Cap. 1
“E così, Harry è… è…”
“No! Non sappiamo se è… morto!”
“Ma il velo, Ron…”
“No Hermione! In fondo, chi l’ha detto? Nessuno sa cosa
succede a chi cade dietro quel velo, quindi… quindi perché dobbiamo dire che
Harry è morto? Forse sono solo finiti in un qualche luogo sperduto e… e poi…”
La voce di Ronald Weasley sfumò, assieme alle sue ultime
parole. Abbassò gli occhi iniziando a fissare il pavimento bianco e si rese
conto che la verità, raccontata in una maniera o nell’altra, era sempre
terribile.
Hermione, stesa sul suo letto, tra le lenzuola bianche del
San Mungo e ancora con gli occhi chiusi, sospirò.
“E poi, se è così… torneranno. O tornerà solo uno… il più
forte.”
“E se questo fosse stato tutto un tranello di Tu-Sai-Chi? E
se Lui avesse organizzato tutto, in modo da scontrarsi da solo con Harry ed
essere in vantaggio?”
Ron stringeva le mani attorno alla spalliera della sedia
accanto al letto, e si mordeva il labbro inferiore nervosamente. Guardava la
sua amica, che sembrava vivere una calma surreale per quella che era la
situazione, la sua situazione.
Una voce pacata e stanca rispose alla sua domanda.
“Non credo signor Weasley. La signorina Granger non era
cosciente e non ha potuto vedere, ma io c’ero… e anche se non ho fatto in tempo
ad intervenire, ho visto l’espressione quanto mai meravigliata di Tom, quando
Harry è riuscito a farlo barcollare nei pressi del velo. Forse lui era l’unico
a sapere cosa lo aspettasse, una volta oltrepassato quel confine, e ha voluto
portare con sé anche il suo rivale. Comunque, noi ora non possiamo far altro se
non indagare su quel oggetto e aspettare un possibile… ritorno.”
Albus Silente era entrato nella stanza immacolata del
ospedale e, parlando, si era avvicinato ai due giovani che lo ascoltavano
attentamente. Hermione annuì alle parole dell’anziano saggio e poi sospirò
ancora.
“Come si sente signorina Granger, tutto bene?”
Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso triste.
“Sì… tutto bene” aprì gli occhi e volse il viso verso
la finestra, verso quella fonte di luce che era l’unica cosa che poteva distinguere.
I suoi occhi color nocciola erano arrossati, segno delle
molte lacrime piante e di quelle ancora trattenute, e stranamente più opachi.
Come un velo bianco, una patina opaca era calata sul suo sguardo
e rendeva più spenti e assenti i suoi occhi.
Non brillavano più come una volta. Sempre belli, per niente
deformati o cambiati nella fisionomia, ma molto, molto più tristi e… scolorati.
Non vi era termine migliore per definirli, privati del loro colore e dello loro
vitalità.
Erano passati due giorni, le avevano detto, dalla battaglia
nell’Ufficio Misteri. Harry e Voldemort erano caduti entrambi dietro a quel
velo misterioso, che si trovava lì, nel luogo in cui la battaglia infuriava, e
nessuno aveva più avuto loro notizie.
La maggior parte dei Mangiamorte lì presenti erano stati
arrestati. Invece Luna, Neville e Ron, per fortuna, se non si teneva conto di qualche
graffio o di qualche fattura innocua, stavano bene. Lo stesso si poteva dire
per l’Ordine della Fenice, ma non per lei.
Forse non si doveva lamentare tanto come faceva, solo con sé
stessa però, davanti agli altri mai!
In fondo era viva.
Dopo essere stata colpita da un potente quanto sconosciuto
incantesimo scagliato da Lucius Malfoy, per impedirle di andare ad aiutare
Harry, in netto svantaggio contro Lord Voldemort, Hermione era svenuta. Si era
poi ritrovata, due giorno dopo, in un letto del San Mungo e… cieca.
Sì, non riusciva più a vedere.
Il prezzo per essere ancora viva, si potrebbe dire.
Sentì i passi di Silente che si allontanavano verso la porta,
dopo aver detto sottovoce qualcosa a Ron. Non dovette neanche domandarsi cosa,
perché subito il mistero fu svelato.
Il suo amico parlò con voce allegra e sentì che un
grande sorriso, tutto per lei, era spuntato sul suo viso.
“Hermione, ci sono visite!”
La famiglia Weasley al completo entrò nella stanza che
d’improvviso si riempì di voci, di passi e di allegria. Hermione sorrise e lo
fece ancora di più quando riconobbe, tra quel vorticare di voci, quella di sua
madre.
