Una
settimana.
Un piccolo racconto sulla settimana di due persone. Possono essere i
nostri amati Ryo e Kaori, ma potrebbero anche non esserlo. In fondo si
tratta solo della storia di un uomo e una donna che si amano in segreto
da anni, e che vivono nella stessa casa. I due personaggi non hanno un
nome, potete chiamarli Ryo e Kaori o no. Io ho preferito lasciarli
anonimi.
Spero
vi piaccia. Buona lettura.
Lunedì.
Si
infilò la giacca. Aveva già la mano sulla
maniglia della porta d'ingresso quando lei lo chiamò.
“Esci?”
Lui
si voltò a guardarla ed annuì, sentendosi in
colpa come sempre, ma cercando di nasconderlo persino a se stesso.
“Ok.
Non fare troppo tardi.” replicò lei con tono
rassegnato dirigendosi verso il divano e sedendocisi.
Lui
rimise la mano sulla maniglia ma si bloccò quasi subito.
Fece un passo indietro per guardarla. Poteva vedere le sue spalle,
sembravano così basse, come se fosse molto stanca o, molto
più probabile, molto triste. Avrebbe voluto prenderla tra le
braccia e stringerla, sussurrarle dolci parole affettuose e farla
sorridere, ma non ne era mai stato capace.
Fece
un altro passo nella sua direzione, non riuscendo ad allontanarsi da
lei.
“Tu
che farai?” chiese infine cercando di posticipare il
più a lungo possibile il momento in cui sarebbe dovuto
uscire di casa e lasciarla sola.
“Niente
di importante. Guarderò un po' di TV.
Perchè?”
Bella
domanda. Avrebbe potuto dirle che voleva stare con lei, abbracciarla e
passare la serata su quel divano a guardare stupidi programmi
televisivi, solo per non lasciarla, solo per affondare il viso fra i
suoi capelli e aspirare il suo profumo. Avrebbe potuto dirle che
l'amava e che era stanco di nasconderlo, ma non lo fece. Invece, si
tolse la giacca e si sedette accanto a lei con aria casuale.
“Non
ho molta voglia di uscire, in fondo. È una serata fiacca,
sarebbe solo una noia. Resto a casa.”
Finse
di non notare il sorriso che lei tentava di nascondere. Era felice di
averlo con lei e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, anche lui lo
era.
Dopo
un'ora passata a guardare uno stupido programma televisivo sulle candid
camera, lei si era addormentata sulla sua spalla. Il suo respiro
regolare era come musica nelle sue orecchie. Avrebbe potuto facilmente
prenderla in braccio e portarla nel suo letto, oppure svegliarla e
invitarla ad andarci da sola, ma non voleva. Stava troppo bene con lei
vicino. La strinse a sé e, delicatamente, la stese accanto a
lui. Non voleva lasciarla, non voleva addormentarsi senza di lei anche
quella sera. Forse il divano non era il posto più comodo del
mondo dove prendere sonno, ma era sicuramente l'unico posto in cui
voleva stare in quel momento, con lei.
Martedì.
Aprendo
gli occhi quella mattina, si sentiva stranamente rilassata, ma niente
l'aveva preparata alla sorpresa di ritrovarsi sul divano accanto a lui.
I loro corpi si erano intrecciati nel sonno, come se cercassero di
fondersi insieme, e ora non sapeva dove finiva lei e iniziava lui.
Lui
dormiva profondamente e sembrava molto sereno. Si chiese
perchè non si era spostato nel suo letto in modo da dormire
più comodo. Perchè era rimasto su quel divano
bitorzoluto, per di più con lei? Mentre era assorta da
questi pensieri, si accorse che le braccia di lui la stringevano in
maniera quasi possessiva. Anche volendo, non avrebbe potuto
allontanarsi da lui, se non svegliandolo. D'altra parte, lei voleva
restare fra le sue braccia. Emise un leggero sospiro e sorrise prima di
adagiare nuovamente il viso sul suo petto. Avrebbe potuto restare
lì tutto il giorno.
Era
stata una giornata piacevole. Lui era stato gentile e non l'aveva fatta
arrabbiare nemmeno una volta. Questo poteva essere considerato una
sorta di record. Non l'aveva presa in giro né insultata, non
era stata sarcastico o presuntuoso. Era stata una giornata ideale e le
sembrava quasi un peccato che stesse per finire.
Dopo
aver rassettato la cucina, si diresse stancamente verso il divano per
rilassarsi un po', magari ripensando a quanto era stato piacevole stare
tra le sue braccia quella mattina. Non si aspettava certo di trovarlo
nel salotto, comodamente disteso sullo stesso divano mentre faceva
zapping con il telecomando.
“Stasera
c'è un documentario sui pinguini, ti va di
vederlo?” propose lui con aria casuale.
Lei
rimase immobile domandandosi se aveva capito bene. Intendeva dire
vederlo con lui? Insieme? Come la sera prima? Era stata lusingata del
fatto che lui avesse rinunciato a uscire per stare con lei, e ora
sembrava che lui volesse replicare. Era più di quanto
potesse sperare.
“D'accordo.”
acconsentì sedendosi accanto a lui come se fosse la cosa
più normale del mondo, mentre in realtà il suo
cuore martellava fin troppo velocemente. Ci vollero dieci minuti
perchè il suo battito tornasse a una velocità
normale.
Circa
un'ora dopo, notò divertita che lui si era addormentato con
la testa poggiata sul polso, come se avesse tentato a tutti i costi di
restare sveglio. Con delicatezza per non svegliarlo, lo
adagiò sul suo grembo in modo che fosse più
comodo. Da quel momento in poi, la vita dei pinguini dell'Antartide
passò decisamente in secondo piano. Non riusciva
più a distogliere lo sguardo dal suo viso, il profilo del
suo naso e la forma delle sue labbra erano per lei qualcosa di
ineguagliabilmente perfetto. Mentre con una mano cominciò ad
accarezzargli i capelli scuri sempre in disordine, con l'altra mano
percorse i delicati contorni del suo viso. Le sopracciglia decise, gli
zigomi alti e la sua mascella squadrata e mascolina si impressero a
fuoco nella sua mente, tanto che avrebbe potuto ritrarlo a memoria.
