In Any Other World

di Princess Kurenai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Slave | 1. The Journey ***
Capitolo 2: *** Slave | 2. Indecision ***
Capitolo 3: *** Slave | 3. Salvation ***



Capitolo 1
*** Slave | 1. The Journey ***


Titolo: In any other world
Titolo del Capitolo: Slave | The Journey
Fandom: Eyeshield 21
Personaggi: Mamoru Banba, Gaou Rikiya [Presente: Daigo Ikari]
Genere: Introspettivo
Rating: Arancione
Avvertimenti: OneShot, Alternative Universe (AU)
Conteggio Parole: 886 (FiumiDiParole)
Note: 1. Fanfiction partecipante alla seconda edizione del CoW-T indetto da maridichallenge. Squadra Magic Stick. Scritta per la prima missione con il prompt: Contrabbando. Nella fic l'ho inteso come la vendita degli schiavi.
2. Primo capitolo di una bishot/threeshot nella raccolta con solo fic AU! In questo capitolo mi sono soffermata soprattutto sulla condizione degli schiavi prima di passare alla GaouTaki e, forse, alla BanbaHaraoXD
3. Il titolo della raccolta è tratto dalla canzone di Mika Any other world.


{ In any other world ~
- 1. Slave | The Journey -



Gaou Rikiya, nonostante l'aspetto selvaggio, non era un uomo stupido. Era una persona controllata, che sapeva quando e come utilizzare la sua forza, ed anche se stato costretto ad entrare in quel 'giro' da meno di quattro lune, aveva già compreso come funzionava il contrabbando di schiavi in quella terra straniera.
Si faceva tutto in gran segreto. Gli uomini venivano scelti e catturati in altri paesi, condotti poi in un regni lontani per essere messi in vendita nelle asta che si tenevano nei bassi fondi dei vari villaggi. E, se qualcuno non veniva acquistato da nessuno al termine di quel viaggio – c’erano numerose tappe e se al termine di quelle si era ancora lì bisognava recuperare le spese sostenute in un qualche modo -, i mercanti avrebbero ugualmente tratto profitto facendo smembrare dai 'macellai' la 'merce invenduta', per poterla poi utilizzarla per il contrabbando d'organi.
Aveva sentito che la vendita di schiavi era proibita per legge da anni in quel regno ma, come ogni legge che si rispetti, c'era sempre qualcuno pronto ad infrangerla. Sia dalla parte di chi catturava e vendeva a caro prezzo uomini un tempo liberi, sia da quella di chi li acquistava - il più delle volte era la stessa nobiltà a partecipare alle aste e, vista la gente che vi prendeva parte, finire in un castello a servire qualche signorino viziato era la prospettiva migliore a quella della morte.
Gaou però era nato libero e per lui nessuna delle soluzioni che gli si prospettavano davanti era, per così dire, 'migliore'. Morire era fuori discussione ovviamente, ma non poteva neanche lontanamente accettare di perdere la sua libertà in un regno a lui sconosciuto, abbassandosi a fare da schiavo a qualche fottuta testa coronata.
Con rabbia strinse i pugni, cercando inutilmente di spezzare le catene che tenevano i suoi polsi bloccati, quello scatto d'ira però gli mozzò il respiro… ma neanche quell'improvvisa debolezza placò la sua ira.
Erano state proprio quelle catene, incantate da chissà quale stregone, a catturarlo. Si era battuto per la sua libertà con forza e ostinazione, riuscendo addirittura ad uccidere due uomini prima di venire imprigionato in quel carro buio e puzzolente insieme ad altri uomini presi da altri paesi vicini al suo.