***
King’s Cross pullulava di studenti, come al solito. Come
ogni primo settembre.
Hermione era ferma accanto ad una delle possenti colonne
della stazione, la più vicina al passaggio dalla Londra Babbana a quella
magica.
Quell’anno non era andata alla Tana per trascorrere gli
ultimi giorni delle vacanze. Dopo quello che era successo, i suoi genitori la
volevano con loro il più possibile e gli addii non erano stati facili. Ma era
felice di tornare ad Hogwarts, almeno quella sarebbe stata una costante. Qualcosa
che quell’anno non sarebbe cambiata, quando tutto il resto, invece, era
diverso.
Il carrello pieno delle sue valige era davanti a lei e,
stringendo le mani attorno al manico di questo, si concentrò sulle voci
assottigliando lo sguardo.
La situazione, da quella mattina quando si era svegliata al
San Mungo, non era gran ché cambiata. Tutte le cure magiche e Babbane non erano
servite a nulla. C’era stato solo un piccolo miglioramento, ad opera della
magia naturalmente, e ora riusciva a distinguere le ombre.
Finalmente, in quel miscuglio confuso di suoni, riuscì a
riconoscere una voce famigliare.
“Hermione da questa parte, siamo qui!”
Si rese conto che Ron era arrivato da lei, solo quando sentì
una mano posarsi sulla sua spalla e il respiro del ragazzo, affannato per la
corsa, vicino al suo orecchio. Subito si voltò verso il suo amico e lo salutò
con un sorriso.
“Ciao Ron...”
“Hermione! Come stai, cara?”
Un abbraccio soffocante la colse alla sprovvista, ma sorrise
comunque cercando di divincolarsi.
“Bene, grazie, Signora Weasley.”
Finalmente riuscì a fare un passo indietro e a respirare.
“Hermione siamo felici di vederti, hai passato un’estate
serena?”
“Certo… grazie, Signor Weasley.”
Erano frasi di circostanza e tutti lo sapevano, ma andava
bene così… Per ora, andava bene così.
Un improvviso peso sulle spalle e il formicolio di un
leggero respiro sul collo, la travolsero. Ricevette quindi un altro abbraccio,
sempre molto caloroso ma meno soffocante.
“Ginny!”
“Hermione, che bello vederti!”
La piccola di casa Weasley lasciò l’amica e con qualche
passo le si posizionò davanti.
“Già… anch’io vorrei vederti…” le sue parole furono un
sussurro, ma tutti sembrarono sentirle o per lo meno capirle, perché subito
scese tra loro un silenzio imbarazzante.
Poteva sentire il senso di colpa di Ginny che stava cercando
di trovare le parole giuste da dire, per scusarsi. Ma non voleva creare disagio
e si maledisse subito per quello che aveva detto, perciò sorrise alzando la
testa.
“Ron, che ne dici di aiutarmi con Grattasinchi? Il mio
carrello è pieno e la sua gabbia è troppo grande…”
“Ma perché proprio quel gatto abominevole? Prendo volentieri
a bordo sul mio carrello una delle tue valige, ma quella palla di pelo proprio
no!”
“Non ti preoccupare per le valige, cara. Ci penseremo io e
Arthur a portare sul treno i tuoi bagagli e quelli di Ron, così lui potrà
accompagnarti nel vagone senza impedimenti.”
“Oh beh, grazie…”
“Forza Ron, fate strada. Noi vi seguiamo con i carrelli.”
“Emh… sì…”
Sentì Ron avvicinarsi di nuovo a lei e prenderla per mano,
iniziando a trascinarla via.
“Andiamo, Hermione.”
Poteva immaginarsi Ron, tutto rosso come un peperone, che la
guidava tra le centinaia di studenti, imbarazzatissimo. Sorrise divertita e si
lasciò trasportare.
Di tanto in tanto si scontrava con qualcuno, ma Ron poteva
essere reputata una buona guida.
“Ci siamo quasi…”
Ron parlò alzando la voce, per sovrastare le altre, e lei
annuì.
Sentì lo sbuffare del treno e poi Ron fermarsi di scatto,
strattonandole così il braccio mentre continuava a camminare.
“Cosa c’è?”
“Li abbiamo persi! Mia madre e mio padre non sono dietro di
noi!”
Il ragazzo parlò spazientito.
“Li andiamo a cercare?”
Era sicura che il suo amico fosse ancora accanto a lei,
perché gli stringeva la mano… ma allora perché non rispondeva?
“Ron?!”
“Malfoy.”