A
risvegliarla dalla sua contemplazione furono i titoli di coda del
documentario. Aveva completamente dimenticato lo scorrere del tempo e
si rese conto solo in quel momento che era decisamente tardi. Anche se
non avrebbe voluto, doveva svegliarlo in modo che entrambi potessero
andare a dormire.
“Sveglia,
dormiglione!” gli sussurrò nell'orecchio.
“Dovresti andare nel tuo letto.”
Lui
mugugnò dei suoni indistinti, come un bambino capriccioso, e
si sfregò la faccia con le mani.
“No,
voglio restare qui, è meglio.” rispose infine
tenendo ostinatamente chiusi gli occhi.
“Va
bene, ma almeno fammi alzare, così almeno io
potrò andare a dormire nel mio letto.”
“Non
mi va. Resta anche tu qui.”
Lei
aprì immediatamente la bocca per protestare, ma si
bloccò subito. Perchè avrebbe dovuto rifiutare?
Lei voleva restare lì con lui. La notte prima aveva dormito
meravigliosamente fra le sue braccia ed era felice di poterne avere
nuovamente l'occasione. Avrebbe potuto dirgli che temeva di essere di
troppo e che così avrebbe dormito scomodo, ma non lo fece
perchè lui avrebbe potuto darle ragione e mandarla via.
“Allora
fammi spazio.” disse invece cercando di avere un tono
spontaneo e rilassato.
Lui
si tirò su a sedere dandole lo spazio per sdraiarsi accanto.
Un minuto dopo erano sdraiati su un fianco, uno di fronte all'altro, e
lui le circondava la vita con le braccia. Lei sorrise e
affondò il viso nella sua spalla mentre ascoltava il suo
respiro farsi sempre più profondo sino a prendere sonno.
Mercoledì.
Ancora
prima di aprire gli occhi, la sua mente e il suo corpo avevano iniziato
a reagire al fatto che lei fosse così vicina. Un dolce
profumo lo avvolgeva e il suo morbido corpo era come complementare al
suo, rendendo possibile persino dormire comodi su quel divano.
Come
la mattina precedente, lei si era svegliata per prima, ma questa volta
non aveva reagito irrigidendosi per la sorpresa. Era rimasta appoggiata
al suo petto, mentre con una mano gli solleticava il collo. Non era
facile per lui rimanere impassibile a quel delicato contatto che lo
divertita e lo eccitava allo stesso tempo. Resistette sinché
poté, ma poi dovette cedere e lasciarsi andare in un sorriso
mentre apriva gli occhi.
“Buongiorno.”
la salutò dandole un delicato bacio sulla fronte.
“Sei sveglia da molto tempo?” continuò
ignorando il rossore che aveva colorato violentemente il suo viso.
“B-Buongiorno.”
replicò lei imbarazzatissima. “Non è da
molto, circa mezz'ora.”
“E
ti diverte molto farmi il solletico mentre dormo? Non ti facevo
così sadica!” scherzò lui
approfittandone per stringerla leggermente di più a
sé.
“Io
non volevo essere sadica, e nemmeno farti il solletico. Volevo solo
svegliarti delicatamente.” replicò lei con lo
sguardo basso.
“E
ci sei riuscita, però mi hai anche fatto il solletico, e ora
sai cosa ti aspetta?” domandò lui cercando di
trattenersi dal ridere mentre lei lo guardava confusa.
La
mano di lui si avvicinò lentamente al fianco di lei e, prima
che lei potesse rendersene conto, le stava facendo il solletico. Lei
lanciò un urlo di stupore prima di scoppiare a ridere mentre
cercava di liberarsi dalla sua stretta.
“Non
mi scappi!” insisteva lui divertito mentre lei continuava a
ridere e a urlare pregandolo di fermarsi.
“Ti
prego!” urlava lei non riuscendo più a contenersi.
“Farò quello che vuoi!”
Lui
si fermò immediatamente e la fissò negli occhi
diventando improvvisamente serio.
“Qualsiasi
cosa?” chiese maliziosamente prima di scoppiare a ridere
quando vide il suo viso stupito.
Era
stato davvero tentato di sfruttare l'occasione per chiederle qualcosa
di piccante, solo per il gusto di vederla arrossire. Avrebbe potuto
dirle che voleva passare la notte con lei in un letto e non in un
divano, e che avrebbe voluto stringerla a sé senza avere tra
loro la barriera dei vestiti. Avrebbe potuto dirle che voleva fare
l'amore con lei, in maniera lenta e appassionata, e che avrebbe voluto
sentirla gemere di piacere mentre lui baciava ogni centimetro della sua
candida pelle, ma non lo aveva fatto. Con noncuranza, aveva chiuso il
discorso fingendo di aver scherzato, e da quel momento non faceva altro
che ripetersi di essere stato un idiota. Forse non sarebbe dovuto
essere così diretto come aveva pensato, ma avrebbe dovuto
comunque dire qualcosa.
Dopo
averci rimuginato per tutto il giorno, era giunto a una conclusione.
Forse proporle di fare l'amore, così, di punto in bianco,
era troppo, ma avrebbe potuto almeno baciarla. Perchè non
l'aveva ancora fatto? Cosa lo aveva bloccato? Avevano passato due notti
appiccicati l'uno all'altra, in una situazione che chiunque altro
avrebbe sfruttato, eppure l'unica cosa che era riuscito a fare era
stata baciarla sulla fronte e farle il solletico. Non che fosse stato
spiacevole, tutt'altro, ma avrebbe potuto fare il primo passo per
delineare il loro rapporto e, invece, si era vigliaccamente rifiutato.
