Il Mistero Dei Custodi

di ellemalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


Ero una normalissima ragazza italiana di Lucca che frequentava il liceo classico nella città vecchia, quella circondata dalle mura antiche.

Mi chiamo Lia Degli Angeli, abito nella città vecchia e mia madre fa la dottoressa, e mio padre è un avvocato molto richiesto in campo industriale.

Anche quella mattina stavo andando nella mia noiosissima scuola come al solito.

In realtà io avrei preferito frequentare un liceo artistico per poi fare design, ma mia madre aveva detto che se fai un liceo classico è impossibile che diventi un fallito.

Detto da lei suonava un po' strano, è vero che a soldi era messa davvero bene, però era un quarantaduenne divorziata, mai risposata con la fissazione delle diete e di tisane depuranti al finocchietto selvatico...sembrava Luciana Litizzetto come si racconta nei suoi libri, peccato che lei esasperi tutto, io di mia madre non esaspero nulla.

Come tutti i lunedì mio padre mi accompagnò a scuola, il pomeriggio sarei tornata da mia madre.

Era così: venerdì pomeriggio andavo da mio padre, lui il lunedì mattina mi portava a scuola, il pomeriggio tornavo dalla mamma e ci restavo per il resto della settimana, il venerdì pomeriggio andavo dal papà e così iniziava di nuovo tutto da capo, come un circolo vizioso.

Entrai in classe con gli occhi ancora pieni di sonno e mi sedetti al mio posto: in ultima fila accanto alla finestra che dava sul vicolo dove c'era l'entrata, infatti, a un paio di finestre di distanza, c'era il grande portone di legno con le borchie in metallo e i due battenti circolari fermati dalla testa di leone.

I miei compagni entrarono un po' alla volta, sedendosi anche loro ancora con parte de cervello nel mondo dei sogni. A quell'ora ragionavamo come automi, facevamo quello che facevamo per abitudine.

Per esperienza sapevamo che comunque la prima ora ci avrebbe un po' svegliati, infatti, con somma felicità di tutti(ma nemmeno tanto, in realtà) avevamo ginnastica.

Ognuno di noi aveva portato la sacchetta di ginnastica e solo due o tre erano riusciti ad “ottenere” la giustifica, come a solito...e ovviamente non era il mio turno.

Si, turni.

Nella classe eravamo 27 e sarebbe stato un po' sospetto se quindici persone insieme avessero presentato la giustifica o avessero dimenticato a casa qualche cosa, quindi facevamo a turni.

Calcolando che ginnastica la avevamo una volta a settimana per due ore, una settimana si e una no un gruppo di persone a rotazione portava la giustifica.

Ogni gruppo era formato da tre persone, e io ero nell'ultimo gruppo, e ovviamente, ora che stavamo facendo le cose in cui ero più impedita, avevamo appena iniziato di nuovo il giro, quella settimana c'era il primo gruppo.

Appena arrivò in classe il professore ci alzammo in piedi, salutammo svogliatamente e, senza nemmeno aspettare che ce lo dicesse, ci sedemmo nuovamente, ognuno con il suo ritmo.

Appoggiai i piedi sulla sedia del banco vuoto accanto al mio, mi sdraiai leggermente di lato, appoggiai le braccia conserte sul tavolo e ci affondai il viso.

Dopo qualche minuto durante il quale il professore sistemò le solite cose sul registro mi accorsi della stranezza della cosa.

Scattai su, tirando giù i piedi dalla sedia con un piccolo urlettino.

Tutti si voltarono di me con l'aria del lunedì mattina(da zombie), non realmente interessati a quello che era successo.

Il professore mi osservò esasperato, osservò i miei occhi spalancati, la mano e coprire la bocca.

-Tutto bene Lia?-

Io scossi la testa e mi alzai in piedi, allontanandomi velocemente dal mio banco e indicandolo.

-Cosa succede?-

Tolsi lentamente la mano dalla bocca e iniziai a respirare normalmente.

-C'è un altro banco accanto al mio...-

Il professore si passò esasperato una mano sul viso.

-Vedo che la sua perspicacia del lunedì mattina è peggiorata e batte di gran lunga gli altri...ha vinto il primo premio.-

Mi voltai verso il muro e gli feci il verso mimando solamente con le labbra e facendo le facce strane.

Quando fui di nuovo seduta iniziò a spiegare ciò che aveva interrotto il mio riposino scolastico mattutino.

-Come Lia ha avuto l'occasione di farci notare ci sono due banchi e due sedie in più, di cui uno lei ha già preso il possesso per i suoi riposini scolastici a quanto pare. Questo perché da oggi nella vostra classe ci saranno due nuovi alunni che dovrebbero arrivare a momenti. I genitori del primo sono americani ma ha sempre vissuto qui in Italia, l'altro invece si è appena trasferito qui da Firenze. Spero che siate così gentili da farli integrare come si deve.-

Come se l'avesse fatto apposta, in quel momento entrarono quelli che a quanto pare erano i nuovi ragazzi, accompagnati dal preside.

-Buongiorno ragazzi.-

Come un'orda di zombie del film horror ci alzammo a salutare il preside, sedendoci questa volta quando ci fece un cenno.

Di solito non pretendeva che ci alzassimo alle prime ore del mattino, in particolare il lunedì, a quanto pare però voleva far bella figura con i due nuovi arrivati.

