Pensieri
di un artista dannato
È
sera, non saprei neppure dire se inoltrata o ancor giovane.
Le
fiamme di due candele rischiarano la mia bottega, creando fantasiosi
giochi di
luce sui muri e sugli oggetti bizzarri che adornano il mio studio.
Il
mio sguardo si sofferma su un progetto, che traspone sulla parete poco
distante
una curiosa ombra dall’aspetto grottesco. Questo riflettere
mi riporta alla mia
infanzia, quando osservavo le nubi nel cielo, scoprendovi forme
conosciute o
quando la notte mi raccoglievo sotto le coperte per non vedere le
mostruose
figure notturne che coglievano i miei occhi di fanciullo.
Sul
tavolo a cui lavoro, chino, campeggiano pergamene sparse, ricolme di
calcoli
complessi, di certo un inusuale diletto per un’ora tanto
tarda. L’arte e l’ingegno
muovono il mio spirito, come una coppia di giovani ed aitanti cavalli
tirano
una carrozza.
Sotto
il mio tocco, la piuma scorre grattando piacevolmente la pergamena,
lasciando
una scia di inchiostro nero al suo passaggio e producendo
l’unico suono udibile
in tutta la bottega.
Passano
i minuti, forse le ore. Neppure me ne accorgo.
Poi
il lieve cigolio della porta che si apre mi riscuote dal mio lavoro.
E
ti vedo.
La
piuma rimane sollevata a mezz’aria, la mano ferma, gli occhi
fissi su di te, il
mio corpo immobile, ma proteso ad accoglierti.
Ti
osservo mentre con delicatezza richiudi l’uscio, lasciandoti
alle spalle il
buio della notte romana, e mentre ti cali dal capo quel cappuccio
bianco, che
cela alla mia vista i tuoi bei lineamenti.
Ti
volti verso di me, mi saluti, mi sorridi sincero.
Non
posso fare a meno di ricambiarti, mentre ti percorro con lo sguardo
alla
ricerca di eventuali ferite. Sono contento: questa sera sei tornato a
casa
integro.
Seguo
rapito i tuoi passi, mentre il tonfo degli stivali riecheggia nel
locale
silenzioso, accompagnandoti verso di me.
Ti
fermi a pochi centimetri dal mio corpo, osservando incuriosito i miei
lavori,
mentre con una mano giungi a sfiorare la mia.
Un
brivido mi percorre la schiena, per poi cingermi i lombi, pervadendomi
il basso
ventre.
Non
posso fare a meno di incatenare il mio sguardo al tuo, beandomi della
tua
presenza.
Il
solo guardarti mi apre mille prospettive.
Vorrei
dipingerti, baciarti, osservarti, parlarti, raccontarti, scoparti.
Da
cosa iniziare? Ridesti i più reconditi e nascosti desideri
del mio animo, le
mie più atroci passioni, le mie più violente ed
insoggiogabili voglie.
Accanto
a te ho scoperto che il sesso non è poi così
lontano dall’arte. Anzi, dentro il
tuo corpo, fin nel profondo della tua anima, si mescolano in un
perfetto connubio
che ogni volta mi sconvolge.
Grazie
per avermi dato una vita non solo di spirito, ma anche di carne.
Una
volta pensavo che fossero due eventi slegati, che non potessero
coesistere,
come l’acqua ed il fuoco. Ma ora ho capito che si
compenetrano, perché la carne
è l’acqua che placa i bollori del mio spirito, ma
anche il fuoco che accende la
mia anima.
Non
mi stupisco nel realizzare che già ti desidero, seppur dopo
pochi istanti che
hai varcato la soglia della mia bottega.
Ti
scosti lentamente da me ed inizi a cambiarti.
Quel
rituale che mi godo ogni notte, che attendo silenzioso, mentre gli
abiti
abbandonano il tuo corpo. E vai a dormire nudo, così come
sei nato, offrendoti
senza pudore al mio sguardo sfrontato.
Mi
rendo conto che quasi non mi son mosso da quando sei arrivato, quasi
fossi
rapito dalla tua presenza.
La
divisa da Assassino abbandona presto la tua figura, come tutti gli
strumenti di
morte che la agghindano. Quante armi ho escogitato apposta per te,
quante notti
ho passato in bianco pur di consegnarti alla svelta qualcosa che ti
potesse
salvare la vita.
Tuttora
mi compiaccio di questi mirabili lavori, soprattutto se ad indossarli
sei tu,
Ezio.
Sei
rimasto solo con una camicia bianca e dei calzoni scuri.
Il
mio sguardo ti divora mentre con una lentezza che mi pare estenuante,
probabilmente
frutto delle mie non tanto candide fantasie, apri i bottoni uno ad uno.
Mi
par di vedere con chiarezza ognuno di essi scivolare
nell’asola, sotto il tocco
stranamente delicato delle tue mani d’Assassino.
Forse
non ti rendi conto con quanto desiderio ti sto osservando.
Non
vedi che mi stai eccitando?
Non
ho ancora capito se non te ne sei accorto oppure fai finta di nulla e,
consapevole, mi torturi.
Una
tortura dolce e lenta che mi fa letteralmente impazzire.
So
già che quando l’ultimo abito
abbandonerà il tuo corpo e su di te non rimarrà
nient’altro che la tua pelle, non riuscirò
più a lavorare.
Abbandono
preventivamente il tavolo, così com’è,
poggiando la piuma ancora intrisa di
inchiostro quasi seccato.
Muovo
pochi passi, per avvicinarmi a te, ormai quasi svestito.
Con
una mano sfioro il tuo braccio, contatto che ti costringe a voltarti
nella mia
direzione.
La
tua sensualità mi colpisce in pieno, come un pungo violento
sul volto.
Il
mio animo urla, grida di farsi possedere.
Ma
rimango in silenzio.
Eppure
so già che, se solo tu lo volessi, te lo chiederei persino
in ginocchio, di
farmi tuo senza ritegno. Ti aprirei le cosce come una puttana, ti darei
tutto
me stesso, fino all’anima, ti concederei qualsiasi cosa. E tu
lo sai.
Di
fronte a te tutto il mio genio perde di significato. La mia mente
lucida,
razionale e creativa di fronte alla scienza, si scioglie come neve al
sole
davanti a te e non divento null’altro che
un’innocua bestiola desiderosa di
essere domata.
Hai
fatto sparire la mia dignità d’uomo,
perché quando sono con te mi sento
solamente un oggetto, da usare e sottomettere.
Ma
ho capito che questa umiliazione non mi nuoce, anzi, mi dà
un piacere che non
immaginavo. Perché ciò che si è
instaurato tra noi non è nient’altro che un
gioco, un gioco pericoloso e seducente.
Ed
io ci sono caduto dentro, tutto quanto, senza riuscire più a
trovare la via per
uscirne, come in labirinto ricolmo di trappole mortali. Ormai
è troppo tardi
per redimere il mio spirito dannato.
Non
posso più vivere senza di te.
Questa
è la semplice constatazione a cui sono giunto.
Ed
ho paura adesso. Paura di perderti per sempre, paura che una mattina tu
non
sarai più nudo al mio fianco.
Ma
finché posso, mi beo della tua presenza e del tuo corpo.
Mi
ritrovo a fissarti intensamente negli occhi, mentre una mano percorre
lasciva
il tuo corpo.
Mi
spingo oltre quei pochi centimetri che ci separano e la mia bocca
incontra
spudorata la tua.
Avete
mai pensato di raggiungere l’infinto?
Ecco…io
credo di averlo appena fatto…
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