sì, mi
odio anche io per questo, ma cerchiamo di vederla dal lato positivo, ok?
sarà una cosa breve, brevissima, ci sarà solo un
altro capitolo (diversamente ho autorizzato MoCo ha prendermi a
scudisciate)
perchè dovrei finire la mia long e non buttarmi di pancia su
altre cose...
è proprio una cavolata su cui il MONDO ha scritto
MILLANTA volte, ma mi è uscita
(principalmente perchè la lavanderia automatica è
la salvezza alla fine del tunnel oscuro dei panni sporchi per me e la
mia coinquilina) così,
spero comunque di aver reso il tutto piacevole alla lettura.
come si vede dal banner è una u-bomb, è la prima
volta che metto piede nel fandom
dei block b, spero di non averlo fatto con il piede sbagliato.
Bene, prima che le note superino la lunghezza del capitolo direi che
potrei anche augurarvi buona lettura!
Laundromat
‘cuz
love with you is like a spin-dryer
La lavanderia a gettoni sotto casa chiudeva a mezzanotte, ci lavorava
una signora di circa sessant’anni che passava la giornata a
guardare soap-opera che superavano le mille puntate e avevano un cast
da fare invidia alla carica dei centouno e Minhyuk si domandava come
facesse a seguire quelle trame così complicate non riuscendo
neanche a ricordare il nome di suo nipote.
Minhyuk si era trasferito nella grande città per noia o per
una sorta di distorto senso dell’avventura che lo aveva
spinto a seguire Woo Jiho alla volta dell’ignoto.
Una cosa che avrebbe dovuto imparare dagli anni passati a fianco di Woo
Jiho era che il 90% delle idee che Woo Jiho decretava ‘geniali’
e degne di ‘un
Nobel per la… Per il… per qualsiasi cosa diano un
Nobel per un’idea del genere’,
finivano male, e questa volta non si era smentito.
Minhyuk si era ritrovato a lavorare in un ristorante italiano per
pagare le bollette e non c’era niente che trovasse
più sfiancante che sorridere all’infinito quando
non era decisamente dell’umore giusto. Quando anche i
lavoretti saltuari di Jiho e quello che riuscivano a racimolare con
qualche telefonata supplicante ai propri genitori non era
più stato sufficiente a mantenerli, avevano deciso di
mettere un annuncio per cercare un terzo coinquilino con cui dividere
le spese. Al delirio della convivenza con Woo Jiho si era aggiunto Ahn
Jaehyo e la sua ossessione, quasi mania, per i capelli.
Una volta alla settimana, di solito il mercoledì, quando il
ristorante era chiuso,
Minhyuk scendeva le scale del suo appartamento e attraversava la strada
con una cesta di panni da lavare e passava più o meno
mezz’ora del suo tempo seduto su una scomoda sedia di
plastica a guardare l’oblò della lavatrice.
Poteva sembrare strano visto da fuori, un ragazzo nei suoi
vent’anni seduto su una sedia di plastica a fissare
l’oblò di una lavatrice, ma per Minhyuk era come
staccare il cervello per ventotto minuti da qualsiasi stupido rap Jiho
avesse continuato a canticchiare in casa, da qualsiasi tremenda
tragedia si stesse lamentando Jaehyo che continuava a girare per casa
in mutande, nonostante Minhyuk gli avesse chiesto mille volte di
vestirsi, ventotto minuti in cui Minhyuk in stato catatonico fissava
l’oblò di una lavatrice.
Era un mercoledì, come al solito, Minhyuk aveva sceso le
scale di emergenza, evitando di incontrare la pazza padrona di casa che
sostava tra il primo e il secondo piano aspettando che qualcuno di loro
scendesse per lamentarsi di questo o quell’altro, e
attraversò la strada verso la lavanderia a gettoni.
Posò la cesta dei panni sporchi sulla lavatrice da tre
gettoni e cambiò le monete alla macchinetta. Era quasi un
rituale mistico.
Mise i panni sporchi nella lavatrice, inserì tre gettoni
nella lavatrice e premette start. Quando sentì la lavatrice
mettersi in moto si voltò a cercare la sua solita scomoda
sedia di plastica, ma, per la sua disperazione, la sedia di plastica
blu su cui di solito sedeva nei suoi ventotto minuti di paradiso era
scomparsa, volatilizzata, sparita.