Erano rimasti in tre, ciò che restava della dozzina di quando era stato catturato. Alcuni erano stati venduti, mentre altri – quelli che erano stati presi da più tempo - uccisi dai ‘macellai’.
“ Risparmia le energie.”, una voce calma, proveniente dal fondo del convoglio, lo distolse dai suoi pensieri, e anche Gaou se non ne vedeva il viso sapeva chi aveva parlato.
Era stato Banba un uomo dalla scura corporatura possente, dotato di un’innaturale calma oltre che di una notevole forza fisica. Non si era arreso alla sua condizione di ‘merce di scambio’ – Gaou aveva visto nei suoi occhi una scintilla di libertà e testardaggine – ma non voleva inutili spargimenti di sangue.
Aveva attratto l’attenzione di Rikiya sin da subito, quando uno dei primi giorni aveva cercato di fermare uno schiavo. Quell’uomo aveva sentito sul suo collo la lama dei ‘macellai’ e, poco prima di arrivare in un villaggio, aveva cercato di fuggire.
Era una scelta disperata che l’aveva portato ugualmente alla morte. Banba aveva tentato di bloccare la sua fuga ma era stato solo in grado di vederlo morire davanti ai suoi occhi.
“ Riuscirò a spezzarle.”,ribatté Gaou, piegando le labbra in un ghigno anche se l’altro non l’avrebbe visto a causa del buio che regnava dentro il carro – non vi erano aperture che lasciassero passare i raggi del sole e, anche se ci fossero state, viaggiavano solo la notte. “ E come, se perdi le forze?”, gli fece notare Banba.
“ E come pensi di riacquistare la libertà?”, ribatté prontamente Rikiya.
L’altro inizialmente non rispose. Era pericoloso parlare o anche solo tentare di pianificare qualcosa, anche se i mercanti dovevano preservare i loro corpi al meglio per le aste, niente impediva loro di ricorrere ad altre punizioni – avevano bruciato i piedi di Daigo Ikari, il terzo schiavo rimasto, solo perché aveva morso uno dei loro carcerieri.
“ In questo luogo…”, fece una pausa, come per voler precisare che parlava di quella situazione. “ È impossibile fuggire.”
Gaou fissò il buio, cercando con lo sguardo la figura di Banba.
Gli doleva ammetterlo, ma aveva ragione. Finche indossavano quei bracciali e rimanevano rinchiusi lì non potevano scappare. L’unica soluzione, quella per i più fortunati, era tentare la fuga solo quando venivano acquistati.
“ Tsk.”
Lasciarono entrambi calare il silenzio, almeno fino al arrivo al villaggio dove si sarebbe tenuta l’asta. La speranza per tutti e tre era quella di essere acquistati e, possibilmente, di riuscire a fuggire una volta liberi dalle catene.
Attesero nel carro senza fiatare e, quando le porte in legno vennero aperte riuscirono per la prima volta dopo giorni a vedere un piccolo spiraglio di luce.
Da quasi un mese Gaou non vedeva la luce del sole, ma era quasi rassicurante la fioca fiamma delle fiaccole che illuminava la sala.
Vennero fatti scendere con malagrazia dal convoglio – Ikari, ferito, mostrò ancora una volta i denti per il dolore ma cercò di non ribellarsi – e sin da subito, come se non ci fosse tempo, vennero mostrati dai loro probabili ‘nuovi padroni’.
Gaou si sentiva quasi come una bestia in gabbia ma, trattenendo la sua rabbia, si lasciò controllare da quegli sconosciuti.
Presto sarebbe iniziata la vera e propria asta.

