ORCHIDEA SELVAGGIA
Proposta di matrimonio
Capitolo 1
Villa Gatsby, regione di
Middlesburgh.
Un lampo squarciò il cielo
plumbeo. Le colline aldilà del parco secolare sembrarono illuminarsi a giorno
in quel pomeriggio invernale. Il vento di febbraio soffiava gelido e impetuoso
tra gli alberi spogli, sferzando ogni singolo ramo con astio, quasi a volerli
denudare delle più mere verità.
L’ennesimo tuono sembrò ridestare
il fuoco che lento scoppiettava nel camino. Il crepitio improvviso di un
tizzone ardente sembrò risvegliare il conte Gatsby da uno strano torpore.
Da qualche giorno oramai nella
contea di Middlesburgh si respirava aria astiosa e tempestosa e l’oramai
cinquantenne conte Gatsby riprese a camminare su e giù per la biblioteca in
cerca di una soluzione ai suoi problemi familiari.
-
Caro, così consumerai il prezioso tappeto che hai fatto
importare dalle Indie! – gli disse ironica Lady Eleanor, la bella moglie del
conte. Arrestò il passo e guardò la moglie, la cui bellezza non sembrava per
nulla scalfita dal vecchio signore del tempo. Le andò vicino incedendo con
baldanza e aria di sfida. Per nulla intimorita dall’andatura minacciosa del
consorte, appoggiò il suo ricamo sul tavolinetto accanto alla poltrona e lo
accolse con un caldo sorriso scarlatto. I boccoli castano chiaro ricadevano
sulle spalle nude incorniciate dai merletti dell’abito di velluto azzurro.
-
Tua figlia! Mi farà impazzire! – urlò additandola, cercando
forse nella moglie una scusante al carattere ribelle e indomito della figlia minore.
-
E’ solo una bambina! –
-
Una bambina? Ha ventidue anni. Dovrei fare come si faceva una
volta nel medioevo. La dovevo far rinchiudere in un convento e farle prendere i
voti. E invece no. Le sto dando l’opportunità di sposare un ottimo partito
dell’alta nobiltà inglese e lei cosa fa? Si mette ad urlare come una pazza
gridando al mondo intero che non sposerà mai quel damerino di Lord Benjamin
Priceton. Non c’è più rispetto in questa casa! – urlò furente col viso paonazzo
dalla rabbia.
-
Avanti, calmati. Vedrai che tra qualche giorno le passerà. –
-
Assolutamente. La conosci fin troppo bene e sai benissimo che
quando di prefigge qualcosa, lei non si arrende fin quando non ha raggiunto il
suo scopo. –
-
Mi ricorda qualcuno. – gli disse guardandolo ironicamente. Il
conte aggrottò la fronte e si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona accanto
alla moglie. La tempesta sembrava essere momentaneamente passata.
-
Voglio solo maritarla. Cosa c’è di male? – le chiese con tono
cheto e una vena di disperazione. La sua voce tradiva un’insicura richiesta di
aiuto.
-
Probabilmente vuole scegliersi da sola il marito….
-
Non se ne parla proprio, Eleanor, ma da che parte stai? E da
quando le ragazze di buona famiglia si scelgono da sole il marito? – tuonò
infervorandosi nuovamente.
-
Questo è vero, ma non puoi certo dire che Benjamin Priceton
sia un santo. E’ nominato in tutti i salotti per le sue doti di ottimo amante.
–
-
Eleanor! – esclamò sorpreso da tanta audacia da parte della
moglie.
-
Cosa c’è? Pensi che non le sappia certe cose? Capisco il punto
di vista di Patricia. Perché sposare un uomo che la tradirebbe sempre e che
comunque non la onorerebbe come moglie e madre dei figli che il Signore vorrà
donarle? –
-
Perché quell’uomo potrebbe garantirle un ottimo futuro ed è
l’unico che pare essere interessato a quella furia scatenata di tua figlia. –
rimbeccò caustico.
-
Forse suo padre. Non ti sei mai chiesto come mai Lord Priceton
voglia maritare il figlio proprio con Patricia? –
-
Che vuoi dire? – le chiese con sguardo inquisitorio.
