NCIS
NCIS -
COLLEGE VERSION
Prologo
Due anni e mezzo dopo.
Nonostante tu abbia trentacinque anni, una vita agiata e felice, ci sono
sempre cose che ti possono sconvolgere.
"Sono incinta, Jethro" e
il
suo mondo si era ribaltato in meno di sei secondi netti. Non che gli
dispiacesse - amava Shannon e, per quanto fosse diversa da lui, era
consapevole che senza di lei la sua vita sarebbe stata alquanto
invivibile. Ma lui non era bravo con i bambini; con gli
adolescenti poteva urlare e sbraitare. Con gli adulti poteva
litigare. I bambini,
invece, prendevano tutto.
I bambini diventavano tutto. Era
stato già abbastanza complicato accettare che un'altra
persona
fosse fondamentale, ma un figlio? Sarebbe stato in grado di essere un
buon padre?
Con la figlia di Fornell era bravo, ma non si sentiva responsabile e,
quindi, era diverso. In ogni caso, Shannon sembrava rinata: accarezzava
il pancione, sorrideva a tutti e aveva scoperto dei libri sulla
gravidanza nel suo comodino. Un pò lo faceva soffrire che
lei
l'avesse tagliato fuori, però in un certo era sollevato dal
non
dover pensare ad altro.
Si, Jethro Gibbs era entrato nel panico.
9x14
1.
Tony si
svegliò molto dolcemente, come non succedeva da molto. Le
lezioni alla Washington University lo impegnavano molto più
del
previsto e riusciva a malapena ad andare in palestra, nei momenti
liberi dallo studio. Non faceva che correre in giro e si occupava
dell'appartamento che suo padre gli aveva comprato dopo il diploma; i
rapporti con lui ernoa talmente migliorati, che si sentiva libero di
chiamarlo, se aveva qualche problema. Certo, evitava di farlo se sapeva
della presenza di Kate, con lui. Li aveva beccati solo una volta a fare
sesso, e gli era bastato.
Poi c'erano i pomeriggi passati in gelateria con Abby e McGee, gli
unici amici che gli erano rimasti del liceo. La prima viveva nel campus
universitario, mentre al secondo aveva affitato una stanza del suo
appartamento, per pagare almeno le bollette e non farlo fare a suo
padre. Vivere con McGee si era mostrata un'impresa quantomai dura da
superare: avevano orari e abitudini talmente diverse da fare a botte,
ma si volevano troppo bene e la situazione andava troppo comoda a tutti
e due. Inoltre, la presenza costante di Abby in quell'appartamento gli
era molto gradita.
Per cui, la sua nuova vita universitaria, non era molto rilassante.
Quella domenica mattina, però, si era liberato da ogni
impegno
proprio per dormire qualche ora in più. Sorrise, spostando
una
ciocca di capelli scuri dal naso. La sua ragazza russava ancora, a
differenza sua: dormiva tranquilla, per niente disturbata dai suoi
movimenti. Tony si sporse leggermente e le baciò una tempia.
Lei
mugugnò qualcosa e lo fece sorridere.
"Buongiorno, Wendy!" le accarezzò il braccio e la ragazza
gli sorrise. "Ehi" si stiracchiò, spostando le coperte.
"Tim ha fatto il caffè?" domandò a Tony, che si
stava alzando.
"Spero per lui di si, guarda" alzò gli occhi al cielo. "Sono
giorni che non mi fa dormire per colpa di quell'assurdo progetto di
Scienze, se non mi ha preparato la colazione mi incazzo! Tu fai con
calma" le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza, mentre
Wendy
annuiva e si buttava sul cuscino a peso morto.
La loro relazione era cominciata da poco meno di un anno, con grande
stupore dei suoi amici. Wendy sapeva esattamente cosa voleva, quando lo
voleva e a Tony piaceva
esattamente per questo. Non si sentiva di dirle Ti amo, nè
di
prometterle alcunchè (non era il tipo) e voleva essere
abbastanza libero da fare quello che sentiva. Wendy, tuttavia, era
diventata
oramai una relazione seria, nonostante le sue rimostranze.
A suo padre, lei non piaceva. Gli aveva fatto capire che la considerava
un'arrampicatrice sociale - ma quando mai Anthony Junior aveva seguito
i
consigli di Senior? Era solo geloso, secondo lui.
"McCaffè!" salutò Tony, con uno sbadiglio.
Entrò
in cucina solo in boxer e l'aria sfatta, mentre il suo coinquilino lo
guardava disgustato.
"Mettiti qualcosa addosso, Tony!"