Quando appresi per un ragionamento del mio arguto cervello che uno dei due si sarebbe seduto accanto a me arrossii, mi schiacciai contro la finestra e tirai su le gambe, appoggiandole sulle sedia tutte rannicchiate, cingendole con le braccia.

-Signor Sancez, si sieda pure accanto alla ragazza con i capelli castani, quella accanto alla finestra che la guarda in cagnesco. Deve superare l'aspetto truce, è una ragazza davvero simpatica e molto divertente...è anche un'ottima alunna.-

Il fatto che il preside della scuola fosse anche un amico di mio padre a volte veniva a mio favore, altre era un po' una cosa orribile...però pazienza, erano cose che si potevano sopportare.

Sancez era un ragazzo abbastanza alto, sicuramente più di me, il fisico atletico abbastanza muscoloso, vestito bene con abiti di marca, i capelli castani leggermente mossi più lunghi in una striscia centrale e corti sui lati...quando si avvicinò potei vedere il verde chiarissimo dei suoi occhi, era tanto chiaro che faceva impressione, forse lo avrei definito quasi trasparente.

Si sedette accanto a me e mi sorrise gentile, scoprendo i denti bianchi e perfetti che risaltavano tantissimo con la carnagione abbronzata.

-Ciao, io sono Daniel Sancez.-

Mi porse una mano che io guardai con aria schifata. La mia prima regola sul trattamento dei fighi che arrivavano e rovinavano la mia vita era la seguente:Non dare nessuna confidenza.

-Ho capito...senti, dobbiamo per forza iniziare con il piede di guerra o possiamo farne a meno?-

Notai qualche cosa...capito.

-Hai un leggero accento americano, non hai vissuto sempre qui in Italia, quindi.-

Suonava come un'accusa detta così, e forse un po' lo era, voleva dire che non aveva detto la verità ai professori.

Vidi chiaramente la sua espressione stupida, probabilmente nessuno aveva mai indovinato così il suo accento, ma io avevo un talento nel riconoscimento delle lingue che avevo sprecato non andando al liceo linguistico, tanto più che riuscivo benissimo a replicarli.(Miss “Modestia” è stata eletta...Lia Degli Angeli!)

-Si...comunque è in casa mia che parliamo inglese, da piccolo parlavo solo inglese.-

Annuii e osservai attentamente anche l'altro ragazzo, Alec Fiorentini.

Lui aveva i capelli biondi, la pelle candida, gli occhi azzurri...anche i suoi potevano essere definiti quasi trasparenti. Era leggermente più basso di Daniel e un po' più robusto, ma i tratti del viso erano molto più dolci.

Quando vidi che era attento alla spiegazione del professore di ginnastica mi concentrai su di lui.

Osservai i tratti perfetti del suo viso, così armonici che pareva un viso scolpito dagli angeli.

Dopo qualche minuto di non attenzione alla lezione arrivai alla conclusione che era un viso senza tempo, poteva avere 2 come 100 anni...a giudicare dal suo sguardo avrei detto più cento, i suoi occhi parevano aver visto tutto quello che si può voler vedere prima di morire, eppure ero sicura che fossero ancora avidi di ammirare le bellezze del mondo.

Fortunatamente il professore decise di graziarci tutti quanti e non fece lezione pratica, ma solo teorica...peccato, quelli che avevano la giustificazioni si erano saltati il turno.

Dopo due ore c'era il primo intervallo.

Insieme a Beatrice andai in bagno come al solito.

Non avevamo davvero bisogno di andare in bagno, ma tutte le ragazze della nostra classe andavano in bagno durante l'intervallo, o meglio, tutte le femmine della scuola si infilavano in bagno come pescetti in una scatola di sardine, di conseguenza i corridoi erano popolati da indecenti esseri di sesso maschile e di qualche raro esemplare molto intimidito di sesso femminile che portava in quegli ambienti un poco di decenza.

Mi misi davanti allo specchio.

Quando ero in prima superiore una volta, verso la fine dell'anno, mi ci ero messa davanti, poi era arrivata una di quinta e mi aveva detto di spostarmi, io mi ero rifiutata e lei mi aveva risposta che mi dovevo levare perché non c'era mica scritto sopra il mio nome. A quel punto io avevo avuto la risposta pronta dicendole che invece c'era, così le avevo indicato in un angolino in basso, in mezzo alle altre scritte, il mio nome.

Lei ci era rimasta malissimo e se ne era andata...ce vittoria vittoriosa.

Vedendomi non si sarebbe mai detto che fossi una ragazza dal carattere così forte, ero piuttosto bassina, abbastanza magra e solo il portamento fiero mi faceva sembrare un tantino più rispettabile, ma nemmeno tanto.

Presi una spazzola e iniziai a pettinarmi i capelli castano cenere, rendendoli più lisci di quel che in verità erano, finivano in boccoli e a me non piaceva.

Poi tirai fuori dalla borsa che mi ero portata dietro una matita per occhi, il mascara, il fondotinta e il blush e iniziai la restaurazione stendendo il fondotinta sulla pelle dal pallore nobile, elegante, non quello malato che avevano certe persone. Passai a truccare con mascara e matita nera gli occhi grigio chiarissimo, mettendoli in risalto.

Solitamente il lunedì arrivavo a scuola struccata e non ancora in tiro per via delle prime due ore di ginnastica, mi sistemavo negli spogliatoi, ma fortunatamente nei bagni femminili c'era lo specchio.

