cap. 1 relazioni pericolose
Le relazioni pericolose
ovvero
il buon vicinato
Questa storia ha
inizio in una tiepida mattinata settembrina nella
piccola città americana di Hidwich, una di quelle simpatiche
cittadine tanto tranquille, con tanto verde, con le villette a schiera
dai delicati colori pastello.
In una di queste
graziose casette, una di quelle gialle, con la
staccionata marroncina intorno a un bel giardinetto con le paperelle in
ceramiche lungo lo stretto viale ciottolato, in questa casa, dicevo,
abitavano due gemelli identici, ma solo nell' aspetto, che in
quel
momento discorrevano
cortesemente del più e del meno.
-Sei una testa di rapa
Saga!- sbottò il minore tra i due- tu socializzi col nemico!
-Col nemico? Col
nemico?-fece stupito l' altro sgranando gli occhi all' inverosimile-
è solo il reverendo. Il reverendo,
Kanon.
-Sì ma un
reverendo idiota che mi ha fottuto il parcheggio. Per colpa sua sono
arrivato tardi al lavoro..-
-Se tu partissi prima da casa...- provò a obiettare il
maggiore, ma l' altro non lo ascoltò neppure continuando
nella sua Filippica.
-E quel bastardo del preside mi ha beccato-
-Aiolos? Ma che dici?
E' impossibile che ti abbia rimproverato è...
-E chi ha detto che mi
ha rimproverato? Mi ha guardato con quella faccia da pesce lesso con
quell' aria indulgente. Tsè, come se lui non sbagliasse mai.
Oh come è perfetto Aiolos!- disse l' altro imitando qualche
signora del posto e guardandosi
intorno alla ricerca di qualcosa- dov' è? Dov'
è?-
borbottava girando la testa a destra e a sinistra con scatti veloci
-E ora che diavolo
cerchi?- sospirò il maggiore seguendolo.
-Cerco... cerco il
telecomando- rispose Kanon, così velocemente
che Saga quasi fece fatica a capire che avesse detto il gemello, poi
realizzò:- Tu! Tu! Ma dove hai la testa? Ma che fai te li
mangi
i telecomandi? Ah- fece poi vittorioso adocchiando l' oggetto
incriminato accanto al piede del tavolino del salotto-lo vuoi il
telecomando?- chiese con ara di sfida.
-Sì-
ribattè Kanon senza pensare
-E prenditelo!-
urlò Saga gettando il povero telecomando contro
la faccia del fratello che spostatosi velocemente riuscì a
non
ritrovarsi un occhio nero o il naso gonfio. Sì, peccato che
il famoso
telecomando fu catapultato fuori dalla finestra andando a finire dritto
in fronte al povero Doko Liang che l' unica cosa che aveva fatto di
male era stata quella di passare da lì, dal civico numero
tre,
dove abitavano quei due scapestrati, in bicicletta.
Doko Liang, medico
esimio del paese, dall' età imprecisata e
imprecisabile, era buono quanto saggio, padre di due bambini a loro
volta già
saggi e tranquilli, anche troppo, Shyriu e Shun-Rei.
-Doko! Doko!-
urlò un disperato Sion correndo a soccorrere il
malcapitato in compagnia dei suoi pargoli, Mu di vent' anni, ragazzo
tranquillo e pacioso e studente di giurisprudenza, per essere un giorno
un giudice imparziale come il padre, e Kiki un monellaccio di sette
anni che in quel momento se la stava ridendo della grossa.
-Kiki!- lo
ammonì il maggiore inutilmente mentre l' altro si rotolava a
terra dalle risate.
-Che è
stato?- chiese Doko massaggiandosi la fronte offesa tutti intontito- un
missile terra-aria?
-No, un telecomando-
precisò Sion aiutandolo a rialzarsi
-Che succede qui?-
giunse a domandare Angelo Mancino, fidato meccanico
dai prezzi esorbitanti mentre si ripuliva le mani sporche di benzina.
-Succede che quei due
impiastri ne hanno combinata un' altra delle loro!- si
lamentò Sion
-I gemelli?- comprese
subito il giovane.
-Già.
-Mh. Passate in
farmacia da Phro che grazie a quei due si sta
arricchendo- consigliò Angelo, detto Death Mask a causa
dell'
insana passione per film horror e affini, sghignazzando.
E farmacia fu.
