Posso piangere?
-Mi senti... West?- la sua voce era un sussuro titubante.
-Non chiamarmi così, Gil.- Ludwing appoggiò la
mano contro il muro di pietra gelida in quella giornata che sapeva di
freddo e di pioggia. Non aveva mai pianto in vita sua, forse quando era
bambino ma era passato davvero tanto tempo. Non lo ricordava.
E in quel momento non voleva ammettere che a rigargli le guance non era
la pioggia ma lacrime.
E in fondo erano lacrime sporche perchè in quel baratro c'
era caduto da solo, perchè aveva aperto le braccia alla
guerra.
Ma non pensava che avrebbe perso.
Tutto.
Si fece stretto nel giaccone:- Gil? Ci sei?
-Sì-
Gilbert si era afflosciato contro il muro, il sedere contro la strada
bagnata:- Qui piove- ridacchiò un po' amaramente- e
lì?
Ludwing sorrise, sospirò:- Anche. E' ovvio.
-Non tanto, Lud.
Non era ovvio che piovesse da tutte e due le parti, affatto. Ora le due
parti erano posti diversi. Si può dividere un paese con un
muro?
E' stupido.
Ma sì, si può.
Gli esseri umani credono di potere fare tutto.
Gilbert si alzò:- Ora scavalco. Vengo.
-Che diavolo dici, idiota?! Non si può, ti ammazzano! No, ti
prego- le ultime parole furono solo un sussurro. Ludwing aveva
appoggiato la fronte contro il muro, poi aveva guardato in alto
sperando di non vedere la zazzera chiara di suo fratello fare capolino
dall' altro lato.
Sentì la voce di Gilbert e abbassò gli occhi come
se potesse vederlo di fronte a sè, era lamentosa:- Sono una
nazione... ah no, già... mi hanno cancellato nel '47- una
risata isterica, il tono di voce che si alzava- hanno cancellato la mia
magnifica persona!
-Tu sei qui...
-Gilbert è qui. Non Prussia.- puntualizzò
stizzito- non sono più niente. Come si fa a
cancellare una nazione? E'... è assurdo. Non è
incostituzionale, Lud?
Silenzio, scosse la testa, poi:- Non lo so.
E in effetti non lo sapeva davvero.
Ma Gilbert non lo ascoltava:- Ridisegnare la carta dell' Europa. Ma chi
si credono? Dio? Bastardi, ecco cosa sono. E guarda cosa ci hanno fatto
ora... un muro, un muro. Un fottutissimo muro. Sono sempre loro, sempre
loro.- iniziò a dare calci alla cortina.
-Gilbert... ho sbagliato tutto.
E Ludwing pensò con orrore al Reich e al Furher e a tutto
quello che aveva rappresentato. Pensò agli ebrei e non solo
a loro.
Quanto male, quanto dolore.
Troppo sangue, davvero troppo. Erano stati un tunnel tutti quegli
altri, un pozzo buio e viscido in cui strisciare, anche se a ben vedere
all' epoca non la vedeva proprio così, nel pozzo all' epoca
non c' era lui. Lui era in una superficie lucente -di follia. Ma ora
non può fare a meno di guardarsi indietro -senza ombra alcuna nella mente-
e vederla proprio così.
-Siamo nazioni, no? Cioè, siete.
Non si voleva rassegnare Gilbert, non c' era più traccia del
suo egocentrismo, quel suo sentirsi migliore al centro del mondo, era
stato tutto distrutto sotto i tacchetti degli stivali nemici, la sua
magnifica persona e la risata sguaiata che perforava le orecchie di
Ludwing ogni volta che lo prendeva in giro o gli tirava qualche brutto
tiro, o più semplicemente parlava di sè.
-Siamo delle volontà. Tutto qui. Forse è per
questo che non sono ancora finito all' altro mondo- stava dicendo-
Esistiamo e inevitabilmente facciamo quello che vogliono i nostri capi.
Non lo trovi patetico? In fondo siamo sempre stati delle marionette.
-Siamo troppo umani, Gilbert.
-Burattini viventi-
-Burattini senzienti, con un' anima, Gil.- lo corresse il minore
attaccando le mani sul muro- abbiamo un nome e un cognome e a quanto
pare soffriamo e gioiamo, non certo a comando, ma a volte... a volte la
volontà del nostro popolo...-
-Dei nostri capi- si oppose Gilbert
Ludwing sbuffò:- Non sempre coincidono, la
volontà dei capi e del popolo, intendo.
-Spesso... sì-
-E le rivoluzione, le rivolte, le proteste?- si inalberò il
biondo
-Ehi... - Gilbert ridacchiò- stai andando fuori argomento.
Ludwing arrossì:- Idiota. A volte la volontà del
nostro popolo o di chi per lui -concesse- ci sopraffaà e
cancella il nostro nome e il nostro cognome, e diventiamo solo macchine
da guerra.
Gli venne un brivido e chiuse gli occhi con orrore. Si toccò
le guance. Ovviamente erano lacrime sporche. Aveva il diritto di
piangere, lui?
-Gil?
-Mh?
-Scavalco.
-Forse dovremmo aspettare
-Che fai, ci ripensi?
-Mi sono accorto che è una cosa stupida. Prima o poi
crollerà. Lo butteremo giù.
-E se non dovesse accadere?
Silenzio.
-Non lo so, Lud. Però anche se ho paura preferisco saperti
vivo, non vederti ma saperti vivo.
-Gilbert? Anche io ho paura di non rivederti mai più.
-Sì, ma non facciamoci distruggere. Ci vediamo domani-
sbuffa.
-Hai scelto delle brutte parole lo sai?
-Me ne ero accorto. Allora ci sentiamo domani.
Sentiva i passi allontanarsi del fratello allontanarsi, con quel muro
che li divideva avevano dovuto imparare ad aguzzare i sensi, vista per
tenere d' occhio le guardie che li fissavano e udito per potersi
sentire - e per poter sentire i loro carcerieri.
Iniziava a ingrigirsi di più, il cielo, e a piovere
più forte.
Se lo chiese di nuovo.
Poteva piangere, lui?
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HARU DICE: Ciao a tutti, prima storia nel fandom di Hetalia,
semplicemente un piccolo esperimento per quanto su questo si sia
scritto molto. Spero che la storia sia stata di vostro gradimento e di
non aver OOCzzato (???) troppo i personaggi, sarebbe bello sapere cosa
ne pensate, mi piacerebbe scrivere ancora su questo fandom e mi
piacerebbe farlo nel migliore dei modi, quindi sono aperta a critiche,
chiarimenti e consigli.
Ovviamente qui si parla del muro di Berlino e della conseguente
divisione della Germania, qualche accenno al terzo Reich e infine all'
eliminazione della Prussia come stato.
DISCLAIMER: Axis Powers Hetalia e i suoi personaggi non mi appartengono
ma sono degli aventi diritto. La storia non è scritta a
scopo di lucro.
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