Sì, era decisamente un codardo. Nessuno probabilmente
avrebbe avuto il coraggio di accusarlo di ciò sperando di
tornare a casa intero, ma lui sapeva benissimo di esserlo. Non in
generale, ma per quanto riguardava lei, sì, e ne era stufo.
Risoluto, si decise a fare qualcosa quella sera stessa.
Dopo
una passeggiata che lo aveva aiutato a schiarirsi le idee,
rientrò a casa con in mano dei fiori. Per puro caso, si era
imbattuto in un venditore ambulante di rose e ne aveva comprato un
mazzo per pochi spiccioli. Non sapeva perchè, ma aveva
pensato che poteva essere un gesto adatto per rompere il ghiaccio.
“Sono
a casa!” gridò appena chiusa la porta d'ingresso
mentre si toglieva la giacca e cercava di nascondere il mazzo di fiori.
Fu
sorpreso di non trovarla né in cucina né in
salotto. Incuriosito, girò il resto della casa alla sua
ricerca e, sorprendentemente, si rese conto che era nella sua camera da
letto.
“Cosa
fai qui?” domandò più sorpreso che
infastidito.
“Oh,
ciao. Nulla, sto riordinando. Ho pensato che nella tua camera
c'è troppa confusione e volevo farti una sorpresa e
sistemarla prima del tuo rientro.” ammise lei con lo sguardo
basso per l'imbarazzo.
Lui
sorrise e fece qualche passo nella sua direzione sino a trovarsi a solo
un metro da lei. Con una mano le accarezzò il mento,
costringendola ad alzare il viso e a guardarlo negli occhi.
“Grazie.”
disse semplicemente e la vide illuminarsi felice. “Ti ho
comprato questi.” aggiunse scoprendo i fiori che sino a quel
momento erano rimasti nascosti dalla sua giacca.
Lei
spalancò la bocca per la sorpresa mentre prendeva fra le
mani il mazzo di rose. Era ammutolita, non riusciva a parlare.
Sorrideva e i suoi grandi occhi castani si stavano riempendo di lacrime
di commozione. Senza dire una parola, gli gettò le braccia
al collo e lo abbracciò con forza, come se avesse paura di
vederlo scappare. Lui sorrise e la strinse a sé aspirando il
suo dolce profumo.
“Deduco
che le rose ti piacciano.” commentò lui ironico
mentre cercava di allontanarsi da lei il tanto sufficiente per vederla
in viso.
“Sei
uno stupido. Certo che mi piacciono, sono bellissime!”
replicò infine lei ricambiando il suo sguardo.
“Solo che non me le aspettavo.”
“Credo
che sia per questo che si chiamano “sorprese”, non
credi?”
Lei
si finse arrabbiata e gli diede un piccolo pugno sulla spalla, ma in
realtà stava solo cercando di nascondere il sorriso che le
era spuntato spontaneamente in viso.
“Perchè
mi hai comprato dei fiori?” chiese lei tornando seria e
fissandolo con qualcosa che a lui sembrava speranza.
“E
tu perchè volevi sistemare la mia stanza?”
replicò lui per prendere tempo.
Divertito,
la vide abbassare nuovamente il viso imbarazzata mentre giocherellava
distrattamente con uno dei fiori.
“Comunque,”
aggiunse lui per non insistere, “ti ho comprato dei fiori
perchè mi andava di farti un regalino. Ho incontrato un
venditore ambulante di rose e ho pensato che ti sarebbero piaciuti. A
quanto pare avevo ragione.” concluse facendo spallucce.
Lei
rialzò gli occhi lucidi e lo guardò con uno
strano sorriso. Sembrava che stesse per scoppiare a piangere.
“E
a me andava di fare una cosa gentile per te.”
replicò lei con voce strozzata.
Oh,
accidenti, si disse lui, cosa sto aspettando? La prese fra le braccia e
la strinse a sé. I loro visi erano a pochi centimetri l'uno
dall'altro.
“Allora,
grazie anche a te.” disse lui prima di poggiare delicatamente
le sue labbra su quelle morbide di lei. Aveva un sapore dolce e fresco,
come una bibita ghiacciata in una calda giornata d'estate ma, allo
stesso modo, quella sensazione piacevole fu di breve durata. Ora capiva
perchè non l'avesse mai baciata prima. Sapeva che non si
sarebbe accontentato di un breve contatto. La voleva in maniera totale,
possessiva e appassionata. Fece violenza a se stesso per allontanarsi
da lei. La guardò negli occhi e vi lesse felicità
e paura al tempo stesso. Lui le sorrise per tranquillizzarla e poi
uscì dalla stanza diretto a fare una doccia fredda.
Giovedì.
Svegliarsi
quella mattina non era stato piacevole come le due precedenti. Si era
ritrovata sola e infreddolita nel suo letto. Il calore e l'emozione che
aveva provato tra le braccia di lui erano lontane mille miglia. Anche
se ripensare a quel bacio le faceva decisamente aumentare la
temperatura corporea.
Lui
l'aveva baciata. Lui. Aveva baciato lei. Di sua iniziativa. E non era
uno scherzo, era stato serio. Aveva paura di aver sognato tutto. Dopo
quel bacio lui si era allontanato, ma non prima di averle indirizzato
un sorriso dolce e rassicurante. Dopo averlo visto andar via, lei si
era chiusa nella sua camera, confusa e ansimante. Il suo cuore
martellava, il suo respiro era accelerato, la sua pelle scottava. Cosa
stava succedendo? Perchè negli ultimi giorni lui era
così galante, gentile e sembrava improvvisamente interessato
a lei? Poteva essere vero? Poteva essere arrivato il momento in cui i
suoi sogni si sarebbero realizzati?
Non
sapendo ancora come comportarsi, evitò di incrociarlo per
tutta la giornata, ma all'ora di cena le fu impossibile.
Mangiò in silenzio, senza alzare lo sguardo dal piatto per
non incontrare quello di lui. Aveva paura che guardandolo negli occhi
avrebbe riconosciuto il suo solito atteggiamento strafottente e
sarcastico o, peggio, avrebbe visto pentimento per quell'unico bacio.
