Amor vincit omnia (dipende dal tipo di amore... ne esistono diversi!)

di slytherin ele
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro-scontro ***
Capitolo 2: *** Papi... Ti sei messo nei nei guai! ***
Capitolo 3: *** Mai sottovalutare un avversario. (1a regola del combattimento) ***
Capitolo 4: *** Perché se una giornata comincia male... ***
Capitolo 5: *** stai pur certo che finisce in modo disastroso! ***
Capitolo 6: *** Prigioniero di guerra o semplice punizione? ***
Capitolo 7: *** Lo sbaglio ***
Capitolo 8: *** Nella Tana della Tigre ***
Capitolo 9: *** Rimorsi, ricordi e radiosità ***
Capitolo 10: *** Ultimatum o non ultimatum???( questo è il dilemma, alla faccia di Shakespeare.) ***
Capitolo 11: *** un nuovo dilemma ***
Capitolo 12: *** Si chiama tradimento, se in realtà non si è promesso nulla? ( perché pensarlo è facile, agire non tanto...) ***
Capitolo 13: *** Ti salverò da qualunque cosa che possa distruggere la tua innocenza ***
Capitolo 14: *** A carte scoperte! ***
Capitolo 15: *** A mali estremi, estremi rimedi! ***
Capitolo 16: *** M per manipolatori ***
Capitolo 17: *** Giornata di regali! ***
Capitolo 18: *** Indecisione, violenza e fastidio. ***
Capitolo 19: *** Ancora problemi... No! ***
Capitolo 20: *** La soluzione che non ti aspetti. ***
Capitolo 21: *** La motivazione più alta. ***
Capitolo 22: *** Quando si è soli... ***
Capitolo 23: *** Incontri... di vario genere! ***
Capitolo 24: *** Da approfondire meglio... ***



Capitolo 1
*** L'incontro-scontro ***


C’era un ragazzo di quattordici anni  con i capelli biondi e gli occhi grigi per le strade affollate di Diagon Alley. Era solo, senza il padre, che di solito lo accompagnava. In quei giorni suo padre era strano, aveva cominciato a comportarsi in modo diverso con lui, a fare cose che precedentemente non si sarebbe mai sognato di fare: mentiva.  Difatti gli aveva detto di aver del lavoro importante da sbrigare e di voler essere lasciato solo. Il giovane non aveva obbiettato e si era limitato ad imitarlo, mentendo a sua volta. Di certo sua nonna non si trovava a Diagon Alley! Ma tanto suo padre non lo avrebbe mai scoperto…

Colse di sfuggita il profilo di due uomini, seduti al tavolino di un bar, che sorseggiavano quelle che dovevano essere un paio di Burrobirre. Inizialmente non prestò loro molta attenzione, perlomeno fin quando capì che non erano due uomini qualunque. Sbarrò gli occhi, si trattava di Draco Lucius Malfoy-suo padre- e Harry James Potter!

Studiò le due figure, silenzioso.

“Sparirai come gli altri…”, pensò, sfiorando con la mano sinistra la cintura ornata dalle quindici borchie simboleggianti i precedenti fidanzati di suo padre, fuggiti dopo che si erano incontrati. O forse sarebbe meglio dire scontrati?

Incuriosito, il ragazzo si sedette su una panchina, dirimpettaia al piccolo bar, quasi in attesa. Si guardò attorno, sospettoso: non era un posto molto frequentato. Evidentemente Potter non voleva che si sapesse in giro o forse era proprio suo padre che temeva un possibile incontro. Ma ormai l’unica cosa veramente importante era una: ora sapeva.

Qualche minuto dopo i due uomini uscirono, e dopo essersi scambiati un veloce bacio di saluto, presero direzioni completamente opposte.

Degnò suo padre di poca attenzione e scrutò, accorto, Harry; che si apprestava a girare l’angolo, in modo piuttosto guardingo.

 “Ti senti spiato… eh?” pensò il ragazzo, seguendo l’ombra della schiena ampia dell’uomo.

«Scusi, potrei parlarle un attimo?», chiese, avvicinandosi a lui, e sfoderando il tono più innocente di cui era capace.

Harry si girò e lo scrutò, prima che un guizzo attraversasse i suoi occhi verdi.

«Ehm… certo», borbottò, leggermente spiazzato. C’era un tarlo nella sua mente che…

«Salve, io sono Vegida Draco Abraxas Malfoy e volevo chiederle: da quanto tempo abusa di mio padre?».

Harry sobbalzò, sorpreso. «C-cosa? T-tu saresti il figlio di Draco…. ma lui è…»

«Omosessuale, assolutamente… io non posso che definirmi un affare. Un semplice definito chiaro affare ben pianificato dai miei genitori…».

«Un che… affare »

Ghignò, tutti ci erano rimasti male, sapendolo. Evidentemente quel bamboccio imbambolato davanti a lui era esattamente come tutti gli altri. Illuso e patetico. Bah!

«Sì, mio nonno voleva un’erede, i parenti di mia madre volevano un erede… Eccomi qui! Ecco l’erede! Frutto di un semplice definito chiaro affare»

«Io… io non sapevo che Draco avesse un figlio… Sono tornato poco tempo fa in Inghilterra ma lui… lui non mi ha detto nulla!»

Il ragazzo ghignò, soddisfatto!

Illuso!, pensò.

«Forse non sei così importante per lui… O forse ha paura che io non ti reputi adatto!».

L’uomo sobbalzò, incredulo.

«Credevo che fosse come tutti gli altri, ma mi sbagliavo! Lei non è neanche degno di essere una borchia!» sputò, acido.

Harry tossicchiò appena e mosse un passo in avanti, minaccioso. «Se stai cercando di impaurirmi, sprechi il tuo tempo! Ora purtroppo ho degli impegni importanti da sbrigare, ma sarà un vero piacere riprendere questo discorso venerdì sera, a cena, quando ci sarà anche tuo padre. Sono molto curioso di conoscere il suo parere a riguardo… tu no?».

Eccolo. Eccolo il guanto di sfida lanciato da Harry James Potter.

Guanto che lui, da bravo Malfoy, non si sarebbe mai sognato di rifiutare.

Mai.

 

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Capitolo 2
*** Papi... Ti sei messo nei nei guai! ***


Ormai era giunto il crepuscolo, i raggi aranciati penetravano nello studio di Draco, attraverso le tapparelle semi-abbassate, illuminando il profilo scuro del suo calderone.

Vegida lo guardò, con un sopracciglio inarcato per lo scetticismo, mentre si fingeva concentrato al miscuglio ribollente, che aveva tutta l’aria di essere stato fatto senza seguire un procedimento logico, ma dopotutto è tornato da dieci minuti..., pensò il ragazzo, con il sarcasmo che gli pungeva la punta della lingua. La morse con i denti, donandosi un po’ di sollievo. «Ciao… papà».

Draco colse di sfuggita il profilo di suo figlio, poggiato contro lo stipite della porta. «Ehi, amore… allora? Com’è andata? Che cosa ti ha detto la nonna?»

Vegida storse la punta del naso. «Bah… sempre le solite cose: hai visto le rose rosse? Sai, sono nuove… mi sembra incredibile voi giovani possiate andare in giro vestiti così… Giusto ieri, ho visto un ragazzo con i pantaloni talmente sdruciti che erano sul punto di trasformarsi in stracci!», squittì, imitando il tono di voce acuto e gracchiante di sua nonna.

Draco sorrise, ma non aggiunse nulla.

Vegida si sentì congedato e silenziosamente andò nella sua camera, ora il suo scopo era solo uno: pensare al modo più doloroso possibile per spezzare il cuore a Harry James Potter.

Stava scrivendo da quasi due ore: tutti piccoli stratagemmi per incenerire il cuore di Harry.

Qualcuno bussò alla porta.

«Avanti», sibilò, con voce lenta e strascicata.

Una piccola Elfa s’inoltrò nella stanza. Tenny era alta quanto un comodino, aveva gli occhi viola-blu e uno sguardo vispo. Era stata la balia di Vegida, il che lo aveva spinto a considerarla come la figura femminile assente nella sua infanzia… perché sua madre… beh lei viveva in Italia con il nuovo marito. L’uomo di cui era realmente innamorata. Dal loro rapporto era nato Felipe, il suo fratellino di undici anni. Solitamente li vedeva nei giorni festivi: nel periodo natalizio o in quello estivo. I suoi genitori andavano molto d’accordo, non c’erano mai state faide o ripercussioni tra loro.