-
Arthur caro, desidera coprire tutte le marachelle del figlio
con un buon matrimonio nella speranza che finalmente ritrovi un po’ del perduto
senno. Come mai Patricia e non Jennifer? Jenny è molto più aggraziata e
adeguata al matrimonio, ma sicuramente non la donna giusta che possa far
ravvedere Benjamin dalle sue intemperanze giovanili. -.
Il conte si portò i gomiti sulle
ginocchia e strinse il capo tra le mani. Sapeva che Eleanor aveva ragione. Era
quella l’unica ragione per la quale Lord Priceton aveva chiesto Patty in moglie
per suo figlio Benjamin. Jenny era troppo debole per lui, avrebbe subito le
angherie e le beghe di quel bel giovanetto, mentre Patricia gli avrebbe dato
del filo da torcere. La situazione era complessa e più il tempo passava, più
lui non sapeva cosa fare. La proposta di matrimonio di Lord Priceton era giunta
inaspettata come un fulmine a ciel sereno.
-
Non vuole incontrarlo. Stamattina mi ha detto che non ha
intenzione di vedere Benjamin. –
-
Organizziamo un ballo, vedrai che non potrà sottrarsi. –
suggerì Eleanor nel disperato tentativo di riportare la quiete in famiglia.
-
Adesso? –
-
Ma certo caro, un ballo in maschera. Solo per farli conoscere,
nulla di più. Cerchiamo di non correre. Magari conoscendosi e conversando
potrebbero trovare dei punti in comune. –
-
Chissà, forse la tua non è un’idea poi così malvagia. – le
rispose prendendo la candida mano della moglie tra le sue.
-
Vedrai che prima o poi tutto si aggiusterà. Adesso andiamo a
prepararci per la cena. Sono le sette. Hai notizie di Julian? –
-
Sì, ho ricevuto un messaggio proprio questa mattina. Sta bene
e la sua nave è attraccata al porto di Dover. Presto sarà a casa. – rispose
incupito ma sollevato dalle parole della consorte.
-
Bene. Adesso andiamo. – gli disse invitandolo ad alzarsi e
prendendolo sottobraccio. – Sei pensieroso? – gli chiese intuendo i malesseri
del marito.
-
Penso a Julian e Jennifer. Ritengo che sia ora che anche loro…
-
Ti prego Arthur, una cosa per volta. Prima risolveremo la
questione di Patty. Se davvero il conte Priceton vuole che suo figlio sposi la
nostra Patty, proveremo a convincerla ad assicurarsi un buon matrimonio ed un
futuro decoroso per un’esponente della nobiltà inglese. Per quanto riguarda Jenny
e Julian, si vedrà. – gli disse con calma cercando di placare la tempesta che
aveva preso il sopravvento nel cuore del conte.
Villa Priceton, regione di
York.
-
E così padre, avete pensato bene di propormi sposo alla figlia
minore del conte Gatsby. –
-
Esatto Benjamin. Così finalmente metteremo a tacere un po’
delle chiacchiere che circolano sul tuo conto. – rispose soddisfatto Lord
Priceton.
-
Di cosa parlate padre? Non mi sembra di aver fatto nulla di
male! – disse scherzoso sorseggiando del vino rosso. Il fuoco scoppiettava nel
camino ondeggiando qua e là in forti e fluttuanti fiamme colorate. Zampilli
lucenti si riflettevano sui vetri e sui cristalli del salotto. Qua e là, i
ritratti degli avi Priceton sembravano assistere passivamente alla discussione
tra padre e figlio.
-
Tu che ne pensi cugino? – chiese Benjamin rivolgendosi a
Oliver Huttinton. Il ragazzo sorrise non distogliendo lo sguardo dal parco che
si estendeva oltre la finestra. Le cime degli alti abeti ondeggiavano all’urlo
implacabile del vento. Il cuore gli batteva incessantemente. Lo sentiva battere
furiosamente contro il petto provocandogli fitte lancinanti. Quell’argomento
riusciva ad imbarazzarlo e a provocare nel suo cuore un moto di irrefrenabili
emozioni.
-
Non saprei. E’ un argomento in cui non mi cimento molto bene.