“Vuoi
dividere con me l'ultima arancia?” le chiese all'improvviso
lui risvegliandola dai suoi pensieri confusi.
“No,
mangiala pure.”
“Sei
sicura? È l'ultima e, in più, è
piuttosto grande. Per me è troppa.” insistette lui
con tono gentile.
Imprecando
fra sé, si decise ad alzare lo sguardo. Lui era seduto
all'altro capo del tavolo e la fissava, in attesa. Non sembrava
sarcastico né pentito. Sorrideva e le mostrava l'arancia.
“D'accordo,
allora.” acconsentì lei infine.
Stupita,
lo vide alzarsi e sedersi accanto a lei, e poi iniziare a pulire il
frutto. Tagliò la buccia in modo da fare un lunghissimo e
perfetto ricciolo che poi dispose nel tavolo come un fiore.
Lei
lo guardava incantata. Era un caso, o lui voleva farle ricordare lo
splendido mazzo di rose che le aveva regalato la sera prima?
Era
ancora intenta a pensarci mentre lui tagliò uno spicchio e
glielo mise davanti al viso, invitandola a mangiare dalle sue mani.
“Non
è necessario, io...” cercò di
obbiettare lei alzando la mano per prenderlo.
“Non
ha senso che ti sporchi le mani anche tu, non credi? Le mie ormai sono
già sporche di succo d'arancia.” si
giustificò lui alzando le spalle.
Lei
riabbassò la mano e si avvicinò con il viso alla
sua mano per prendere fra le labbra il frutto succoso. Notando che lui
la guardava abbassò lo sguardo e rise nervosamente.
“Mi
sento molto sciocca.”
“Non
devi. Non lo sei.” la confortò lui addentando un
altro spicchio.
Involontariamente,
rimase a fissare la sua bocca che masticava in maniera voluttuosa il
frutto. Nella sua mente quella semplice azione risvegliava il tenue
ricordo di quando le loro labbra si erano incontrate la sera prima.
Riprese coscienza solo quando la mano di lui le tese nuovamente uno
spicchio d'arancia. Imbarazzata per essersi scoperta così
facilmente, addentò il frutto e poi abbassò lo
sguardo.
“Vieni
con me dopo?” domandò lui mentre separava
delicatamente un altro spicchio.
“Cosa?
Dove?” replicò lei allarmata.
“Usciamo.
Andiamo a bere qualcosa, magari a ballare, o anche solo a fare una
passeggiata sotto le stelle. Che ne pensi?”
Non
sapeva cosa dire. Avrebbe potuto dire che non se la sentiva di uscire
con lui, soprattutto per l'imbarazzo, e che vista l'ora tarda era
piuttosto stanca, ma non lo fece. Lui non le chiedeva mai di uscire,
era una sorta di evento miracoloso. Non poteva perdere questa occasione.
“Va
bene.” disse semplicemente con un sorriso timido.
Mezz'ora
dopo si stava guardando allo specchio dandosi della stupida. Non era un
appuntamento, lo sapeva bene, ma non poteva fare a meno di pensare che
finalmente sarebbe uscita con lui.
Per
l'occasione aveva indossato una camicetta nuova che aveva comprato
qualche settimana prima ma che non aveva ancora avuto occasione di
usare. Si chiese se non fosse troppo appariscente, la scollatura era
piuttosto ampia, troppo per le sue abitudini, e il tessuto era leggero
e un poco trasparente. Si poteva intravedere chiaramente il reggiseno
di pizzo che indossava sotto. Forse stava esagerando, avrebbe dovuto
cambiarsi o sarebbe stata ridicola.
“Sei
pronta?” chiedeva la voce di lui oltre la porta.
Si
guardò per l'ennesima volta dubbiosa. Avrebbe potuto
cambiare la camicetta in pochi minuti, ma non lo fece. Un guizzo
d'orgoglio femminile la spinse a osare. Al diavolo tutto, era uno
schianto.
Con
decisione imboccò l'uscio e si ritrovò di fronte
a lui. Per poco non ebbe un mancamento, era bellissimo. Non che si
fosse vestito in maniera elegante, ma era diverso dal solito. Come se
avesse posto più attenzione ai dettagli. Ed era dannatamente
sexy.
“Andiamo?”
chiese lei cercando di nascondere il suo turbamento.
“Certo.”
replicò lui con un tono indefinibile dopo averla guardata
velocemente.
Era
stata una sua impressione o si era accigliato per un momento?
Stava
vivendo una serata magica. Lui l'aveva portata a ballare ed era stato
gentile e galante per tutta la sera e poi, tornando a casa, l'aveva
dolcemente presa per mano mentre si dirigevano a piedi verso casa. Il
contatto delle loro mani era stato sconvolgente. Non aveva idea che un
gesto così banale potesse essere così intimo. Era
così emozionata che quasi non si rese conto del fatto che
ormai erano davanti alla porta d'ingresso. Le loro mani si
separarono quando lui dovette cercare le chiavi e in quel momento lei
senti uno strano gelo penetrargli nelle ossa. Istintivamente si strinse
nelle braccia anche se sapeva benissimo che non sarebbe servito.
“Hai
freddo?”
“Ecco...
Un po', ma non è nulla. Ora metterò il pigiama e
me ne andrò sotto le coperte, entro qualche minuto
starò meglio.”
Lui
annuì mentre le cedeva il passo nell'ingresso di casa.
Improvvisamente lei si sentì imbarazzata, fuori posto. Come
avrebbero dovuto salutarsi? Era stato un appuntamento o una semplice
uscita fra amici? Doveva cambiare qualcosa nel suo solito
atteggiamento? Lo guardò in viso e gli sembrò di
leggervi dell'aspettativa, il problema era che lei non sapeva che cosa
lui si aspettava.
“Io...
Io credo che andrò a letto. È piuttosto tardi.