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Capitolo 2
*** Slave | 2. Indecision ***


Titolo: In any other world
Titolo del Capitolo: Slave | Indecision
Fandom: Eyeshield 21
Personaggi: Mamoru Banba, Kaminari Harao
Genere: Introspettivo
Rating: Arancione
Avvertimenti: OneShot, Alternative Universe (AU)
Conteggio Parole: 2606 (FiumiDiParole)
Note: 1. Fanfiction partecipante alla seconda edizione del CoW-T indetto da maridichallenge. Squadra Magic Stick. Scritta per la prima missione con il prompt: Indecisione.
2. Adoro Banba ma non sopporto HaraoXD quindi è stato difficile scrivere questo capitoloXD se fosse stato per me Banba avrebbe fatto un’altra scelta ù_ù
3. Il nome della “moneta” è Pecus ed è legata al termine ‘denaro’ e al suo significato latino. Pecus significa “pecora” (o “bestiame”) in quanto il bestiame era considerata una ricchezza scambiabile. Mi sono ispirata a questo >ç<
4. Il titolo della raccolta è tratto dalla canzone di Mika Any other world.
5. Dedicata alla mia dolce metà<3 non è shonen-ai ma… lo sai: non riesco a fare Harao X°D


{ In any other world ~
- 2. Slave | Indecision -




L'asta si svolgeva sempre in un silenzio quasi religioso.
Bastavano dei semplici segni per alzare il prezzo dello schiavo ai quali si era interessati, e anche se quella non era la prima asta alla quale partecipava, Banba non sarebbe mai riuscito a comprendere a quanto lo stavano vendendo... sapeva solo che, di lì a poco, avrebbe avuto un padrone e che soprattutto avrebbe potuto tentare la fuga.
Resto fermo, seguendo con lo sguardo le mani che alzavano in prezzo in rapida successione, e comprese che la sua asta era terminata solo quando uno dei mercanti lo fece camminare verso il carro dove erano stati rinchiusi Gaou e Ikari in attesa del loro turno.
Riuscì a vedere solo di sfuggita Daigo mentre questo veniva condotto davanti agli acquirenti, ma non vi presto troppa attenzione, concentrandosi invece sui due individui che li raggiunsero subito dopo.
Il loro viso era nascosto da dei cappucci - era normale celare la propria identità visto che il contrabbando di schiavi era illegale - e, sempre senza parlare, consegnarono un sacchetto pieno di Pecus - la moneta del regno - al mercante.
Questo sembrò saggiarne il peso prima di liberare Banba dalle catene.
Un brivido lo scosse e, nonostante si sentisse ancora debole - forse l'effetto non sarebbe scomparso nel giro di pochi istanti, visto che era stato per parecchio tempo a contatto con quel metallo incantato -, riuscì ugualmente a sentire un chiaro senso di benessere pervaderlo.
Escluse subito di tentare la fuga in quell'istante, e mentre decideva di seguire in silenzio il suo 'padrone', sperò di avere al più presto l'occasione per riacquistare la libertà.
Percorsero delle vie secondarie, evitando i controlli delle guardie della capitale del regno che distava appena cinque giorni da quel villaggio, fino ad entrare in quella che Banba scoprì essere una locanda.
Studiò con attenzione ogni possibile via di fuga, fino a quando non rimase solo in una stanza con una delle persone che l'aveva acquistato, mentre l'altra si congedava con un ossequioso inchino.
Quel gesto gli fece capire all'istante di essere stato acquistato da una persona altolocata, e che quello che li aveva accompagnati non era altro che una guida.
Guardò quindi il suo padrone, attendendo di scoprirne l'identità - anche se sapeva chi fossero i regnanti né le figure di spicco della nobiltà.
Quando il cappuccio venne abbassato, Banba poté osservare un volto giovane, dalla pelle ambrata e curata, incorniciato da lunghi capelli scuri.
Era un ragazzo.
Sicuramente ricco ma pur sempre un ragazzino.
L'avrebbe potuto spezzare con una mano, anche con quella poca forza che stava lentamente riacquistando.
" Il tuo nome.", il giovane parlò, con voce seria che però tradiva un certo nervosismo.
" Banba... signore.", aggiunse dopo un attimo di pausa.