"Hai paura di essere abbagliato dalla mia fantastica bellezza?"
scherzò Tony, tirandogli uno scappellotto. Notò
con
piacere che stava facendo il caffè con la moka italiana che
aveva comprato prima di trasferirsi da solo nel suo appartamento. "Ti
abbiamo disturbato?" continuò, più serio.
"No, no. Avete fatto piano" sorrise lievemente, osservando il
caffè uscire. "E poi io e Abby ci siamo presi una paura dal
progetto, per farlo visionare al rettore della facoltà di
Ingegneria" fece spallucce. "Prima della consegna, vogliamo essere
sicuri che funzioni"
"Ce la farete" si allungò per prendere due tazzine dalla
credenza. "Siete i più geniali che conosca!"
"Ma il progetto 09 coinvolge tutta
la nazione" tirò un sospiro "e
frutterà molti soldi ai vincitori"
"Dai, non deprimerti, McTristezza" gli tirò una spallata
divertita. "Voglio parte del premio, quando vincerete"
"Oh, speriamo, io..."
"Buongiorno, McGee!" lo salutò Wendy, accuratamente vestita.
Baciò Tony e sorrise all'altro. "Per me niente
caffè,
devo proprio andare. Pranzo con i parenti, che noia. Ci sentiamo, eh?"
uscì di corsa dall'appartamento e McGee la seguì
con lo
sguardo confuso.
"Ancora non posso credere che stiate insieme da nove mesi!"
Tony si limitò a fare una smorfia e prese un biscotto dalla
credenza, in attesa del caffè. "A chi lo dici. Ma lei mi
piace,
per quanto non voglia mettere la testa a posto, sai. Mi da quello di
cui ho bisogno, adesso"
Tim non rispose, preferendo preparare la tavola per la colazione. Tony
non ebbe alcun bisogno di sentire la sua opinione, visto che la
conosceva già bene: a lui, Wendy non dispiaceva,
però
trovava che non fosse fatta per stare con Tony.
"Caffè pronto!"
Devi diventare vuota.
Svuota tè stessa, Ziva. Guardò
dritto di fronte a sè e sparò. Tolse gli occhiali
e,
compiaciuta, si accorse di aver colpito il manichino proprio nei punti
chiave: testa e cuore. Precisa, letale. Scaricò la pistola e
uscì dal poligono di tiro del Mossad.
Fuori, poggiato al muro, c'era Michael Rivkin. Suo padre gli aveva dato
l'incarico di affiancare Ziva, visto che erano i suoi primi mesi al
Mossad come agente; contemporaneamente, cercava di laurearsi
in Lingue e di completare l'addestramento di routine, sebbene fosse
molto giovane - avere un padre come Direttore le era decisamente
servito.
"Michael" salutò, sorpassandolo. Aveva il sentore che avesse
una
cotta per lei e, in quel caso, cascava male. Ziva David aveva chiuso
con gli uomini.
"Ziva" le andò dietro, sorridente come sempre. Un
pò era
positivo averlo intorno, visto che riusciva spesso a farla ridere - e a
letto era bravo. Tuttavia non era stata con molti ragazzi per fare il
paragone: in vent'anni di vita, aveva fatto sesso solo con Michael e con un'altra persona.
"Cosa vuoi, Michael?" lo trattava sempre con freddezza.
"Devo starti dietro, è il mio compito. Ah" la
bloccò per un braccio, avvicinandosi pericolosamente
alle sue labbra. "Prima di andare al quartier generale, che dici se
facciamo una sosta a casa tua?" le sorrise e Ziva corrugò la
fronte.
"Scordatelo" lo cacciò via. "Perchè dobbiamo
andare al quartier generale?"
"Mi hanno affidato una missione, visto che sono fermo da un
pò"
con una smorfia si allontanò da lei, riprendendo a
camminare.
"Ho chiesto di farti venire con me, tanto per cominciare a prendere la
mano con gli incarichi; è abbastanza semplice, solo di
controllo
e tuo padre ha accettato di farti venire con me"
Non ne avevo dubbi la
ragazza
alzò gli occhi al cielo. Suo padre spingeva
affinchè
facesse coppia fissa con Michael - forse si sentiva in colpa per
ciò che era accaduto due anni e mezzo prima, forse
perchè
non desiderava che sua figlia entrasse nel Mossad, tanto da spingerla
tra le braccia di chiunque pur di distrarla.
"Cosa dovremmo fare?" tirò su col naso.
"Si parte fra due giorni. Hai quarantotto ore per preparare la valigia.
In ogni caso, dobbiamo scoprire la persona di collegamento tra una
cellula terroristica dormiente e uno studente americ..."
"Aspetta un secondo" lo fermò bruscamente. "Dobbiamo andare
in America?"