Mentre mi sistemavo Beatrice si sistemava accanto a me e parlava senza mai fermarsi di come fossero belli, perfetti, intelligenti e di sicuro agilissimi i due nuovi arrivati.

Il fatto che fossero arrivati nello stesso giorno due ragazzi così belli e così perfetti era un po' strano, per di più erano entrambi nella nostra classe e la cosa era ancora più strana, ma non ci feci caso, come tutti del resto.

Le due ore dopo erano una di storia e l'altra di latino, quindi mi andava bene, in latino ero un asso e in storia me la cavavo.

Per tutto il tempo io e Daniel non ci rivolgemmo mai la parola, io invadevo il suo banco quando scrivevo e prendevo appunti, con l'astuccio, lui non faceva niente e non diceva nulla. Volevo vedere fino a che punto arrivava la sua pazienza, ma nulla di tutto quello che facevo lo faceva arrabbiare, anche quando mi appoggiai con la schiena alla finestra e misi i piedi sulla sua sedia si arrabbiò, si limitò spostarsi un po' e a sorridermi.

Dopo il secondo intervallo riprovai, ma nulla, nessun risultato accettabile.

Prima ero da sola vicino alla finestra perché avevo delle abitudini durante le lezioni che davano fastidio, lo facevo apposta per stare da sola e i miei compagni alla fine mi avevano aiutata.

Ogni singola persona era impazzita per quello che riuscivo a fare, invece durante la quarta ora, quella di matematica, si era anche girato e mi aveva sorriso. A quel punto non avevo resistito, andai in crisi isterica.

-Basta!-

Mi ero alzata di scatto e avevo buttato la matita sul banco con forza, la faccia trasfigurata dall'isteria.

Il professor Vincenzi mi aveva guardato in cagnesco e si era alzato a sua volta, solo che più lentamente, aveva posato le mani sulla cattedra, da quella posizione, da dove ero io, si vedeva benissimo lo spiazzo senza capelli al centro della testa grazie alla sua enorme gobba.

Era risaputo che chi interrompeva le sue lezioni non aveva un futuro facile, ma io ero davvero disperata.

-Dica signorina Degli Angeli, non ha capito qualche cosa delle equazioni di terzo e quarto grado?-

Deglutii, vedere quei suoi occhi neri mi faceva venire voglia di tornare a sedermi, ma dovevo, dovevo assolutamente ribellarmi a quel ragazzo sempre calmo, con una psiche di ferro.

-No professore, mi scusi, ho solo sbagliato a fare l'equazione e mi sono un tantino spazientita.-

Mi risedetti depressa, più in difficoltà di prima.

Non solo non ero riuscita a far arrabbiare Daniel, ma nemmeno a ribellarmi...era davvero troppo, non ero più me stessa...quella era guerra dichiarata!

Appena la scuola finii mi fiondai fuori spintonando chiunque mi si parasse davanti, non mi importava se per molti ero solo una piccola ragazzina di terza superiore di sedici anni, che quindi mi sarebbero venuti a cercare per dirmi di quanto fossi scema.

Nella strada aspettai il solito autobus per conto mio, incenerendo con lo sguardo chiunque mi sorridesse.

Vidi Daniel e Alec salire su una limousine nera proprio lì davanti.

Daniel mi indicò con un cenno e si mise a ridacchiare con Alec.

Rimasi lì a picchiettare per terra con il piede, poi, prima che potessero salire in macchine, chiamai Daniel, dovevo mettere in chiaro un paio di cosette.

Li raggiunsi e fissai malissimo Alec che stentava a trattenere le risate davanti alla mia faccia imbronciata.

-Senti, mettiamo in chiaro una cosa super fotomodello.-

Lui annuì e afferrò meglio la spallina dello zaino che aveva sulla spalla.

-Io e te non andremo mai d'accordo, mai e poi mai diventerò una di quelle ragazze che ti vanno dietro...non ci parleremo se non per necessità, e tu non copierai mai da me ne greco ne latino. Chiaro?-

Lui sollevò le spalle e annuì di nuovo.

-Nessun problema, tanto magari non rimango nemmeno tutto l'anno se non trovo quello che cerco.-

Sollevai un sopracciglio scettica cercando qualche cosa da rispondere, e mi accorsi che per la prima volta nella mia vita non sapevo che cosa rispondere, non avevo la risposta pronta.

Rimasi lì a boccheggiare mentre i due salivano sulla lussuosa macchina e si allontanavano.

Quando tornai dove si aspettava il pullman mi accorsi anche dei averlo perso, quindi i casi ora erano due: o aspettavo quello dopo, che sarebbe arrivato dopo una mezzora abbondante, o tornavo subito a casa, e in massimo mezz'oretta sarei arrivata.

Alla fine optai per aspettare il pullman, tanto non avevo nulla da fare.

 

Buongiorno o buonasera o voi che siete arrivati fino in fondo.

Questa è la mia prima fan fiction originale e mi è venuta in mente questo week end, quando mia madre e mio padre mi hanno trascinato, contro la mia volontà, a Lucca, una città che secondo me è piena di magia. Lì ho capito che avevano fatto la cosa giusta, così ho tirato fuori un block notes, una penna e ho iniziato a prendere appunti per la storia(anche al ristorante, ho preso appunti sui piatti buonissimi che ho mangiato). Se qualcuno di voi quindi ha visto a Lucca una pazza che andava in giro con cardigan e maglietta nera e il naso attaccato ad un blocchetto di fogli mentre scriveva...quella sono io!