Il povero Doko
zompettò all' interno del negozio abbarbicato
compleatamente al giudice, anche egli, è doveroso dirlo,
dalll'
età indefinita e indefinibile, chi dice venticinque anni,
chi
trenta, chi quaranta, chi cento, chi addirittuara duecentocinquanta.
-Che è
successo qui?- domandò il farmacista con un sorriso radioso
e felice di far tintinnare ancora la cassa
-Un telecomando
è volato fuori dalla finestra della casa dei
gemelli e questo è il risultato- spiegò Shura che
silenzioso sul posto aveva osservato tutta la scena- a proposito-
chiese a un Doko ancora intontito l' abile poliziotto- vuole sporgere
denuncia?
-No, no- disse
stancamente l' uomo- sarà stato un caso.
-Un caso? E' la terza
volta in questo mese che ti capita!- fece notare
Sion mentre Aphrodite consegnava al povero sventurato ghiaccio, bende e
medicine non ben definite.
-E che me ne faccio
delle supposte?- chiese Doko al bel farmacista
Aprhodite fece
spallucce:-Eh, non si sa mai, non si sa mai cosa possono combinare quei
due.
Intanto prendile. Paghi quaranta dollari tondi tondi- rispose amabile
staccado lo scontrino e facendo impallidire il povero medico.
-Allora se qui nessuno
ha bisogno di me io me ne ritorno in ufficio-
sospirò Shura ormai rassegnato al fatto che in quella
cittadina
non capitasse niente di niente.
-Dov' è il
tuo collega?- gli chiese Sion raggiungendolo.
-In pasticceria da sua
madre- Shura guardò l' orologio- pausa ciambella. Credo che
lo raggiungerò.
Il nuovo reverendo era
un giovane ben messo a detta di Aprhodite. Era
un peccato che avesse deciso di dedicarsi a quel ruolo ingrato. A
complicare le cose c' era anche il fatto che fosse sposato. Il
farmacista non era mai stato un uomo particolarmente credente, affatto,
ma quella domenica aveva deciso di poter sopportare qualche sermone e
rifarsi gli occhi. Gli pareva un po' imbranato a dire il vero e troppo
giovane. Ma del resto chi era lui per meravigliarsi? Era un bene che ci
fossero vocazioni così interessanti.
Alla fine della
cerimonia il farmacista fermò il giovane:-
Reverendo- trillò porgendogli la mano- molto piacere, sono
Alex
Brahe, il farmacista, mi chiami Aphrodite- e qui ammiccò
strusciando la propria mano controquella dell' altro prima di lasciarla
andare
completamente- venga da me per qualsiasi cosa. Qualsiasi.- sottolineò
-Ehm... ah...
sì, piacere signor Brahe.
-Aphrodite- lo
corresse.
-Aphrodite. Sono il
reverendo Martakis. Aiolia. Mi chiamo Aiolia.- si
guardò intorno imbarazzato. Ma tu guarda se il primo che
doveva
andare a conoscere era un gay che ci provava con un sacerdote. Era
insensato!- Ah, cara, vieni!
Una bella ragazza
bionda e con gli occhi azzurri, o per lo meno
Aphrodite ne era quasi certo -doveva essere così visto che
era
bionda- ma con gli occhi chiusi, si avvicinò ai due.- Ecco,
signor Brahe.
-Aphrodite-
sbuffò picchettando il piede a terra.
-Aphrodite-
ripetè Aiolia- questa è mia moglie Sha...
-Perchè si
è fermato? Sha...?
-Sha...
Sha...-balbettò guardando in alto come se il nome fosse
scritto sul tetto
-Kira- aggiunse la
signora con foga- Shakira tutto attaccato.
-Ah- Aphrodite
sorrise- Shakira. Ma che bel nome! E' così esotico! E dica,
di dov' è? Spagna, Argentina, P-
-India.
-India?- E no, questo
era troppo!- Ha madre tedesca o chessò, svedese...?
-No.
-E' indiana, indiana?
-Sì.
-Ah, va bene... io...
io devo andare. Il dovere mi chiama- fece
Aphrodite dirigendosi verso Death Mask a passo di marcia. Questo non
era affatto giusto. Cioè, fosse stata mezza svedese o
tedesca o
russa, avrebbe anche potuto accettarlo. Ma
così no, cazzo. Lui era svedese, tutto svedese, TUTTO, ed
era
costretto a tingersi i capelli di biondo!