Non voleva considerarlo il suo padrone ma, per puro istinto di sopravvivenza, sapeva di doversi comportare in quel modo.
" Banba...", ripeté l'altro, come per memorizzare il nome. " Il mio nome è Kaminari Harao. E sia chiaro: non voglio non schiavo, né uno sguattero."
Mamoru lo ascoltò, restando fermo nella sua posizione. Nonostante il nervosismo del giovane, questo sembrava abbastanza deciso mentre gli svelava le mansioni per le quali era stato acquistato.
" Ho bisogno di protezione.", lanciò un'occhiata dalla porta alla finestra della stanza. " Sei stato comprato per diventare la mia protezione. Nulla di più."
In quel momento il nervosismo del giovane parve spiegarsi agli occhi di Banba e, anche se non ne sapeva l'origine, il suo compito gli sembrò ben chiaro... anche se non l'avrebbe portato a termine.
Voleva essere libero e tornare nel suo paese, non proteggere quel ragazzo: era quello il suo obiettivo.
Non c'erano indecisioni nella sua scelta, e facendo buon viso a cattivo gioco assentì in direzione dell'altro.
Anche Kaminari annuì, apparendo soddisfatto e anche sollevato dall’accondiscendenza di Banba che, nell’osservarlo, non poté non notare ancora la preoccupazione che gli offuscava gli occhi.
Si chiese, quasi senza rendersene conto, quali fossero i suoi nemici per averlo reso così timoroso e da spingerlo a cercare la protezione in uno ‘schiavo’.
Non riuscì a scacciare subito quel pensiero, ritrovandosi ad elaborare varie soluzioni e ipotesi sulla storia e sul passato di quel giovane.
“ Puoi dormire lì.”, la voce del ragazzo lo riscosse e seguì con lo sguardo il gesto dell’altro che gli indicava una brandina al lato della stanza.
Un lusso che in quegli ultimi tempi era mancato a Banba e che lo spiazzò: era una gentilezza inaspettata. Quanti gli avrebbero permesso di dormire nella stessa stanza offrendogli addirittura un giaciglio?
La risposta forse già la conosceva – Kaminari voleva essere protetto, era quella la spiegazione – ma una piccola parte incoraggiava Mamoru a credere che quella fosse una gentilezza senza secondi fini.
Si spostò per la camera, andando verso la brandina. Non sarebbe mai stata comoda come un letto vero e proprio ma tutto era meglio di un buio carro in legno.
“ La ringrazio.”, disse con voce calma ed educata, voltandosi verso il giovane che si preparava per la notte.
Lo osservò in silenzio, sembrava così fragile.
Forse non aveva neanche mai preso in mano un’arma e, ancora una volta, non riuscì a non chiedersi quali fossero i nemici di quel giovane. Che cosa avesse fatto di così ‘terribile’ da dover ricorrere a lui.
Era curioso e voleva trovare una risposta a tutti quei quesiti, ma evitò ugualmente di porgergli quelle domande: avrebbero contribuito a creare una sorta di legame che non poteva permettersi di avere.
Il giorno dopo forse avrebbe tentato di scappare e Kaminari avrebbe cercato un altro uomo in grado di difenderlo. Era quella la realtà.
Cercò quindi di concentrarsi su qualcos'altro, sul pensiero del suo paese ad esempio, ma ogni volta si ritrovava a lanciare un'occhiata al giovane. Così fragile da ispirargli a sua volta la necessità di proteggerlo e, inconsciamente, iniziò a farsi avanti l'esitazione.
Era giusto scappare? Lasciare solo il ragazzo che gli aveva ridato la libertà?
Si sentiva quasi un ingrato nel pensare alla fuga se questa significava abbandonare Kaminari senza proteggerlo dai suoi nemici.
Non si era mai sentito così indeciso riguardo al suo futuro. Fino a qualche ora prima forse era incerto, ma mai esitante: era una persona decisa e cambiava raramente idea.
Che quell'esperienza come schiavo l'avesse cambiato a tal punto? O era la debolezza a fargli pensare quelle cose?
Non lo sapeva e, per il momento, non l'avrebbe scoperto. Gli bastò sistemarsi sulla brandina per addormentarsi poco dopo, godendosi una prima notte di sonno dopo tante passate tra gli scossoni del carro e la paura dei macellai.