– rispose imbarazzato passandosi una mano tra i disordinati capelli scuri. Lord
Priceton guardò il nipote con tenerezza e ammirazione verso quel giovane il cui
destino aveva reso orfano di padre molto giovane.
-
Già, tu sei cresciuto con un’educazione militare, e non
conosci ancora bene quali piaceri possa donare la vita mondana. – riprese
Benjamin ricordando al cugino gli alti gradi da ufficiale riconosciutigli dalla
marina inglese
-
Benjamin smettila. – tuonò Lord Priceton sbattendo sul marmo
lucido il bastone dal pomo cesellato. - Un giorno di questo mi ritroverò
qualcuno in casa che chiederà la tua testa. Sai bene che con molti di quegli
uomini io concludo degli affari. E tu che fai? In mancanza dei mariti ti porti
le loro mogli a letto. –
-
Errato padre. Sono le signore che portano a …
-
Taci. Sono stufo di queste stupidaggini. Tu sposerai Lady
Patricia Gatsby e metterai la testa a posto. – urlò adirato dal comportamento
lascivo del suo unico erede.
-
Perché proprio lei? Ho sentito dire che è una mezza matta. –
-
Non è matta: è anticonformista e ama la libertà. Non le
piacciono le costrizioni. – rispose Oliver sorprendendo lo zio e il cugino.
Benjamin lo guardò negli occhi scuri come la pece. Vide ardere una strana luce
dentro quelle imperscrutabili iridi scure come la grafite.
-
E tu cosa ne sai? – gli chiese con sguardo ammiccante continuando
a fissarlo.
-
E’ la sorella minore di Julian, ricordi? E lui è un mio caro
amico. Inevitabile non parlare delle famiglie. – ribatté quieto cercando di non
perdere il suo proverbiale controllo.
-
Già….e quindi, padre, mi volete dare una donna da domare…
-
No…una che domi te. – esclamò infine imperioso additando il
figlio. – Smettila di giocare Benjamin. Io non ci sarò per sempre a coprirti le
spalle e prima di andarmene all’altro mondo vorrei saperti al sicuro e
maritato. – sentenziò prima di uscire lasciando dietro di se una scia di ira e
sconforto.
-
Questa volta mi sa che si è arrabbiato! – esclamò Benjamin
divertito dall’imbarazzante situazione in cui si trovava il cugino.
-
Non riesci a fare a meno di scherzare? – gli chiese Oliver
preoccupato.
-
Patricia Gatsby. Non me la ricordo. Chissà se l’ho mai
incontrata in qualche salotto. – si chiese perdendo lo sguardo nel profondo
rosso scarlatto del vino che brillava nel calice di cristallo. Oliver gli
sorrise.
Quel nome gli faceva battere il
cuore. La bella e ribelle Patricia Gatsby, la figlia indomita e impavida di
Eleanor Gatsby, cara amica di sua madre. Ricordava quel giorno in cui, tornando
da una corsa a cavallo con Julian, la incontrarono mentre con sua madre
risaliva sulla carrozza che le avrebbe riportate a casa. Non avrebbe mai potuto
dimenticare quello sguardo. La pelle nivea e due grandi occhi nocciola
screziati d’ambra. I capelli lunghi e fluenti che le ricadevano sulle spalle
regolari e lisce. Il suo sguardo fiero, la sua sicurezza, la sua aria di
libertà e quel sorriso di sfida dipinto sulle labbra scarlatte, una sfida che
avrebbe voluto lanciare all’intero mondo della nobiltà. Quell’espressione gli
era penetrata nel petto come un fendente che tagliente gli aveva lacerato il
cuore.
L’aveva rivista circa sei mesi
prima, al porto di Dover. Lui stava rientrando dalle Indie, mentre lei e suo
padre avevano accompagnato Julian Gatsby al porto per imbarcarsi con
l’ammiraglia diretta in Estremo Oriente. La sua pelle bianca come le alte
scogliere inglesi, i suoi occhi profondi e tempestosi come l’oceano da cui
tornava.
