A mio Maritoh,
perchè
è il mio Remus xD
A Yamane, perchè
è lei
A TheGhostOfYou, perchè
lei mi ha regalato l'ispirazione.
Potremmo essere perfetti.
Made a wrong
turn
Once or twice
« Dove mi stai
portando?»
« Zitto.»
« Dora, non correre. Tre
giorni fa c’è stata luna piena.»
« Allora risparmia fiato e
stai zitto.»
« Stai passando troppo
tempo con Malocchio.»
« Remus.»
« Ok, sto zitto.»
Lo strappo della smaterializzazione
arrivò all’improvviso,
nello stesso istante in cui la donna si fermava e lo afferrava.
Riapparvero nel mezzo di Hogsmeade.
La morte di Silente
sembrava aver portato la vita lontana da quel luogo. Ed era passato un
solo
giorno.
Remus si ritrovò senza
fiato e costretto a piegarsi sulle
ginocchia. La licantropia portava con sé diversi svantaggi.
Esclusa la parte
della dolorosa trasformazione in un essere ricoperto di peli ispidi, i
giorni
immediatamente successivi alla luna piena erano i più
terribili. I muscoli
sembravano non rispondere più e la debolezza rendeva
difficile persino
respirare.
Quando ebbe ripreso abbastanza fiato
per parlare, iniziò a
sbraitarle contro.
« Ma sei impazzita? Potevi
almeno avvisarmi!»
La donna lo stava guardando davvero
male, si rese conto.
Lupin chiuse un attimo gli occhi,
passandosi una mano tra i
capelli. Aveva sbagliato per l’ennesima volta?
Avrebbe pagato oro per dirle che era
stato uno stupido, che
aveva ragione a essere arrabbiata e che l’unica cosa che
voleva era passare il
resto della sua vita con lei. Ma non l’avrebbe fatto.
Come poteva rovinarla in quel modo?
« Ninfadora, non
ri-»
« NON chiamarmi
“Ninfadora”», lo interruppe lei,
voltandosi
e marciando verso un negozio dall’insegna colorata.
Remus la rincorse, riconoscendo
all’improvviso la vetrina
davanti cui si erano fermati.
Mielandia.
La dolcezza del nome del negozio era
ambivalente, per lui.
Era lì che se ne era reso
conto.
Mistreated,
misplaced, misunderstood
Miss “no way it’s all good”
It didn’t slow me down
Quell’uomo
iniziava a farla imbestialire.
Come
osava affermare che lo faceva
per lei?
Con le braccia strette al petto,
Tonks aveva tutta l’aria di
una che sapeva il fatto suo, e anche quelli di tutte le persone che la
circondavano.
« Entra»,
ordinò a un Lupin improvvisamente cianotico.
Lo vide respirare a fondo, mentre con
passo incerto varcava
la soglia.
Lo conosceva talmente bene che aveva
già pensato a cosa
stesse pensando in quel momento.
Avrebbe voluto fuggire da quel luogo,
avrebbe voluto raderlo
al suolo e al tempo stesso renderlo indistruttibile.
Ma lei era così stanca di
fingere che andasse tutto bene.
Era semplicemente arrivata al massimo punto di sopportazione.
Non avrebbe più accettato
un “no” come risposta.
Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Look, I’m still around…
Ricordavano
entrambi.
Il negozio quel giorno era affollato
come non mai.
Il Torneo Tremaghi aveva riempito
Hogsmeade così tanto che
anche i prati attorno al villaggio erano stati improvvisati a campeggi.
Remus aveva insistito per andare a
incontrare Harry, ma la
Terza Prova era alle porte e doveva prepararsi. Dal castello a
Mielandia, il
passo era stato breve. Il cioccolato che vendevano lì era
decisamente il
migliore del mondo magico. E tutti conoscevano la sua fissazione per
quella
dolcezza.
Nell’entrare non aveva
potuto non notare una chioma rosa
nascondersi dietro uno scaffale, mentre, goffa come sempre, osservava
di
nascosto un cugino ignaro della sua presenza.
Un Draco Malfoy, estremamente
divertito, strappava delle
piume di zucchero filato dalle mani di un ragazzino.
Vide la strega stringere i pugni, ma
restare in silenzio.
Era brillante, onesta e maledettamente
buona. Era ovvio che
desiderasse conoscere la sua famiglia, nonostante quella non volesse
nemmeno ammettere
la sua esistenza.
Sapeva che il suo lavoro da Auror
andava davvero male. La
sua sbadataggine la faceva spesso finire nei guai e il Ministero, in
vista del
Torneo, aveva deciso di mandarla a pattugliare le strade del villaggio.