Banba aveva ormai perso il conto da quanto tempo mancava dal suo paese.
I giorni nel carro erano tutti uguali e, viaggiando solo la notte nel buio più totale aveva iniziato a non distinguere più lo scorrere delle giornate.
Nonostante tutto, complice la comodità ritrovata e l'assenza delle catene, quella mattina riuscì a svegliarsi di buon umore ed anche prima di Kaminari.
Sentiva di aver quasi ripreso le forte e, concedendosi un mezzo sorriso, si lasciò trasportare dal caldo pensiero del suo ritorno a casa.
Gli mancava la solitudine dell'abitazione che aveva costruito con le sue stesse mani e, anche se non c'era nessuno ad attenderlo, non poteva non desiderare di tornare indietro e di immergersi ancora nelle silenziose acque della sua terra.
Richiuse gli occhi, riportando alla mente il mare calmo ed il sole caldo, insieme a tutti i rumori che l'avevano accompagnato sin dalla nascita... gli mancava tutto quello.
Eppure una piccola parte di sé lo avvertiva che non sarebbe riuscito a rientrarvi tanto presto. Non se ne era accorto, ma tarlo dell'indecisione si era già insinuato in lui e lo ammoniva, ricordandogli che sarebbe stato un ingrato nell'abbandonare Kaminari.
Un movimento proprio da parte del giovane lo strappò ai suoi pensieri e, riaprendo gli occhi, lo guardò sollevarsi lentamente dal letto.
Lo imitò subito, cercando di non osservarlo con troppa insistenza – si sarebbe ancora reso conto della fragilità del ragazzo e quel pensiero non l’avrebbe aiutato ad allontanarsi.
“ Ci mettiamo subito in viaggio.”, annunciò Kaminari, rompendo il silenzio che si era creato, indossando il suo mantello con il cappuccio per poter celare il suo volto.
Banba si volse subito verso di lui, trattenendo tra le labbra alcune di quelle domande che voleva porgergli.
Desiderava sapere dove fossero diretti, magari anche per farsi un’idea riguardo della distanza dalla sua terra, ma restò ancora in silenzio.
Era certo che il ragazzo avrebbe risposto a tutte le sue domande – aveva quella convinzione anche se non sapeva da dove provenisse – ma, per un motivo o per l’altro, entrambi si erano chiusi in una sorta di riservatezza.
Mamoru non poteva non pensare che, forse, Kaminari fosse anche a disagio per aver acquistato uno schiavo in quel regno dove era una pratica ormai fuori legge – erano permessi degli attendenti e anche i classici valletti, ma erano tutti uomini liberi.
Tutti i suoi pensieri però si interruppero quando, uscendo dalla locanda, il suo viso venne carezzato dai tiepidi raggi mattutini.
Il sole appena sorto illuminava quelle strade che la sera prima aveva percorso nell’oscurità e quella visione quasi familiare – la luce e il villaggio che brulicava di vita sin dal mattino - gli strappò un sorriso. Sicuramente il carro degli schiavi era già partito verso nuovi paesi ma, egoisticamente, non riuscì a non pensare alla fortuna che aveva avuto.
Non era il momento di fare l’altruista, doveva dedicarsi solo ed esclusivamente a sé stesso anche se, in ogni caso, sperò che Gaou e Ikari avessero avuto la sua stessa sorte.
“ I miei cavalli sono nella stalla.”, annunciò Kaminari facendo strada ed esplicando brevemente le sue intenzioni. “ Ho ancora abbastanza Pecus per permetterci una breve sosta alla taverna ed allo spaccio.”
Banba lo seguì in silenzio fin dentro la stalla dove il giovane iniziò a sellare il suo cavallo.
Quel gesto lasciò perplesso il più grande e alcune delle tante domande che si era posto trovarono la loro risposta. Kaminari non era un nobile, nonostante l’aspetto chiaramente elegante e la delicatezza, forse era membro di quella ristretta cerchia di persone benestanti e solo quello poteva spiegare la mancanza non solo di qualcuno che gli sellasse il cavallo ma anche l’assenza di qualche guardia in grado di proteggerlo.
Quella scoperta fu come un pugno nello stomaco per Banba.
Chissà quanti Pecus aveva speso per acquistarlo, quanti sacrifici aveva fatto per accumulare abbastanza denaro per essere lì…
Tentò di scacciare quella nuova consapevolezza concentrandosi sulla sella del secondo cavallo ma quel peso che si era creato sul suo petto pareva non voler sparire.
Riportò alla mente la sua terra e tutto quello che lo aspettava ma si sentiva in debito con Kaminari.
Mamoru era sempre stato fin troppo buono con tutti, e anche se si ostinava a ripetersi che sarebbe scappato alla prima occasione – aveva anche un cavallo, poteva allontanarsi velocemente -, l’idea di abbandonare Harao non gli piaceva. Era diviso tra la necessità di essere i nuovo libero e l’onore… e sapeva che, nonostante l’indecisione di quegli istanti, al momento giusto avrebbe scelto di proteggere il ragazzo.



