei fosse stata viva, avrebbe potuto sentire il suo
respiro sulla pelle. Scosse lievemente la testa per scacciare quel
pensiero.
«Non cercare di resistere a quello che sai essere giusto» sussurrò
Camille sfoderando un sorriso che la rese ancora più bella di quanto
già non fosse.
Per quanto cercasse di non assecondarla e di non dargliela vinta,
Magnus non poteva di certo non notare il grande fascino che la donna
ancora esercitava su di lui, sul suo autocontrollo. Quello che c’era
stato tra loro, nonostante fossero passati molti anni, non poteva
essere cancellato con un semplice colpo di spugna. No, non era così
semplice, nonostante non avesse mai dato a vederlo. Sarebbe stato molto
facile tornare indietro, avere la sicurezza di un futuro che sarebbe
appartenuto a entrambi.
Incontrarla di nuovo gli aveva fatto riaffiorare tutti quei ricordi che
appartenevano al passato, anche quelli meno piacevoli. Vederla legata
nel Santuario dell’Istituto gli aveva procurato una lieve fitta di
rimorso nei suoi confronti. In fondo l’aveva amata, e l’impotenza di
non poterla liberare era stato un sentimento che aveva odiato dal primo
istante in cui lo aveva provato.
Si detestava per via di quei pensieri perché lui ormai si era rifatto
una nuova vita lì a New York, quasi una nuova identità, e poi… amava
un’altra persona.
«Stai pensando a lui, non è vero? A quel ragazzino…»
«Adesso basta» disse Magnus con voce più ferma di prima allontanandosi
da lei di qualche passo. «Esci dal mio appartamento e non farti vedere
più, Camille. Se vai via adesso, non ti denuncerò al Conclave.»
«E questa che cosa è? Una minaccia o un modo per allontanarmi per poi
non doverti sentire in colpa.»
«In colpa?»
«Per essere stato con me. Adesso.»
Magnus non parlò, si limitò a fissarla. La donna, senza smettere di
sorridere, gli si avvicinò nuovamente fermandosi a qualche centimetro
da lui.
«Sei stata tu» cominciò lo stregone con una voce incerta, cosa insolita
per lui. «Sei stata tu che te ne sei andata. Sei sparita nel nulla.»
«Stavo scappando, Magnus. Lo sai bene. In quel periodo era troppo
pericoloso per me rimanere a Londra o comunque in quei paraggi. E poi
tra noi le cose non andavano bene da tempo, ormai.»
Dal petto di Magnus uscì una risata ben poco allegra.
«Quindi, nonostante avessi altri vampiri alle calcagna e fossi in
pericolo, non avresti comunque avuto nessun rimorso ad andartene senza
farti più vedere.»
«Non ho detto questo.» La voce della vampira era di nuovo fredda. «E
comunque avresti potuto cercarmi se davvero ci tenevi a me, se volevi
recuperare il nostro rapporto. Perché era quello che volevi, vero,
Magnus?»
«Forse, ma adesso è tutto finito, ormai.»
«Ne sei davvero sicuro? Te l’ho detto: non reprimere te stesso.»
Camille lo guardava dritto negli occhi, senza timore o riserva.
Sembrava quasi che lo stesse sfidando, una sfida muta ma che risuonava
chiara e forte alle orecchie dello stregone. Lo stava provocando a
respingere quel sentimento che sapeva perfettamente stesse montando
dentro di lui.
Tutto a un tratto Magnus si rese conto di qualcosa a cui, fino a quel
momento, non aveva dato peso: quella conversazione non stava riportando
a galla solo vecchi ricordi, ma anche antichi sentimenti, sepolti per
anni tra le pieghe della memoria.
Fissò i suoi occhi da felino in quelli di lei, senza riuscire a
distogliere lo sguardo.
Camille appoggiò entrambe le mani sul suo petto senza perdere il
contatto visivo, e lentamente, molto lentamente, si avvicinò a Magnus
annullando la distanza tra di loro.
Il primo istinto dello stregone fu di ritirarsi, di sottrarsi a quel
gesto che tempo prima gli aveva fatto provare sensazioni bellissime, ma
che, in quel momento sapeva essere del tutto sbagliate. Il primo
pensiero andò a Alec, la persona che sapeva di amare davvero, ma fu
subito cancellato dall'insistenza che Camille metteva in quel bacio
prolungato. Sapeva essere davvero molto persuasiva, e anche in
quell'occasione stava dimostrando di sapere come condurre quel gioco di
forze che sapeva essere in atto.
Ci volle qualche secondo, ma Magnus cedette sotto quel tocco allo
stesso tempo sbagliato e familiare. Ricambiò quel bacio appassionato
attaccandosi alle labbra di Camille come se non avesse aspettato altro
per tutta la vita e portò le mani ai lati del suo viso per avvicinarla
ulteriormente. La freddezza della pelle della vampira a contatto con le
dita delle mani era piacevole, quasi un sollievo che lo faceva sentire
vivo e gli inebriava il cervello, facendo sparire qualsiasi pensiero o
senso di colpa.