Non l’aveva più rivista, tranne
che nei suoi sogni. Lui sempre schivo e timido, introverso per natura, non
aveva mai avuto il coraggio di incontrarla. Si chiedeva se prima o poi ci
sarebbe riuscito. Ma forse anche allora sarebbe stato troppo tardi, perché
Patricia era oramai promessa a Benjamin.
Jennifer rimirava il paesaggio al
di là della finestra della sua grande stanza da letto. Con lento incedere,
Patricia la raggiunse alle spalle senza che la sorella se ne avvedesse. Jennifer
era bella ed aggraziata, molto somigliante alla loro madre, dai lunghi boccoli
di un castano chiaro che incorniciavano un ovale dolce e sereno. Era brava nei
lavori domestici, di ottima cultura, frequentava insieme alla madre alcuni dei
salotti più in vista dell’aristocrazia inglese.
-
Tutto bene Jenny? – le chiese amorevolmente.
-
Ehm…Patty…non ti ho sentita arrivare. –
-
Ho bussato, anche se la porta era socchiusa. Non mi hai
risposto e sono entrata. Stai pensando a lui, vero? – le domandò sedendosi sul
sofà vicino il caminetto. La sorella annuì col capo non distogliendo lo sguardo
dal tetro e metallico paesaggio esterno.
-
Da quanto non hai più sue notizie? – le chiese Patricia
sfregandosi le mani infreddolite.
-
Da quattro settimane. Oramai sono disperata. –
-
Non abbandonare la speranza. Sono sicura che tornerà da te.
Lui…ti ama! – esclamò con lieve imbarazzo. Parole del genere che uscivano dalle
sue labbra. Com’era possibile? L’affetto che nutriva per Jennifer e Julian era tale, che sebbene fosse soltanto
una giovane donna, non avrebbe esitato a difenderli in nome dell’amore fraterno
che li univa.
-
Anch’io lo amo tanto ma…ma non ce la faccio ad aspettare. –
-
Perché non parli con papà e lo convinci a dargli una mano? –
-
Sei impazzita? Dovrei andare da nostro padre a rivelargli che sono innamorata di Philip
Callaghan, nobile decaduto dopo che ha investito tutti i suoi averi nelle
miniere di diamanti in India? –
-
Non capisco. Vi amate alla follia…
-
Dimentichi che il nostro è un amore segreto. I nostri genitori
non lo sanno e se papà mi scopre, mi farà maritare con qualche ricco rampollo
londinese. –
-
Spiacente mia cara, ma l’atto di follia di nostro padre é
toccato a me questa volta. –
-
Ho saputo. Così dovrai sposare Benjamin Priceton. –
-
Non ci penso minimamente. – rispose sicura e beffarda.
Jennifer vide balenare una luce di sfida nei suoi occhi nocciola.
-
Ma cosa dici! – chiese esterrefatta e colpita dal carattere
sicuro di Patricia. – Patty non puoi tirarti indietro. – aggiunse intimorita
dall’atteggiamento della sorella.
-
E chi me lo impedisce? Dovrà trascinarmi con la forza fino
all’altare. Non gli permetterò di decidere della mia vita. Io sceglierò con chi
trascorrere gli anni avvenire. –
-
Tu sei fuori di senno. –
-
Assolutamente. A costo di farmi diseredare. Preferisco vivere
come una mendicante che essere manovrata come un burattino! – sentenziò
allargando le braccia.
-
Quanto vorrei avere almeno una parte del tuo coraggio. – le
disse accoccolandosi tra le braccia della sorella minore.
-
Al momento giusto riuscirai a tirar fuori le unghie e il
coraggio che ti serviranno per combattere e per difendere il tuo grande amore.
Ne sono sicura. E se avrai bisogno di una mano, non temere, sorella, io sarò
sempre al tuo fianco. Lo sai, non permetterò mai a nessuno di farti del male. –
-
Come potrei fare senza di te? –
-
E’ per questo che ci sono. Vedrai che quando arriverà, Julian
ci aiuterà a trovare una soluzione per i tuoi problemi. –
-
E tu? –
-
Io cosa? – le chiese facendo finta di non capire che Jennifer alludeva
al suo imminente fidanzamento.