Sospirò mettendosi le mani suoi fianchi e guardandosi
intorno. L’occhio gli cadde sull’insegna sbiadita
del supermarket subito di fianco al suo palazzo. Di solito evitavano di
fare la spesa in quel supermercato, troppo caro per la
qualità che offriva, e prendevano l’autobus due
fermate per arrivare al FamilyMart, ma senza sedia urgeva un diversivo.
Il super market era vuoto, eccezion fatta per la ragazza seduta
svogliatamente dietro la cassa che, vedendolo entrare, mise per un
momento da parte il suo cellulare per biascicare un
‘Buonasera’, condito con gomma da masticare bene in
vista e decisamente troppo entusiasmo.
Minhyuk si inchinò appena dirigendosi verso il banco frigo
alla ricerca di qualcosa di fresco, un ghiacciolo, un latte alla
fragola, qualsiasi cosa.
Era chino sulla vetrina dei surgelati cercando di decifrare, attraverso
i cristalli di ghiacci e il vetro appannato, i gusti dei ghiaccioli
quando sentì delle urla provenire da fuori.
Continuò a far scorrere il dito sul vetro, incurante, alla
fine non erano affari suoi e non era neanche la prima volta che
qualcosa del genere succedeva, quello non era esattamente un bel
quartiere.
Aprì il frigo e prese un ghiacciolo menta e limone con lo
stecco di liquirizia e tornò alla cassa.
La ragazza sembrava, se possibile, ancora più annoiata di
prima nel masticare la sua gigantesca gomma da masticare alla fragola.
Minhyuk poteva sentirne l’odore dolciastro da dove si
trovava.
“Fanno duemila won, lo scontrino, grazie e buona
serata” disse facendo passare la gomma da masticare da un
lato all’altro.
Minhyuk on riuscì a trattenere una smorfia, prese il
ghiacciolo e uscì pensando che probabilmente il personale
non faceva aumentare i punti popolarità di quel super market.
Quando rientrò nella lavanderia si stupì di
trovare qualcun altro in piedi di fronte ad una delle lavatrici. Un
ragazzo, notò, nonostante gli stesse dando le spalle era
ovvio.
Senza badargli più di tanto Minhyuk rivolse la sua
attenzione verso la sua lavatrice ancora in fase di lavaggio, mancavano
ancora 23 minuti alla fine. Sospirò scartando il ghiacciolo
e accontentandosi di sedersi su una delle lavatrici vuote, proprio
vicino alla macchinetta dei gettoni.
“’Fanculo!”
Minhyuk sussultò e si voltò verso il ragazzo in
tempo per vederlo iniziare a prendere a pugni la lavatrice.
“Yah! Smettila! Sei impazzito?”
Il ragazzo smise di colpire la lavatrice e si girò verso
Minhyuk.
Un consiglio che Minhyuk non aveva mai dimenticato, tra tutti quelli
che gli erano stati dati, era quello che aveva letto in un biscotto
della fortuna in un ristorante cinese, il che non lo rendeva un
consiglio ‘consiglio’,
ma rimaneva valido:
‘Aspettati l’inaspettato’.
Non che Minhyuk non si fosse preparato a tutto quando si era trasferito
in quel quartiere malfamato con quella testa matta di Woo Jiho, ma alla
fine mai, mai neanche nella più sfrenata delle sue fantasie,
si sarebbe immaginato di ritrovarsi
in una lavanderia a gettoni con un adolescente potenzialmente
pericoloso che sembrava appena uscito da una rissa.
E Minhyuk non era esattamente l’An Young-Su della situazione.
Cercò di non perdere la calma e si mise in piedi per far
valere, almeno, quei due centimetri di altezza che aveva in
più.
“Io non mi ero accorto che ci fosse qualcuno”
biasciò il ragazzo e sembrava quasi si stesse scusando per
essere stato colto in fragrante piuttosto che per l’atto in
sé.
“Che ci fosse qualcuno o no, non dovresti andare in giro a
prendere a pugni le cose”
Il ragazzo si voltò a guardare la lavatrice per poi puntare
gli occhi sul pavimento e Minhyuk per un attimo ebbe un flash di se
stesso e suo padre in una situazione molto simile, un brivido gli
percorse la schiena. Diede un’occhiata alla sua lavatrice,
mancavano ancora quindici minuti.