“Eh? E che c'entra ora…?”
“Weasley, sempre tra i piedi.”
A sentire quella voce fredda e strascicata Hermione irrigidì
le spalle e guardò nella direzione da cui, probabilmente, parlava il loro
interlocutore.
Draco Malfoy, con alle spalle Tiger e Goyle e accompagnato
da Blaise Zabini, guardava con astio le due figure che gli erano di fronte. Lo
sguardo del ragazzo cadde poi sulle due mani unite, sollevò un sopracciglio e
un sorrisetto beffardo accompagnò la sua voce.
“Però non è giusto, povero Potter… si sentirà tradito. Non
avete proprio perso tempo, vedo. Ma sì, d’altronde, in questo momento sarà
bello che morto… quindi…”
Contemporaneamente i due Grifondoro strinsero l’uno la mano
dell’altro e odio puro traboccava dai loro occhi. Ron stava per rispondere, ma
la voce del Serpeverde lo interruppe.
“Forza, andiamo.”
Hermione li sentì passare accanto a lei, e subito dopo
arrivarono i signori Weasley.
“Tra la folla vi avevamo persi… tutto bene? Ho visto
allontanarsi da voi quei ragazzi…”
“Sì tutto bene, papà.”
Sentì nella voce del suo amico una nota di rabbia, e la
poteva capire. Anche lei covava rabbia. Rabbia verso quel ragazzino viziato il
cui padre l’aveva ridotta in quello stato e rabbia verso sé stessa, per non
essere stata capace di rispondere, di reagire a quelle parole ingiuste e
infide. Tutto solo per la paura di puntare i riflettori su di sé, e svelare al
mondo la sua nuova condizione.
Il viaggio verso Hogwarts fu stranamente tranquillo e
silenzioso. Durante l’estate, durante tutto il tempo che era rimasta a casa
sua, lontana dalla magia, era stato facile ignorare ciò che era successo. Era
stato facile non notare l’assenza di Harry. Ma ora che tutti erano tornati ad
Hogwarts, era impossibile non rendersi conto di quanto le cose fossero
cambiate.
Le mancava Harry, e sapeva che anche a Ron mancava. La cosa
più brutta, era però non sapere dove il loro amico fosse, se stava bene o se…
non c’era più.
Era inutile prendersi in giro, ed Hermione lo sapeva, niente
sarebbe stato più come prima.
La sua vita si sarebbe complicata e se non si fosse trovato
un rimedio alla sua cecità, avrebbe avuto sempre bisogno di qualcuno al suo
fianco.
Erano cambiati addirittura i suoi adorati libri, la grafia
elegante era diventata ruvida e in rilievo. Aveva passato l’intera estate a
studiare l’alfabeto braille. Era stato semplice per lei, e con un veloce incantesimo
tutti i libri si erano adattati alla nuova Hermione Granger. Per
scrivere, invece, le sarebbe stato permesso di usare una Penna Prendi Appunti.
Dovette inoltre rinunciare ai compiti di Prefetto, di certo
non era più in condizioni di fare la guardia vigile tra i corridoi della scuola
o quant’altro. Si sentiva inutile e non riusciva a sopportarlo.
Nessuno aveva capito di quale incantesimo si fosse servito
il suo avversario, e nessuno ne conosceva la cura. I Medimaghi, in un primo
momento, avevano parlato anche di un incantesimo di Invalidazione Momentanea,
sarebbe scomparso da solo se fosse stato così. Ma erano passati mesi… e ancora
niente.
La Sala Grande era come al solito rumorosa, ed Hermione
aveva appena finito di mangiare il suo pranzo. Quasi tutta la Casa Grifondoro
era venuta a conoscenza della suo “problema”, altrettanto non poteva dire delle
altre Case. In fondo, quello era solo il secondo giorno di scuola.
“Ron, per favore, quando finisci di mangiare, potresti
accompagnarmi in biblioteca?”
“Certo Hermione, non ti preoccupare.”
Caro Ron, come avrebbe fatto senza di lui? Era sempre
disponibile e cercava di non farla sentire a disagio.
Per la verità, tutti Grifondoro si stavano comportando molto
gentilmente con lei e le portavano sempre lo stesso rispetto di una volta. Era
felice di questo… ma non poteva nascondere di temere un po’ il momento in cui tutti
avrebbero saputo.
Ma lei doveva essere superiore, come al solito, e non doveva
curarsi delle stupide battutine maligne. Avrebbe fatto così e ci sarebbe
riuscita.