-
Sai a cosa mi riferisco. Come pensi di uscirne da questa
storia? –
-
Sicuramente opponendomi. Non potrei mai sposare un damerino
dell’alta nobiltà solo ed esclusivamente per essere la mogliettina che si
accontenta di un marito che si diverte con le nobildonne inglesi. –
-
Patricia! Non sta bene parlare di certe cose! –
-
Dai Jenny, è a te che parlo. Benjamin Priceton è noto per le
sue doti di amatore, e a me non interessa avere accanto un uomo del genere che
mi prenda in giro ogni giorno della vita trascorsa insieme. Io desidero
qualcuno che mi faccia battere il cuore, che mi ami per quella che sono, senza
false remore o pudori, infischiandosene della benemerita etichetta dei nobili, che
mi faccia provare sensazioni indefinibili, che mi trascini in una passione che
mi annebbi fino a stordirmi. –
-
Pa…Patricia…ma cosa dici! – esclamò attonita e quanto mai
sorpresa dalle parole audaci della sorella. Le gote si imporporarono di un
lieve imbarazzo.
-
Mi hai chiesto cosa vorrei…ecco cosa! Vorrei poter amare
indefinitamente, al solo scopo di ricambiare un sentimento ardente che un uomo
può provare per me. -.
Jenny guardò ancora allibita e
stupefatta la sorella, i cui occhi sembravano pulsare al ritmo del cuore che
vivo e vibrante sussultava nel suo petto. Era così bella Patricia, di una
bellezza diversa, sensuale, priva di ogni timore. I lunghi capelli le
scendevano fluenti lungo la schiena e si muovevano al suo sicuro incedere. La
vide allontanarsi dalla sua stanza ancora sognante di quell’amore agognato e
che sperava presto l’avrebbe potuta accarezzare. Era quasi certa che pensasse a
qualcuno in particolare per il quale avrebbe voluto far battere un cuore
assetato d’amore.
-
Povera sorella mia. Tanto sognante verso un futuro
promettente…e così sfortunata nel dover sposare un uomo dalla nota fama e che
non potrà mai amarla. Perché noi donne dobbiamo soffrire tanto? Oh Philip amore
mio dove sei? Come vorrei che tu fossi qui a stringermi tra le tue braccia.
Vorrei poter accarezzare le tue labbra così ridenti. Cosa ne sarà di me? Prima
o poi, anche io dovrò esser concessa in sposa a qualcuno e so…che non sarai tu
il prescelto. Come vorrei andar via e fuggire nelle lontane Indie dove vivere
soli e felici, noi due lontani da questa gabbia dorata. – sussurrò con le
lacrime che gentilmente le rigavano il volto.
Villa Huttinton, regione di
Nottington.
La duchessa Margareth Huttinton
di Nottington passeggiava nella serra come di consueto. Anche se la temperatura
non era mite, a lei piaceva trascorrere il tempo in quel luogo appartato nella
grande tenuta dei duchi di Nottington.
-
Buonasera madre. – disse Oliver raggiungendola e baciandola su
una guancia.
-
Buonasera figliolo. Di ritorno da villa Priceton? –
-
Sì madre. Vi porto i saluti della famiglia. -. Lady Margareth
assentì con capo in segno di cortesia. Fece cenno al figlio di accomodarsi
accanto a lei.
-
Quali notizie mi porti figliolo? -. Oliver era pensieroso. Per
tutto il viaggio di ritorno fino a casa, aveva pensato allo sguardo e alle
parole del cugino Benjamin.
-
Presumo che lo sappiate anche voi, madre. Lo zio John ha
chiesto al conte Gatsby la mano di Lady Patricia per il nostro Benjamin. –
-
Allora è vero? –
-
Sì, madre! – ammise dispiaciuto. Lady Margareth guardò il
figlio e nella penombra del luogo scorse sul suo volto disappunto e
rassegnazione. Quella notizia l’aveva provato e lei pareva comprenderne il
motivo.
-
Povera piccola Patricia. Benjamin è un bravo ragazzo ma adora
giocare e sicuramente non è il tipo giusto per lei. –
-
Già, è quello che penso anch’io. Senza contare che è stupido
imporre a qualcuno di sposarsi senza sentimento! – ribatté con trasporto.