Sospirando tornò a sedersi sulla lavatrice di fronte.
Il ragazzino rimase in piedi ancora qualche momento, poi
trascinò i piedi fino alla lavatrice numero dieci, quella
nell’angolo, e si lasciò scivolare lungo il muro
fino a sedersi a terra.
Minhyuk odiava i drammi, odiava immischiarsi in faccende che non lo
riguardavano e odiava sopratutti gli adolescenti troppo pieni di
sé che fanno di tutto un dramma, ma non riuscì a
trattenersi quando al rumore della lavatrice in funzione si aggiunse un
leggero singhiozzare.
Voltandosi verso il ragazzino vide che sì effettivamente
stava piangendo.
‘Te ne
pentirai Minhyuk’, una voce nella sua testa lo
rimproverò.
Scese dalla sua sicura postazione e si avvicinò al ragazzo
senza sapere bene che cosa fare, dato che domandargli come stesse gli
pareva indelicato e inopportuno, nonostante le più comuni
norme di igiene lo sconsigliassero, si sedette a un passo dal ragazzo
sul pavimento blu e disse la prima cosa che gli venne in mente.
“I miei due coinquilini sono due casi umani in costante
bisogno di attenzione di terzi, che nella maggior parte dei casi sono
solo io, il proprietario del ristorante in cui lavoro è uno
schiavista che non si ricorda ancora il mio nome nonostante lavori
lì da più tempo di tutti e l‘unico
momento di pausa che ho durante la settimana sono i ventotto minuti che
passo a fissare la lavatrice in funzione”
Diede un morso al ghiacciolo e un’occhiata di sbieco al
ragazzino che teneva ancora la testa tra le ginocchia, ma sembrava aver
smesso di piangere.
“Ieri sera quando sono tornato da lavoro, era l‘una
e l‘unica cosa che volevo era gettarmi sulla prima superficie
piana disponibile e dormire fino alla fine dei tempi, ma quando sono
arrivato i miei due coinquilini stavano litigandosi l‘ultimo
latte alla fragola con la faccia di Hello Kitty stampata sopra e mi
hanno costretto a fare da giudice in una patetica gara canora per
sapere a chi sarebbe andato il cartone di latte”
Chiuse gli occhi e diede un altro morso al ghiacciolo. Il pianto si era
completamente fermato e Minhyuk si sentì autorizzato a
continuare. C’era qualcosa di piacevole nello spiattellare le
sue disgrazie a qualcuno a cui di certo non interessavano, una sorta di
autocompiacimento autoindotto, forse.
“Jaehyo ha la bruttissima abitudine di andare in giro in
mutande, siamo tutti uomini, non è niente che io non abbia
mai visto, ma che cosa gli costa per una volta vestirsi invece di
andare in giro in mutande? Fa un freddo cane in ogni caso. A volte
penso che sia tentando di sedurre Jiho e la cosa peggiore è
che sembra in qualche strana maniera funzionare. Non voglio neanche
pensare alle conseguenze”
Diede l’ultimo morso al ghiacciolo e incrociò le
gambe iniziando a mordere lo stecco alla liquirizia. Fissando il
soffitto Minhyuk si domandò se non fosse stato meglio per i
suoi nervi trasferirsi in un altro appartamento, uno con dei
coinquilini normali che non occupino il bagno per ore cantando a
squarciagola, che abbiano un solo tipo di sciampo e che… .
Solo pensare a tutti i motivi per cui sarebbe valsa la pena andarsene
gli veniva mal di testa.
Il ragazzino intanto aveva alzato la testa e lo guardava in maniera
strana. Di certo Minhyuk non poteva biasimarlo.
“Mi chiamo Lee Minhyuk, comunque” aggiunse con un
sorriso stentato.
“Kim Yukwon”
“Piacere Kim Yukwon”
La lavatrice emise il solito beep che annunciava la fine del lavaggio e
Minhyuk si alzò per ritirare i vestiti bagnati, infilarli
nella sua cesta blu con scritte oscene, gentile concessione di Woo Jiho
con l’assicurazione che, quando fosse diventato famoso, e lo
diventerà, prima o poi, quella cesta varrà
miliardi e Minhyuk dovrà solo ringraziarlo.
Kim Yukwon, ancora seduto a terra lo osservava in silenzio.
