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E
Kratos cadde sulle
ginocchia e perse lentamente l’uso delle articolazioni e
quindi l’arma che
aveva in pugno, che affondò lentamente nel fango. La vista gli si
annebbiò e non riuscì più a
distinguere la faccia del mostro che aveva dinnanzi che si fuse
sinergica con
l’ambiente circostante, mentre le sue cupe risate si facevano
oramai
indistinguibili e riecheggiavano nella sua mente, la quale lentamente
si stava
spegnendo.
I
suoi occhi smarrirono
l’ardore che aveva raggiunto poco prima, e lentamente
iniziò ad impallidirsi e perdere
calore. Quella doveva essere la morte.
La
testa era pesante, troppo pesante. La rivolse indietro lasciando la
gola vulnerabile…Ma cosa
importava? Ormai era già morto.
Morto
come un fallito, come
una nullità….come uno sciocco. Uno sciocco che
avrebbe voluto sfiorare gli
apogei della grandezza
colmando gli
apici della gloria,avrebbe
voluto diffondere
la nomea di Sparta sino ai confini del mondo e renderla più
rispettabile di quanto
mai non fosse stata….Ed invece non aveva dimostrato nulla a
nessuno, non era
riuscito neppure a divenire uno spartano: il suo nome si sarebbe spento
con la
sua morte, intriso di vergogna per il suo fallimento. Innominato figlio
di
nessuno, cane abbandonato.
Si
era battuto come un poeta
guerriero per suo fratello, in onore del suo ricordo: per compensare la
crudeltà del destino che lo aveva generato indegno per le
esigenze spartane. Le loro anime affiliate convivevano lo
stesso cuore pulsante. Cosa gli
avrebbe detto una volta finito nell’Ade?
E
sua madre. La sua vecchia
madre ormai privata di ogni cosa, l’unica ragione che la
teneva in vita era un
figlio lontano, soggetto alle crude leggi di Sparta. Sperava di
rivederlo un
giorno, pregando ogni notte i suoi dei che fossero abbastanza clementi.Kratos sapeva che non ce
l’avrebbe mai fatta
senza di lui.
E quel dio o qualunque cosa
fosse che lo aveva
scelto per concludere grandi progetti. Avrebbe smentito la sua saggezza
divina
e deluso le sue aspettative?
Sarebbe
stato così egoista da
morire proprio quel giorno?
E
mentre lentamente la fiamma
che incendiava il suo animo si attenuava sino ad estinguersi, il suo
ultimo
pensiero lo dedicò a Lysandra, la ragazza che amava ed alla
quale giurò che
sarebbe tornato per rivederla ancora una volta. Come avrebbe potuto
infrangere
quella somma promessa alla quale gli furono testimoni i suoi stessi
antenati?
Avvolto
da questi inappaganti
pensieri, avvertì il suono di un flauto che gli parve
sconosciuto ma familiare
al contempo: era piacevole e riscaldava il suo cuore dalle tenebre.
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Ma
un vero guerriero non
muore. Decide di morire!E
Kratos non
aveva nessuna intenzione di farlo. Non quel giorno, e di certo non per
mano di
un putrido ronzino.
Il
cuore ricominciò a
battere, la flebile fiamma dentro di lui ricominciò ad
ardere ricolorando il
suo viso, gli oggetti riacquisirono la loro forma e, lentamente,
riacquisì la
sensibilità in tutto il corpo: era scampato ad una morte
certa, o forse l’aveva
ritardata per qualche istante grazie alla sua sola volontà
d’acciaio.
Risollevò
la testa fulminando
la creatura accasciata a terra senza un braccio ed una gamba.
“No….non
è possibile…il
veleno avrebbe dovuto eliminarti…farti fuori
all’istante!”;Kratos impugnò la freccia inculcata nel
corpo e lentamente la estrasse dai lembi senza emettere gemito, poi se
la portò
all’altezza della bocca e leccandovi via sangue e veleno
depositati sulla
punta alimentato da un'ira barbarica e folle che presto si sarebbe
scatenata.
Nesso
trasalì: per la prima
volta conobbe da un umano la vera paura
“Tu…demone…!....mostro!....essere
immondo!...nessun mortale poteva sopravvivere… ”
trascinò la sua carcassa lontano
da quel truce guerriero dallo sguardo
impietrante che silenziosamente s’approssimò passo
dopo passo dopo passo dopo
passo.Il centauro
tremante come una
foglia si rimise appiedi come poteva ed incespicando goffamente
continuava a tenersi a
distanza.
Ma
la sua velocità era ora
facilmente raggiungibile ed il sadico milite celerò si poco
il passo giungendo alla sua
portata.Con un
salto incredibile gli si
schiantò sulla groppa con tale violenza che le gambe
anteriori si spezzarono
come ramoscelli mostrandole
ossa
pastorali che eruppero provocandogli un intensissimo spasimo che mai
avrebbe
creduto di poter provare. Spalancò la bocca, ma la dolenza
era tale che non
trovò neppure la forza di emettere grida mentre da essa
sgorgavano fiumi di
sangue e bile, i suoi occhi si
rigirarono, il suo volto divenne nero.
Ma
prima di abbandonare la vita Kratos gli si avvicinò
afferrandolo per i capelli
“…io
sarò uno spartano…e tu non vedrai
l’alba
di domani per constatarlo…”
proferì
sussurrante, e con immane rapidità gli
infilzò un bulbo oculare con il suo stesso dardo avvelenato.
Il
mostro si spense lentamente, sommergendosi nelle sabbie sottostanti,
mentre
Kratos incespicante e ad un passo dalla fine levò il suo
sguardo dinnanzi a sé,
e finalmente lo vide: Il tempio di Dionisio.