In pratica era una missione inutile,
la classica
tappezzeria.
Ninfadora lo sapeva, ma non se ne
curava. Era sempre
sorridente anche quando si sentiva sottostimata.
« Cosa stai
facendo?»
Inutile dire che la strega, colta di
sorpresa, rovesciò a
terra qualsiasi cosa non fosse a distanza di sicurezza. Remus compreso.
«
Ti prego, non farmi questo.»
Stava
implorando, Remus.
La
donna strinse i pugni fino a
far sbiancare le nocche.
«
Devi capire.»
You're so mean,
When you talk, About yourself, You are wrong.
Change the voices, In your head
Make them like you Instead.
La prima cosa che notò
furono i capelli rosso fragola di
Tonks. Quasi dello stesso colore delle sue guance e delle sue orecchie.
Poi, la consapevolezza che le era
cascata addosso.
« Scusa! Io… Io
non volevo!», iniziò a balbettare.
Improvvisamente il rosso fragola divenne molto più scuro,
mentre la rabbia si
mostrava con un cazzotto sul suo petto.
« Mi hai spaventata
cretino!»
«
So già tutto, Dora. »
«
Ma continui a non capire.»
L’imbarazzo
sembrava
essere diventato contagioso. Se le guance solitamente pallide di Remus
avevano
raggiunto lo stesso colore dei capelli di Dora, c’era solo un
motivo: Dora
stessa.
La ragazza,
ancora
sconvolta dalla caduta e dallo spavento, continuava a sostare sul
povero Lupin,
a dir poco paralizzato dalla vicinanza di lei.
Era sempre
stato così,
e sempre aveva finto indifferenza.
A volte il
“Sono un licantropo”
non basta a impedirgli di fantasticare. E allora trovava altre
stupidissime
scuse.
È
la nipote di Sirius.
È più giovane di te. E giù a inventare.
Ma anche in
quel
momento, con Tonks che si rendeva conto della posizione compromettente
e gli
occhi di tutti puntati addosso, non poteva negare di sentirsi bene. E inutile negarlo: era maledettamente
perfetta.
Nel modo in
cui
saltava in piedi, i capelli di nuovo rosso fragola. Nel modo in cui
faceva
cadere le cioccorane dallo scaffale. Nel modo in cui le inseguiva
scusandosi.
Lo era addirittura mentre tirava fuori il distintivo e ordinava a tutti
di
curarsi dei propri casi.
La raggiunse
mentre si
nascondeva dietro una colonna, pregando Merlino, Morgana e tutta la
Tavola
Rotonda affinché si dimenticassero di lei.
«Dora, ti prego ne abbiamo
già parlato a sufficienza…»
«No, TU hai parlato a
sufficienza. Adesso tocca a me.»
«Mi
stanno ancora
fissando?»
«Tra
poco la
smetteranno», le disse porgendole un sorriso e un
cioccolatino.
«Sono
così
maledettamente goffa.», si lamentò afferrando
entrambi. «Sono senz’altro il
peggior Auror del Ministero.»
«Non
essere così dura.
Le parole che ti rivolgi sono sempre le più cattive e false.
Tu sei molto di
più.»
It's
enough, I've done all I can think of
Chased
down all my demons, I've seen you do the same
«Quel giorno ho segnato la
nostra condanna.»
«Quindi è
così che la vedi?»
La sicurezza di Tonks
sembrò frantumarsi. L’uomo spalancò
gli occhi, fissando il pavimento, mentre rielaborava il suono di quelle
parole.
Sirius era
morto.
Erano
passati tre
mesi, e ogni giorno doveva scendere a patti con quella consapevolezza.
Era come
andare a dormire avendolo ormai compreso e risvegliarsi senza i ricordi
del
giorno precedente.
Non appena
varcava la
porta della cucina, però, non trovava la classica figura dai
capelli arruffati
a cucinare una qualche ricetta che si sarebbe rivelata un fiasco.
Sirius era
morto.
Trovava solo
dei
capelli grigio topo sparpagliati sul tavolo, mentre la testa che li
ospitava
fissava i fornelli in cerca di qualcosa.
I giorni si
erano
succeduti in quel modo quasi senza che se ne rendessero conto.
Era poi
arrivata la
mattina.
Il grigio
topo era
diventato nero. I fornelli erano stati coperti. E Tonks lo aspettava
con
indosso un cappotto e il suo miglior sorriso.
«Oggi
mi porti fuori.»
E come
poteva dirle di
no?
Why
do we do that? Why do I do that?
«Sai, è anche
per questo che dovresti lasciar perdere. Ho
l’inspiegabile capacità di dire sempre la cosa
sbagliata al momento giusto.»