Aiolia
guardò la sua consorte:- No, ma... secondo te funziona?
-E perchè
no? Non lo vedi quanto sono strani? Lo sai che il poliziotto grassone
muore dietro alla maestrina della scuola? Tipico. E che il meccanico si
mette all' ultimo banco perchè così
può dormire durante il sermone? Se non ti senti tranquillo
c' è la signora Mancino che fa le carte.
-Le che?
-Legge il futuro.
-Mh. Ti sei
integrat...Ta. Integrata bene, vedo.
La donna si
umettò le labbra prima di afferrre il reverendo per
la collottola ringhiando:- Io sto facendo la mia parte, bello. Ho
sopportato per tutta la mattinata le vecchie del paese e le casalinghe
pettegole del club di cucito, ti conviene calarti come Cristo comanda
nei panni di un fottuto reverndo! Ci siamo capiti?!
Aphrodite,
Shura, Death Mask e Aldebaran erano seduti all' interno della
pasticceria dei genitori dell' ultimo. La conversazione languiva, ormai
avevano parlato di tutto, del mal di schiena di Doko, del fatto che
secondo la mamma di Death la linea dell' amore di Shura al momento
faceva abbastanza schifo, della vicina di Phro che era spuntata il
giorno prima con un paio di tettone, fino all' arrivo del nuovo
reverendo e consorte.
-Che palle, non
succede mai niente qui- sbuffò Shura.
-Lo ripeti sempre, non
puoi accontentarti di una vita tranquilla?- domandò Aldebaran
-Ma è vero
che non succede mai niente.- obiettò quello.
-Si vede che non
abbiamo un cazzo di cui parlare- si intromise Death notando a quali
livelli stava scendendo la conversazione.
-Bello il lampadario
nuovo- affermò con noncuranza Aphrodite indicando il tetto.
Death Mask
confermò quanto aveva appena detto prima:-Appunto.
-Non succ..Ehi ma che
diavolo è quel coso?!- Shura saltò all'
improvviso sulla sedia protendendosi verso la vetrina del negozio.
-Sembra un carro
armato- ipotizzò Aldebaran
-Oh. Oh. Oh. Oh.
-Death- Aphrodite
guardò l' italiano- ma ti pare il momento di mettersi a
imitare Babbo Natale?
-Coglione, anzi
coglioni, quello non è un carro armato. E' un automobile
blindata con i vetri oscurati.
I quattro si
guardarono con la medesima idea nella testa.
Shura si
alzò con ostentata calma:- Bene, io vado a pagare.
Gli altri lo seguirono
ad uno ad uno, arrivati alla porta si guardarono nuovamente:-
Seguiamolo!
-E Cazzo! Non passiamo
tutti assieme. Non ci entriamo- urlò Death una volta che si
incastrarono nella porta del negozio.
-Madre de Dios-
sospirò mamma Rodrigues- questi giovani moderni.
I quattro camminarono
con noncuranza dietro all' auto:- Perchè va così
lenta?!- sbottò Aphrodite.
-Forse non sa la
strada- a rispondere Aldebaran.
Death si
bloccò:- Si ferma.
-E' vicino la casa di
Grandier- notò Shura prima di sentirsi trapanare il timpano
da Aphrodite e sentire un tonfo. Quando si girò se lo
ritrovò svenuto al suo fianco.
Quando Aphrodite
rinvenne si trovava nel proprio letto.
-Perchè sei
svenuto, idiota?- domandò Death Mask astioso.
-Oh no, me lo sono
perso- pigolò l' altro.
Death Mask
sbuffò:- Che ti sei perso, sentiamo?
-Milo.
-E chi diamine
è questo qui?
Il farmacista era
scandalizzato di fronte a tanta ignoranza:-Ma come? Non sai chi
è Milo?! Il Magnifico Milo!
L' altro si
limitò a un cenno negativo con la testa.
-Cioè, ma
dove vivi? E' una rock star famosissima.
-E che cazzo c'
è venuto a fare qui?
-Cosa vuoi che mi
importi, so solo che è è meraviglioso.
-Una rock star, uhm?-
chiese l' altro pensieroso, poi ghignò- sta vicino al
ragioniere. Ci sarà da divertirsi.
DISCLAIMER: Saint Seiya e i suoi personaggi non mi appartengono ma sono
degli aventi diritto. La storia non è scritta a scopo di
lucro.
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