Axl
era morto
Axl
era morto e lo sapeva meglio di
chiunque altro.
No,
in realtà no, forse Axl non lo
sapeva, forse era intento a dimenarsi in boxer su un palco o a scoparsi
una
ragazza da qualche parte dopo un qualsiasi concerto.
In
effetti probabilmente Axl non sapeva
di essere morto, solo William era perfettamente a conoscenza di quel
dettaglio.
Morto.
Morto e sepolto nei suoi stessi
ricordi.
Quando
era successo? William se lo
chiedeva ogni giorno e la risposta che si dava era sempre diversa.
Una
volta era quando Izzy se n’era
andato, un’altra era la data di pubblicazione di The Spaghetti Incident?,
un’altra volta ancora era quando si era
visto dare a Daren Jay il benvenuto nella band.
Insomma,
era morto, e i morti non si
resuscitano.
A
volte William lo vedeva ancora. Tutte
le notti, in realtà.
Si
sedeva ai piedi del suo letto, gli
puntava contro il dito medio e rideva. Rideva come un folle, scuotendo
la testa
e guardandolo con aria di estremo compatimento.
-
Credi di poter prendere il mio posto?
– diceva – Non lo vedi che sei un totale
fallimento? –
E
William lo sapeva, su questo non c’era
dubbio.
Gli
capitava di guardarsi allo specchio
e cercare Axl tra i propri lineamenti, ma non vedeva niente.
Storceva
la bocca, cercava di ricreare
le sue smorfie, ma il volto che lo specchio rifletteva era sempre solo
il suo.
Axl non c’era più.
Si
passava le mani tra i capelli, probabilmente
l’unica cosa che Axl gli aveva lasciato, anche se ormai
più crespi e molto meno
lunghi.
Ogni
giorno era un nuovo inizio, si
diceva: avrebbe potuto farlo tornare, e se non ci fosse riuscito
avrebbe sempre
potuto convincere il mondo di averlo fatto. Non era poi così
difficile, in
fondo. Da qualche parte Axl doveva pur essere.
William
non chiedeva molto, gli sarebbero
bastate le sue ceneri. Le avrebbe sparse attorno a sé e
sarebbe rimasto in
adorazione, cercando di assorbire tutto quello che poteva.
Eppure,
no, Axl non era d’accordo. Si
sedeva a gambe incrociate sul pavimento e lo fissava ghignando.
I
momenti peggiori erano quelli in cui
decideva di cantare.
Oh,
sì, William avrebbe voluto
ucciderlo, se non fosse stato già morto.
Stava
lì, per terra, lo guardava,
cantava e rideva. Alcune volte gli chiedeva di imitarlo e William si
sentiva
come se un macigno gli fosse piombato addosso.
La
verità era una sola: non poteva
farci nulla. Forse avrebbe dovuto smettere di fingersi qualcuno che non
era.
Avrebbe potuto dare un ultimo umiliante concerto assieme a Slash, Izzy,
Duff e
Steven e poi ritirarsi.
O
farsi fuori, come Kurt. No, era in
ritardo anche per quello.
Axl
invece no, l’aveva battuto sul
tempo ed era stato maledettamente in orario.
E
probabilmente lo sapeva anche, lo
sapeva così bene che il suo Paradiso era proprio sbattere in
faccia a William
la realtà, una vita vuota quanto il nome che si ostinava a
rivendicare.
Era
morto, Axl, e lo sapeva meglio di
chiunque altro.
Con quasi un mese di ritardo, buon compleanno, Mr. Rose.
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