«E’ pronta la cena, signorino…»

Con un cenno del capo annuì appena, e dopo aver riposto tutto nel primo cassetto del comodino, uscì dalla stanza, silenziosamente. Si chiuse la porta alle spalle e schioccò la lingua contro il palato, un flebile sibilo provenne dal fondo del corridoio.

Siaf stava arrivando.

Siaf era il suo animale domestico, uno dei migliori regali di compleanno che aveva ricevuto. Era un cobra di quattro metri, verde, con gli occhi gialli. Sin da subito tra lui e Siaf si era instaurato un saldo rapporto, quasi… magico. Lui era il solo in grado di controllarlo.

Giunse nella sala da pranzo, seguito dal cobra. Si accomodò al suo solito posto, alla sinistra del capotavola, postazione occupata da suo il padre.

Draco gli sorrise, occhieggiando l’animale in modo quasi affettuoso.

«Sai, ho ricevuto una lettera da Theodore poco fa… il tuo padrino, intendo… sai lo zio di Joshua… a quanto pare tra voi andate d’accordo, no? Immagino che per te non sia un problema andare a cena da loro, domani… vero, amore?»

«Tu non vieni?», chiese Vegida, consapevole della risposta.

«Ho da fare…»

Il ragazzo si limitò ad annuire, non voleva dire al padre di sapere, non subito almeno.

La cena passò velocemente, tra domande che vertevano su temi differenti e cose non dette, finché Draco non decise di congedarsi, per immergersi nella lettura.

Draco si diresse verso l’ala della villa, a lui adibita, quando il figlio gli si rivolse nuovamente. «Domani, non andrò dai Nott… ma sta’ tranquillo, non ti rovinerò la serata con Potter… Buon riposo, papà».

Ecco uno degli svantaggi di avere un figlio Serpeverde. E’ decisamente troppo perspicace! Domani si uccideranno, lui e Harry. Lo so. Lo sento! Oh, povero me…

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Capitolo 3
*** Mai sottovalutare un avversario. (1a regola del combattimento) ***


L’indomani, Vegida si svegliò con un’idea che stuzzicava in modo piacevole la sua mente. Ma non si trattava di Potter, non quella volta. Vegida si era ricordato di un fatto più importante, e aveva deciso che avrebbe agito d’istinto con l’Auror, quella sera.

                                                   

Si alzò, si mise indossò la tuta d’allenamento e si diresse verso la palestra, che si trovava nei sotterranei del Manor. Suo padre aveva deciso, di comune accordo con sua nonna Narcissa, di trasformare i luoghi una volta adibiti alle segrete, nelle sue stanze per allenarsi. Vegida praticava il karate da quando era molto piccolo. Inizialmente era stato un ordine di sua madre, ma poi lui ci si era appassionato. Era uno sport che gli piaceva molto, si adattava al suo essere e poteva sfogarsi, quando voleva. A scuola non gli era possibile allenarsi come avrebbe voluto, di certo non avrebbe potuto mettersi in mezzo al giardino a dare calci e pugni agli alberi, quindi, a casa, appena sveglio cominciava gli allenamenti.

 

Erano soltanto le sette del mattino, e nella villa persino i domestici dormivano ancora. Ma lui no. Lui si allenava in vista di un combattimento particolarmente interessante.

 

***

 

Scagliò un potente pugno al sacco da boxe, che compì una piccola parabola, per poi riposizionarsi dove si trovava prima. Schioccò le dita e Tenny comparve con un asciugamano tra le dita e una lettera che le levitava attorno. Vegida si avvicinò, prese il panno, e si strofinò i capelli un attimo; poi prese la missiva, ma non la lesse, la poggiò sul tavolino alla sua destra e s’incamminò verso la cabina-doccia. Non era solito parlar fino alla fine degli allenamenti, lo deconcentrava.

 

Ritornato nella palestra, già vestito con gli indumenti preparatigli da Tenny, prese la lettera e s’incamminò verso la sala da pranzo. Ormai erano le nove e cominciava ad aver fame. Giunto nella sala, si sedette su una sedia e aprì la busta. La lesse velocemente e un ghigno apparve sul suo volto: era il momento.

 

«Tenny, io esco. Dillo a mio padre, quando si sveglia», borbottò, mentre s’infilava il mantello nero, e sibilava richiamando Siaf a sé.

 

«La colazione… signorino», provò a dire un piccolo Elfo, che non era il suo prediletto.

 

«Non sono affari tuoi, microbo!», urlò il ragazzo, si sentiva particolarmente crudele quel giorno.

 

Uscì e si diresse in un luogo preciso: il Ghirigoro. Un ragazzo dai lisci capelli neri e gli occhi verde-scuro, stava mangiando un dolce, poggiato con le natiche su un muretto.

«Vegida, ti aspettavo prima…».

 

«Un elfo ha avuto l’ardire di fermarmi… ma non resterà impunito!».

 

L’altro sorrise. «Ti vedo in vena di vendetta… perfetto! I Grifoni ci aspettano al prato adiacente al ponte. Andiamo», concluse, porgendogli una mano.

 

In disparte, senza che nessuno lo vedesse, c’era Harry Potter, accompagnato dai suoi due inseparabili amici. Si trovavano lì per caso, ma quando il Salvatore aveva notato il figlio di Draco, aveva deciso di seguirlo tra le lamentele dei due amici. Hermione gli aveva suggerito di non farlo dal momento che Vegida lo sopportava già poco di suo. Ronald aveva detto di lasciare Malfoy e rimettersi con Ginny, alla seconda uscita, Harry aveva risposto con una gomitata nello stomaco.

 

I due giovani arrivarono al luogo designato dagli avversari, vi trovarono già Smith, Finnigan, James Potter e altri che conoscevano solo di vista.

 

«Non vi siete portati la scorta, Principi», cominciò il piccolo Potter, derisorio. Loro erano i Principi della casata Serpeverde, nessuno si era mai messo contro di loro, tranne quel piccolo gruppo di Grifondoro.

 

«Siete voi che avete bisogno di rinforzi», rispose acido l’altra Serpe.

 

«Basta… non siamo qui per questo… siamo qui per combattere, no?».

 

Vegida non vedeva l’ora di iniziare, ghignò e toccò con la mano sinistra la collana d’argento a forma di serpente.

 

«Hai ragione Malfoy… dove hai lasciato l’animaletto?», chiese Smith, ironico.

 

Vegida assottigliò le palpebre, ma in quell’istante Finnigan disse: «Niente bacchette, si fa alla Babbana!», poi gli si scagliò contro. Vegida si limitò a spostarsi e a guadarlo minaccioso, ma quando vide Potter lanciarglisi contro, diede una gomitata all’altro e lo afferrò per un braccio, fermando il suo attacco sul nascere.

 

Una volta spinto James sull’erba, in modo poco gentile, Vegida si guardò intorno. C’erano cinque Grifoni in tutto, senza una minima conoscenza delle arti marziali, che andavano a istinto, era ovvio che non sapessero cosa fosse né una guardia né un gancio ben assestato. Persino l’altro Serpeverde, che aveva cominciato due anni fa un corso di Judo, poteva tenere testa a due ragazzi, senza tanti problemi. Finnigan provò a riattaccarlo, ma Vegida lo perse per un braccio, e facendo perno sulla gamba destra, lo alzò e lo fece scontrare con il suolo. Lanciò poi un’occhiata a Potter, che lo guardava stupito e arrabbiato: mai sottovalutare l’avversario.

 

I Grifoni rendendosi conto dell’accaduto, indietreggiarono, Potter si alzò continuando la battaglia di sguardi con Vegida.

 

Le due Serpi ghignarono, Smith, l’unico dei ragazzi a frequentare l’ultimo anno, non sembrò d’accordo e, sfoderata la bacchetta, colpì l’altro ragazzo con uno Stupeficium. Vegida guardò il compagno volare per più di due metri e cadere su un cespuglio. Smith rise, guardando i compagni che non sembravano del tutto d’accordo con lui: i Grifondoro non baravano, non gli piaceva vincere così.

Smith continuò a ridere, finché non si trovò faccia a faccia con Vegida, che presolo per il colletto, lo fissò in cagnesco e caricò il destro.

 

Smith gli puntò la bacchetta sull’addome e sorrise, il ragazzo ghignò di rimando, schioccò le dita e la collana che aveva al collo si trasformò, rivelando Siaf, che si attorcigliò al collo del Grifone, il quale terrorizzato lasciò la bacchetta, urlando.

 

«Più sbraiti, più gli verrà da morderti... Potter non fare quella faccia, avete cominciato voi, poi non è una bacchetta!».

