Adagio_1
[
Prima classificata e vincitrice del Premio
Stile al contest
«Dal numero alla storia» indetto
da Akane_Hirai e valutato da Roro ]
[ Terza
classificata e vincitrice del Premio miglior
trama al «Fangirl contest»
indetto da Dark Aeris ]
Titolo: Adagio for
strings
Autore:
My Pride
Fandom: One
Piece
Personaggi: Roronoa
Zoro [ Don Zoroshia
], Sanji Black-Leg [ Don
Sanjīno ], Monkey D. Rufy [ Don Rufiōne
], Usopp [ Usotūya
› Rufiōne
Family ]
Tony Tony Chopper [ Choparīni
› Sanjīno Family ];
Nico Robin [ Robīta
› Zoroshia Family ], Nami [ Namimōre
› Zoroshia Family ], Comparse varie
Pairing: ZoSan
|| Riferimenti ZoLu,
ZoNami e ZoRobin ad interpretazione
strettamente
personale
Numero scelto:
Pacchetto 59
-
Numero 84
› E’ il numero dei facili
pettegolezzi, delle dicerie frivole, delle pubbliche relazioni,
dell’informazione.
Questo numero è presente quando si sognano o si sentono
pettegolezzi che ci
riguardano, che riguardano i nostri cari e le persone che frequentiamo,
oppure
se si è costretti ad ascoltare conversazioni frivole,
soprattutto in un luogo
sacro o di rispetto. E’ il numero delle persone brillanti ed
attuali sul
lavoro, in una festa, in una cerimonia, in un meeting aziendale, in
gita o in
vacanza, e nella vita in genere. E’ anche il numero delle
notizie, anche quelle
che ci riguardano direttamente, degli articoli di cronaca. Questo
numero
rappresenta il pergolato d’uva, il ventaglio, il suono delle
campane, il
pregare insieme ad altre persone, le conversazioni ed i dialoghi.
-
Simbolismo
› Slealtà e corruzione. Il rovesciamento dei
valori, il venire
meno ai doveri, il cattivo esempio, l’adulterio.
Tipologia:
Long Fiction [ 9462 parole fiumidiparole per
cinque capitoli ]
Rating:
Arancione
Genere: Generale,
Drammatico,
Angst, Malinconico, Vagamente Erotico, Vagamente Introspettivo
Nota: Questa
storia prende spunto da
uno dei “Mugiwara Theatre”, precisamente
“Jingi-nai Time”, ma non ha nulla a che fare con
esso.
Avvertimenti: Shounen
Ai, Probabilmente non
per stomaci delicati, Possibili
spoiler after “New
World Arc”, Alternative
Universe, Vagamente - o forse anche troppo -
nonsense, Linguaggio a tratti un po’ colorito
Piscina
dei prompt: Zoro/Sanji, Ferro, sangue e polvere da sparo
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
ADAGIO FOR
STRINGS
La corda di un violino che si
spezza produce una nota falsamente
melodiosa;
all’orecchio dei morti risuona come lo stridio furente e
vendicativo
dell’acciaio.
ATTO
I
COMPLOTTI
DI GUERRA
Le malelingue
erano sempre esistite, da che mondo era mondo, ma Don Zoroshia non vi
aveva mai
dato la benché minima importanza. O almeno fino a quel
determinato momento.
Si era svegliato di malumore, quel
mattino, e tutto a causa della riunione avvenuta la sera addietro con i
restanti membri della famiglia. Aveva sentito soltanto di sfuggita le
chiacchiere frivole in cui le donne si erano gettate - e
quella
sciocca di Namimōre sapeva blaterare per ore ed ore, quando ci si
metteva -,
preferendo starsene in disparte per riflettere su cose molto
più
importanti.
L’avvicinarsi dell’incontro con Don Rufiōne non gli
aveva
permesso di
concentrarsi su nient’altro, e tutto perché aveva
avuto
sin da subito l’assoluta
certezza che non sarebbe stata un’adunanza piacevole. Ed era
proprio lì che
subentrava il suo cruccio. Tra le varie piccolezze che era stato
costretto ad
ascoltare durante tutta l’ora di cena, gli era parso di udire
qualcosa che non
gli era per niente piaciuto; si vociferava difatti che Don Sanjīno
avesse fatto avere nuovamente
notizie di sé dopo essere scomparso per oltre sei anni, e
ciò significava
soltanto che l’attuale condizione era ulteriormente
peggiorata.
Non si poteva
sperare di avere libero accesso al potere se a contenderselo non era
una sola
famiglia o due, ma ben tre.
E Don
Zoroshia era certo che avrebbe avuto qualche chance in più
solo chi avrebbe
preso in mano le redini e attaccato per primo. Aveva dunque deciso -
tra
l’altro senza consultare nessuno, poiché da un
po’ di tempo a quella parte
aveva cominciato a diffidare persino dei propri alleati - che, alla
riunione
che sarebbe avvenuta da lì a poche ore, sarebbe stato lui
stesso a dichiarare
guerra alle restanti famiglie per non farsi cogliere impreparato. Don
Rufiōne poteva forse tenerlo a bada,
però non conosceva altro modo se non la violenza, con Don
Sanjīno.