Spero che volgiate lasciare una recensione.

Bacioni

Elle Malfoy

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


Fino a venerdì il patto venne rispettato. Io non parlavo a lui e lui non parlava con me, ci ignoravamo sempre e comunque.

Tutto questo fu regolare fino a venerdì all'ultima ora, quando la professoressa di greco diede da fare una versione in gruppi di tre come compito, avremmo dovuto tradurre un capitolo intero di un libro in greco, e il capitolo era di circa venti pagine.

Ovviamente non poteva andarmi bene con al solito, finii in gruppo con Daniel e Alec...maledetto il giorno in cui sono arrivai.

Al suono della campanella misi le mie cose nella borsa con tanta forza che sembrava avessero la colpa del mio destino, peggio per loro, dovevano nascondersi prima che le beccassi.

-Per la versione, vieni a casa nostra domani pomeriggio?-

Non lo guardai nemmeno, non mi andava di sapere quanto si stesse divertendo a vedermi così arrabbiata.

-Non potremmo fare in biblioteca? Magari casa tua è molto lontana dalla mia.-

-Non credo, ho saputo che abiti nella Lucca vecchia dalle parti di porta S. Maria, anche io.-

Chiusi la cartella e mi diressi alla porta seguita da lui.

-Dove?-

Se ci fossimo incontrati in biblioteca non avrei avuto bisogno di andare fino a casa loro, quindi non avrei dovuto arrabbiarmi se ci passavo davanti spesso.

-Villa Pfanner, hai presente?-

Strabuzzai gli occhi a mi aggrappai alla ringhiera, ci mancò poco che non cadessi a terra mezza morta.

-Non è vero.-

Non era possibile, ero sicura che appartenesse a dei tizzi che avevano aperto la prima birreria italiana e che ora la stavano aprendo al pubblico, o comunque qualche cosa di molto simile.

-Invece sì. Perché credi che l'abbiano ristrutturata? Comunque va bene per te?-

Non era considerabile che l'avessero comprata, doveva valere un patrimonio!

Annuii ebete e lo fissai mentre scendeva le scale come un angelo...un angelo odioso, ovvio...o forse no...basta, Lia, riprenditi stupida!

Molti mi dicevano che i due erano molto simpatici, dolci e socievoli, ma io non mi lasciavo andare.

Non volevo diventare loro amica perché Daniel era il tipo di ragazzo che avrebbe potuto piacermi: era solare, simpatico, sorridente, carino e intelligente, con un ottimo senso dell'umorismo e molto agile...ma il mio essere scorbutica era come uno scudo.

Quando i miei avevano divorziato era stato per volere di mio padre, mia madre era ancora innamorata di lui.

Avevo sempre pensato a mia madre come a una persona forte, molto forte, come una di quelle persone che non si abbattono davanti a nulla, che trovano sempre il modo di andare avanti. Durante e dopo il divorzio avevo visto tutte quelle mie certezze crollare come uno stupidissimo castello di carte.

Ogni volta che la vedevo piangere, si rafforzava in me la convinzione che l'amore fosse solo uno stupido errore necessario per l'evoluzione della specie.

Era per quello che ero sempre così scorbutica con tutti, perché avevo paura di diventare come mia madre, se qualcuno a cui tenevo molto mi avesse ferita o delusa, per quello non avevo nemmeno amici, e non era facile.

Dovevo sempre tenermi tutto dentro, sopprimere ogni istinto umano che avevo quando vedevo una persona che sembrava simpatica cercare di interagire con me...avevo sempre allontanato tutti.

Quando mio padre arrivò sotto la scuola con la macchina vidi che con lui c'era anche il preside...benissimo.

-Ciao Lia, come stai tesoro?-

Sorrisi e papà e gli diedi assente un bacio sulla guancia.

-Andiamo a casa per favore...-

Lui mi aprì la portiera e poi la richiuse.

-Tutto bene Lia? Mi sembri un tantino pallida...-

Io annuii guardando Daniel e Alec salire sulla limousine. Per un attimo mi parve anche che mi guardassero, ma probabilmente era solo una mia impressione, chi vorrebbe guardare una persona scontrosa come me?

-Sarà per i nuovi ragazzi che fa così, non te ne ha parlato? I due nuovi arrivati sono i ragazzi che verranno oggi a cena, e...-

-Che cosa?!-

Mio padre frenò bruscamente e si girò a guardarmi preoccupato.

-Cosa è successo?-

-Loro non possono arrivare e rovinarmi così la vita!-

-Loro chi?-

-Alec e...e quell'altro, quello che odio con tutto il cuore!-

Da lì partì un predicozzo di mio padre sul fatto che mi fermassi alle apparenze, che non li conoscevo ancora e che era sicura che se ci avessi passato insieme un po' di tempo di sicuro saremmo diventati ottimi amici e così via.

 

Quella sera rimasi imbronciata mentre mi preparavo.

Indossai dei pantaloni azzurro chiaro, una camicia bianca con le maniche corte a sbuffo e i volant, delle ballerine blu, mi ero truccata leggermente e avevo messo un cerchietto blu con un enorme fiocco, lasciando i capelli sciolti con la fine a boccolo, come li avevo sempre avuti.