James si zittì e fece segno agli altri di battere in ritirata, nel momento in cui i cinque Grifoni si allontanarono, Siaf lasciò Smith e si riavvicinò al padrone, che si era piegato sul compagno, per guardare come stava. Il ragazzo aveva una ferita sul braccio a causa della caduta, ma niente di più, sospirò, calmandosi.

 

«Joshua, mi senti Joshi», lo chiamò.

 

Il ragazzo si riprese e sorrise appena. «Vegi…», sussurrò. « Li hai fatti fuggire…», constatò allegro, poi abbassò lo sguardo su Siaf, sorridendo «Hai risposto al loro barare, hai fatto bene…».

 Vegida sorrise, sinceramente, senza ghigni; e lo aiutò ad alzarsi, poi s’incamminarono verso il centro di Diagon Alley.

Harry, prima che sparissero, vide Joshua circondare le spalle di Vegida con un braccio e il figlio del suo quasi- fidanzato poggiare le labbra su quelle dell’altro, per un attimo solamente. Non era neanche sembrato un bacio, ma Harry lo catalogò come tale, mentre le parole di suo figlio echeggiavano nella sua testa:

 

«Papà, io non ne posso proprio più di Malfoy! Tratta tutti come servi! L’unico che sembra essere suo pari è l’altro Principe, quel Kendel! Bah… leggermente più sopportabile di lui! Leggermente… Stanno sempre insieme, lezioni a parte, dato che Kendel ha quindici anni. A volte si isolano persino dai Serpeverde! Comunque ti stava dicendo che prima della fine della scuola mi ha fatto uno scherzo orribile…».

Ora aveva capito. Quei due stavano insieme di nascosto, in fondo il figlio non era così diverso dal padre!

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Capitolo 4
*** Perché se una giornata comincia male... ***


Vegida sbuffò, seriamente contrariato, erano ormai dieci minuti che aspettava la colazione, aveva ordinato una cioccolata, non gli sembrava nulla di sofisticato, ma in quel locale di seconda categoria non riuscivano a preparare in tempi decenti nemmeno quella.

«Vegi, tesoro…qual è il problema?»

Vegida sibilò somigliando molto al suo animale domestico con quel gesto. «Non mi chiamare in quel modo in pubblico!».

«Pubblico?!».

Joshua si guardò intorno con fare scettico, c’erano la cameriera, il barista e un cliente, che sembrava non aver incontrato la doccia da decenni, visto i vestiti e l’odore che emanava. «E’ deserto qui! E mettendo da parte il fatto che non so perché non potevi mangiare in un posto normale… Perché non dovrei chiamarti così?», il sopracciglio destro si era alzato, in modo vertiginoso: c’era aria di tempesta.

«Lo sai che la cosa non deve essere di dominio pubblico…», rispose il biondo con fare naturale, ma in cuor suo già si preparava alla sfuriata dell’altro.

«Eh no! Non accetto tutto questo… tu non ne hai alcun diritto… se ti vergogni, dillo e chiudiamo qui!», detto questo il ragazzo, si alzò e con tutta l’aristocraticità derivante dal suo titolo nobiliare, se ne andò.

Vegida guardò la figura di Joshua sparire in modo, apparentemente, indifferente. Aveva cose più importanti cui pensare al momento, che alla momentanea voglia di coming out del suo ragazzo.

Il principale problema che gli si poneva davanti aveva i capelli neri, di un crespo assurdo, gli occhi verde chiaro e il suo cognome cominciava per P e finiva per otter. Rabbrividì all’idea che tra meno di dieci ore si sarebbero incontrati sotto lo stesso tetto, avrebbero mangiato lo stesso cibo e avrebbero condiviso la stessa aria.

***

Dopo essere riuscito nell’ardua impresa di bere una cioccolata calda -dopo altri ventotto minuti e tredici secondi di attesa frustante, doveva essere il locale con personale più lento al mondo- il ragazzo uscì da quel lugubre posto, dove non avrebbe più messo piede e si diresse verso casa. Tra qualche ora sarebbe arrivato colui che nella sua mente era diventato l’abusatore. Ma, come insegnano gli eventi, se una giornata comincia male è normale che continui peggio. Vegida trovò, nuovamente, sul suo percorso James Sirius -Mi sento fantastico perché mio padre ha salvato il mondo-Potter.

Vegida non aveva voglia di litigare, di pestare, neppure di conversare, si rese conto che con la persona che aveva davanti era impossibile l’ultima cosa, non era neppure certo che fosse dotato di tale innata facoltà.

«Ciao, Malfoy… ho saputo che oggi ci sarai anche tu alla cena dei due amanti…», disse, con disgusto malcelato.

«Cosa?!».

Okay, il suo inenarrabile autocontrollo aveva deciso di partire e non tornare per un lungo periodo, non si stava arrabbiando, no la notizia che ci sarebbe stato anche quello lì non era un motivo per alterarsi. Era solamente la causa di una Terza Guerra magica! Oh sì, e lui sarebbe stato il Mago Oscuro che malediceva tutti i Potter morti, viventi ed eventuali discendenti… Doveva calmarsi o gli avrebbe spaccato la faccia!

«Perché, di grazia, ci dovresti essere anche tu?», non che il suo controllo fosse tornato, ma doveva trattenersi, era in un luogo pieno di testimoni.

«Perché è mio padre a scop…».

Sbam!

Potter finì a terra senza preavviso, schiantato da un sinistro, particolarmente potente, di Vegida. Ora lo avrebbe ucciso, era sicuro, lampante come il fatto che il Sole sarebbe imploso tra quattro miliardi di anni , inglobando anche il pianeta Terra nell’esplosione (ed è vero!).

Per la fortuna di Potter una voce lo fermò prima del compimento del fattaccio: «In realtà ti sbagli Jamie, Draco ha detto che andiamo a pranzo, mi sto dirigendo proprio alla villa... Ciao Vegida, come va?».

Vegida si girò come un automa verso l’autore delle sue disgrazie ripetute con uno sguardo assassino… Erano troppi due omicidi in un solo giorno? Si disse di no, e schioccò le dita, pronto all’attacco. Potter sibilò qualcosa e Siaf non si rianimò.

«Guarda che ti pesto anche a mani nude, se voglio!».

«Adesso ci diamo del tu… Che bello!», esultò Potter Senior, in modo finto. «Casomai mi farai vedere dopo le tue abilità di karateka, tuo padre ci sta aspettando…», si girò, allungando una mano nella direzione del figlio, ancora a terra per lo shock e proclamò un: «Andiamo!», che per Vegida sapeva troppo di ordine. Ghignò, se credeva che lui sarebbe stato un suo sottoposto si sbagliava, non aveva ancora visto la parte più diabolica di Vegida Draco Abraxas Malfoy!

 

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Capitolo 5
*** stai pur certo che finisce in modo disastroso! ***


Quando giunsero alla villa, Vegida sussultò, vedendo che, davanti alla porta principale si trovava Joshua, con la faccia di uno che voleva solo fare la pace e rotolarsi tra le lenzuola per i prossimi due millenni, insieme a lui.

«Oh santissimo Merlino!», pensò Vegida. «Non adesso Joshi…».

Titubante, fece qualche passo in più verso la porta d’ingresso. Il suo comportamento non sfuggì ai due Potter. Harry, che aveva intuito la situazione, si limitò a sorridergli con il ghigno di chi sa, al contrario James non sembrò dello stesso avviso.

«Ehi! Che hai? Non mi dire! Perché non corri ad abbracciare il tuo amichetto? Avete litigato? Oh no… La Casata sarà in lutto, quando lo scoprirà!», terminò il suo discorso derisorio, con un’ espressione di finta disperazione, mista a malinconia, aggiungendo un gesto teatrale: si mise una mano sulla fronte, fingendo uno svenimento, poi ghignò nella sua direzione.

La Serpe non rispose alla sua frecciatina, non ci riusciva con lo sguardo triste dell’altro Serpeverde puntato addosso.

«Jamie, lascialo stare! Andiamo! Draco si chiederà che fine abbiamo fatto», disse Harry, interrompendo un probabile nuovo insulto del figlio, nei confronti del ragazzo biondo.

“Potter mi ha aiutato…. Non si immaginerà mica che lo ringrazi?!”, pensò il rettilofono, un po’ sorpreso dal comportamento dell’Auror.

Passò davanti a Joshua e disse, mentre l’intero corpo lo implorava di ripensarci:  «Va’ via! Nessuno ti ha chiesto di venire qua!».

Solito tono acido e freddo.