Grazie della bella serata... Anzi, nottata. Sono quasi le cinque del
mattino. Forse dovrei augurarti “buongiorno” e non
“buonanotte”. In ogni caso, dormi bene.”
concluse lei rendendosi conto di aver sproloquiato fin troppo.
Si
voltò per andare verso la sua stanza ma si sentì
trattenere dolcemente la spalla. Impaurita ed emozionata al tempo
stesso, si voltò trovandosi con il viso a pochi centimetri
da quello di lui.
“Non
mi dai nemmeno il bacio della buonanotte?” chiese lui con un
sorriso malizioso.
Sentì
il rossore salirle alle guance e abbassò lo sguardo, ma lui
le sfiorò il mento costringendola ad alzare il viso verso il
proprio. Dopo pochi secondi che a lei sembrarono un
eternità, in cui lui la guardò con
intensità, finalmente le loro labbra si incontrarono.
All'inizio fu un bacio dolce, come quello della sera prima, ma poco
dopo la bocca di lui cominciò a esigere di più.
Con passione malcelata le mordicchiò il labbro inferiore e
lei dischiuse le labbra lasciando che la lingua di lui la accarezzasse.
Intanto, i loro corpi si strinsero sempre più, fusi insieme
in un abbraccio appassionato. Quando si separarono, erano entrambi
ansimanti ed eccitati. I loro occhi brillavano per la passione che li
divorava. Non sapendo come gestire il fuoco che le ardeva nelle vene,
lei fece un passo indietro, assicurandosi che la lasciasse andare. Lui
non disse nulla, ma le rivolse un sorriso triste.
“È
stata una bellissima nottata, ma ora è meglio che io torni
nel mio guscio. Buonanotte.” disse lei dirigendosi verso la
sua camera.
“Non
è necessario se non vuoi.” replicò lui
con voce roca.
Quando
si voltò a guardarlo notò i suoi occhi che
sembravano volerla supplicare. Terrorizzata da quello che avrebbe
potuto fare se avesse atteso ancora un minuto,
fuggì nella sua camera e vi si chiuse dentro.
Venerdì.
Cercare
di prendere sonno era stato inutile. Neanche dopo una lunga doccia
fredda. Tutto a causa di quel bacio. Quando l'aveva avuta fra le
braccia e le loro labbra si erano incontrate, aveva perso il controllo.
Aveva preso possesso di lei e della sua bocca, senza remore. La voleva,
con tutto se stesso.
D'altra
parte, quel bacio non era stata l'unica causa della sua insonnia
forzata. Erano giorni che non riusciva più a
reprimere ciò che provava, che non riusciva a starle
lontano. La sera prima era stata solo l'ultima delle tante tentazioni a
cui si sottoponeva continuamente, ma questa volta aveva ceduto. Vederla
così felice e sexy mentre rideva e ballava con lui, era
stata una lenta tortura. A fine serata era ormai sull'orlo del baratro.
Non era riuscito a evitare di tenerla per mano, rendendosi conto che
non avrebbe più voluto lasciarla. E, infine, quel bacio. Era
stato come gettare benzina nell'incendio che aveva in corpo. Avrebbe
voluto tenerla con sé per tutta la notte e per tutte le
notti avvenire, ma lei era fuggita. Era sembrata spaventata.
Perchè era scappata? Forse non provava gli stessi sentimenti
che provava lui? Eppure era convinto che lei avesse ricambiato il suo
bacio...
Dopo
essersi rivoltato nel letto per qualche ora con questi pensieri
contrastanti, decise di alzarsi. Era inutile, quella notte non avrebbe
dormito affatto. D'altra parte, non poteva certo definirla notte. Era
mattino inoltrato quando si vestì e uscì dalla
sua camera e dalla casa. Di lei non c'era traccia, forse dormiva ancora
dato che erano rientrati all'alba. Sospirò pensando che
forse era meglio così, per il momento.
Dopo
aver passato tutta la giornata fuori, cercando di tenersi occupato in
mille e inutili modi, rientrò a tarda sera. Non fu
necessario domandarsi se lei era in casa, perchè gli era
andata incontro sulla porta di casa.
“Ciao.”
la salutò lui sorpreso e anche un po' interdetto.
“Tutto bene?”
“Sì,
ciao... Ecco, io... Io ero preoccupata. Sei sparito tutto il
giorno.” replicò lei con voce flebile.
Sembrava
vergognarsi per la sua reazione ed era arrossita violentemente mentre i
suoi occhi guardavano ovunque pur di non posarsi su di lui.
“Avevo
alcune cose da fare, mi spiace se ti sei preoccupata. La prossima volta
ti avviserò se farò tardi.” disse lui
accigliandosi.
Perchè
lei aveva quello strano atteggiamento? Era solo intimidita per quello
che era successo la sera prima o c'era dell'altro?
“No,
scusami tu. Non devi rendere conto a me di come impieghi il tuo tempo.
È solo che quando fai tardi ho sempre paura che ti succeda
qualcosa di brutto.”
Lui
fece qualche passo verso il salotto, si levò la giacca e la
poggio sul divano, poi si voltò verso di lei. Si era
appoggiata al muro, con lo sguardo rivolto a terra, come una bimba in
punizione. Era assolutamente bellissima.
Si
avvicinò a lei sino a trovarsi solo a un passo di distanza.
Le prese le mani fra le sue e le strinse.
“Grazie.”
disse semplicemente mentre cercava di non farsi distrarre dalla
morbidezza della sua pelle.
“Perchè
mi ringrazi?” domandò lei perplessa alzando lo
sguardo verso di lui.
“Perchè
non merito che una persona eccezionale come te si preoccupi per
me.” concluse portandosi le sue dita alle labbra e baciandole.
Il
colorito della ragazza diventò incandescente e lui
poté percepire il suo polso accelerare e il suo respiro
affannato.
“Io...
Io non sono così speciale.”
