Storia finalista al
concorso biennale di scrittura "Raccontami una storia" promosso dalla
città di Morciano. Fate
sapere che ne pensate!
Lo stato strano
C’era una volta, o forse, per chi la cerca,
c’è ancora, una piccola città. La valle
in cui si trovava era circondata da
altissime montagne, tanto che gli abitanti non potevano andarsene ne
estranei
arrivarci. Lo Stato Strano, come si chiamava, proseguiva la sua Strana
esistenza, tra Strani edifici e Strane feste. Insomma, la solita Strana
calma.
La
cosa più particolare, di quello strano paese, erano gli
abitanti: gli Strani,
appunto.
Se
fosse possibile per noi stranieri aggirarci per le vie di quelle
città,
potremmo vedere la lattaia che semplicemente tirando un dito ci
potrebbe
offrire una bottiglia di candido latte appena munto, oppure ci potremmo
fermare, sul lato opposto della strada, alla bottega del sarto che,
grazie alle
sue otto mani, ci potrebbe cucire un vestito in meno di dieci minuti.
Dovremmo
sicuramente fare attenzione a non trovarci troppo vicini al banditore
cittadino, perché con la sua voce ci potrebbe perforare i
timpani in un
secondo.
Insomma,
ovunque gireremmo gli occhi, una stranezza ci colpirebbe. Al che ci
chiederemmo
come fanno tutti questi uomini a possedere quelle straordinarie
capacità.
È
tutto merito del Dottore.
Medico,
Sindaco, Consulente sugli affari di Stato, Capo della polizia e delle
Truppe
Speciali, Possessore onorario delle chiavi della città e
Giardiniere: non c’era
niente che il Dottore non facesse.
Ogni
genitore comprensivo e previdente portava il suo bambino appena nato da
lui
(nella sua enorme villa, vicino alla sua ditta di trasporti, poco
lontano dal
suo ufficio amministrativo, vicino alla società di stampa e
telecomunicazioni
gestita da sempre dalla sua famiglia) ed era accolto da una lunghissima
lista
di “capacità speciali” che il Dottore
poteva imprimere nel piccolo.
E
così tornavano il giorno dopo a riprendere il pargoletto che
aveva assunto una
strana sfumatura viola, o aveva due sottili pupille da gatto, o la
forza di un
elefante. Così erano assolutamente certi che loro figlio,
qualsiasi scherzo gli
avesse giocato il fato, avrebbe rimediato qualcosa dalla vita, visto
che le
capacità non erano replicabili.
Un
giorno, però, la quiete dell’allegra cittadina
venne turbata da un evento
imprevisto. La povera e stanca cicogna che portava i bambini agli
Strani, si
confuse e, per sbaglio, ne portò due. Il primo venne preso
dai genitori che lo
portarono subito dal Dottore. Del secondo bambino, invece, non si
sapeva cosa
fare. Gli Strani dissero subito tra loro “non sappiamo cosa
farci: ci penserà
la polizia!”; la polizia, quando vide il bambino, disse
“ Cosa possiamo farci noi?
Ci penserà la Questura!”. Ma anche il questore
sminuì subito “no, no, no… ci
penserà il magistrato!”, e il Magistrato
“non posso permettermi di badare anche
a lui! Ci penserà il Consiglio!”. Ma anche il
consiglio non poteva: “Ci penserà
il nostro sindaco, il Dottore!”. Allora il bimbo
arrivò, ancora in fasce,
all’ufficio del Dottore che lo guardò;
osservò la sua pelle stranamente scura,
i suoi occhi stranamente allungati e i suoi corti capelli ricci e neri,
poi
disse “Siamo o no in una Democrazia? Il sovrano è
il Popolo! Ci penseranno
loro!”
Alla
fine una povera vecchia, che essendo più vecchia del Dottore
non aveva nessuna
Stranezza, e che per questo era stata isolata dal resto della
popolazione,
venne a sapere del piccolo bambino e chiese che lo portassero da lei.
Era
troppo vecchia e stanca, però, per uscire di casa e quindi
non riuscì mai a
portarlo dal Dottore.
Il
tempo passò e il piccolo bambino crebbe, diventando grande
abbastanza per
andare a scuola. Tutte le mattine prendeva la sua bicicletta, salutava
la cara
vecchietta e pedalava fino a scuola. Qui, tra le lezioni passava il suo
tempo.
La materia che preferiva di più era Matematica: adorava fare
i problemi “il
Dottore ha cinque mele, una la regala ad un bambino, un'altra alla sua
mamma
che stava molto male; come ringraziamento ne riceve altre tre dal
Papà: quante
mele ha il Dottore?” Quanto
è generoso
il Dottore!
Anche
i problemi di fisica gli piacevano, li trovava, però, un
po’ più difficili: “il
Dottore sta svolgendo una gara di corsa contro cinque avversari, e sta
vincendo
con una velocità di 40 kilometri all’ora. Se
l’ultimo arrivato taglia il
traguardo trenta secondo dopo di lui, quale era la sua
velocità?” Accidenti
come è veloce il Dottore!
