Alla ricerca del Supremo

di rardef
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Dende si alzò dal letto tutto sudato, con la sensazione di essere osservato e infatti era così. Kira lo guardava con quei suoi occhi curiosi, non avevano mai avuto un ospite delle fattezze del namecciano e quella presenza lo incuriosiva. 
Dende ripensò a quello che era accaduto da quando aveva deciso di vivere per un po’ tra quelle persone che doveva proteggere. Aveva maturato quell’idea nella Stanza dello Spirito e del Tempo, del resto lui non sapeva niente di quel mondo. Appena sorto il sole si era diretto sulla strada che lo avrebbe portato, secondo le carte che aveva trovato, nella Città dell’Ovest. Trovare il sentiero non era stato difficile, era ancora ben segnato nonostante non ci passasse tanta gente da molto tempo ormai. 
All’imbrunire del primo giorno di cammino prese una capsula dall’astuccio che Bulma gli aveva regalato come benvenuto e fece apparire una casa. All’interno trovò tutte le comodità che poteva immaginare: un letto comodo, una tv a colori, una doccia calda e perfino gli armadi a muro pieni di provviste e vestiti! Pensò tra sé e sé che gli umani avevano proprio un ingegno fuori dal comune per arrivare a creare una casa che fosse contenuta in una capsula ed era curioso di vedere quali altre meraviglie erano in grado di costruire.
Il mattino dopo si rimise in cammino e fu sulla strada che trovò un uomo ferito gravemente e una ragazzina china su di lui a piangere. 
“Che cosa è successo?” disse il namecciano
“Dei banditi ci hanno aggredito e hanno ferito mio padre” rispose la ragazza. 
“Fammi vedere, forse lo posso aiutare” dicendo così Dende si avvicinò all’uomo a terra. Aveva uno squarcio alla testa dal quale continuava a uscire sangue. Senza pensarci due volte impose le sue mani e attingendo a fondo ai suoi poteri infuse nuova energia nel corpo davanti a lui. Gli occhi della ragazza si spalancarono per la sorpresa vedendo che la ferita del padre si stava rimarginando a vista d’occhio.
L’uomo spalancò gli occhi e vedendo il namecciano chino su di lui trasalì. Si alzò in piedi e abbracciò la figlia.
“Tu.. tu mi hai salvato la vita..” esclamò “grazie, non so come sdebitarmi.. mi chiamo Gordo e questa è mia figlia Kira”
“Non si deve sdebitare” disse Dende imbarazzato arrossendo, non era abituato infatti a essere ringraziato.
“Oh invece si che devo, dove sei diretto ragazzo?” disse Gordo
“Sto andando alla città dell’Ovest” rispose Dende
“Bhè la città è molto lontana da qui e non ci arriverai sicuramente oggi, vieni stasera sarai nostro ospite e dormirai a casa nostra” e senza dargli il tempo di replicare l’uomo si girò e iniziò a camminare. 
Ora che li guardava bene riuscì a vedere che i due si somigliavano tantissimo, entrambi erano bassi e tarchiati, stessi capelli neri e mani grandi. Quello che li distingueva erano gli abiti che indossavano: lui aveva un enorme cappello giallo, una giubba nera, una camicia a fiori blu e dei pantaloni arancioni. Sembrava che quella mattina avesse preso i primi abiti che aveva trovato e li avesse indossati. Altro particolare dell’uomo erano i baffi che erano giganteschi e si arricciavano all’insù. La figlia invece aveva un vestito a fiori azzurro, molto sobria e carina.
Arrivati a casa il vecchio si mise comodo su una sedia a dondolo e si accese una pipa. Era ora di cena e Dende spiegando imbarazzato il rapporto della sua razza con il cibo disse che sarebbe andato a letto a riposare.
“Ciao Kira” disse Dende alla ragazza che lo guardava dalla porta che, diventando tutta rossa, scappò via. Dopo essersi messo i vestiti da umano che aveva messo il giorno prima nella casa-capsula, uscì per riprendere il suo viaggio.
“Vai già via?” disse Gordo “Va bene, quando tornerai ti dovrai fermare di nuovo qui a raccontarmi come ti è sembrata la città ok? Ci sono due strade per andare alla città dell’Ovest, una lunga e una corta. Le riconoscerai quando vedrai il bivio. Mi raccomando non avere fretta di arrivare, ci sono voci terribili su chi si avventura per la strada più breve” e senza aspettare risposta l’uomo entrò in casa chiudendo la porta.
“Strani questi umani, chissà come saranno quelli di città” e detto questo si incamminò verso la strada che Gordo gli aveva indicato.




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