A quei suoi stessi pensieri, si
maledisse, imprecando a denti stretti. A chi voleva darla a bere? Per
quanto
detestasse ammetterlo e persino ricordarlo a se stesso, Don Sanjīno non
era
stato soltanto un
suo rivale, prima
di sparire dalla circolazione. E forse era proprio per quel motivo che
preferiva senza alcuna ombra di dubbio scontrarsi immediatamente con
lui, se
mai si fosse fatto vivo per reclamare a sua volta il potere.
«Sake?» Una voce
femminile alle sue
spalle lo riscosse dalle sue turbe mentali e fu quasi capace di farlo
sussultare, giacché era stato così concentrato
sui propri
pensieri da
estraniarsi dal resto del mondo. Fu dunque con una sorta di incertezza
che si
voltò, incontrando lo sguardo ambiguo e sorridente di Robīta
che, tolti gli occhiali da sole che indossava praticamente in
qualunque istante, sembrava ammiccare nella sua direzione. Sorreggeva
anche una
bottiglia, e fu proprio su di essa che si concentrò
l’attenzione di Zoroshia,
che arricciò le labbra prima di strappargliela dalle mani
senza
tanti
complimenti.
«Grazie»,
borbottò poi, e bastò quella
singola parola per far sì che Robīta
si accigliasse. Il capo che ringraziava qualcuno? Il mondo stava
decisamente
andando a rotoli, non c’era nessun’altra
spiegazione.
«Preoccupato per
qualcosa?» le venne
spontaneo domandare, osservando attentamente il modo in cui Zoroshia
aveva
stappato la bottiglia con i denti prima di ingollare un lungo sorso di
liquore.
«Perché dovrei
essere preoccupato?»
rimbrottò, poiché mai e poi mai avrebbe
confessato cosa lo turbasse.
Dannazione, già era difficile per lui anche solo pensare di
essere nervoso per
due idioti contro cui avrebbe dovuto scontrarsi per conquistare il
monopolio.
Perché il problema principale era quello, in fin dei conti,
ed era più che
sicuro che con quello stupido sopracciglio a ricciolo di Don Sanjīno
nuovamente
fra i piedi, avrebbe sudato ancor più quella vittoria.
Sbuffò, scuotendo appena la
testa. Non
era il momento di pensare a cose del genere, quello. Le sue attenzioni
dovevano
riversarsi unicamente sull’incontro imminente, niente di
più, niente di meno. Bevve
un altro sorso di liquore prima di abbandonare la bottiglia ormai vuota
sul
tavolino di legno alla sua destra, scoccando una rapida occhiata a
Robīta. «Sarò ai piani superiori»,
decretò di punto in bianco. «Vieni a
chiamarmi solo quando Rufiōne si farà vivo».
A quel dire, però, Robīta
sorrise sibillina. «Veramente
Don Rufiōne è già qui, è arrivato
cinque minuti fa».
«Che cosa?» Zoroshia
spalancò l’occhio,
incredulo a dir poco. «E allora dov’è
quell’imbecille?»
«In cucina ad infastidire i
cuochi», lo
informò la sua interlocutrice in tono calmo ed estremamente
pacato. «Si lamenta
di aver fame e di volere della carne».
Il volto di Zoroshia divenne una
maschera
di emozioni indecifrabili, tanto che, forse per rabbia, si
ritrovò a sbattere
violentemente un pugno contro il muro, richiamando così
l’attenzione di tutti i
presenti. Parve però non darvi peso, rivolgendo il proprio
sguardo verde scuro
solo su Robīta. «Che diavolo
aspettavi a dirmelo?!» sbottò inviperito al suo
indirizzo, al che lei si limitò
semplicemente ad infilare una mano nella tasca della giacca elegante
per tirar
fuori gli occhiali da sole.
«Lei non me l’ha
chiesto, capo», si
giustificò con un nuovo sorriso mentre poggiava le lenti sul
naso, riuscendo
solo a far incupire maggiormente il viso di Zoroshia.
«Sei un demonio,
donna», esalò
quest’ultimo prima di darle le spalle, ignorando volutamente
la risata
leggiadra che parve seguirlo persino nel corridoio della magione,
rimbombando
contro i muri senza remore. Non si era mai fidato del tutto di Robīta,
in quegli ultimi anni, per quanto Namimōre
trovasse in lei un’amica fidata con cui confidarsi. Non era
mai riuscito a
capire le donne, ma era convinto che quelle due superassero il confine
sottile
che permetteva ad un uomo di comprendere almeno in parte che cosa
passasse
nelle loro teste. Le donne erano creature troppo complicate, per un
tipo come
lui, e riuscire a fidarsi di loro era anche più difficile di
quanto non avesse
creduto al principio.