Era quasi il tramonto del secondo giorno quando, nel bel mezzo della foresta che stavano attraversando, intravidero le prime indicazioni per giungere al villaggio di Kaminari. Era stato un tragitto pacifico e anche relativamente breve oltre che silenzioso.
Avevano parlato pochissimo - solo poche frasi di circostanza - ed era chiaro ad entrambi che nessuno dei due avesse l’intenzione di parlare, ma quando scorsero quelle indicazioni le cose parvero cambiare.
“ Entro oggi saremo nel mio paese…”, commentò Kaminari, stringendo le redini del cavallo con forza. Si era fatto rigido e a Banba non sfuggì quel suo cambiamento.
Non era mai stato davvero rilassato, ma in quell’istante sembrava sul punto di spezzarsi a causa della paura e della tensione. Si ammonì mentalmente per quell’improvviso interessamento, cercando poi di pensare a spronare il cavallo alla corsa e di allontanarsi velocemente ma, come già era accaduto per tutto il viaggio, non riuscì a farlo.
“ Sei un tipo strano.”, la voce di Kaminari lo riscosse. Sembrava stesse ridendo ma, dal tono, la sua era più che altro una risatina nervosa.
Banba gli concesse uno sguardo stupito da quell’affermazione, si erano scambiati poche parole durante il tragitto e quella era la forse la seconda volta che si rivolgeva a lui direttamente e non per spiegare i suoi piani.
“ Non mi hai chiesto né chi sono, né da chi dovrai proteggermi. E… non hai tentato di fuggire.”, Mamoru comprese subito che quelle ‘chiacchiere’ era un semplice espediente per non pensare ad un possibile attacco ma, in ogni caso, non riuscì a non pensare un ironico: “ Se solo sapessi.
Voleva scappare ma quel suo maledetto senso dell’onore gli impediva di voltare le spalle alla persona che lo aveva liberato, mandandolo in uno stato di frustrante indecisione.
“ Non mi ha detto niente lei, signore.”, rispose educato.
“ Mi aspettavo delle domande.”, ribatté Kaminari, stringendo ancora le redini.
“ Allora mi dia le risposte che voleva darmi…”
Gli occhi scuri del ragazzo si puntarono sui suoi, seri e tesi.
“ Sono il figlio bastardo del Re.”
Era una rivelazione scomoda ma semplice, che rispondeva a parecchie domande.
Avere dei figli bastardi era normale, ed era altrettanto nella norma che certi tentassero di sbarazzarsi di queste figure possibilmente dannose per la successione.
“ Ci sono delle persone che mi vogliono morto.”, aggiunse il giovane.
“ Le guardie del Re.”, concluse Banba, stupendosi poi quando Kaminari scosse il capo.
“ Quelle alle dirette dipendenze della Regina.”, ed un altro tassello di quel mosaico andò al suo posto. Sembrava quasi tutto più chiaro agli occhi di Mamoru, ma quando il ragazzo lo guardò, rivolgendogli una semplice domanda, il più grande non riuscì a rispondere.
“ Mi proteggerai, vero?”
Erano bastate quelle parole per mandarlo quasi nel panico.
“ Mi hanno detto che sei forte…”, aggiunse Kaminari. “ Ti ho scelto per quello.”
Gli avrebbe voluto rispondere o, nella più codarda delle ipotesi, fuggire… ma quello sembrava non essere il destino che era stato scritto per lui.
Sembrò quasi un lampo e, in un’imboscata, il fuoco divampò davanti a loro.
Il cavallo del giovane, spaventato, disarcionò il fantino facendolo cadere per terra in un gemito di dolore e stupore.
Per poco non accadde la stessa cosa anche a Banba che, solo grazie alla sua calma, riuscì a mantenere il controllo.
Davanti a sé in quel momento si ritrovò un bivio.
Scappare, approfittando di quell’attacco, o scendere dal cavallo e proteggere Kaminari dalle tre guardie che si erano piazzate davanti a loro.
“ Banba!”
La voce del ragazzo lo riscosse e dissipò la sua indecisione. Non amava i combattimenti, ma per sopravvivere era sempre stato abituato a battersi, e quella battaglia che stava ingaggiando - prima a mani nude, poi con la spada di uno dei soldati – non era solo per lui, ma anche per aiutare il giovane che l’aveva a sua volta salvato dalla schiavitù.
Riuscì con non poche difficoltà a sconfiggere si suoi avversari e, aiutando Kaminari a salire con lui sul cavallo rimasto, lo esortò al galoppo per allontanarsi da quel luogo, lasciando alle loro spalle le fiamme che si stavano già estinguendo e i corpi privi di sensi delle guardie.
Arrestarono la loro corsa quando, dentro il villaggio, fu il ragazzo ad iniziare a guidarlo.
Sembrava essere calato ancora una volta il silenzio e, complice la vicinanza tra i loro corpi, Banba poteva quasi sentire sulla sua stessa pelle la tensione dell’altro.
“ Grazie…”, mormorò il giovane.
“ Ho fatto il mio lavoro.”
Forse aveva fatto una cosa stupida nel rinunciare alla fuga ma… era anche la cosa più giusta da fare.
Kaminari assentì e, appoggiandosi distrattamente al petto dell’altro, socchiuse gli occhi.
“ Pensavo scappassi.”, ammise. “ Sei libero, non hai più le catene… un uomo normale sarebbe andato via.”
Già. Banba sentiva di dovergli dare ragione.
Un uomo normale sarebbe scappato e l’avrebbe abbandonato ma non lui… lui si era lasciato condizionare dall’indecisione e dal suo forte senso dell’onore.
Non l’avrebbe abbandonato…
“ Resterò fino a quando avrai bisogno di me.”, dichiarò poco dopo e, per la prima volta da quando aveva conosciuto Kaminari, si sentì davvero deciso della sua scelta.