Aprì la porta ed entrò, senza staccare, neppure per un attimo, gli occhi da quelli verdi dell’altro che, attraversati dalla tristezza, si abbassarono, poi lo vide correre via. Digrignò i denti, amaramente, sforzandosi di non corrergli dietro per implorarlo di restare, per implorarlo di…

«Cattivo!», lo sbeffeggiò Potter, interrompendo il filo dei suoi pensieri. Era appena entrati nella casa e Potter non aveva dato prova di esserne rimasto colpito, guardava solamente con aria di sufficienza l’unico figlio scorrazzare qua e là, con espressioni di stupore.

«Si può dire tutto di voi, ma non che non abbiate ragione quando insinuate che i discendenti Weasley hanno davvero poca classe!», constatò, sottovoce per farsi udire  soltanto da Vegida, il quale si limitò a sorridergli sghembo, ma non colse la pluffa al balzo, per una serie d’insulti, come Potter immaginava.

«Andiamo a mangiare, papà sta aspettando…», ma nella sua voce non c’era più quella vena acida e accusatoria. Si diresse verso la Sala da Pranzo, con passo lento e gli occhi  bassi. Harry sorrise, in fondo triste per il ragazzo: era pur sempre il figlio di Draco e lui ci teneva al suo quasi-fidanzato!

«Ciao tesoro, come va?», fu così che Draco accolse il figlio, senza ricevere risposta, il quale si limitò a sedersi e gli lanciò un’occhiata stupita quando lo vide dare un bacio a fior di labbra a Harry.
James, dal canto suo, simulava un conato di vomito e, simultaneamente, riceveva un’occhiataccia dal padre.

Quando tutti furono seduti, cominciarono a mangiare, il cibo era abbondante e raffinato, degno di una famiglia nobile. L’aria era meno tesa, di quanto Draco potesse immaginare. Vegida era stranamente spento, ma in quel momento non ci badò molto. Dopotutto era meglio così, almeno per quel giorno.

Dopo dieci minuti di conversazioni frivole, cui parteciparono solo i due adulti, Draco annunciò due eventi che avrebbe voluto che si avverassero, senza troppi problemi.

«Ho deciso di prendere un cane… e Harry…», aggiunse, guardandolo dolcemente. «Accetto la tua proposta di vivere insieme. Da domani, se vuoi, puoi trasferirti a casa mia…».

Aveva approfittato del fatto che Vegida sembrasse estraniato dal mondo intero, quel giorno, e si era fatto avanti. Sfoderando un coraggio quasi Grifondoro.

Al ragazzo crollò la terra sotto i piedi, sentendo quelle parole, e si risvegliò dal torpore in cui era caduto.

«Uno: non mi sembra che tu abbia bisogno di un cane, hai già un animale tra i piedi!», abbaiò, fissando il padre e indicando Harry. «Due: ci vivo anch’io qui e non vivrò sotto lo stesso tetto di questo individuo… io lo detesto e no! Non capisco perché tu lo faccia e non credo affatto che tu possa amarlo!  Sai che cosa sei, papà? Lo sai? Una puttana! Ecco cosa!».

Draco sbarrò gli occhi, che cominciarono a riempirsi di lacrime. La persona più importante per lui, lo considerava in quel modo, qualcosa dentro di lui si spezzò. Si alzò e scappò via dalla stanza, piangendo. Si sentiva ferito dalla persona per cui aveva sacrificato la sua vita, i suoi sogni, il suo tutto… non aveva mai pensato, fino a quel momento, di aver fatto la scelta sbagliata. Ma ora…

«Draco…», sussurrò Harry, vedendolo andare via. «Come hai osato, eh?! Quello è tuo padre e… perché non vuoi accettarmi nella tua vita?! Perché?!», urlò, alzandosi velocemente e dirigendosi verso Vegida. Non vedendo reazione da parte dell’altro, il quale aveva addirittura ricominciato a mangiare, non ci vide più. «Rispondimi!», gridò, scagliando un pugno setto nasale del ragazzo, rompendolo. Vegida si sfiorò la parte lesa, ma nella sua mente non pensava al dolore provato o a quello provocato al padre, due parole la popolavano, da tutta la durata della cena: «Voglio Joshua!».

Siaf si rianimò, senza che il padrone lo desiderasse, e si scagliò contro Potter, che nonostante il suo essere rettilofono, fu obbligato a ricorrere alla bacchetta per fermarlo.

«Io rimarrò qui che tu lo voglia o no!».

E sì, quella era sia una promessa sia una minaccia!

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Capitolo 6
*** Prigioniero di guerra o semplice punizione? ***


Era passata una settimana dal litigio con suo figlio e Draco si sentiva sconsolato più che mai, sembrava che tutta la sua presunzione e la sua boria  fossero state ereditate da Vegida, senza lasciare traccia del loro passaggio nel suo corpo.

Rise al suo stesso pensiero, una persona non perde parti del suo carattere per strada, forse lui non era mai stato così: aveva portato per anni una stupida maschera.

Si alzò dal letto, dirigendosi verso la finestra, si girò guardando il giaciglio, dove Harry dormiva ancora beatamente. Un sorriso, sincero, comparve sulle sue labbra. Da quando questi si era trasferito alla villa, la loro storia aveva preso un’altra piega, molto positiva, l’unica pecca era che, da una settimana, non parlava più con suo figlio. I convenevoli c’erano sempre, ma erano parole distaccate e fredde, gli occhi di Vegida erano spenti e vuoti, come non li aveva mai visti.

Sospirò, avvicinandosi a Harry e stampandogli un bacio casto sulla bocca.

“Ciao amore”, sussurrò l’altro, svegliandosi.

“Ciao… dormito bene?”.

Harry stava per rispondere alla domanda, ma Draco non gliene diede il tempo. Si rialzò e disse: “Credo che dovresti lasciare che esca… è una settimana che lo obblighi a stare qui dentro, prigioniero nella nostra casa, non ti ho chiesto di convivere perché diventassi la guardia carceraria di mio figlio…”.

“Draco, ascoltami!”, disse Potter, impassibile. “So quanto ami tuo figlio, ma dopo quello che ti ha fatto, una punizione mi sembra il minimo… oltre tutto non si è neanche scusato e…”, aggiunse, alzando una mano, per interrompere le proteste del suo interlocutore. “Sono consapevole che voi Malfoy, difficilmente, chiediate scusa, ma almeno tra di voi… sei suo padre, Draco, e sembra che sia lui a comandare e questo non è giusto”, concluse, abbracciandolo da dietro e posandogli un bacio sulla spalla scoperta. “Su, vedrai che si sistemerà tutto, ma deve essere lui a fare il primo passo…!”-

“Hai ragione, se non ci fossi tu… probabilmente orai sarei annegato nelle mie lacrime…”.

“Ehi! Dov’è finito il Draco che cercava in tutti modi di farmi rompere l’osso del collo a scuola?” disse, scherzosamente, cercando di allentare la tensione.

“E’ morto, Harry… insieme a suo padre ad Azkaban… con il Bacio, penso...”, borbottò, mesto, per poi riprendersi. “Sai, sono contento che il vecchio Draco non ci sia più: era antipatico, menefreghista ed altezzoso… e poi se ci fosse non ci sarebbe mai stato qualcosa tra noi”, concluse, baciandolo con trasporto, facendolo ruzzolare sul letto.

Per una volta, Vegida, sarebbe stato al secondo posto nella sua mente. Ora c’erano solo lui e Harry.

Era ancora presto per alzarsi, avevano ancora tempo per un po’ di coccole e anche qualcosa di più!

                                                             ***

Vegida stava studiando Pozioni, circa da due ore, erano le undici ormai e dopo l’allenamento mattutino, non aveva idea di cosa fare per far passare il tempo, non potendo uscire. Non che lui ubbidisse a Potter, sarebbe stato più probabile che la Terra prendesse a girare in senso contrario, ma l’Auror aveva messo incantesimi protettivi e allarmi ovunque.

Vegida sbuffò, oltremodo contrariato, quella era casa sua. Si sentiva rinchiuso in una prigione dorata, un uccellino in gabbia, una bellissima gabbia, ma qual era la differenza?

 

Posò la penna, per non rischiare di romperla in un impeto di rabbia.

Qualche secondo dopo sentì la porta della camera aprirsi e Siaf avvicinarsi, lo aveva mandato a vedere che cosa stessero facendo i due piccioncini, spostò la sedia e allungò il braccio sinistro verso l’animale, in modo che salisse e gli si accomodasse in grembo. Il serpente sibilò, riferendogli quello che aveva visto e sentito. Vegida chiuse gli occhi di scatto, il vetro della finestra s’infranse, spargendo schegge ovunque. Il ragazzo schioccò le dita e un elfo, di cui non ricordava il nome, comparì sbarrando gli occhi davanti allo spettacolo di tutti i pezzettini di vetro e legno che avrebbe dovuto raccattare.