"Si, a Washington. All'università, per essere precisi. La
cellula lavora lì e le nostre fonti dicono che hanno un
nuovo
membro, una specie di genio dell'informatica che li starebbe aiutando
ad attivare di nuovo la loro cellula. Dobbiamo trovare lo studente e
neutralizzarlo, se possibile" fece spallucce. "Stai bene?"
Ziva era impallidita e, per un secondo, ebbe una certezza: Ecco perchè mio padre
ha accettato!
Tutte le mattina, Tony DiNozzo andava a correre al Rooney
Park,
vicino al suo appartamento. Era piccolo e ben tenuto, ma soprattutto
alle sette del mattino non c'era nessuno. Anche quella domanica mattina
andò a correre, ma il Rooney, alle dieci, pullulava di
persone.
Era diventato molto più caotico da quando il governatore
aveva
deciso di inaugurare lì un nuovo edificio federale e, prima
del
grande evento, molti stand di dolci e zucchero filato si erano piazzati
in bella mostra davanti ai cancelli.
Ma Tony non andava lì solo per correre. Sorrise, vedendo che
il
suo professore era, come sempre, seduto alla stessa panchina.
"Buongiorno, Boss"
"Tony" Gibbs prese un sorso del suo caffè e gli porse
l'altro,
che aveva accanto a sè. Tony lo accettò di buon
grado e
si sedette accanto a lui.
"La dottoressa Stevens?"
"Prosegue la gravidanza. E Tim e Abby?"
"Stanno ancora impazzendo dietro al progetto 09!" ridacchiò,
prendendo un altro sorso del suo amato caffè extra
zuccherato.
Era diventata una piacevole abitudine chiacchierare con Gibbs, prima di
rientrare nella sua pazza vita da universitario. Si erano incontrati la
prima volta l'anno prima e Tony aveva attaccato a parlare a macchinetta -
perchè era stanco, tanto stanco e voleva solo che tutto tornasse come era prima. Il
giorno dopo gli aveva detto che Shannon era incinta, quello dopo ancora
gli aveva portato il caffè; alla fine, vedersi era risultato
talmente normale, da parte di entrambi, che non riuscivano a rinunciare
alla cosa. Inoltre, Gibbs si occupava ancora della squadra di basket e
lo aiutava spesso per i suoi esami alla facoltà di
Educazione
Fisica.
Gli aveva anche raccontato di Wendy e l'aveva visto fare una smorfia
contrariata, oltre che vagamente sorpresa. C'erano anche giorni in cui
restavano in silenzio, solo per godersi l'aria pulita del parco.
Quella, era una di quelle mattine.
Ziva entrò piano nel suo -loro- nuovo appartamento. Era
piccolo,
con due camere singole, un bagno e una cucina, separata dal salone solo
da un angolo cottura abbastanza largo. Era carino, ma soprattutto,
vicino all'Università. Michael aveva poco meno di trent'anni
ma,
falsificando i documenti, era riuscito ad apparire come uno studentello
di Gerusalemme al suo ultimo anno di Università e aveva
"accettato" il ruolo di assistente del professore di Lingua e Cultura
Araba. Ziva era ufficialmente la sua fidanzata, una certa Rachel
Watson. Il nome, perlomeno, le piaceva. Le era stato ordinato di uscire
raramente di casa, doveva solo aguzzare la vista e lavorare al
computer, per dare man forte a Michael.
Tutti, al Mossad, sapevano del suo passato a Washington e non volevano
rischiare: avrebbero potuto riconoscerla. Ma lei era di casa, in
America, quindi una risorsa troppo succosa per non essere
sfruttata. Ziva aveva fatto quello che sentiva: era andata dal
parrucchiere e si era fatta fare un taglio nuovo, giusto per evitare di essere riconosciuta. Certo, dieci
centimentri di capelli erano volati via, ma era abbastanza soddisfatta.
Entrata nell'appartamento, aveva aperto le tende; dalla finestra si
vedeva un parco molto carino e decise che sarebbe andata a correre
lì.
Tanto, chi vuoi che ci
sia alle sette di mattina?
"Ti ho già detto che con questo nuovo taglio sei uno
splendore?"
Michael le circondò i fianchi con un braccio e le
baciò
il collo.
Come sempre, lo stomaco di Ziva si contorse, in una mossa dolorosa
che urlava, in tutta la sua potenza, che era tutto, fottutamente,
sbagliato.
Maia says:
^_^ AH! Non uccidetemi, per favore.
Ve lo aspettavate, dite la verità?! xD [Cele se lo
aspettava, scommetto!] Bah. Ditemi voi xD Continuo? :O
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