Lui
sorrise e le circondò la vita con le braccia stringendola a
sé beandosi del calore della sua pelle delicata contro la
sua.
“Tu
sei molto più che speciale. Non ho usato la parola
eccezionale a caso. Non ho mai conosciuto una donna come te e
sinceramente dubito che ce ne siano altre al mondo.”
Lei
abbassò il viso affondandolo sul suo petto e istintivamente
lui si chinò e le baciò la nuca con dolcezza. Una
volta, due volte, mille volte aveva sognato di stringerla a
sé e di posare le sue labbra su ogni centimetro di quella
pelle diafana e ora finalmente lo stava facendo.
E,
a quel punto, fu come se il tempo si fermasse. Nessuno dei due avrebbe
potuto dire quanto durarono quei baci e per quanto tempo i loro corpi
rimasero abbracciati. Non ci furono più parole
perchè ogni singolo sguardo, ogni sfiorarsi di labbra era
diventato più significativo di un qualsiasi discorso.
Sabato.
Aprì
gli occhi lentamente, non voleva svegliarsi, non dopo il sogno che
aveva appena vissuto.
Era
tra le sue braccia, coccolata e amata, come aveva sempre desiderato. Le
loro labbra si erano cercate per tutta la notte e le loro mani non
avevano cessato di esplorarsi freneticamente sino a che non li aveva
raggiunti l'oblio del sonno.
Era
stata la notte più importante della sua vita, non si era mai
svegliata così felice. Lui l'abbracciava ancora, con il viso
addormentato poggiato sulla sua spalla. Sembrava sereno e felice come
lei.
Avrebbe
potuto svegliarlo, avrebbe potuto domandargli cosa sarebbe successo
ora, avrebbe potuto pentirsi di aver passato la notte con lui senza
avere la certezza di avere conquistato anche il suo cuore, ma non fece
nessuna di queste cose. Rimase immobile a guardarlo dormire e avrebbe
potuto continuare a farlo per il resto della propria vita.
Lui
spalancò gli occhi un'ora dopo, languido e assonnato come
solo lui sapeva essere. Per un attimo temette di scorgere in lui una
smorfia di delusione quando i loro occhi si sarebbero incontrati, ma
non accadde. Lui sorrise. Senza dire una parola, le baciò le
labbra, dolcemente, con un affetto che non pensava potesse mai
dimostrarle.
“Ciao.”
disse lei appena le fu possibile.
“Ciao.”
replicò lui divertito mentre le dava un ultimo bacio sulla
punta del naso. “Tutto bene?”
“Sì,
sì, certo...” si affrettò lei a
rispondere temendo di sembrare troppo insicura. “E
tu?” chiese infine non riuscendo a evitare di preoccuparsi
ancora di quello che lui avrebbe potuto provare.
“Come
potrei non stare bene? Sei ancora fra le mie braccia, non sei fuggita,
potrei restare qui per sempre.”
Dopo
un attimo di stupore, lei sorrise imbarazzata e tentò di
abbassare lo sguardo intimidita, ma lui intercettò il suo
viso e la baciò ancora, con una dolcezza tale da farla
commuovere. Mentre calde lacrime le solcavano il viso, lui le asciugava
il viso con le sue labbra.
Forse
stava impazzendo, forse aveva perso il senno a causa dell'amore che
provava per lui, l'ossessione aveva preso il sopravvento e ora
cominciava a considerare reali le sue fantasie.
Eppure
era tutto dannatamente reale. I suoi baci, le sue carezze i loro corpi
che reagivano alla vicinanza reciproca, non poteva essere solo frutto
della sua immaginazione. Decise di smettere di pensare e di lasciarsi
semplicemente trasportare dalle miriadi di emozioni che provava in quel
magico momento.
Riuscì
a lasciare il letto e a separarsi da lui solo quando ormai era sera.
Ogni volta che aveva provato prima di allora, lui l'aveva attirata
nuovamente a sé, non sopportando di lasciarla andare.
Finalmente lei era riuscita a fargli capire che avevano entrambi
bisogno di fare una doccia e vestirsi oltre che di mangiare, ma non era
stato facile perchè lui voleva seguirla nella doccia e
questo le avrebbe impedito di essere rapida come sempre.
“Non
se ne parla. Tu farai la doccia dopo. Ci metterò solo cinque
minuti.” gli aveva detto con tono deciso.
“Ma
potremmo risparmiare molta acqua facendo la doccia insieme, non
credi?” aveva insistito lui mentre le baciava lentamente il
collo.
“No!”
esclamò lei attingendo a tutta la sua forza di
volontà. “Succederebbe l'esatto contrario. Ora
vado io e quando avrò terminato potrai lavarti tu, mentre io
preparerò la cena.”
“D'accordo,
ma non sarà divertente.” acconsentì lui
sbuffando e nascondendo un sorriso.
Mentre
si occupava della cena, non poteva fare a meno di ripensare a quello
che era successo negli ultimi giorni e, in particolare, nelle ultime
ventiquattro ore. Era felice e sorrideva senza neanche rendersene conto.
Aveva
appena posato i piatti sul tavolo quando lui le arrivò alle
spalle e l'abbracciò, infilando il viso nell'incavo della
sua spalla.
“Che
profumino...” sussurrò lui con dolcezza.
“Non
ho preparato niente di elaborato, si tratta solo di...”
“Parlavo
di te, non del cibo. Sei molto più appetitosa di qualsiasi
manicaretto.”
Lei
arrossì e rise. Una frase del genere avrebbe potuto suonare
banale e sciocca detta da chiunque altro, ma sentirla uscire dalle
labbra dell'uomo che amava era decisamente fantastico.
Domenica.
Lottando
contro se stesso, quella mattina si era separato da lei che dormiva
ancora nel suo letto. Se avesse potuto esprimere un desiderio, sarebbe
stato quello di dilatare il tempo e fare in modo che quel momento di
felicità durasse in eterno. Ecco, questo è il mio
paradiso, pensava, non so cosa ho fatto per meritarlo, ma ora che ci
sono, nessuno me lo porterà via.