“Hermione la biblioteca è deserta a quest’ora, sei sicura
che vuoi che ti lasci qui?”
“Certo, Ron. Non ti preoccupare, non è di certo la prima
volta che resto sola in biblioteca. E poi, anche se non vedo, non sono un
impedita…! Vai pure da Seamus, ti stava aspettando vero?”
“Sì… è il nuovo Prefetto e vuole sapere un po’ di cosa da
me.”
“Cose tipo… i 1000 modi per infrangere le regole con il
potere da Prefetto?” corrugò la fronte e sentì Ron ridacchiare.
“Sì, più o meno. Io vado, Ciao ‘Mione.”
“Ciao” si piegò sui suoi libri e decise di concentrarsi solo
sullo studio.
Con Ron non aveva voluto ammetterlo, ma ora che la sua vista
non era più quella di una volta, aveva un po’di timore a restare da sola.
Comunque non aveva nulla da temere, era nella biblioteca della scuola… era
protetta.
Dopo qualche minuto sentì dei passi veloci e arrabbiati
entrare nella biblioteca e a seguire un tonfo, il rumore di un libro che veniva
sbattuto su di un tavolo dall’altro lato della stanza. Una sedia strisciò a
terra senza molte cerimonie e uno sbuffo esasperato le indicò che il suo
occupante non era molto felice di essere lì, in quel momento. Hermione sorrise
distrattamente e poi tornò ai suoi compiti.
Draco Malfoy era anche lui chino sui libri, o meglio, sul suo
libro di Trasfigurazione, e ogni trenta secondi dedicava qualche bel pensiero
alla professoressa McGranitt che, già al secondo giorno di scuola, aveva
pensato bene di assegnargli una ricerca speciale sulla trasfigurazione
uomo-animale magico.
Infatti, secondo lei, durante la prima lezione di introduzione
a tale trasfigurazione, lui non aveva prestato la minima attenzione a ciò che
si stava dicendo in classe.
Sbuffò un’altra volta e ruotò gli occhi all’aria. Non c’era
nessuno a quell'ora in biblioteca, naturalmente, e quindi si sarebbe
annoiato il doppio. Stava per tornare alla noiosissima lettura quando un rumore
lo distrasse, proveniva dal fondo della stanza e quando si voltò vide che si
era sbagliato, non era solo.
Seduta su di un tavolo e circondata dai libri, c’era
Hermione Granger. Solo lei si poteva incontrare a quel ora, in quel posto.
Sollevò le sopracciglia e decise di lasciar perdere l’idea
di attaccare discorso, o meglio, battaglia. Voleva solo finire presto il
compito ed uscire fuori, come tutti gli altri, a godersi un po’dell’aria autunnale.
Il rumore che aveva sentito era stato provocato dalla
boccetta d’inchiostro, chiusa, che era caduta sul pavimento dal tavolo della
Granger.
La vide mordersi il labbro inferiore e guardarsi intorno. I
suoi occhi si posarono velocemente anche su di lui, ma non fece una piega. Strano.
Sembrava spaesata e indecisa sul da farsi, alzarsi o meno?
Aveva un comportamento decisamente bizzarro e si concesse la possibilità di
continuare a guardarla, tanto, non aveva niente di meglio da fare … O meglio,
qualcosa c’era, ma avrebbe potuto aspettare…
Lentamente la Granger allungò il piede da sotto il tavolo e
iniziò a muoverlo segnando un semicerchio. Sondando così ogni centimetro di
pavimento che potesse raggiungere da quella posizione.
Cercava di prendere l’inchiostro ma, purtroppo per lei, la
boccetta era di poco più distante e così, era chiaro non ce l’avrebbe mai
fatta.
Draco inclinò leggermente la testa quando la vide ritornare
seduta compostamente sulla sedia e prendere un grosso respiro.
“Madama Pince?”
Aveva una voce ansiosa e leggermente… stridula.
“Madama Pince, la prego, avrei bisogno di una mano.”
Non parlava ad alta voce, ma negli ambienti della biblioteca
le parole rimbalzarono sui muri e furono amplificate.
Il Serpeverde guardò velocemente la scrivania dove di solito
sedeva la bibliotecaria, ma non ce ne era traccia. La Granger nel frattempo
aveva sospirato pesantemente e di nuovo si preparava a parlare, forse a voce
più alta questa volta.
“Non c’è, non lo vedi?”
La vide sussultare, ma non si voltò a guardarlo. Continuava
a fissare il vuoto davanti a sé.
“A-Ah… scusa, potresti per favore… Mi è caduta la boccetta
d’inchiostro e non posso… prenderla.”