La
materia che gli piaceva di meno era Diritto, perché pensava
che le domande
fossero un po’ troppo difficili: “Se un ladro entra
in casa del Dottore e tenta
di ucciderlo, quale reato sta commettendo? Quanti anni deve fare di
carcere?
Può il Dottore, se decide di perdonarlo, far si che non
venga messo in carcere?
Come?” Il Dottore è troppo buono, lo farebbe di
sicuro!
Il
momento che gli piaceva di meno, però, era la ricreazione,
perché i suoi
compagni lo prendevano sempre in giro; il bambino con gli artigli da
leone lo
graffiava sempre, la sua compagna dalle mani sempre bollenti si
divertiva a
schiaffeggiarlo mentre il bambino che poteva fare tutte le voci
continuava a
scimmiottarlo!
“ma
guardati” dicevano “hai la pelle nera, e non sai
fare niente di speciale! Si
vede che il Dottore non ti voleva in questa città!”
E
il povero bambino-dalla-pelle-scura, come tutti ormai lo chiamavano,
tornava a
casa triste pensando “perché io ho la pelle nera?
Perché non ho nessuna
capacità?” e un giorno lo chiese alla sua vecchia
mamma. Si sentì rispondere in
questo modo “mio caro… la tua capacità
è proprio il fatto di non averne!” Non
capì subito cosa volesse dire.
E
il bambino divenne ragazzo, e poi adulto. Andò
all’agenzia di collocamento per
cercare un lavoro e venne accolto da un grasso signore. Come prima cosa
gli venne
chiesto “che capacità hai?”
“Nessuna” “Nessuna?”
“Nessuna!” . Il grasso signore
alzò gli occhi per la prima volta e lo guardò in
faccia dicendo: “Temo... che
non ci siano lavori per uno come lei”.
E
affondò di nuovo l’enorme collo nel pancione. Come
affrontare la situazione?
Andò
dalla Polizia ma furono in grado solo di dirgli “non possiamo
aiutarla”, andò
dal questore ma non riuscì a cavarli altro che:
“Non posso aiutarla”. Provò con
il Magistrato: “non credo di poterla aiutare”, e
con il Consiglio: “non
possiamo aiutarla”.
Disperato
provò a bussare alla porta del Dottore: “Cosa
vuole?” gli chiese.
L’
uomo-dalla-pelle-scura gli spiegò il suo problema e concluse
dicendo “lei che
parla tanto di Democrazia e di uguaglianza, mi dica perché
non posso avere un
lavoro!”
“mi
dispiace” si sentì rispondere” non posso
aiutarla”. E gli chiuse la porta in
faccia.
Ma
il diverso non si perse d’animo, provò e
cercò per molto tempo, e, con
pazienza, riuscì a trovare posto come inserviente nella
società di giornalismo
del Dottore.
È
strano come ciò che dovrebbe valorizzare l’uomo,
nel suo caso peggiorasse solo
la situazione; il lavoro non lo rendeva uguale agli altri, eppure anche
lui
portava il suo contributo alla crescita di Stato Strano, anche lui
faticava
come gli altri, forse più degli altri. Ma aveva zero
speranze di migliorare la
propria condizione. Un altro motivo per cui odiava il lavoro che
faceva, era
che tutti i giorni era costretto a venire in contatto con le bugie che
il
Dottore diceva sull’essere tutti uguali, le
pubblicità della “festa
dell’Uguaglianza” o le riproduzioni su carta
stampata della lista di capacità
che poteva insegnare ai bambini.
Alle
volte leggeva un articolo, che doveva portare da questo a
quell’ufficio, e
pensava:
“come
possono gli abitanti di questo paese credere a tutto ciò?
Davvero il Dottore è
riuscito a cambiare talmente tanto la società da renderla
cieca?” avrebbe
desiderato urlare:
“Svegliatevi!
Non fatevi ingannare, alzatevi! Non vi accorgete che la rivoluzione
è stata
abolita, perché è stato abolito il pensiero? Credere è un verbo scomparso
dai cervelli contaminati
dall’inerzia!”
Ma
non aveva spazio per farlo, nessuno lo avrebbe ascoltato!
E
fu in quel frangente che decise:
Le assurde menzogne del Dottore
Così
si intitolava l’articolo pubblicato abusivamente a pagina 18
del giornale del
mattino dopo.
Parlava
di uguaglianza, anzi no, di uniformità; parlava di
Democrazia, anzi no, di
Dittatura; parlava di integrazione, anzi no, di esclusione; parlava di
scienza,
anzi no, di follia;
Parlava
di libertà, anzi no, di ergastolo.
Nella
piazza cittadina, il pomeriggio del medesimo giorno, un uomo dalla
pelle scura
venne pestato a morte dalla polizia.
Aveva
sognato un mondo senza Stranezze.
_Arthur_
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