Quando scesi in salotto gli ospiti erano già tutti lì e molti mi osservavano mentre scendevo la scalinata leggermente a chiocciola contro la parete.

-Ed ecco la mia piccola principessa.-

Scesi l'ultimo gradino e sorrisi solare.

Mi piaceva fare quelle entrate, non capivo perché ma mi sentivo sempre a mio agio in quella enorme villa che mio padre aveva e quella scalinata era come...un dejà-vu, come se l'avessi già percorsa molte volte in molte epoche diverse, a volte di notte mi sognavo con addosso chissà quali vestiti straordinari di antica foggia.

-Lia, che bello vederti...non avevo idea che fosse tuo padre.-

Mi trattenni dal mettermi ad urlare contro Alec, fortunatamente non c'era Daniel.

-Che cosa ci fate voi qui? Non avevo idea che conosceste mio padre.-

Lui sollevò le spalle noncurante.

-Mio padre e il padre di Daniel lavorano con il tuo attualmente, per quello si conoscono, e questa è una specie di cena di lavoro se non sbaglio.-

Annuii rigida e feci un passo indietro, andando a sbattere con la schiena contro un tavolino di chissà quanto valore.

-Fa spesso le cene di lavoro il venerdì sera o durante il week-end, quando sono qui da lui...gli piace far vedere quanto sia brava a mantenere un comportamento degno delle cariche più alte.-

Rimasi lì a parlare con lui con un bicchiere di acqua naturale in mano, ancora non mi concedeva di bere alcolici mio padre, se non durante i brindisi.

-Molto bene, mi ha avvisato che la cena è pronta...quindi direi che possiamo dirigerci in sala da pranzo con la verve degna degli affamati.-

Tutti risero alla sua battuta e andarono nella stanza indicata, lasciando i bicchieri vuoti o mezzi vuoti sui vassoi dei due camerieri che papà prendeva durante le cene, erano sempre gli stessi.

Mi sedetti al mio solito posto, accanto a mio padre che era a capotavola.

Affianco avevo il padre di Daniel e davanti proprio Daniel...che sfiga, solo io ce la potevo avere.

Durante l'antipasto riuscii ad evitare una conversazione con lui, ma poi mi venne impossibile, se mi fossi rifiutata papà sarebbe stato reputato un cattivo genitore.

-Allora, mio figlio mi ha detto che tu e lui siete in classe assieme.-

Il padre di Daniel e Daniel non si assomigliavano per nulla, così come Alec e suo padre non erano nemmeno lontanamente simili.

-Si, siamo anche vicini di banco.-

-Mi ha anche detto della tua leggera ostilità nei suoi confronti, c'è un motivo preciso?-

Ma bene, cos'era Daniel, forse un ragazzo mammone che non sapeva sopportare senza andare a piagnucolare dal papino?

-Mia figlia ha qualche difficoltà a fare amicizia, è una ragazzina molto timida.-

Sbuffai piano e mi ficcai in bocca un boccone enorme di pasta al pomodoro.

-Lia...-

Quando mio padre mi rimproverò mangiai meglio che potei quel boccone davvero troppo grande.

Mentre stavamo parlando del più e del meno il telefono di qualcuno squillò, il telefono di Daniel squillò.

Lui si guardò imbarazzato intorno.

-Scusate, vorrei potermi alzare, è una chiamata molto urgente.-

Mio padre fece un cenno e lui uscì dalla stanza molto velocemente, rispondendo al cellulare con urgenza.

-Dev'essere la sua ragazza, si sentono ogni dieci minuti, fa fuori una ricarica ogni due giorni per quella ragazza.-

Sentii un male al petto che non avevo mai sentito, chissà che cos'era...oh, sapevo che cos'era...doveva essere il mio cuore che si spezzava...la possibilità di un amore con lui si era spenta ancora prima che mi accorgessi della sua esistenza.

-Lui ha la ragazza?-

Il padre, Martin, annuì mentre mangiava.

-Penso proprio di sì. Quando parla con quella ragazza sta ore al telefono, a volte li vedo in giro insieme. Non lì ho mai visti tenersi per mano o baciarsi, è vero, ma so che ogni tanto discutono...ma sono praticamente sicuro che stiano insieme.-

Improvvisamente sentii la testa girarmi, le gambe mi tremavano e non sapevo che cosa fare.

-Scusatemi, avrei bisogno di prendere una boccata d'aria...con permesso.-

Mi alzai sulle gambe inferme e uscii dalla sala da pranzo, decisa ad andare in camera mia.

Quando però fui a pochi gradini dal piano superiore sentii le forze mancarmi, le gambe mi cedettero e la vista mi si appannò prima per oscurarmisi del tutto poi...ero appena svenuta per la prima volta in vita mia, e non mi piaceva come sensazione.

 

-Lia...Lia, svegliati.-

Quando aprii di nuovo gli occhi trovai due cose davanti a me, una in primo piano e una un po' più dietro.

Un po' più dietro c'era la mia camera, in primo piano c'era lui...Daniel.

-Finalmente ti sei svegliata, è da dieci minuti che sei così e stavo per andare a chiamare qualcuno.-

Mi sedetti velocemente, per poi capire che avevo fatto una cosa stupidissima, così la testa aveva preso a girarmi fortissimo, tanto che non riuscivo nemmeno a mettere ordine nei miei pensieri.