Si
era svegliato con quella consapevolezza e aveva preso all'istante una
decisione: avrebbe fatto di tutto, qualsiasi cosa, per preservare la
felicità raggiunta.
Ecco
perchè si era alzato quella mattina, ecco perchè
l'aveva lasciata sola a dormire nel suo letto, anche se avrebbe voluto
con tutto se stesso restare con lei e continuare a tenerla fra le
braccia per giorni e giorni, a costo di morire di inedia.
Doveva
fare in modo che quella giornata fosse speciale perchè
sarebbe divenuta l'inizio della sua nuova vita. Una vita accanto alla
donna che amava da anni ma che sino a quel momento aveva tenuto a
distanza, e lui era certo che lei ne avesse sofferto tremendamente. Ora
con un unico gesto poteva espiare per quello che le aveva fatto passare
e, allo stesso tempo, coronare un sogno che coltivava da anni,
praticamente dal momento che l'aveva incontrata.
Quella
sera tutto era pronto. Il suo geniale piano era stato attentamente
pianificato, non poteva fallire. Quella mattina le aveva lasciato un
biglietto in cui, in modo molto vago, le diceva di avere alcuni impegni
per la giornata ma che sarebbe riapparso in tempo per portarla fuori a
cena. Sperava che questa informazione creasse in lei una gioiosa
aspettativa e che sarebbe stata radiosa quando l'avrebbe raggiunta. Era
così bella quando era felice!
Si
era presentato da lei alle otto in punto, vestito elegantemente e con
una splendida orchidea come omaggio. Lei gli aveva sorriso arrossendo e
aveva sussurrato un timido “Grazie” poco
prima di posargli un casto bacio sulla guancia, proprio all'angolo
della bocca.
Galantemente,
lui aveva stoicamente mantenuto il controllo e poi le aveva offerto il
braccio per guidarla fuori casa dove li attendeva un taxi.
Lei
era sorpresa ma vi salì volentieri. Era lusingata da tutte
quelle attenzioni e non sapeva come esprimere la sua gioia se non
sorridendo.
“Dove
mi porti?” gli chiese infine emozionata.
“È
una sorpresa e, proprio per questo, dovrai indossare questa.”
rispose lui porgendole una sciarpa scura.
“Che
cos'è?”
“Una
benda.” replicò lui mentre faceva scorrere il
morbido tessuto sulla pelle di lei. “Non devi preoccuparti di
nulla. Ti fidi di me, vero?”
“Lo
sai che ho totale fiducia in te, ma tutto questo mi mette un po' in
agitazione.”
Lui
fece un nodo alla benda e poi gentilmente la fece voltare verso di lui.
Senza dire una parola, posò le sue labbra su quelle morbide
di lei. Mentre il loro bacio diventava più intenso, le
braccia di lei gli circondarono il collo e i loro corpi si strinsero
l'un con l'altro. Avrebbe potuto farla sua in qualsiasi momento, anche
in quel taxi, fregandosene del tassista e di chiunque altro, solo loro
due, ma non lo fece. Aveva un piano, aveva organizzato ogni cosa. I
suoi istinti dovevano tacere, almeno per il momento.
Quando
l'auto si fermò entrambi ripresero fiato. I loro respiri
affannati correvano alla stessa velocità, come anche i loro
cuori.
“Posso
toglierla ora?” chiese lei riferendosi alla benda.
“Non
ancora.”
Lui
scese dall'auto e fece il giro dall'altro lato per aprirle lo sportello
e aiutarla a scendere. La prese per mano e le si posizionò
leggermente alle spalle per guidarla.
Le
indicò ogni gradino, ogni dislivello, ogni porta e, infine,
si fermò.
“Siamo
arrivati ma tieni la benda ancora un po'.”
“Sii
più preciso. Cosa intendi con “un
po'”?”
“Solo
qualche minuto, giuro. È solo che, prima che tu veda, ho
qualcosa da dirti.”
“Allora
dimmi. Ti ascolto.”
“Quest'ultima
settimana avrebbe potuto essere una settimana come le altre ma non lo
è stata. Non sono mai stato così felice. E non
posso fare a meno di ripetermi che sono un idiota. Avrei dovuto
arrivare a questo punto molto tempo fa, ma per orgoglio e paura, non
l'ho fatto. Sono rimasto a guardare mentre tu soffrivi per la mia
indifferenza. Sono stato un vigliacco. Avrei dovuto dirti anni fa che
sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Avrei dovuto
prenderti fra le braccia e baciarti e farti mia, avrei dovuto sposarti
e renderti la madre di una mezza dozzina di piccole pesti. E invece non
l'ho fatto. Ho finto con tutti, e soprattutto con me stesso, di non
vedere il male che ti facevo e di non provare nulla per te. Ora
però, le finzioni spariranno. Ora le cose andranno per il
verso giusto.” concluse infine mentre le toglieva la benda.
La
vide sbattere le palpebre per trattenere le lacrime e guardarsi intorno
confusa. Lo stupore si disegnò sul suo volto e si
portò una mano alle labbra per reprimere un urlo di
sorpresa. Milioni di fiori li circondavano ed erano di ogni colore.
Margherite, orchidee, rose, azalee, gigli, tulipani, ortensie,
giacinti, magnolie, viole... Lui non ricordava nemmeno tutti i nomi di
tutti i fiori, ma sapeva che lei li conosceva. E sapeva che avrebbe
amato quel posto all'istante. Non sapeva se era mai stata al giardino
botanico prima di allora, ma era certamente il luogo ideale per quella
serata.
“È
bellissimo.” sussurrò lei commossa.
“Sapevo
che ti sarebbe piaciuto.” replicò lui prendendole
una mano fra le sue e portandosela delicatamente alle labbra.
“Spero che l'atmosfera sia quella giusta perchè
non posso più aspettare per dirti che ti amo.”
aggiunse infine.
