Calpestata
in una spietata danza
frenetica, si alza la polvere dell’arena infiammata dai raggi
del sole romano. I
gladii fendono l’aria con maestranza muovendosi per uccidere,
eroici e sonanti
rifulgono di letale bellezza in cerca di fiumi di sangue glorioso. Si
schiantano le lame, poi rifuggono, poi s’inseguono, le mani
che le reggono non
hanno che da evitare la benché minima pietà. Ma
Massimo Decimo Meridio
custodisce nelle braccia il fuoco prosperoso delle battaglie e del
sacro amore
per una famiglia distrutta, e arde assai più del capriccioso
odio d’un bambino
viziato.
Tu,
quello stesso bambino con occhi di gelido veleno che, smarrito il
gladio, sfodera l’infido e affilato stiletto e con rabbia
viscerale attacca il
fedele uomo dell’impero che mai conobbe il disonore
d’un ego spropositato. Già
sanguini, aspide, e macchiate le belle spoglie candide da magnifico princeps, magnifico fra i mortali come
vorresti, il popolo intero trattiene il respiro quando i colpi decisi
di
Massimo picchiano su quel tuo viso d’un angelo perverso. Il
suolo polveroso impastato
di violenta morte e gloria fittizia, oh quel suolo, quanto brama in
quest’istante
la tua caduta rovinosa, o Lucio Elio Aurelio Commodo, schiacciato dalla
tua
sciocca superbia e da quei tuoi biechi valori di cui hai impregnata
l’anima. Cercando
un equilibrio almeno in questi attimi fatali e così assurdi,
Cesare, non ti
concedi nemmeno il lusso di cacciar giù il sangue che
t’invade il palato. E
lotti, belva ferita e in trappola, contro la fine che si staglia netta
e
pesante sul tuo petto ad ogni colpo impietoso che ti spacca la mascella.
Duri
i gomiti, le nocche, il
calcio… vero?
Dolore.
Dolore soffocante che ti esplode
in faccia. Ti brucia la sconfitta già scritta, come possono
bruciare le lingue
bollenti degli inferi.
Il
suono tragico delle ossa che
si aprono alla tua disfatta, o Commodo. Annega nel tuo sangue, se ti
basta, vanitoso
puledro. Ma come potrebbe il tuo fiero ego non tentare
all’estremo di
dimostrare che sei tu, tu e nessun’altro lo strenuo
vincitore? La vita è così
ingiusta, è cattiva, una madre che avvelena il figlio goccia
dopo goccia e
giorno dopo giorno. Cadi nella polvere giallastra, la respiri solo il
tempo di
rialzarti e devi finire quello che hai iniziato perché se
volevi ucciderlo
questo soldato insubordinato, è meglio che tu resista,
principe, e lo faccia, tutti
ti stanno guardando. Ma va a vuoto il tuo pugno serrato,
perché Massimo ti
domina completamente, come sempre è stato e come mai hai
evitato che fosse. Lo
senti il funesto canto della tua completa disfatta?
Si
tendono i muscoli, ancora,
quando l’uomo a cui hai sottratto ogni cosa piega il tuo
braccio per puntare lo
stiletto contro la tua gola scoperta. Tu sai bene che niente
fermerà la sua
mano adesso, su di te non farà uso della sua benevola
misericordia.
I
pugni contro la sua spalla sono
come una richiesta d’aiuto silenziosa, mentre sbuffi
l’aria fuori dalle labbra
coperte di sangue. L’hai odiato, lo stai odiando ora, ma non
hai mai voluto
ferirlo. Non hai mai voluto niente di tutto questo, solo un briciolo
d’amore se
non da tuo padre, se non da tua sorella, se non dal tuo popolo, almeno
dall’uomo
perfetto in cui avresti voluto poterti specchiare. Lui ostinato, ti ha
disprezzato fin dall’inizio, e cosa fa un uomo quando
l’amore consunto si
trasforma in odio? Ah, se solo si potesse cancellare tutto con un bacio
caritatevole, ma quale bacio sarebbe mai più riprovevole di
quello
insanguinato, sodomita e delirante a cui aspiri, illuso, con la morte
già
calata nelle tue iridi pallide?
È
bello Massimo, e forte, e ti
sta uccidendo, lo percepisci nella sua espressione impassibile e
così sicura di
quello che fa. Sicuro come tu, Commodo, non sei stato mai nella tua
vita. Difatti,
guarda, in cosa l’hai trasformata se non in un incubo di
bieca solitudine e acerrimo
dolore?
La
disperazione folle e deviata si
mescola alla luce bianchissima del sole accecante, lì, nel
tuo sguardo sfatto
che si spalanca all’acume gelido che facilmente ti attraversa
il collo
statuario… Tremano violentemente le tue labbra schiuse,
così è finita. Per
l’eternità,
avrai almeno la consolazione che il suo viso è
l’ultima cosa che puoi vedere, insieme
alla foschia traballante delle lacrime. E quasi incredulo stringi
dolcemente le
dita alle sue spalle, mentre lui soddisfatto nella tua carne affonda la
lama.
Ancora,
e ancora.
Hm,
ehilà. Noticina dell’autrice!
Mi
sentivo in dovere di scrivere qualcosa in questa sezione,
nonostante probabilmente non ne sia all’altezza.
Spero
che comunque nessuno sia arrivato fino a questo punto
storcendo il naso.
Insomma,
lo so, è da pazzi vedere dello slash in un film
come “Il Gladiatore”, ma so di non essere
l’unica a farlo :)
Mi
piace immaginare in tutto quell’odio da parte di Commodo,
nient’altro che un sentimento d’amore sfiorito e
negato…
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