-
Oliver! – esclamò Lady Margareth quanto mai sorpresa dall’ardito
parlare del figlio. Era sempre rimasto al di fuori di certi discorsi
soprattutto da tutto quello che concerneva il matrimonio. Si chiese il motivo
di tanto interessamento verso tale questione.
-
Scusate madre se ho alzato un po’ la voce. –
-
Non importa Oliver. Sai, oggi è venuta a trovarmi Lady Muriel
Sullivan. – gli disse con la sua solita calma. Oliver intuì di cosa le avrebbe
parlato. La marchesa Muriel Sullivan da tempo frequentava sua madre nella
speranza di concedere in sposa sua figlia Amily al giovane Oliver.
-
Madre…per favore…- le disse cercando di anticipare quanto
avrebbe dovuto udire entro poco.
-
Lady Muriel ogni volta mi ricorda che sua figlia Amily è in
età da marito e che dovrebbe sposarsi. –
-
Impensabile! – esclamò autoritario alzandosi dal sofà. Lady
Margareth lo vide in tutta la sua sicurezza e audacia. Lo sguardo consapevole.
Non avrebbe neanche dovuto provare a insistere perché Oliver aveva già deciso.
Non avrebbe mai accettato di sposare Amily.
-
Madre, conosco Amily già da tempo e vi posso dire con certezza
che sarebbe un’ingiustizia sposarla. –
-
Ma cosa dici! Benedetto ragazzo ma cosa ti prende. –
-
Io non provo che amicizia per Amy e lei corrisponde questo
stesso sentimento. Amy non prova amore per me ma per un’altra persona, per un
mio caro amico e io non posso assolutamente accettare di sposare la donna amata
da un altro. –
-
Oliver, ma ne sei sicuro? – gli chiese interessata alla
conversazione.
-
Sì madre. Vi prego, non insistete con questo argomento. Siamo
solo amici e la nostra amicizia non potrà mai diventare qualcos’altro. –
-
Chi è costui? –
-
Prego? –
-
Di chi è innamorata la giovane Amily? – gli chiese arditamente
e con tono insistente.
-
Se ve lo dico, madre, vi prego di tenere per voi questa
confidenza. Julian Gatsby! –
-
Cosa? –
-
Esatto. Si sono incontrati al ballo dato a villa Sullivan lo
scorso anno. Si sono innamorati subito. Non capisco proprio perché dovrei
intromettermi in questa unione. Nella sua ultima lettera, Julian mi ha detto
che al suo ritorno avrebbe chiesto in sposa Amily. Ed io ne sono davvero
felice. –
-
Capisco. Ovviamente, da quanto mi dici, la marchesa Sullivan è
all’oscuro di tutto questo visto che vorrebbe maritarla a te. –
-
Esatto, e non deve saperlo assolutamente. Ve ne prego madre,
non ne fate parola con la marchesa. D’altronde, non penso che la marchesa avrà
di che dire. Julian Gatsby è un ottimo partito e sebbene giovane, è un alto
ufficiale della Marina Reale. Tra qualche settimana vedrai che sarà in estasi
per l’organizzazione del matrimonio di Amily. –
-
E così sia. Se la marchesa dovesse continuare ad insistere su
questo argomento, cosa mi suggerisci di dirle? –
-
Semplicemente che al momento sono interessato ad altro e che
sto pensando di fare un viaggio all’estero. –
-
Oh ragazzo mio…comunque ben presto dovrai trovare anche tu
moglie…
-
Quando sarà il momento, me ne accorgerò madre. Con permesso.
Mi ritiro nelle mie stanze. – le disse infine baciandola ancora sulla guancia e
voltandole le spalle. Margareth sapeva che il suo cuore batteva per qualcuno e
visto l’ardire con cui aveva parlato del matrimonio combinato tra Benjamin e
Patricia, intuì che si trattava proprio di quest’ultima. Sospirò e si portò
alle labbra la tazza di the fumante. Non avrebbe costretto il figlio a sposare
una donna che non amava. Non aveva mai deluso le aspettative sue e del defunto
padre. Si fidava di lui e sapeva bene che avrebbe fatto la scelta migliore.