Iniziò a tirare fuori calzini e intimo notando che, come al
solito, Jiho e Jaehyo avevano fatto scivolare nella sua cesta alcuni
dei loro boxer e anche qualche maglietta.
Minhyuk sentì Yukwon schiarirsi la voce e si
voltò nella sua direzione. Kim Yukwon sembrava a disagio,
giocava nervosamente con la cerniera della felpa, evitando di guardare
Minhyuk.
“Di solito io non vado in giro a prendere a pugni le
lavatrici o…” si toccò un sopracciglio
e sorrise nervosamente.
Minhyuk lo trovò adorabile e trattenne un sorriso, optando
per un tono neutro che avrebbe reso la situazione meno imbarazzante per
entrambi.
“Piangere seduto sul pavimento di una lavanderia a gettoni?
Bhè, neanche io vado in giro a lamentarmi della mia vita di
solito, ma a volte capita, no?”
Yukwon sorrise alzandosi e sistemando l’orlo della felpa che
era salito quando si era seduto.
“Già, a volte capita”
Minhyuk accostò l’oblò della lavatrice,
ripentendosi come un mantra che ‘impicciarsi degli affari
altrui non porta a niente di buono’, quando Yukwon fece
qualche passo nella sua direzione, stavolta cercando di guardare
Minhyuk negli occhi e con un sorriso appena più sicuro,
più luminoso. Minhyuk era certo che in qualche modo
l’aria circostante avrebbe dovuto raggiungere i suoi polmoni
e poi uscire da qualche altra parte, ma in quel momento, mentre gli
occhi di Kim Yukwon si facevano più sottili e il sorriso si
allargava, Minhyuk non ricordava come funzionasse la cosa di preciso.
“Grazie” disse Yukwon e Minhyuk si trovò
goffamente ad annuire.
“Dovresti mettere del ghiaccio sull‘occhio, o
domattina non riuscirai ad aprirlo” disse Minhyuk indicando
l’occhio sinistro di Yukwon che sembrava aver iniziato a
gonfiarsi.
Yukwon sfiorò delicatamente l‘area intorno
all‘occhio e poi annuì. “Grazie, lo
farò” disse sorridendo di nuovo.
Minhyuk avrebbe voluto dire qualcosa anche sul labbro rotto o suoi
graffi che gli rigavano la guancia destra, ma alla fine non erano
affari suoi e si era già impicciato abbastanza.
Yukwon si inchinò appena sorridendo e senza salutare
uscì, Minhyuk lo guardò sparire dopo aver
attraversato a strada incamminandosi nella direzione della scuola
elementare.
Era passata una settimana e Minhyuk aveva quasi dimenticato Kim Yukwon.
Quasi nel senso che non avrebbe saputo dire se la felpa che indossava
quella sera fosse stata blu o grigia, ma aveva ancora chiaro in mente
il color liquirizia dei suoi occhi e i capelli rossi o il fatto che
quando sorrideva i suoi occhi diventavano sottili sottili facendolo
somigliare ad un gatto.
“La Malefica dice che se paghiamo in ritardo
l‘affitto anche questo mese ci sbatte fuori”
annunciò Jaehyo dall’ingresso, mentre si toglieva
gli stivali prima di entrare.
Minhyuk alzò appena un sopracciglio senza togliere gli occhi
dalla televisione, Jiho sbuffò seduto al tavolo in cucina,
niente di nuovo.
“C‘era suo nipote, Taekyung, avete mai visto suo
nipote?” chiese Jaehyo gettandosi sul divano vicino a
Minhyuk. “Pentole oggi, mh?” chiese arraffando una
manciata di patatine dal sacchetto.
Una cosa che avevano tutti e tre in comune era la passione per i canali
di televendite: coltelli, pentole, strumenti ginnici di dubbia
utilità, tagliaerba, materassi, fantameravigliosi prodotti
che puliscono di tutto e di più, anche ciò che
non sapevi essere sporco, tutte cose assolutamente utili, ma molto
allettanti. Non avrebbero mai potuto permettersi niente di tutto quello
che veniva reclamizzato, nonostante le ‘magiche
offerte’ o ‘le offertissime per le prime dieci
telefonate’, ma non era quello il punto.