-Non hai chiamato nessuno?-

Quella fu l'unica cosa che dissi, non grazie mille, sei un idiota o altro, gli chiesi solo se non aveva chiamato gli altri.

-Non penso gioverebbe a nessuno l'interruzione della cena, soprattutto a tuo padre ed ai suoi affari, e mi sembra che tu ci tenga molto.-

-Anche tu devi tenere molto a quelli di tuo padre se rinunci a vedere la tua ragazza o starci insieme tutta la sera.-

All'improvviso mi era tornato in mente perché mi ero allontanata dalla sala da pranzo e perché volessi restare da sola, anche se dell'improvviso malore non ne capivo la causa.

-Io non ho una fidanzata, papà continua a dire che Matilda è la mia fidanzata ma non è vero, siamo solo...nulla in realtà, lavoriamo insieme a basta, ma lui dice anche che c'è dell'altro.-

Arrossi lievemente...se quella era la verità avevo appena fatto una figuraccia che sarebbe rimasta nella storia per anni, altro che Carlo Magno!

-Ti sei sentita male precisamente quando? Che ore erano?-

Lo guardai scioccata, io ero appena svenuta e lui mi chiedeva a che ora avevo iniziato a sentirmi male? Che idiota, adesso ne ero sicura, era un completo idiota.

-Non lo so, di solito non guardo l'orologio prima di svenire, non è tra le mie priorità.-

Lui ridacchiò davanti al mio sorrisino sarcastico e alla mia rispostaccia...perché lo facevo ridere?

-Sei davvero strana...quando sei tu a farmi domande di questo tipo o a fare affermazioni strane è come se avessi appena dettato legge...ti ricordi comunque di che cosa stavi parlando?-

Ci pensai un attimo, ovviamente non ne avevo bisogno.

-Di te e della tua ragazza.-

Lui storse il naso e guardò l'orologio da polso della Rolex, doveva essere proprio viziato.

-Allora erano circa le nove meno un quarto...e quindi ho trovato quello che cercavo!-

Sembrava euforico, si alzò di scatto e iniziò a camminare avanti ed indietro per la stanza parlottando fra se e se.

-Se è quello che penso...ma certo che lo è...oppure è solo una coincidenza.-

Poi scosse la testa.

-No, non può esserlo...c'è solo un modo per controllare.-

Mi si avvicinò e mi prese per le spalle con forza.

-Qual'è il tuo nome intero? Dimmelo, è importante.-

Sollevai scettica un sopracciglio e mi scansai nel caos più totale, stava andando in tilt quel povero ragazzo.

-Amelia Xenia Degli Angeli...ma sei sicuro di stare bene?-

Lui iniziò a saltare mentre sorrideva, rideva e alzava le mani al cielo.

-Non ci credo, per uno sbaglio ho fatto giusto...non ci posso credere, quando gli altri lo sapranno finalmente finiremo di vagare per un bel po'.-

Sembrava veramente pazzo, mi stava leggermente spaventando, e dico leggermente perché sono una persona che ci tiene alla sua immagine. Quando si girò nuovamente verso di me notai che i suoi occhi erano diventati strani, molto strani.

Erano color dell'oro liquido, si vedevano piccolo increspature nelle iridi...come se fosse davvero oro fuso, ma non era possibile.

-Tutto è possibile Lia, tutto.-

-Non è...-

Mi fermai a metà frase, accorgendomi che aveva appena risposto ad un mio pensiero che nemmeno avevo detto, avevo solo pensato ciò che lui aveva capito.

-Mi crederesti se ti dicessi una cosa molto strana?-

Ero indecisa, perché avrei dovuto credergli? Mi spaventava, non lo conoscevo poi così bene, sembrava pazzo e soprattutto non riuscivo a capire se dovessi fidarmi di lui o meno.

Tutto quello mi sembrava un grande scherzo.

-Non è uno scherzo. Aspetta, chiamo Alec.-

In men che non si dica Alec era lì, anche lui in camera mia.

-I genitori sono felici che abbiamo fatto amicizia...cosa c'è di così importante da dirmi?-

-L'ho trovata, ti sembrerà strano ma l'ho trovata.-

Non sapevo bene di cosa stessero parlando, ma deducevo che stessero parlando di una persona, di me, questo mi era chiaro.

-Dove? Chi?-

Daniel mi indicò con un cenno della testa.

Si ripeté lo stesso teatrino, loro si misero a saltare, ridere e lanciare le mani al cielo.

Quando finirono quella sceneggiata chiamarono qualcuno dal cellulare di Daniel e ci stettero al telefono una decina di minuti, parlando tutti concitati in una lingua complicatissima che non conoscevo.

Poi si voltarono di nuovo verso di me e mi spiegarono.

Quello che mi dissero era una leggenda.

 

La leggenda narrava che milioni di anni fa, prima dell'era dei dinosauri, ci fosse sulla terra il popolo dei Custodi delle Mille Chiavi della Vita. Queste chiavi erano dei sigilli che garantivano la pace e il controllo totale dei quattro elementi e dei quattro poteri. Con questo popolo vivevano in armonia i draghi del fuoco, dell'acqua, del vento e della foreste, le quattro specie di draghi più potenti, e insieme a loro anche il popolo degli Aiutanti e dei Protettori. Un giorno era arrivato un grande gelo poiché un Custode avido di potere e sapere oscuro si era impossessato della Chiave dell'acqua, scatenandone il potere per fare dal male. Assetati dal potere che avevano visto altri Custodi cercarono di rubare le Chiavi, riuscendo nel loro intento.

