Questa storia partecipava al gioco “Le parole del Cuore”
dell’LS Forum e rispondeva
alla seguente domanda:
5 - La stanza è piena di sole. La luce danza sulla tela bianca, il
pulviscolo dorato accarezza i colori sparsi sulla tavolozza di legno chiaro. Le
linee sono sicure e le pennellate rapide. E’ il ritratto del vostro amore che
state componendo.
Altair
Era la prima volta dopo tanti mesi che lo vedevo dormire.
Era la prima volta dopo tanti mesi che rimanevo nelle sue
stanze per la notte.
Il suo respiro era regolare, il petto si alzava e abbassava
ritmicamente, lo vedevo rilassato.
Chissà quanto era passato dall’ultima volta che il sole lo
aveva sorpreso in quella posa.
I raggi del sole avevano sempre e solo carezzato un viso
stanco e dolorante?
Era immobile, sembrava un oscuro quadro di morte, soltanto
il respiro tradiva la presenza di una vita.
L’avevo visto soffrire per giorni, l’avevo visto combattere
per resistere al dolore delle torture che subiva costantemente.
L’avevo sempre visto riprendere il volo come una nobile e
fiera aquila.
In quella posa sembrava veramente la costellazione
dell’aquila, con le braccia distese ad occupare tutto il letto, un potente
rapace al cui sguardo nulla si cela.
Lo osservai e, senza rendermene conto, feci comparire una
tavolozza e una tela per rendere immortale l’uomo disteso sul letto, con le mie
stesse mani.
Mi avvicinai e con un incantesimo gli cinsi la sciarpa nera
intorno agli occhi.
Continuava a dormire tranquillo.
Un po’ di nero a scurire il marrone e le prime pennellate
erano lunghe e decise. Ancora più nero e ancora più scuro a creare le ombre che
avvolgevano questo soggetto, un’ombra che lo avvolgeva. L’ombra che lo aveva
gettato in un baratro di solitudine e disperazione, un abisso senza fine dal
quale sarebbe difficile ritornare.
Lui era tornato. Aveva sempre cercato di toccare quella luce
così bianca.
Pulii il pennello e lo immersi nel bianco, candido e puro
come la sua pelle illuminata dal sole. Bianco come la purezza che non vedevo
più nei suoi occhi.
Pennellate più piccole, questa volta, la testa andava fatta
con più precisione e gli occhi richiedevano tutta la mia attenzione.
I suoi occhi che tutto osservavano, che ti sapevano scrutare
nella profondità dell’anima, rendendoti completamente nudo al suo sguardo cui
nulla si celava.
Il dipinto si stava pian piano componendo mentre ancora
dormiva, molto più rilassato.
Il sole era ormai del tutto alto e la stanza era
completamente inondata di luce, lo sentivo muoversi e gemere appena: si stava
svegliando.
Aprì gli occhi, ma non riusciva a vedere.
- Ma che diavolo… - parlò togliendosi la sciarpa che gli
celava la vista, mi guardò – sei sporca sul viso – aggiunse.
Cercai di pulirmi al meglio.
- Che hai fatto? – mi chiese alzando un sopracciglio: era
sospettoso.
- Nulla. Ho solo disegnato – cercavo di mantenere la calma.
- E dov’è questo disegno?
- Beh… ecco… l’ho fatto sparire, non voglio che tu lo veda.
- E perché?
“Maledizione sono morta, adesso mi uccide all’istante.”
pensai, mentre cercavo il modo di venirne fuori.
- Perché mi vergognavo a fartelo vedere.
“Perfetto, una scusa migliore non potevo trovare. Speriamo
solo che ci caschi. Maledizione! Perché si è svegliato prima del dovuto.”
- Farò finta di crederci. – mormorò – Per ora. – precisò
fulminandomi con lo sguardo. Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno.
“Maledizione, se mi scopre sono morta.”
- Aspetta! – gridai all’improvviso, senza sapere bene cosa
fare.
- Mm? – si voltò a guardarmi.
“Maledizione, se faccio un incantesimo se ne accorgerà di
sicuro, nulla sfugge agli occhi di un’aquila.”.
- Nulla, nulla. – mi affrettai a dire cercando di trovare
una soluzione il più velocemente possibile. Che cosa mi era saltato in mente.
Sbuffai rassegnata a ciò che mi aspettava, quando una voce
ruppe il silenzio che si era formato: - Mi spiegheresti gentilmente cosa
significa questo, come dire, spettacolo veramente osceno?
- Ehi! Come ti permetti, quale osceno, è un’aquila
perfettamente riprodotta! – gli urlai indignata, mentre dirigevo i miei passi
al bagno.
- Sul mio petto? – mi chiese con una strana calma che mi
faceva paura, non prometteva nulla di buono.
- Beh… ecco… mi sembrava quantomeno originale.
Si avvicinò lentamente a me con quello sguardo così
indecifrabile che mi gelò il sangue nelle vene: rabbrividii.
- Originale? – si limitò a dire quando ormai mi era vicino.
“Sono morta, ahimè, così giovane.”
- Corsa finita. – dichiarò – L’aquila ha catturato la sua
preda, dopotutto. – un ghigno beffardo increspò le sue labbra mentre mi aveva
bloccato tra sé e il muro.
- Secondo te cosa dovrei farti adesso? – sussurrò sulla mia
pelle, il suo respiro freddo m’infiammò, - Potrei metterti in punizione tutto
l’anno, ma poi sarei costretto a vedere una fiera e nobile Grifondoro tutto
questo tempo e il mio povero cuore Serpeverde non lo sopporterebbe. – aggiunse
mimando un piagnisteo con la mano sul cuore.
- Simpatico. Molto simpatico. Un evento da trascrivere la
simpatia di Severus Piton, non c’è che dire.
- Oppure potrei fare la stessa cosa su di te, un bel
serpente magari, verde e argento, sarebbe perfetto. Che dici? Può andare,
nobile Grifondoro? – mi chiese mentre stava già sfilando la mia maglietta.
- Davvero spiritoso. La mia povera anima Grifondoro sporcata
dai colori Serpeverde.
- Allora dovrò riconsiderare la punizione.
La maglietta era già finita a terra.
- Potresti usare colori commestibili magari.
La sua bocca s’incurvò in un sorriso, prima di catturare la
sua preda con un bacio.