Mentre il cuoco di turno, un uomo baffuto sulla cinquantina che Minhyuk
avrebbe giurato di aver visto a bordo di quel magnifico tagliaerba
rosso e blu che avevano reclamizzato la settimana prima, mostrava come
nulla di attaccava sull’innovativo fondo delle loro pentole,
Jiho si alzò dal tavolo della cucina sbuffando.
“Quindi che c‘entra il nipote della
Malefica?”
Jaehyo, ancora con la bocca piena, sembrò risvegliarsi dal
suo solito trans-da-televendita e si voltò verso Jiho.
“È enorme, tipo un armadio quattro stagioni,
secondo me fa qualche arte marziale mortale”
“Oppure è nella mafia, magari li ha fatti sparire
lui gli inquilini che vivevano qui prima di noi” aggiunse
Minhyuk senza distogliere lo sguardo.
Jiho si sedette ai piedi del divano con una birra fresca in mano. Ne
bevve un sorso prima di passarla a Minhyuk. “Magari ci lega i
piedi ad un sasso e ci butta nel fiume Han” disse rubando la
busta delle patatine dal divano.
Ci fu un minuto di silenzio poi tutti scoppiarono a ridere. Jiho
brindò alla Malefica e al nipote prima di tornare alla
televendita.
“La prossima settimana abbiamo uno stage a Hongdae, venite,
no?” chiese Jiho allungando il braccio abbastanza da tenere
le patatine fuori dalla portata di Jaehyo che sta iniziando a
spazientirsi.
Minhyuk osservò la scena senza commentare, per poi prendere
un altro sorso di birra. “Al solito posto?” chiese.
“Yup, dieci e mezza, qualcuno si è ritirato e
Hanhae è riuscito a infilarci”
Jaehyo intanto era tornato a sedersi, rinunciando alle patatine almeno
per i seguenti cinque minuti, Minhyuk era certo che ci avrebbe
riprovato e che alla fine Jiho avrebbe ceduto incapace di ricordare per
quale stupido motivo aveva deciso che Jaehyo non dovesse avere le
patatine, sempre che ce ne fosse stato uno.
“Io devo lavorare, vi raggiungo dopo, al solito”
disse Minhyuk bevendo un sorso di birra.
Jaehyo afferrò con decisione il sacchetto delle patatine e
Jiho lo lasciò fare.
“Pretty little princesse Jaehyo?”
“Non lo so, probabilmente avrò da fare”
“Prometto di dedicarti una canzone”
offrì Jiho voltandosi a guardare Jaehyo e guadagnandosi una
doccia di patatine.
“Yah! Ahn Jaehyo!” gridò Jiho alle
spalle di Jaehyo che andò a chiudersi nella sua stanza.
Minhyuk trattenne una risata mordendosi il labbro. “Hai
qualcosa da lavare? Vado a fare la lavatrice”
Jiho, togliendosi briciole di patatine dai capelli, rispose di no.
“Bene, allora io vado, mi raccomando pulisci quel
casino”
Jiho lo guardò incredulo mentre, sorridendo, andava a
prendere la cesta dei panni sporchi.
Con la cesta dei panni sporchi poggiata su un fianco Minhyuk scese la
scale antincendio. Dal terzo piano, uscendo sulle scale, si aveva una
vista sulla parte est del quartiere, Minhyuk si fermò sul
pianerottolo a guardare aldilà della gabbia che circondava
le scale. Con lo sguardo percorse il marciapiede fino
all’incrocio alla fine della strada, c’era una
utilitaria blu metallizzata parcheggiata di fronte al parrucchiere due
palazzi più in su, dove tutte le over-settanta del quartiere
andavano a farsi metterei i bigodini e a sparlare di chiunque vivesse
nel raggio di un chilometro.
Dall’altra parte della strada un ragazzo che Minhyuk avrebbe
giurato di aver visto da qualche parte stava parlando animatamente al
telefono con qualcuno.
Cercò di ricordare dove lo avesse già visto, ma
rinunciò non appena si rese conto che fissare la gente
dall’alto delle scale antincendio non era esattamente visto
come un comportamento normale nella società moderna.
Scese le scale quasi di corsa bloccandosi sul pianerottolo del primo
piano, schiena al muro, aspettando che Malefica e il suo forzuto nipote
attraversassero la strada verso l’enorme, scontatissima jeep
nera parcheggiata di fronte al palazzo.