Coloro che avevano preso le Chiavi si unirono in un secondo popolo, dando guerra a coloro che erano ancora fedeli alla parte di Madre Natura.

A quel punto scoppiarono diverse guerre, tutte vinte dalla parte oscura del popolo dei Custodi.

Madre Natura, delusa dai Custodi, li uccise tutti tranne cinque, quattro di cui ognuno possedeva uno dei quattro poteri, e uno che li possedeva tutti, lasciò incolumi alcuni Protettori e Aiutanti, così che, quando fosse giunto il momento, il mondo sarebbe tornato al suo originario splendore. La stessa sorte toccò ai draghi, da allora rinchiusi nelle grotte della terra, in attesa del richiamo della Luce.

 

Mi dissero che il Custode dei quattro elementi riuniti ero io e che ero l'unica speranza, altrimenti si sarebbero dovuti aspettare altri 300 anni prima di iniziare di nuovo la ricerca dei Custodi.

Appresi che mentre i Custodi morivano e si rigeneravano in un corpo nuovo ad ogni ciclo vitale, spesso rimanendo latenti, Aiutanti e Protettori non morivano mai, erano immortali.

Dopo qualche minuto dalla fine della loro spiegazione capii che, se quello che dicevano era vero, allora loro due erano più vecchi dei dinosauri.

-Esatto, puoi dire che siamo più vecchi dei dinosauri, e di molto.-

-Com'era il mondo all'età dello splendore?-

Quella domanda mi ronzava in testa fin da quando avevano raccontato la prima parte della leggenda.

Ovviamente non era ancora deciso se gli credessi o meno, dovevo pensarci su.

Buongiorno a tutti.
questo è il secondo capitolo della mia storia.
ho visto che nessuno ha recensito, peccato, mi sarebbe piaciuto molto sapere cosa ne pensavate, anche se erano giudizi negativi...su 14 persone nemmeno una piccola recensione. mica chiedo il mondo penso, solo un commentino.
comunque...spero che vi piaccia il capitolo
bacioni
Elle Malfoy

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Il pomeriggio dopo sarei dovuta andare a casa loro, mi avevano detto che sarebbero riusciti a provarmi che avevano detto la verità.

Io in verità avevo già praticamente deciso che non ci credevo, queste cose succedevano solo nei libri e nei film, al massimo nelle barzellette.

No, dico sul serio, quante persone avete mai visto che, dopo aver vissuto per sedici anni una vita normalissima, vengono catapultati in una specie di libro fantasy, dove la storia assomiglia tanto a quella di un manga di basso costo.

Quando arrivai al cancello respirai a fondo e cercai il campanello...appresi che era inesistente, non avevano un campanello.

-Purtroppo non abbiamo avuto il tempo di installarlo. Vieni, ti apro da qui.-

Ed ecco quell'insopportabile Daniel che mi leggeva nel pensiero...ma non era leggere nel pensiero, si basava su semplici deduzioni dall'osservazione del comportamento e della direzione dello sguardo...non mi credevo nemmeno io.

-Ti piace la casa?-

Silenzio assoluto.

-Hai sete? Fame? Se vuoi ti possiamo offrire qualche cosa.-

Silenzio di nuovo.

Mentre camminavo riuscivo solo a guardarmi intorno ammirata, osservando attentamente ogni cosa e sperando di ricordarmi tutto...non avevo parole.

Mi fece strada fino a dentro la casa, dove ammirai la magnifica architettura...cavolo, era tutto stupendo.

Senza nemmeno che me ne accorgessi ero entrata in una stanza, me ne resi conto solo quando andai a sbattere contro qualcuno.

-Sta attenta a dove vai, tu!-

Mi voltai contrariata verso chi mi stava parlando ma non ebbi il coraggio di dire nulla.

Era una ragazza dalla bellezza folgorante, con i capelli lunghi e liscissimi biondi, gli occhi azzurri e la pelle leggermente abbronzata...aveva persino qualche lentiggine.

Ovviamente era meglio non parlare del suo fisico perfetto e mozzafiato, in confronto io ero un goblin.

-Lei è la ragazza di cui vi ho parlato...è di sicuro uno dei Cinque.-

La bionda alzò scettica un sopracciglio.

-Io sono Linda...sono la più grande qua, sono io a decidere tutto...ovviamente escluso il professore, ma lui se ne sta sempre nel suo ufficio o in giro per il mondo, quindi tutti loro sono mia responsabilità...e ora anche a tu a quanto pare...benissimo.-

Se ne andò borbottando fra se e se.

-Lasciala stare quando fa così, è solo molto tesa, non vuole fallire un'altra volta...contiamo di trovarvi tutti quanti, così potremo risvegliare i draghi, trovare le Chiavi e riportare il mondo all'antico Splendore!-

Rimasi a fissare il punto in cui era scomparsa Linda e in cui era arrivata una ragazza bassa, magra, i lineamenti da folletto e i capelli corti e spettinati neri con delle sfumature blu, gli occhi blu come il cielo stellato e ancor più luccicante.

-Io sono Marthia, si dice Marzia...ma tutti mi chiamano Zuzi...quindi puoi chiamarmi così anche tu!-

Indietreggiai con un'espressione schifata.