“Pulisci...”, ordinò Vegida, personificazione della calma, almeno esteriormente. Aprì la porta della sua camera, lasciando che Siaf strisciasse fuori e poi uscì. “Buon lavoro”, aggiunse, ghignando, prima di chiudersi la porta alle spalle. Poteva iniziare Trasfigurazione, dato che non aveva nulla da fare.

                                                                  ***

Harry si stava abbassando a baciare la coscia di Draco, ma la sua mente stava già pensando ad andare più giù. Sentì un gemito del suo compagno e sorrise, pensando che, finalmente, potevano farlo come e quando volevano. Pensò che nulla potesse andare storto, quando…

Una luce rossa si sparse per la stanza, lampeggiando a più riprese.

“Cos’è ?” esclamò Draco stupito.

Harry rimase un attimo interdetto, poi capì: “Quel piccolo bastardo sta cercando di scappare, ha forzato gli incantesimi! Se lo prendo questa volta…”

“Prova a toccare mio figlio un’altra volta e giuro che non mi vedrai neanche più in fotografia! Capito, Potter?!”

E se lo chiamava Potter, non scherzava affatto; Harry decise di stare zitto, si rinfilò i boxer, velocemente, e si diresse verso l’ala opposta del Maniero, mentre Draco, lasciandosi cadere a peso morto sul letto, diceva ad alta voce: “E io che pensavo di avere un solo ragazzino in casa, beh mi sbagliavo, non so chi dei due sia più infantile!”

Harry proruppe nella camera di Vegida, come un tornado, facendo sobbalzare il povero elfo, intendo a pulire in ogni dove.

L’ Auror si guardò in torno e chiese: “Dov’è Vegida? E non mentirmi, sono un Auror, me ne accorgo se menti e fidati quello che ti posso fare io è peggio di qualunque cosa possa farti lui…”, finì, digrignando i denti.

Il piccolo elfo indietreggiò, impaurito.

“Sono qui, Potter. E non spaventare i miei servitori, forse non lo sai, ma tenere a lucido questa casa costa. Beh capisco che il posto dove vivi tu debba sembrare un porcile, in confronto, ma… non per questo devi pensare che tutti vivano nel lerciume come te o i tuoi amichetti Weasley.”

Stranamente Harry era contento di sentire la sua voce. Certo non era molto felice per quello che gli era stato detto, ma non si può avere tutto dalla vita, per una volta decise di sorvolare sugli insulti, degni del Draco adolescente.

“Eh sì! Sei proprio suo figlio… non hai idea di quanto gli assomigli... ”, la sua voce era passata dal tono saputo, a quello quasi adorante.

 Vegida pensò di vomitare, ma si limitò ad alzare un sopracciglio, scettico, si aspettava tutt’altra reazione: avrebbe passato un po’ il tempo scannandosi con Potter.

“Tu non stai bene…” disse, dirigendosi nuovamente nel salottino, dove lo aspettavano tre temi di Trasfigurazione.

“Aspetta…che cosa è successo qui?” disse, indicando la finestra e il pavimento, sommerso da pezzi minuscoli di vetro.

“Magia involontaria, e adesso se non ti spiace avrei tre temi sulla teoria della Trasfigurazione dall’inizio dell’Era Magica fino ai tempi di Merlino da svolgere...”

Era deciso ad andarsene, prima che Potter decidesse di provare ad avere una conversazione con lui.

“Vuoi una mano?” disse Harry, stupendo persino se stesso, non era mai stato granché in quella materia e poi perché aiutare chi lo considerava un nemico?

“No, grazie… mi piacerebbe prendere un bel voto, se avrò bisogno di aiuto nel Quidditch, ti chiederò…” disse, sulla porta, senza neanche voltarsi per parlare.

Harry sorrise, alle parole del ragazzo, quello lì era troppo perspicace per i suoi gusti.

“E… Potter?”.

“Uhm?” disse solo, alzando il volto, in direzione di Vegida, che ora lo guardava con un ghigno.

“Non andare in giro in mutande, gli elfi potrebbero spaventarsi…” chiuse la porta, sogghignando, la giornata era cominciata bene.

Harry arrossì alle parole del ragazzo, guardandosi i vestiti, o meglio i boxer neri che portava, poi ribollì dalla rabbia, aprì velocemente la porta e urlò: “Sei solo invidioso, ragazzino, perché io ho un bellissimo corpo e tu non te lo sogni neanche di essere così a quasi quarant’anni!”, stavolta, l’ultima parola l’aveva avuta lui, o almeno così credeva, finché la voce di Vegida non lo raggiunse.

“Il karate forma molti più muscoli del Quidditch, per tua informazione…” Poi una risata si levò in cielo, una risata genuina.

Harry sorrise, per niente arrabbiato, pensava che il figlio di Draco non sapesse neanche ridere, era contento di averlo fatto divertire, anche se a sue spese: era un inizio.

-Forse, non potrò migliorare il mio corpo e mi supererai, ma stai certo che mi terrò in forma- pensò, dirigendosi verso la stanza da letto, pronto a saltare addosso a Draco. Questa frase non l’avrebbe mai detta a Vegida o sarebbe finito in ospedale per veleno di cobra, ne era certo.

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Capitolo 7
*** Lo sbaglio ***


A Harry sembrava di vivere in un sogno, da quasi tre giorni le frecciatine tra lui e Vegida si erano affievolite fino a diventare quasi delle battutine scherzose. Perciò quella mattina del 2 Luglio si svegliò di buon umore, guardando teneramente l’uomo che si trovava tra le sue braccia e stringendolo delicatamente, lo baciò sulla tempia. La sua vita era perfetta, avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, ma quel giorno c’era un colloquio importante per il tirocinio di un nuovo membro degli Auror, al quale doveva partecipare per forza.
Controvoglia si alzò dal letto e iniziò a vestirsi, si mise una maglietta verde e dei jeans blu scuri, aveva imparato che bastava poco per affievolire l’astio di Vegida, mettersi dei vestiti dei suoi colori preferiti era un modo sopportabile per farsi odiare di meno. Infine si pettinò, per quanto possibile, e s’infilò la tunica viola e blu da Auror.
Si diresse in cucina e si sedette al tavolo, in quel momento un elfo comparì con la colazione e una lettera. Harry la posò sul tavolo e cominciò a bere il suo caffè dolce, guardò la missiva, leggendo il destinatario: era per Vegida, si disse che doveva ricordarsi di dirglielo. Si rigirò tra le mani la busta: era una classica busta bianca, ma al posto del mittente, portava un sigillo, che sembrava nobile, che incuriosì Harry. Si disse che non doveva aprirla, ma la curiosità vinse. Già dalla prima parola, l’Auror si accorse di aver commesso uno sbaglio, ma ormai era troppo tardi.
“ Amore mio,
la prima volta che ti ho visto, ho capito subito, che non ti avrei mai più scordato, sei stato la luce che ha illuminato la mia vita, dandomi la forza di non buttare via la mia esistenza, nonostante tutti i miei problemi… nonostante il mio complesso di inferiorità nei confronti dei miei perfetti fratelli. Con il tuo modo di fare, con la tua sicurezza, con le tue parole, mi hai convinto che anch’io posso valere quanto loro.
Hai dato un senso alla mia vita, il quale scopo è amarti. Non mi lasciare o sprofonderò, di nuovo, nel baratro.
Tuo per sempre… Solo tuo,
       Joshua.”