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Capitolo 3
*** Slave | 3. Salvation ***


Titolo: In any other world
Titolo del Capitolo: Slave | Salvation
Fandom: Eyeshield 21
Personaggi: Rikiya Gaou, Daigo Ikari, Sena Kobayakawa [Nominato: Yamato Takeru]
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: OneShot, Alternative Universe (AU)
Conteggio Parole: 1193 (FiumiDiParole)
Note: 1. Non mi piace assolutamente questo capitolo .w. ma in ogni caso… ho cambiato progetto: Taki apparirà nel prossimo ed ultimo capitolo… ma non sarà una GaouTaki ù_ù
2. Il nome della “moneta” è Pecus ed è legata al termine ‘denaro’ e al suo significato latino. Pecus significa “pecora” (o “bestiame”) in quanto il bestiame era considerata una ricchezza scambiabile. Mi sono ispirata a questo >ç<
3. Il titolo della raccolta è tratto dalla canzone di Mika Any other world.
4. Dedicata alla mia dolce metà<3 ti amo >ç<



{ In any other world ~
- 3. Slave | Salvation -




Era appena il tramonto quando i mercanti decisero di lasciare il villaggio per imboccare una delle vie che li avrebbero condotti verso i confini del regno.
Anche se si erano fermati per poco, l'unica asta che avevano tenuto era stata abbastanza fruttuosa pur avendo venduto un solo schiavo. Le Pecus guadagnate erano state infatti in grado di permettere loro di acquistare dei viveri per il viaggio che avevano appena intrapreso, garantendo in quel modo un tragitto privo di pericolose soste in piccoli villaggi di passaggio.
In effetti non era un viaggio di per sé lungo, erano appena cinque giorni completi di marcia, ma diventavano una decina se si viaggiava solo la notte come erano soliti fare.
Poteva anche essere una strada poco battuta, ma da quando il contrabbando di schiavi era diventato illegale era più che normale imbattersi in pattuglie armate... soprattutto se si passava vicino alla capitale come in quel caso.
Nonostante il normale timore però, i mercanti erano ormai abituati a percorrerla quando avevano bisogno di raccogliere altri schiavi, e più di tutto sapevano come muoversi per evitare dei controlli.
L'unica cosa che non potevano evitare era proprio quel viaggio, perché i due che erano rimasti dall'ultima asta non erano abbastanza per permettersi di entrare in un nuovo paese. Per quel motivo sarebbero andati alla ricerca di 'merce' fresca.
All'interno del carro, Gaou e Ikari restavano in silenzio ad ascoltare le leggere scosse causate dal terreno sconnesso e a ripensare a Banba che era stato venduto durante l'ultima asta.
Si chiedevano se fosse riuscito a mettere in atto il suo proposito di fuggire una volta liberato dalle catene, ma dopo quelle domande senza risposta, entrambi venivano immancabilmente colti da degli altri pensieri più egoistici. Perché anche loro volevano avere la fortuna di essere acquistati per tentare di scappare una volta liberati dalle catene.
Certo, non avevano sicurezze sulla riuscita di quel piano, ma preferivano morire combattendo che per mano dei 'macellai' senza la possibilità di ribellarsi.
" Una volta libero... li ucciderò con le mie mani...", ringhiò Daigo con voce sommessa.
Non si era ancora ripreso del tutto dalla punizione dei mercanti e solo un pizzico di buon senso - o forse la necessità di riprendere completamente le forze - gli aveva impedito di attaccare alla prima occasione i loro carcerieri.
Gaou aveva avuto modo di vederlo all'opera, e aveva subito capito che erano solo quello catene a fermarlo, perché quando Daigo aveva un obiettivo - voleva uccidere quei mercanti - niente e nessuno sarebbe riuscito ad arrestare la sua furia. Avrebbe portato a termine la sua 'missione' anche a costo di rimetterci la vita.
Poteva capire i sentimenti dell'altro ragazzo e sapeva che se gli si fosse presentata l'occasione gli avrebbe pure dato una mano... ma per il momento l'unica cosa che Gaou poteva fare era cercare di gestire la sua rabbia, restando muto in ascolto dei rumori che provenivano fuori dal carro.
Non viaggiavano da molto, doveva essere appena tramontato il sole ed il cielo doveva essersi tinto di tenui colori rossi e viola.
Vivendo da sempre all'aria aperta aveva dato per scontato lo spettacolo della natura, e solo in quei momenti si rendeva accorgeva dell'importanza di quelle piccole cose come il tramonto e l'alba.
" In nome della Corona fermatevi e fatevi identificare."