Magnus si sentì improvvisamente leggero, privo di problemi, come se
tutto quello fosse giusto, fosse quello che doveva fare. All’improvviso Alec, i
loro problemi, le loro diversità, le discussioni di quel pomeriggio...
svanirono in una nebbia che, ormai, gli stava offuscando la vista.
Camille gli allacciò le braccia attorno al collo continuando a giocare
con le sue labbra come solo lei sapeva fare e cominciò a chiedere di
più, con una frenesia crescente mentre Magnus la avvolgeva all'altezza
delle dita in un abbraccio possessivo.
Le lingue dei due cominciarono una danza impaziente e appassionata.
Sembrava che ognuno stesse bevendo e mordendo la vita dell'altro,
cercando consolazione in quel gesto quasi privo di affetto ma che
ricordava tempi passati.
Cominciarono a indietreggiare verso il divano lì vicino e il contatto
fra i loro corpi si fece sempre più intenso. La consistenza delle
labbra della donna era morbida e il calore che trasmettevano era
rassicurante, come se lo avvolgessero con la loro dolcezza... Magnus si
staccò da Camille come se il tocco delle sue mani lo avesse scottato.
Mentre era con lei, aveva inconsciamente immaginato e sentito fisicamente di essere con
Alec.
Gli occhi di Magnus esprimevano tutta la sorpresa per ciò che era
appena accaduto, per ciò che lui stesso aveva fatto senza riuscire a
fermarsi.
«Sembri spaventato. Non credevo ti impressionassi per qualcosa di
così... minimo. Forse sono io che ricordo male.» La voce di Camille era
tranquilla, nessun segno di affanno, naturalmente, ma neanche una
traccia di pentimento nella voce. Anzi, sembrava quasi soddisfatta di
se stessa.
«Sei davvero sconvolto. Non sapevo di farti ancora questo effetto»
riprese lei senza alcun rimorso.
Magnus cercò di rallentare il respiro affannato e fece qualche passo
per appoggiarsi con la schiena a una delle colonne del salotto. La
visione del viso di Alec invece di quello di Camille, la donna che si
ritrovava davanti, lo aveva lasciato senza parole, quasi senza fiato.
Un tonfo sordo spezzò l'incantesimo e Magnus si voltò di scatto. La
distrazione era arrivata dal suo gatto, il quale, balzato dalle tenebre
che ormai avvolgevano l'appartamento, aveva urtato una sedia del tavolo.
«Calmati, è solo un gatto.» Camille era ancora tranquilla, come se
niente fosse accaduto. Era rimasta in piedi nel centro della stanza con
le braccia conserte.
«Non doveva succedere.»
«Cosa? Che tu ti tirassi indietro o che il tuo gatto spuntasse fuori
all'improvviso? Sì, è vero, in entrambi i casi. Se non avessi la fissa
per questi animaletti fastidiosi a quest'ora staremmo continuando...»
«Vai via, non voglio avere più niente a che fare con te.»
«Oh, non fare così, non lasciare che una piccola distrazione ti
blocchi.»
«No, Camille, non...» Di punto in bianco Magnus riacquistò quel
controllo e quella lucidità che gli appartenevano. In quel momento
l'unica persona cui riusciva a pensare era Alec, e nessun altro.
Come aveva potuto comportarsi in quel modo? Come aveva anche solo
potuto provare a dimenticarlo non appena il ricordo di un amore passato
si era riaffacciato alla sua porta?
Si era comportato da codardo, scegliendo la via più facile, quella che
gli avrebbe permesso di scansare tutti gli ostacoli che la vita gli
avrebbe presentato.
Scosse la testa poi riprese a parlare in tono fermo e deciso: «Esci da
qui. Siamo nel cuore della notte, non ti sarà facile dileguarti.»
Camille non accennava a muoversi di un millimetro. Continuava a
fissarlo insistentemente.
«Non mi hai più in pugno, Camille. Ormai non sono più lo stesso che ero
un tempo. Le cose cambiano, e anche le persone, e io non faccio
eccezione. Non può più esserci niente tra noi, l'ho capito, adesso. Io
amo qualcun altro, e non ho intenzione di farlo soffrire solo per una
mia debolezza.»
«Ma soffrirà comunque, Magnus. Sta già male adesso, e questo lo sai.
Non hai forse letto nei suoi occhi l'amara consapevolezza di sapere che
prima o poi questo vostro gioco finirà nel peggiore dei modi?»
Magnus socchiuse gli occhi, accecato dalle verità dolorose che uscivano
dalle labbra di Camille.
«Credi che non lo sappia già? Ma lo affronteremo assieme, è questo ciò
che significa essere una coppia, Camille, e tu questo non l'hai mai
capito.»