A quei
pensieri, scosse furentemente la testa, scompigliandosi i capelli con
una mano
con una tale rabbia che gli parve quasi di sentirli andare a fuoco. Un
idiota,
ecco cos’era. Non c’era tempo per pensare ad
assurdità del genere.
Attraversò
alla svelta il disimpegno che lo separava dalle grandi scalinate di
granito che
portavano ai piani inferiori, sentendo i propri passi risuonare nel
grande
atrio dalla pavimentazione a scacchi; alle sue orecchie cominciavano
già a
giungere le esclamazioni concitate dei cuochi, quei patetici omuncoli
che non
riuscivano nemmeno a tenere a bada un singolo uomo. Sapeva bene che
Rufiōne non
era da considerare un comune essere umano, però in quanto
servitori della
famiglia Zoroshia pretendeva che anch’essi avessero il pugno
di ferro in
qualsiasi situazione. E fu nello
svoltare a destra che gli parve di udire la voce frettolosa di Usotūya,
uno dei
fidati tirapiedi di Rufiōne. Quel nasone era il più fedele
dei suoi uomini,
certo, ma era conosciuto anche per la marea di menzogne che era solito
raccontare in giro e per la sua grande abilità di
svignarsela nelle situazioni
complicate; difatti, per quanto gli piacesse essere chiamato da
chiunque Usotūya
il coraggioso, in realtà era un fifone nato.
«Don
Rufiōne, la prego,
li lasci
stare!» Quella che sentì sopraggiungere qualche
attimo dopo era di sicuro la
voce di Yosakūto, e Zoroshia non poté evitarsi di imprecare
a denti stretti nel rendersi conto che se persino lui era arrivato fin
lì,
voleva solo significare che quello stupido di Don Rufiōne stava facendo
un’altra
cazzata delle sue. E la cosa divenne fin troppo palese quando
arrivò dinanzi
alle porte delle cucine, trovandolo a spazzolare qualsiasi cosa i
cuochi
avevano preparato - si era mangiato persino le bucce delle patate,
quell’idiota
- e obbligandoli letteralmente a cucinare altro in fretta, nemmeno
fosse stato
lui il padrone di quella villa.
Fu a quel punto che Rufiōne si
girò e si accorse della sua
presenza, allargando esageratamente la bocca in un grosso sorriso.
«Ohi,
Zoroshia!» esclamò pimpante e allegro come non
mai, quasi stesse letteralmente
ignorando di trovarsi in casa di un nemico e che il nemico in questione
era
proprio a pochi passi da lui.
Zoroshia aggrottò la fronte
ed entrò,
scoccando una rapida occhiata al suo sottoposto. «Qui ci
penso io, Yosakūto», lo congedò immediatamente,
avvicinandosi a Rufiōne per afferrarlo
per un orecchio, neanche fosse stato un bambino. «Vieni con
me, dannato
cretino», sbottò, ignorando i suoi lamenti, i
sospiri di sollievo dei cuochi e
i loro ringraziamenti frettolosi per essere stati liberati da quella
sottospecie di locusta.
E continuò a non dare peso alle sue
parole e alle sue scusanti per tutto il tragitto di ritorno nel
corridoio,
dirigendosi verso il lato ovest della villa per salire ai suoi
appartamenti e
chiudersi la porta dello studio alle spalle quando lo raggiunse con
Rufiōne al seguito. Era il momento di
parlare di affari e non voleva terzi incomodi o interruzioni, e sarebbe
stato
meglio che Rufiōne cominciasse a metterselo bene in testa.
Eppure qualcosa,
in quella stanza la cui unica fonte di calore e luce era un camino
acceso, gli
dava come l’impressione di non essere più soli.
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Partiamo
con il dire che quest'immagine a lato è carinissima, anche
se
con il contesto non c'entra un bel niente u_u Però avevo una
voglia matta di inserirla ed ecco alla fine il risultato x)
Comunque sia, questa
storia, che ha come fonte di ispirazione centrale uno
dei “Mugiwara Theatre”
come accennato nelle note iniziali - anche se, in verità,
con
esso ha davvero ben poco a che fare -, è stata scritta per
il
contest
“Dal
numero alla storia”
indetto da Akane_Hirai, del quale stiamo ancora attendendo i giudizi.
In verità non ho idea di quanto sia
rimasta in linea
con il carattere dei personaggi, però, giacché si
trattava di un “Mugiwara
Theatre”, credo che vadano bene anche così.
La storia sarà composta da soli
cinque capitoli, e proverò ad aggiornare ogni settimana,
tempo permettendo.
Spero comunque che in qualche modo vi abbia momentaneamente
interessati.
Al prossimo capitolo. ♥
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Farai felice milioni di
scrittori.
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