Nel silenzio del viaggio, intervallato solo dal rumore del basso, quella voce sconosciuta fece sussultare sia Gaou che Daigo.
Una guardia, non avevano dubbi che fosse un soldato di quel regno, e a quanto pareva i mercanti erano caduti in trappola.
Forse erano stati seguiti, o forse era stato un semplice colpo di fortuna per quelle guardie... ma una cosa era certa: quella voce suonò per entrambi come una voce di libertà.
Non né avevano la certezza ma sapendo che il contrabbando di schiavi era fuori legge in quel regno, poterono entrambi sperare di venire liberati.
Restarono ancora in silenzio, ascoltando il teso dialogo tra i mercanti e le guardie.
" Siamo solo dei viandanti provenienti da sud."
" Cosa contiene il carro, buon uomo?"
Era una domanda diretta, senza troppi giri di parole.
" Solo i nostri bagagli, mio signore."
" In tal caso...", Gaou avvertì lo scalpitio di un cavallo. " Non vedo nulla di sbagliato nel chiedervi di mostrarmi l'interno del carro."
" È fatta.", sogghignò Daigo, emettendo poi un soffocato verso di dolore nel chiaro tentativo di alzarsi - Gaou non poteva vederlo, ma era certo che stava proprio cercando di muoversi.
" Mio signore, stanno calando le tenebre. Volevano raggiungere il villaggio ad un miglio da qui per fare una sosta. Non è sicuro viaggiare la notte."
" Non ho intenzione di rubarvi altro tempo, ma per ordine del Re dovete mostrarmi l'interno del carro."
La guardia era irremovibile ed era chiaro che anche i mercanti se ne fossero accorti.
" D'accordo, mio signore. Mi dia solo un...", e con un forte colpo di redini che fece nitrire i cavalli, il carro si mosse con violenza spostandosi in una disperata fuga che fece cadere sul pavimento in legno sia Gaou che Daigo.
I rumori erano tutti nascosti da quelli della strada percorsa velocemente dal carro e, anche se non sentivano le voci delle guardie, entrambi sapevano che erano scattati tutti al loro inseguimento... che parve durare poco.
Infatti improvvisamente tutto tornò immobile e, tentando di rialzarsi, sentirono di nuovo dei rumori provenire dall'esterno che sembravano concentrarsi sulla porta del carro. Venne subito aperta, mostrando dei visi sconosciuti illuminati da una torcia.
" Capitano. Qui ci sono due schiavi!", annunciò una delle guardie.
" Liberateli. Occupatene tu, Sena.", rispose una voce nuova.
" I-io?", un ragazzo si irrigidì a quell'ordine. " S-sì! Subito, Capitano!", e arrampicandosi sul carro si diresse verso i due prigionieri.
Sembrava giovane oltre che incredibilmente piccolo ed impacciato, ma né Gaou né Daigo sembravano notarlo, neanche mentre il ragazzino toglieva loro le manette scusandosi più volte per il tempo che ci stava impiegando.
" S-scusatemi! Siete... in grado di scendere dal carro?", domandò la giovane guardia senza però ottenere risposta.
Gaou sentì subito l'energia tornargli lentamente e, uscendo dalla sua prigione, assaporò la riconquistata libertà.
Il cielo era ancora violaceo, puntellato dalle prime stelle della notte. L'aria era fresca ma non gelida, poteva definirla quasi piacevole... anzi: lo era.
Dietro di lui si soffermò Daigo che, ringhiando, scattò verso la testa del carro come a voler cercare i mercanti... solo in quel momento scoprirono che avevano abbandonato il carro per scappare a cavallo.
" Maledetti bastardi!", gridò Daigo carico di rabbia, anche se era chiaro che stesse faticando a reggersi in piedi... cosa che la guardia di nome Sena parve notare subito.
" Siete ferito?!", si agitò - a ben guardarlo sembrava fuori luogo tra le altre guardie, era sicuramente figlio di un nobile, mandato lì per farsi la pelle. " C-capitano Takeru!"
Gaou osservò in silenzio la piccola conversazione tra la guardia ed il capitano, senza però prestarvi troppa attenzione.
Nella sua testa continuava a ripetersi la parola 'libertà', come a voler avere l'ennesima conferma di tutto quello, abbassò lo sguardo sulle sue mani. Non c'erano più le catene, in loro ricordo solo dei lividi che sarebbero presto spariti.
Sorrise ancora e, prendendo un respiro - lasciandosi rinfrancare dall'aria delicata della notte che stava scendendo -, gridò con tutta la forza che aveva in corpo.
Non era tanta ma riuscì ugualmente a spaventare i cavalli ed anche la guardia di nome Sena.

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