Harry lasciò cadere la lettera di scatto, il terrore che Vegida lo scoprisse lo assalì. Guardò l’orologio a pendolo della cucina: era tardi, immensamente tardi, rimise, velocemente la missiva nella busta, e agguantando il mantello, scappò fuori dal portone.
In quel momento, Vegida scese le scale, girò l’angolo e si diresse in cucina, dove sul tavolo ancora apparecchiato vide la busta stropicciata, ancora aperta.
Si avvicinò la prese e digrignò i denti, pensando che la convivenza forzata, sarebbe diventata guerra. Nessuno poteva toccare le sue cose!
Tirò fuori il foglio e lesse, in fretta, la rabbia svanì, al suo posto un senso di tristezza e felicità al tempo stesso. Delle lacrime scesero dai suoi occhi, diventati quasi neri a causa dell’emozione.
-Sono un cretino, stronzo senza cuore… lasciare Joshi, farlo soffrire per la paura di far sapere… paura di che, poi!-, pensò Vegida, lanciandolo il piattino della tazzina a terra e frantumandolo.
Non poteva dire di amare Joshua, ma ci teneva e si sentiva a suo agio, quando stava con lui. Doveva raggiungerlo, allarmi o no sarebbe uscito. Nel momento in cui prese il mantello per uscire, la voce di suo padre lo raggiunse.
“Tesoro, ti prego… tu e Harry state convivendo in modo civile, aspetta qualche giorno e ti farà uscire…”
Sentendo pronunciare il nome del nemico, Vegida si alterò:
“Certo! Peccato che io l’abbia beccato a leggere una mia lettera… sai che me ne faccio del fatto che lui mi apprezzi… nulla!”, e si girò , aprendo la porta. “Papà , mi dispiace.”
“Amore, tranquillo… so che non lo pensi e sei comunque mio figlio…”
“Anche per quello… ma io intendevo che tu abbia scelto un tale cretino per farti fot…”
“Vegi! Io amo Harry e mi spiace ma devi adattarti a questo… Di chi era la lettera?”
“Non t’interessa…” disse Vegida, mentre un lacrima rigava il suo viso.
Draco si avvicinò e lo abbracciò: “Vai da lui, ci penso io a quel cretino di Potter… la pagherà”, finì di dire, con il classico ghigno made in Malfoy sul volto.
Sapeva che suo padre aveva intuito qualcosa, Joshua era stato un sacco di volte a cena da loro e si sa i Malfoy non sono degli sciocchi, sanno leggere tra le righe.
Vegida uscì dalla villa correndo, con un pensiero fisso:  -Joshi, aspettami!-


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Capitolo 8
*** Nella Tana della Tigre ***


Quando arrivò alla villa della famiglia di Joshua, si fermò davanti al cancello in ferro battuto, portante il simbolo della casata dei Kendel: una tigre dorata. Nel maniero vivevano la madre, Isabella Nott in Kendel, i quattro figli: Jordan, Benjamin, Daniela e Joshua e il fratello della madre, Theodore Nott, che aveva preso le redini delle due famiglie dopo la morte prematura del padre dei ragazzi, Bernhardin Kendel.
Joshua, che avrebbe compiuto sedici anni a settembre, era il più giovane dei quattro figli, i fratelli avevano, rispettivamente, ventidue, venti e diciotto anni. Ormai, anche Daniela aveva terminato gli studi a Hogwarts e intrapreso la carriera di Medimagia, Benjamin stava studiando per diventare Auror e Jordan era all’ultimo anno di Magiavvocato. Questo era il quadro famigliare in cui viveva Joshua, senza un padre e con la costante paura di non essere all’altezza dei fratelli, che lo perseguitava.
Vegida guardò il cancello come se questo potesse aprirsi senza che bussasse o suonasse. Il terrore di incontrare una delle sorelle del suo compagno e l’interrogatorio che ne sarebbe derivato, lo aveva assalito. Non era sicuro di aver fatto la scelta giusta, forse avrebbe dovuto scrivere una lettera per risolvere la situazione.

Portò la mano al cancello e lo toccò: il cancello si aprì, identificandolo come individuo non pericoloso; le famiglie nobili, dopo la guerra, aveva fatto installare dei congegni speciali: se non eri un nobile o un funzionario del ministero non potevi entrare in contatto con i membri delle famiglie. Anche il portone principale si aprì e, camminando, Vegida pregò Merlino che né Jordan, né Daniela lo aspettassero.
 

 ()()()

Harry stava seduto alla scrivania, aspettando che gli fosse presentato l’aspirante Auror, cui doveva fare il colloquio, era arrivato mezz’ora in ritardo, ma era riuscito a preparare alcune domande sensate. Non riusciva a concentrarsi molto, poiché l’onnipresente pensiero di Draco semi-nudo sul loro letto continuava a tornargli in mente, voleva andarsene da lì.
Sbadigliò, prendendo in mano il fascicolo del candidato e iniziò a sfogliarlo.
 
Nome: Benjamin
Cognome: Kendel
Età: 20
Data di nascita: 13 febbraio 1992
Studi: Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Continuò a leggere il dossier, che mostrava le doti del ragazzo: velocità, prontezza di riflessi e sangue freddo.
-Ehm… è perfetto per fare l’Auror… -, pensò Harry, posando i fogli rilegati. Si passò la mano destra tra i capelli e un dubbio lo accolse. Quel cognome non gli era nuovo -Kendel… dov’è che l’ho già sentito ? Ah, certo… Joshua! Bah, si vede che sono parenti…!-, esclamò dentro di sé. In quel momento la porta si aprì e un ragazzo, con i capelli castani, gli occhi azzurri e l’aria molto sicura, entrò.
-Non si assomigliano, affatto…-, pensò Harry.
“Bene, si accomodi, signor Kendel”, disse, mentre fissava la persona che gli era davanti, cercando di cogliere anche la minima somiglianza con il compagno di scuola del figlio.
“Salve, signor Potter. E’ un piacere conoscerla”, rispose il giovane, sedendosi sulla poltrona rossa, davanti alla scrivania.
-Un lecchino…bleah!-, pensò Harry, con una smorfia disgustata in volto.
“Possiamo cominciare, vorrei sapere, dove ha fatto i suoi studi da Auror e perché le interessa questa professione”, disse, gongolante, poiché pensava di aver posto delle domande formidabili.

Benjamin cominciò a rispondere, mentre l’Auror sfogliava le pagine, ancora non lette della cartella del neo- tirocinante.
 