In quella casa si passava da un estremo all'altro...impressionante.

-Tutto bene cara? Mi sembri un tantino scossa.-

La voce roca di un uomo mi arrivò alle spalle spaventandomi...mi volevano far morire, altro che Chiavi, Custodi e quant'altro, desideravano il mio decesso, magari pure per infarto.

-La tua aura mi sembra un tantino isterica...comprensibile, comprensibile...di sicuro avrai da poco appreso il perché dei tuoi strani sogni...comprensibile.-

Mi voltai verso l'uomo....ritrovandomi davanti una mummia più che altro.

-Ohohohoh...vedo che siamo abbastanza autoritarie.-

Sembrava la versione vecchia di Babbo Natale, e dire che il vecchio che porta regali lo avevo sempre visto sul centinaio d'anni con il mal di schiena perenne.

-Io sono il Professore, sono uno degli Aiutanti...imparerai a conoscerci tutti quanti e apprenderai che ogni Custode ha un Protettore e un Aiutante. In questo caso i tuoi sono L'Aiutante Daniel e il Protettore è Alec...sono entrambi molto abili, magari te li ricordi.-

Scossi desolata la testa, proprio non sapevo chi fossero, e poi di che sogni strani parlava.

-Per sogni strani intendiamo sogni che hanno a che fare con il mondo Antico...che ne so, vedere magari alcuni scenari inusuali che potresti scambiare per greci o romani, o meglio ancora egizi.-

Scossi la testa sconsolata e mi lasciai cadere sul divano che avevo affianco.

-Sentite, penso che vi siate sbagliati, io...sono la ragazza più normale che ci sia mai stata, perché dovrei essere proprio io?-

Il Professore si sedette accanto a me.

-Perchè so che sei tu, la tua aura è così splendente come solo quella di una Custode nel pieno dei suoi poteri potrebbe esserlo, sono sicuro al cento per cento che sei tu...guarda dentro il tuo cuore.-

-Bè, io ho il cuore di pietra, me lo dicono tutti, quindi smettetela e andate da qualche altra parte a cercare la vostra principessina dei Custodi.-

Il professore si alzò in piedi più attivamente di quanto pensavo potesse fare e iniziò a sorridere.

-Allora vedi che ti ricordi! Tu eri la principessa del regno, la più piccola. Non avresti mai ereditato il trono ma i poteri sono tutti tuoi, hai visto che ti ricordi?-

Poco a poco iniziai a vedermi con abiti molto simili a quelli vittoriani e rinascimentali, con quelli greci ed egizi...

-Ti ricordi tutte quelle cose, tutti quegli abiti nei minimi particolari poiché li avevi...ogni Custode mantiene nella propria memoria ogni singolo istante delle vite passate, e quei ricordi si sbloccano a poco a poco.-

Non ci volevo credere ma era vero...che vita piena di problemi che avevo, e di sicuro ora non sarebbe che peggiorata la cosa.

-Quindi...-

-Quindi adesso che abbiamo te basta trovare gli altri, Linda è già all'opera, sta cercando di rintracciare il Custode della terra, quello che ha sempre protetto.-

Mi passai una mano sul viso esasperata, non riuscivo a capire perché proprio io...io non avevo nulla di speciale.

-Se quella voglia non è qualche cosa di speciale allora vuol dire che nessuno è speciale.-

-La voglia?-

Daniel annuì e indicò la mia anca.

-Guardala ora, qui dentro le mura della protezione, dentro i confini dell'incantesimo.-

Mi sollevai la maglietta di poco, giusto per vedere l'anca...di solito avevo una voglia informe, ora però non era più uguale.

Era un cerchio leggermente in rilievo con delle scritte in una lingua a me sconosciuta e al suo interno era divisa in quattro spicchi uguali, al centro di ognuno c'era una pietra diversa.

In quelli in alto ce n'era a destra un piccolo rubino, a sinistra un minuscolo opale verde, in basso a destra un cristallo bianco, mentre a sinistra c'era una piccola sodalite. Al centro, dove si incontravano le due linee c'era un cristallo piccolo e nero.

-Oh mamma...-

-Non ti devi spaventare, ogni Custode ne ha uno. Ognuna di quelle piccole pietre rappresenta uno di voi, e ognuno al centro ha quella che lo rappresenta...-

Dopo un po' di silenzio mi prese per mano.

-Sei con noi?-

La mia bocca era spalancata, non riuscivo a credere veramente a quello che stava succedendo, eppure sapevo che era vero.

Annuii piano e Daniel mi abbracciò.

Fu un contatto veloce, ma sentire le sue mani sulla mia schiena, il suo respiro felice sul collo...arrossii completamente e iniziai ad andare in iper ventilazione.

-Tutto bene Lia? Mi sembri un po' paonazza.-

Lanciai un'occhiataccia a Alec...di sicuro aveva già capito tutto, ma meglio che non dicesse nulla, altrimenti lo avrei riempito di botte.


Eccomi, molto in ritardo, con un nuovo capitolo. il fatto è che mi sono bloccata. mi sono accorta che se la storia te la inventi di sana pianta è molto più difficile tutto quanto...
bè, buona lettura(ok, se siete qua vuol dire che avete già letto...non importa, lasciatemi affogare nella mia pazzia)
bacioni
Elle Malfoy

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