La
vide deglutire e chiudere gli occhi per un secondo mentre delle lacrime
le rigavano le guance. Quando li riaprì sorrideva.
“Anche
io ti amo. Lo sapevi già, ma sono felice di potertelo
dire.” rispose lei voce roca per l'emozione.
Lui
sorrise e la baciò, assaporando le sue labbra e le sue
lacrime. Quando si separò da lei si inginocchiò e
la guardò mentre il suo viso impallidiva per lo stupore.
“Sposami.”
disse semplicemente mentre sfilava un astuccio dalla tasca della sua
giacca e lo apriva di fronte a lei.
Lei
era rimasta immobile, senza parole, guardandolo come se temesse che
potesse scomparire da un momento all'altro. Forse era stato troppo.
Forse aveva agito troppo in fretta, non le aveva dato abbastanza tempo.
“Dici
davvero?” domandò lei con un filo di voce.
“Non
avrei fatto tutto questo se non ne fossi convinto. Sai, generalmente,
questo posto non è aperto ai visitatori la domenica. Ho
dovuto farmi restituire alcuni favori per rendere questa serata unica e
speciale, e non lo avrei fatto se avessi avuto anche solo un
dubbio.”
Lei
annuì ma lo guardava ancora confusa e taceva. Lui si
rialzò e la prese fra le braccia.
“Capisco
che tu abbia dei dubbi. Una settimana fa non avresti immaginato che le
cose sarebbero andate in questa maniera e, soprattutto, che sarebbe
cambiato tutto così in fretta. Però, io sono
dell'idea che bisogna recuperare tutto il tempo che abbiamo perso, per
colpa mia, lo ammetto. Non sprechiamo un minuto di più a
farci inutili domande. Sappiamo entrambi di appartenerci e di voler
passare il resto della nostra vita insieme. È inutile
rimandare solo perchè sembra troppo affrettato, non
credi?”
Lei
abbassò il viso e si guardò intorno, come se
cercasse una conferma nei fiori che la circondavano. Poi chiuse gli
occhi e fece un profondo respiro. Quando li riaprì,
sorrideva.
“Hai
ragione. Forse è tutto affrettato e folle, ma d'altra parte
sono anni che aspetto questo momento e l'amore è folle,
giusto? Quindi, se davvero vuoi sposarmi, la mia risposta è
sì.”
Un
esplosione di gioia lo invase facendolo sentire come ubriaco. La prese
ancora fra le braccia e la sollevò sino a che i loro visi
erano alla stessa altezza.
“Amore
mio, mi rendi così felice! Farò del mio meglio
per essere il marito che meriti.” disse prima di baciarla con
dolcezza, come per suggellare quella promessa.
Un
mese dopo.
Lo
specchio rifletteva la sua immagine, ma faceva fatica a riconoscersi.
Il viso truccato, i capelli acconciati con eleganza, l'abito che faceva
risaltare il suo corpo, quella nello specchio non sembrava lei. Forse
era un sogno, un bellissimo e crudele sogno da cui si sarebbe svegliata
più triste che mai.
“Sei
pronta?” le chiese la sua migliore amica comparendo nello
specchio accanto a lei. “Sei bellissima. Nervosa?”
“Io...
Sono terrorizzata.” replicò lei senza riuscire a
distogliere lo sguardo dal suo riflesso.
“Ti
capisco cara, ci sono passata anche io, però ora devi farti
coraggio. Mio marito ti aspetta per accompagnarti all'altare.”
L'ultima
parola la risvegliò dal suo torpore, ricordandole che era
tutto vero.
Era
il giorno del suo matrimonio. Lei era la sposa. L'uomo che amava
l'attendeva all'altare. Non poteva e non doveva esitare. Tutto era
pronto, tutto era perfetto.
Se
solo i suoi genitori e suo fratello fossero stati ancora vivi per
assistere a quello che sarebbe stato il giorno più bello
della sua vita! Loro l'avrebbero osservata dal cielo.
Guardò
ancora in viso la sua migliore amica che le avrebbe fatto anche da
damigella d'onore. Suo marito avrebbe fatto le veci di suo padre
accompagnandola. Ormai erano diventati loro la sua famiglia, c'erano
stati in ogni momento difficile degli ultimi anni, aiutandola sempre
come una figlia. Era quindi giusto che rappresentassero un po' i suoi
genitori.
Si
fece coraggio e raggiunse la sua postazione. Il suo accompagnatore era
rigido e impacciato nello smoking mentre arrossiva e sudava
copiosamente.
“Sei
molto bella.” si sforzò di dire il gigante.
“Grazie.”
Quando
partì la musica il suo cuore mancò un battito.
Era arrivato il momento. Aveva di nuovo paura. E se qualcosa fosse
andato storto? E se lui non si fosse presentato? O peggio, se si fosse
pentito ma magari la volesse sposare comunque per semplice orgoglio?
Mentre
questi pensieri le vorticavano intesta avevano iniziato il lento
percorso lungo la navata della piccola chiesa. Avrebbe dovuto
concentrarsi sul non calpestare il vestito ma riusciva solo a pensare
che sicuramente sarebbe andato tutto male.
Tutti
i loro amici erano presenti. Si trattava di un gruppo piuttosto
piccolo, perchè i veri amici di cui si fidavano non erano
tanti, ma eccoli tutti lì, felici e sorridenti
perchè finalmente si erano decisi a dichiarare al mondo il
loro amore.
Guardando
verso l'altare lo vide. Accanto al prete, sulla destra, lui era
lì che l'aspettava con un sorriso felice e incoraggiante.
Nessun segno di pentimento gli si leggeva in viso. Sentendosi
più rilassata, anche lei sorrise, giusto in tempo per
arrivare davanti all'altare e fermarsi di fronte all'uomo che amava.
Avrebbe
potuto andare tutto male, ma non accadde. Fu un matrimonio semplice e
perfetto, come lei aveva sempre desiderato.
FINE.
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