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Vegida si era accomodato nel salotto, invitato da Jordan, che aveva cominciato a parlare dei suoi studi e dei fratelli minori. Il ragazzo conosceva l’intera famiglia da molti anni, tanto che aveva incontrato anche il padre, prima della morte. La donna, arrivata a parlare del fratello più piccolo, che adorava, disse:
“E’ da quattro giorni che è chiuso nella sua stanza, esce solo per mangiare, non parla e non risponde né alle frecciatine di Daniela, né alle mie domande… Sono preoccupata per lui, non mi fa neppure entrare nella sua camera… Se vuoi, puoi tentare la sorte… Attento alle fatture!”
Vegida si alzò, ringraziandola per l’avvertimento e per non aver fatto domande sulla sua visita. Poi si diresse verso la camera di Joshua al piano superiore della villa, arrivato davanti alla porta, bussò.
“Vattene, non voglio nessuno!”, la voce di Joshua lo raggiunse. Aprì la porta ed entrò, il compagno era seduto sul letto, girato di spalle, con un libro scolastico in mano, ma sentendo il rumore della porta, si era alzato, aveva preso la bacchetta dal comodino e gliel’aveva puntata contro. Vegida fece un passo indietro, non aspettandosi quella reazione. Joshua alzò lo sguardo su di lui e una volta incontrati i suoi occhi grigi, lasciò cadere l’arma e si avvicinò titubante.
“Vegi, ciao…” disse, con voce fievole, quasi non pensando che fosse davvero lì.
Il quattordicenne, abbassò lo sguardo. “Scusa, Joshi… io non…”
Non lo lasciò finire, lo avvicinò a sé, unendo le loro labbra, sempre più profondamente, poi lo abbracciò e lo buttò sul letto.
“Mi dispiace tanto… sono uno stupido, uno stronzo…non ne avevo alcun diritto…”, queste parole uscirono dalla bocca di Vegida, mentre Joshua gli baciava il collo e lo spogliava dalla maglietta.
“Tua sorella potrebbe venire a vedere che succede… Smettila…”, la sua voce era tutt’altro che ferma e autoritaria. Non ci credeva neppure lui in quello che diceva.
Joshua si staccò e lo fisso, con uno sguardo a metà tra il maligno e l’eccitato. “L’unico che verrà… sarai tu!”, la mano destra andò a toccare il cavallo del biondo, che annaspò e si avvicinò di più a lui, unendo le loro labbra, per non gemere. Il ragazzo bruno cominciò a slacciare i pantaloni neri in pelle di Vegida, mentre lui gli baciava la mascella, fino ad arrivare al lobo dell’orecchio destro e morderlo.
“Oh sì… Finalmente mio!” disse Joshua, sentendo l’erezione del compagno, sotto la sua mano.
“Fratellino, non hai ucciso l’ospite…”, una ragazza bionda era entrata, poi si era fermata di botto, con un’espressione basita sul volto.
“J-j, abbiamo scoperto perché Josh era triste…  Vieni, qui!”
Josh si allontanò dal letto seccato, rimettendosi a posto i vestiti. Dire che Vegida era scocciato sarebbe stato un eufemismo, i suoi occhi lanciavano dardi infuocati.
“Che c’è, Danny?”, Jordan entrò, guardò prima il fratello, poi l’ospite, che era ancora senza maglia, i pantaloni slacciati e la testa fra le mani in segno di arresa alla fine della loro intimità.
 La donna sorrise. “ Ecco perché non ti ha ucciso, il mio fratellino…” disse, avvicinandosi a Joshua, e prendendogli il volto tra le mani, aggiunse: “ se qualcuno ti dice qualcosa, se la vedrà con me…” poi gli diede un bacio sulla fronte.
“Ah… ah… ah… prima Ben, adesso tu…se la famiglia vuole degli eredi, dovrà contare sulle donne!” Danny continuava a ridere.
“ Smettila! Stai zitta!”
“ Ma… J-j …io…”
“ Non insultare Josh o te la vedrai con me….” Concluse la sorella maggiore.
“ Che cos’hai contro quelli come noi? O, forse c’è, l’hai solo con tuo fratello?” Vegida si era alzato e rivestito, con voce ferma, aveva detto quelle parole, inchiodando Daniela sul posto, con il suo sguardo glaciale.
La ragazza tossì a disagio, poi si riprese e disse: “ Non mi faccio intimidire da un frocietto che lo da’ a mio fratello…”.
Vegida assottigliò gli occhi, schioccò le dita e Siaf partì all’attacco. Daniela si scontrò contro il muro, urlando, mentre il cobra si arrampicava sul suo braccio.
“ Sai mi piace stare con tuo fratello, mi piace tanto e sicuramente non sarai tu a impedirmelo.” Disse il ragazzo con in ghigno sadico sul volto, poi si avvicinò a Joshua rimasto in disparte per tutto il tempo e lo baciò, facendolo finire quasi seduto sulla scrivania in legno tarsiato.  Quando si staccò, lo guardò negli occhi verdi, stupiti, ma felici, e gli sussurrò: “ Puoi non crederci, se vuoi, ma io tengo, davvero, a te…”.
Schioccò le dita e Siaf subì la trasfigurazione in collana, cadendo a terra, Daniela, spaventata corsa via, urlando qualcosa d’inerente alla pazzia di Vegida.
Jordan sorrise, divertita e si rivolse al ragazzo, abbracciato al fratello: “ Mi piaci, sai… hai il coraggio per tenere testa a uno della nostra famiglia, beh, in realtà, è da quando ti conosco che non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno…”.
“ Sono un Malfoy, questo fa di me una persona eccezionale, senza alcun dubbio…”.
“ Non molti ne andrebbero fieri… molte persone pensano che dobbiate essere condannati. “
“ Molti, non sono le persone di cui m’interessa l’opinione, Jordan… Il loro giudizio mi scivola addosso e basta.”
Jordan sorrise, era sicura che Vegida non sarebbe mai cambiato, così era quando lo aveva conosciuto cinque anni prima e così sarebbe stato sempre, o almeno sperava che nulla lo avrebbe mutato.
“ Beh, io vado…” disse, uscendo dalla stanza.
Joshua si sedette sul letto e sospirò, stanco.
“ Divertiti, fratellino…” la voce della donna li raggiunse un’ultima volta.
“ Dov’è Benjamin ?” chiese Vegida.
Joshua lo guardò con una luce tra il triste e arrabbiato negli occhi.
“ Perché? Che te ne importa di Ben? Non puoi essere felce di essere qui con me e basta!” esclamò, urlando, mentre la tensione accumulata a causa di Daniela, veniva scaricata su una delle persone che lo aveva aiutato.
Vegida non si arrabbiò, consapevole che non fosse il momento si limitò a sedersi sul letto, accarezzando il suo viso con la mano destra, mentre gli passava la bocca sul collo e la mano mancina lo faceva stendere sotto di lui.
“ Ora, sono qui… con te… ci siamo solo io e te… rilassati… starò qui finché lo vorrai.” La voce roca fece rabbrividire il ragazzo bruno.
“ Voglio che resti qui a cena… e anche a dormire… ti voglio…”.
Vegida ghignò: “ E allora… prendimi!”
 
Fu durante la notte che Jordan, a tre camere di distanza da quella di Joshua, sentì dei gemiti di piacere e sorrise, felice per il suo fratellino adorato!

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Mon Espace:

Anche l’ottavo è andato… che lungo…ammetto che è stato un po’ complicato scriverlo… perché era l’intersezione di molti personaggi tutti diversi, molti ancora sconosciuti…

Vorrei sapere che ne pensate…. Leggete in tanti, ma recensite in pochi, PERCHE’?

Va beh, io non obbligo nessuno, solo mi farebbe piacere.

Bye

Sl

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Rimorsi, ricordi e radiosità ***


Vegida si svegliò, stiracchiandosi lievemente, come faceva tutte le mattine. La sua mano destra  al contrario delle sue aspettative non sbatté contro il comodino di legno antico di Svevia della sua camera, ma contro un corpo. La sua mente cominciò a ripescare i ricordi: la pace con Joshua, la sorella impicciona e omofoba, Joshua irato per una domanda, lui che cercava di calmarlo, qualcosa come del sesso appagante. Molto appagante!
“Bene… ora… tre sono le possibilità:
1. Me ne vado di soppiatto, prima che si svegli e prima che Potter decida che mi sono perso per il deserto del Sahara e mandi una formazione di Auror a cercarmi,
2. Aspetto che si svegli, lo saluto velocemente e torno a casa, sempre per il motivo citato precedentemente,
3. Me ne frego altamente di Potter, aspetto che Joshi si svegli e rincomincio quello che stavo facendo prima... uhm… scelta difficile… Decisamente la terza…”.
Aveva appena deciso il da farsi, quando un gufo nero e grigio bussò ripetutamente alla finestra. Si alzò, prese la bacchetta, con un colpo si rivestì e si avvicinò al gufo, aprì le ante per lasciarlo entrare, questo gli depositò una busta rossa in mano: una strillettera di Potter!
Vegida sbuffò, bloccandola con un incantesimo, prima che incominciasse a urlare, non voleva svegliare Joshua perché Potter era preoccupato.
Si avvicinò al letto a baldacchino del padrone di casa e lo guardò, Joshua era bello e simpatico, forse un po’ protettivo e troppo sensibile, sarebbe stato il compagno perfetto per ogni donna o uomo, che avesse voluto una relazione a lungo termine, ma Vegida non era sicuro di volerla, era giovane, voleva fare esperienze e divertirsi, ma aveva anche paura di perderlo.
“Ok, frena”, si disse. “Seghe mentali di prima mattina, no!”.
Si girò per andare in bagno, arrivato al lavabo, si sciacquò il volto, cercando di riordinare le idee, erano successe troppe cose in quei giorni. Stavo appunto pensando ai fatti più recenti che avevano scombussolato la sua vita, quando si sentì cingere per la vita e vide il riflesso di Joshua aggiungersi al proprio nello specchio.
“Tesoro, perché sei già in piedi?”, gli domandò l’altro, sfregando il volto nell’incavo della sua spalla. Vegida non rispose, si girò nel suo abbraccio e lo baciò.
Quando si staccarono, Joshua rise: “Il nostro primo bacio, tre mesi fa è avvenuto così… Tu ti stavi guardando allo specchio, quando io sono uscito dalla doccia della camera, te lo ricordi? I Grifoni avevano fatto saltare i tubi nella mia stanza, non c’era più l’acqua calda… e poi ti ho visto lì allo specchio, che ti mettevi  la collana e non ho resistito, ti ho abbracciato, ho girato il tuo viso verso il mio e ho unito le nostre labbra, poi tu hai risposto, sai pensavo mi avresti respinto…”
“Ti ricordi anche che giorno era ?”, disse Vegida, in modo ironico, per smorzare quella che per lui era diventata una situazione un po’ scomoda, i pensieri di qualche minuto prima riaffiorarono nella sua mente, come si sarebbe staccato da lui, se avesse voluto, senza che soffrisse, se ricordava ogni singolo dei loro momenti passati insieme come un pezzettino indispensabile della sua vita.
“12 aprile… Vegi, scommetto che te lo ricordi anche tu, con la memoria che hai! Scommetto, che non ti sei dimenticato neanche quale è stato il primo pasto che hai fatto ad Hogwarts tre anni fa….”, concluse ridendo. Era vero, ma se lo ricordavano per motivi diversi, uno perché ci teneva immensamente, l’altro perché non si dimenticava nulla.
“Andiamo a fare colazione?”.
Vegida annuì e in quel momento il suo cellulare squillò, eh sì, nonostante fosse contro gli aggeggi babbani , era stato obbligato a comprarne uno, con la madre e il fratello che vivevano in Italia, sarebbero stati scomodi i gufi.
“Pronto?”
“ Ciao fratellone, come stai? Io sto bene, non vedo l’ora che tu venga qua… Mi manchi tanto, voglio vederti… Manca solo una settimana e ci vedremo…”.
Felipe, il suo fratellino logorroico era partito con la serie di domande e affermazioni cui realmente non voleva una risposta, con il suo accento italiano che spiccava moltissimo, quando parlava inglese.
“Sì, Feli… ci vediamo tra poco, anch’io sto bene…. Ti verrò a salvare dalle grinfie della mamma, tranquillo… Scusa , adesso ho da fare, ti richiamo io…”.
“Ma... Vegi, non ci sentiamo da… “
“L’altro ieri alle tre… ciao”, e chiuse la chiamata, adorava immensamente Felipe , ma non era il momento.
“Tra quanto parti?” chiese Joshua con la voce un po’ inclinata.
“Una settimana, starò lì fino alla fine di Luglio, credo… poi bisogna vedere che ne pensa mia madre”
“Quasi un mese…”, disse flebilmente l’altro ragazzo, quasi non credendoci.
“Mangiamo o no?”, disse Vegida, avvicinandolo e posandogli un bacio sulla guancia “Tra un’ora, devo essere a casa o Potter invaderà la tua di Auror”.
Joshua rise.
                                                                                    °°°°
“Vegida!”,  la voce autoritaria di Potter lo accolse, quando rientrò in casa, ma il ragazzo lo ignorò.
“Lascialo in pace, Harry!”
“Draco…”
“Non sono cazzi tuoi quello che fa, non deve rendere conto a te! Salvo che tu non voglia passare l’intera settimana nella camera degli ospiti!”
“Papà, lui non viene con noi, vero?”
“No,  ma in realtà non vengo neanche io… pensavo di mandare solo te…”, disse Draco al figlio, un po’ titubante. Era sempre stata la loro vacanza.
“Ok, bisogna avvertire la mamma… “
Draco sorrise, mentre il figlio andava a rifugiarsi nella sua camera.
“Non dici sul serio, vero? Non devo dormire nella camera degli ospiti?”, disse Harry, preoccupato.
“ D’ora in poi, devi stare più attento a quello che fai… o ne subirai le conseguenze! Comunque fai buon viso a cattivo gioco, Vegi starà via dal 4 luglio fino al 29, se non di più… tutto quel tempo da soli, sarà fantastico…”
Harry lo baciò, già assaporando quei 25 giorni di pura libertà.
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Mon Espace