Stranamente la donna sembrò colpita da quelle parole e cominciò a
mostrare i primi segnali delle crepe che si stavano formando attorno
alla sua corazza. Alzò un po' di più la testa e guardò Magnus dritto
negli occhi, come se attraverso quelli potesse leggerlo nel profondo,
fin dentro l'anima.
«Tu lo ami davvero.»
«Sì.»
La risposta secca e decisa di Magnus le fece capire che parlava sul
serio. Da che si ricordava lui non si era quasi mai rivolto a lei in
quel modo, ma non le dava fastidio. Lui aveva ragione: era cambiato, ma
in un modo straordinario, e solo in quel momento capiva quanto davvero
si fosse sbagliata. Quel ragazzino non era solo uno dei tanti, un
ricordo che sarebbe sbiadito nei secoli, ma una fiamma ben più
resistente, che sarebbe sopravvissuta attraverso tutte le intemperie
della vita.
Quasi si rammaricò della proposta che gli aveva fatto in
quell'edificio, quando lei stessa era ancora sotto il controllo di
Lilith e lui l'aveva trovata legata come una prigioniera. Non avrebbe
dovuto dargli quella speranza perché sapeva che, anche se fosse
riuscita a realizzarla, ci sarebbero state gravissime conseguenze, e
quello lei lo sapeva, ma in quel momento non le importava. Voleva solo
ritrovare la sua libertà e giocare un po' con quel ragazzino che si
ritrovava sperduto in un vicolo cieco.
«Sì, è vero» si limitò a dire con un sorriso che, per la prima volta,
non aveva neanche una minima traccia di sarcasmo. «Mi sono lasciata
sfuggire un'occasione fantastica più di cento anni fa, e adesso ne
pagherò le conseguenze con me stessa. Me ne vado, e non mi vedrai più.»
Si voltò e spalancò una delle enormi finestre del soggiorno, la stessa
dalla quale era entrata nell'appartamento qualche ora prima.
Il vento freddo della notte newyorkese entrò nell'appartamento
scostandole i capelli dalla fronte, ma lei non lo sentì. Non poteva più
sentire alcuna temperatura, e, certe volte, lo rimpiangeva.
«Noi due non ci siamo visti questa sera.» La voce di Magnus le arrivò
chiara alle orecchie, nonostante fosse rimasto immobile contro la
colonna, senza avvicinarsi.
«Grazie» fu tutto quello che Camille riuscì a dire prima di spiccare un
balzo e uscire dalla finestra, inghiottita dalle luci al neon della
città soffocate dalla foschia che si era alzata fin da quel pomeriggio.
Magnus rimase ancora attaccato con la schiena alla colonna, mentre il
vento freddo che entrava dalla finestra aperta lo raggiungeva. Non gli
interessava, in quel momento stava solo pensando a quello che era
successo. Si sentiva male per ciò che aveva fatto, e sapeva che lui era
il solo e unico colpevole. Camille lo aveva provocato, era vero, ma non
doveva lasciarsi coinvolgere. Si odiava per essere stato così debole.
Si prese la testa fra le mani e rimase fermo in quella posizione per
parecchio tempo, incurante della notte che, piano, piano, moriva
scivolando in una fredda alba dai colori sbiaditi.
Il ricordo di Camille era ancora caldo sulle sue labbra, sentiva ancora
il tocco freddo delle sue dita su di sé.
Lei aveva significato molto nella sua vita, e ne avrebbe fatto parte
per sempre, proprio come ogni cosa importante difficile da dimenticare,
ma sapeva anche che in quel momento lei era stata solo una debolezza,
una scelta sbagliata che aveva preso.
L’aveva amata sul serio, su quello non c’era alcun dubbio, ma tra loro
non poteva più funzionare ormai. Non c’era più quel sentimento che li
aveva legati oltre un secolo prima, e loro non erano le stesse persone
di quel periodo. Nonostante avesse provato davvero qualcosa mentre la
baciava, qualcosa che gli aveva fatto addirittura dubitare di se
stesso, non poteva di certo negare quel legame che, per quanto
difficile e ostacolato da un destino crudele, sentiva sempre più forte
con Alec.
Quella consapevolezza che sapeva di avere già da parecchio ma che gli
era apparsa chiara come il sole in quell’istante, lo fece riscuotere
dal suo torpore e gli fece prendere una decisione definitiva: per
quanto complicato e arduo, avrebbe continuato a lottare per proteggere
il suo amore, anche se avrebbe significato sfidare anche se stesso.
Si staccò dalla colonna e attraversò la stanza. Chiuse la finestra. Era
ora di cominciare una nuova parentesi della sua vita.
Ho immaginato questa scena dopo la fine
del libro appositamente per il contest, ma non vorrei mai che la Clare
facesse avvicinare troppo Magnus e Camille. Lui è di Alec e basta
(adoro quel ragazzo!).
Nonostante la centralità della shot dovevano essere Magnus e Camille, ho voluto fare in modo che ci fosse il lieto fine con Alec senza fare però apparire il personaggio.
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