Gli voltò le spalle e
raggiunse uno scaffale. Remus si mosse
automaticamente, seguendo quel filo invisibile, dotato quasi di vita
propria,
che gli impediva di farla allontanare troppo.
Non l’aveva ancora
accorciata quella distanza, quando lei lo
guardò di nuovo. In mano un lecca-lecca al sangue.
«Ma
Hogsmeade non era
interdetta?», chiedeva sconcertato mentre si fermavano
davanti la vetrina del
loro negozio di dolci preferito.
«Sono
un Auror, no?»
E ne andava
fiera.
«Sì,
sei un Auror. E
anche uno dei miei preferiti.»
Sorrise,
Lupin. Forse
i muscoli cigolarono un po’, ma ce la fece.
Erano
entrati quasi
involontariamente, dirigendosi automaticamente verso il reparto
cioccolato.
Avevano
parlato,
comprato, mangiato e riso. Era stato tutto troppo naturale. Remus se ne
rese
conto quando il danno era già fatto.
La sua mano
non poteva
essere così morbida. Era sicuramente uno sbaglio. Era per
questo che continuava
a tenerla nella sua, ancora protesa nell’atto di afferrare un
lecca-lecca al
sangue. Se esisteva qualcosa di così caldo e morbido doveva
essere studiato.
Era per questo che non le lasciava la mano.
Osservava quella mano, che sapeva
essere calda, morbida e
delicata a causa dei numerosi studi a cui l’aveva sottoposta,
da più di un
minuto.
Quando vide il tremolio che iniziava
a scuoterla, decise.
«Dora…è
meglio se
torniamo a casa.»
L’aveva
lasciata
andare all’improvviso.
Quella mano
era più
calda di quanto avesse pensato, per avergli lasciato sulla pelle quella
sensazione di freddo non appena si erano separati.
«O
forse è arrivato il
momento di parlare.»
La calma
della voce di
lei era la conferma che non desiderava. Lo aveva previsto.
Per un
attimo si sentì
tradito. Ma poi comprese.
Era stato il
primo a
pugnalarla alle spalle, la stessa sera in cui entrambi avevano perso
una
persona cara. O forse la mattina dopo, quando senza dirle niente si era
alzato
e aveva finto che nulla fosse accaduto.
Quando si
erano scambiati
il dolore, la morte e le speranze.
«Se
ne parlassimo,
diventerebbe tutto vero. E se lo diventasse, non potrei più
fingere che tu mi
sia indifferente.»
Non
l’aveva nemmeno
guardata in faccia. Non poteva. Perché se lo avesse fatto,
gli occhi avrebbero
aiutato la voce spezzata che rivelava la menzogna.
«Ma
è tutto vero. E io
sono stanca di fingere.»
Il freddo
che aveva
sentito alla mano venne meno. La morbidezza del suo tocco fece svanire
ogni
tentativo di fuga. La strinse, voltandosi lentamente.
L’altra
mano di Tonks
gli porgeva un lecca-lecca al sangue.
Un groppo si
formò
nella gola di Lupin.
Groppo che
si
ingigantì, non appena la ragazza portò il dolce
alle labbra di lui.
Remus la
fissò negli
occhi, scorgendovi una fiducia così grande da farlo sentire
minuscolo.
Le tolse il
dolce
dalle dita, prendendolo lui stesso in mano e gustandolo.
Gli sorrise,
quasi
commovendosi, prima di togliergli la caramella di bocca e sostituirla
con le
sue labbra.
Lo
assaporò con cura,
rincorrendo il gusto di sangue che ancora si aggirava nel suo palato.
Quando si
staccò,
Remus capì che si era rovinato. E che aveva rovinato anche
lei.
Quella
ragazza gli
aveva appena dimostrato che accettava quello che era.
Non era
perfetta?
Pretty,
pretty please
If
you ever, ever feel
Like
you’re
nothing
«Dimmi, Remus: hai
capito?»
L’uomo sospirò,
movendo un passo verso di lei.
«Che sei maledettamente
perfetta per me?», chiese,
osservando le mille emozioni che attraversavano gli occhi scuri della
donna.
«No.»
Lo sguardo serio che gli rivolse lo
fece tentennare.
«Che vuoi passare il resto
della tua vita con me.»
Entrambi avvertirono chiaramente il
rumore sordo del cuore
di Remus che sbatteva contro la cassa toracica, prima di fermarsi un
attimo.
Mentre alzava la mano per prendere
quella di lei, che ancora
stringeva il lecca-lecca, capiva che era inutile mentirle ancora.
«L’ho sempre
saputo.»
You're
fuckin' perfect to me.
Fin.
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