Sembrava in difficoltà mentre parlava e quando Draco sentì
ciò che la ragazza gli stava chiedendo, sgranò gli occhi e non nascose la sua
sorpresa.
Ma era impazzita? Forse non si era accorta con chi stava
parlando, beh certo, se non lo guardava neanche in faccia! Però prima l’aveva
visto, ne era sicuro… aveva incontrato i suoi occhi.
Stava per risponderle che mai avrebbe raccolto qualcosa per
una Sangue Sporco come lei, ma qualcosa lo fermò. La vide passarsi velocemente
una mano sugli occhi e poi, una volta alzatasi dalla sedia, scendere a terra
titubante, rimanendo appoggiata con una mano alla scrivania. Appena poggiato il
palmo della mano a terra portò anche l’altro, e subito si mise a cercare a
tentoni, come se fosse immersa nel buio, l’inchiostro perso.
Le sarebbero bastati non più di cinque passi verso destra per
raggiungere quella boccetta, ma la Granger si voltò a cercare verso la sua
sinistra. Silenziosamente le si avvicinò e continuò ad osservare la sua ricerca
disperata, in silenzio. Draco era distante circa tre passi dalla ragazza, ma
lei sembrava non accorgersi di nulla.
Vedeva che i suoi gesti erano sempre più stizziti ed
impazienti. Ora era ancora più vicina all’inchiostro, ma niente. Si chinò per
raccogliere la boccetta e poi parlò.
“E’ qui, possibile che tu non l’abbia vista?”
Quando Hermione sentì quelle parole alle sua spalle, ma
soprattutto, quando si accorse di conoscere il proprietario di quella voce,
restò immobile e spiazzata, a terra e a carponi.
Cercò con la mano il tavolo e per sua fortuna lo trovò. Vi
si appoggiò e velocemente si rialzò, voltandosi verso quello che doveva essere
Draco Malfoy.
“Eri tu, prima?”
“Già.”
La ragazza si schiarì la voce nervosamente.
“Non ti avevo riconosciuto.”
“Non mi hai visto, eppure mi hai guardato.”
“Ma che dici Malfoy, piantala. Ora dammi il mio inchiostro
per favore!”
Detto questo allungò la mano decisa verso il ragazzo,
sperando di riavere presto ciò che le apparteneva e, soprattutto, sperando di
essere stata abbastanza convincente.
“Mi sono spostato…”
Sentì la voce provenire da dietro di lei e il salire di un
rossore incontrollabile alle guance. Dopo che si fu calmata e che ebbe ripreso
in parte il suo colore naturale, si voltò un’altra volta.
“Sei qui?”parlò con tono stizzito.
“Sono qui.”
Hermione annuì e poi parlò ancora.
“Allora? Mi vuoi ridare il mio inchiostro?”
Draco si rigirava la boccetta tra le mani mentre guardava
attentamente gli occhi della Grifondoro, che vide opachi e spenti.
Ora capiva perché, alla stazione, aveva avuto la sensazione
che la ragazza non lo stesse in realtà guardando. C’era odio nei suoi occhi,
dopo aver sentito le sue parole, ma in effetti sembrava stesse guardando
qualcosa dietro di lui.
Non lo vedeva.
Appoggiò la boccetta d’inchiostro sul tavolo, provocando un
piccolo ma chiaro rumore, e poi le voltò le spalle.
“Prendilo, è sulla scrivania.”
Sarebbe andato in Sala Comune a studiare, magari si sarebbe
anche divertito di più.
Quando Hermione ebbe la certezza che Malfoy se ne fu andato,
chinò il capo e poi, non abbandonando mai il contatto con il tavolo, tornò a
sedersi.
Draco Malfoy lo sapeva, presto l’avrebbero saputo tutti i
Serpeverde e poi l’intera scuola. Hermione Granger era cieca. Hermione Granger
non era neanche più capace di raccogliere da terra una stupida boccetta
d’inchiostro da sola.
Si portò una mano sugli occhi e si lasciò sfuggire un
singhiozzo, poi respirò profondamente e rialzò il viso.
No, doveva essere forte. Lei era forte e non avrebbe
pianto.
Non più, non ancora.
Iniziò a cercare sulla scrivania la dannata boccetta.
Ovviamente, sarebbe stato troppo generoso da parte di Malfoy evitarle il disturbo
di cercarla ulteriormente. Lui, inoltre, non toccava le Sangue Sporco e mai
avrebbe favorito un qualsiasi tipo di contatto con lei. Doveva per forza,
sempre, renderle le cose più difficili