Di certo Jaehyo non aveva esagerato descrivendo il famigerato nipote.
Non appena l’auto si fu allontanata abbastanza Minhyuk scese
gli ultimi scalini e attraversò quasi di corsa la strada.
Quando si avvicinò alla porta a vetri della lavanderia vide
una figura familiare in piedi di fronte alla lavatrice numero otto,
quella opposta alla porta. Sorrise tra sé e sé,
aprendo la porta e cercando di farlo in maniera abbastanza rumorosa da
attirare l’attenzione senza essere troppo ovvio, ma Kim
Yukwon non si mosse neanche.
Minhyuk si avvicinò alla lavatrice numero dodici iniziando a
caricarla e lanciando qualche occhiata di sbieco a Yukwon che sembrava
del tutto assorbito da qualcosa.
Ad un certo punto iniziò a muovere le spalle in maniera
strana, a scatti, come se stesse avendo le convulsioni e Minhyuk stava
quasi per andare a vedere se ci fosse stato bisogno di un ambulanza,
perché con qualche lacrima adolescenziale se la poteva anche
cavare, ma per un attacco isterico servivano dei professionisti, quando
si accorse del leggero rumore di sottofondo che fino a quel momento
aveva ignorato. Si sporse abbastanza da notare, finalmente, le
cuffiette che Yukwon aveva alle orecchie, piccole cuffiette gialle che
andavano a sparire nella tasca dei suoi jeans, stava ascoltando della
musica e anche a volume sufficientemente alto perché Minhyuk
potesse riconoscere la canzone.
Minhyuk sorrise, per l’ennesima volta e tornò alla
sua lavatrice, scelse il lavaggio a quarantacinque gradi e premette
start. Spostò il peso da un piede all’altro
nervosamente, si morse il labbro inferiore cercando di uccidere
l’ennesimo sorriso, perché una piccola,
piccolissima, infinitesimale e del tutto insignificante parte di
sé, sperava che Kim Yukwon fosse tornato di proposito e quel
pensiero un po’ lo lusingava.
Stava pensando a come avvicinarsi quando sentì un colpetto
sulla spalla e si voltò per incontrare lo sguardo divertito
di Kim Yukwon.
“Ciao Lee Minhyuk” salutò regalandogli
un sorriso a 500-watt.
“Ciao Kim Yukwon”
“Disturbo i tuoi ventotto minuti di
contemplazione?” chiese indicando la lavatrice in funzione.
“Lo sai che non si usano le confessioni di un
pover‘uomo per prendersi gioco di lui?”
ribatté con gli occhi accesi di divertimento.
Yukwon sembrò rifletterci, poi le sue labbra si piegarono in
un sorrisetto compiaciuto “Allora dovremmo fare in modo di
giocare ad armi pari, non trovi?”
Jiho si stava acrobaticamente lavando i denti mentre ascoltava la sua
canzone preferita che il suo stereo sparava a tutto volume dalla sua
stanza, Jaehyo, ormai aveva smesso di lamentarsi e calciare il muro
gridandogli, probabilmente di smetterla di stuprare i suoi padiglioni
auricolari con la sua musica da gangsta.
Quando tornò nella sua stanza si gettò di peso
sul letto e prese il suo fido blocco e un lapis canticchiando a mezza
voce e cercando, per l’ennesima volta di buttare
giù qualcosa di nuovo, quando il suo cellulare
squillò.
Un messaggio di Minhyuk.
‘Tra
venticinque minuti vai a prendere i miei vestiti in lavanderia ho avuto
un imprevisto’
Rilesse il messaggio e sbuffò.
‘Ti stanno
portando via in ambulanza? Perché altrimenti non vedo
perché dovrei alzarmi dal mio comodo, confortevole e adorato
letto per andare fino alla lavanderia’
Gettò il telefono sul materasso e riprese a concentrarsi
sulle righe sottili del suo blocco, così dritte e
incredibilmente affascinanti e incredibilmente ancora bianche. Era in
mezzo ad una crisi, una crisi nera di come non se ne erano mai viste e
non sembrava esserci alcuna luce in vista.
Il suo cellulare vibrò di nuovo.
‘Ho le mani
occupate, vai a prendere la mia roba in lavanderia e non
discutere’
Jiho sorrise tra sé e sé, le mani occupate, eh?
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