Ecco, il nono… non molto lungo…

Che ne pensate????? Spero vi piaccia…

Au revoir,

sl

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Capitolo 10
*** Ultimatum o non ultimatum???( questo è il dilemma, alla faccia di Shakespeare.) ***


“ Vegida!”
“Oh, Potter! Non hai capito che non fa differenza se urli o meno, se non ho voglia di ascoltarti non ti ascolto…”. Mancavano due giorni alla partenza di Vegida per l’Italia, ma la situazione non era cambiata più di tanto, era inutile illudersi, come ormai Draco si ripeteva come un mantra, che quei due potessero andare d’accordo, ma diciamo che in quei giorni la sfortuna aveva deciso di fare della sua casa la dimora dei Malfoy, almeno questo si ripeteva Draco pur di non dare la colpa a nessuno dei suoi coinquilini.
Torniamo qualche giorno indietro esattamente al giorno dopo che Vegida aveva annunciato la sua partenza, di lì a sei giorni contati.
Era mattina, non troppo presto in realtà, le nove e mezza, ma tutti erano già in piedi, Vegida si stava dirigendo in bagno, tranquillamente come tutti i giorni, nel suo bagno privato, dove nessuno tranne lui, poteva entrare.
Aprì la porta ed entrò, la tenda della vasca era perfettamente tirata, ma non ci diede troppo conto, forse gli Elfi, dopo aver lavato, l’aveva lasciata così.
Si stava lavando il volto, quando senti dei rumori provenire da suddetta tenda. Si avvicinò sospettoso e lo aprì di scatto, la scena che gli si mostrò davanti, fu delle peggiori, di quelle da traumatizzarti per tutta la vita. Potter, Harry James Potter, si stava masturbando nella sua vasca e adesso lo guardava stupito.
Vegida non ebbe il tempo di parlare.
“Allora, esci! Non ti hanno insegnato a bussare , quando entri in bagno! FUORI!!!”
Vegida sbuffò, mentre i suoi occhi passavano dal grigio tempesta, che segnava il fastidio , al nero pece, simbolo dell’ira funesta.
“POTTER! Questo è il mio bagno, MIO! Da quando sono nato nella mia casa, c’è un mio bagno! TU! Tu devi uscire di qui! Non io!”
“Oh ma per favore! È un bagno! C’è ne saranno otto in questa casa…. usa…”
“Appunto… se c’è, ne sono altri otto perché devi usare quello che si trova nella mia ala, tra la mia camera e la mia sala studio…. Che cosa c’è gli altri non ti piacciono?!”
  “Non farla tanto lunga…”, disse Potter, alzandosi  completamente nudo davanti al ragazzo. “Pensa che quando eravamo dai Weasley, c’era un bagno solo e quando eravamo in pochi, c’erano comunque otto persone in casa… Quindi…”
Vegida rise, di una risata bassa e maligna, mentre la sua bocca si trasfigurava in un ghigno degno di Voldemort in persona. “I tuoi amichetti lentigginosi e pel di carota sono la feccia della società, la vergogna della società magica, la più bassa classe sociale dell’intero mondo dei maghi… e tu non puoi dirmi che fai questo…”, disse indicando  la vasca , piena d’acqua, il pavimento bagnato e il fatto che Potter avesse preso un suo asciugamano. “…perché quando vivevi da loro non avevate un bagno neanche per ogni cinque persone! NON ME NE FREGA UN CAZZO! Torna a vivere con loro se vuoi fare così, ti trovavi bene e allora vai! Perché io sono stanco di te, stanco in qualunque senso possibile… un’altra gaffe, Potter e sarai fuori di qui!” concluse , sbattendo la porta alle sue spalle e dirigendosi dal padre , ancora ignaro della tempesta che stava per abbattersi su di lui.
++++++++
Vegida aveva trovato il padre, intento a lavorare e dopo avergli raccontato l’accaduto neanche troppo con calma e serenità, aveva deciso di andarsene ancor prima che dicesse qualunque cosa, uscito dalla porta dello studio, si era ritrovato Potter davanti, che lo guardava come si guarda un bambino di sei anni che fa i capricci.
“Non ti sembra di esagerare?” disse, il più calmo possibile. Vegida lo squadrò.
“Potter! Capisco che i colori che piacciono a te sono orribili, ma quell’accappatoio è mio ed è verde scuro con inserti in argento! Non dire che ti sei sbagliato!”, sibilò, assomigliando molto a Siaf e aggiunse . “Ultimo errore.”
Draco uscì in quel momento, lanciò un’occhiata critica al compagno e disse al figlio: “Imparerà, dagli tempo... va bene, amore?”
Vegida incenerì il genitore, alzò la mano segnando cinque: “ Ha cinque giorni per imparare a partire da oggi se non sarà così, papà… lo voglio fuori prima della mia partenza e te lo dico già da subito, per mettere le cose in chiaro, se non comprende e non impara a differenziare quello che può e non può fare o toccare o guardare… arriverà la fatidica domanda, papi… Quella che ti ho fatto le altre quindici volte che uno dei tuoi fidanzatini non mi è andato a genio… l’ultimatum…. O me o lui?”, poi se ne andò verso la sua camera per vestirsi.
Durante il pomeriggio del medesimo giorno, Vegida trovò Potter sul balcone, intento a fumarsi una sigaretta con una faccia cupa.
“Non fumare…. Mio padre odia i fumatori…. E anch’io….”, poi decise di infierire, se si fosse arrabbiato, se lo avesse anche solo sfiorato… “Potty, come mai quella faccia? Sembri uno che sta per essere sfrattato o messo alla porta…”
“Senti, tu…. Dobbiamo trovare un compromesso… io amo tuo padre e lui ama me… quindi non potremmo andare un po’ più d’accordo…”
“ ‘Fanculo, Potter… lui ti dimenticherà come tutti gli altri…. Amava anche loro, almeno così diceva ed io non ti voglio qui… Sei l’esemplare meno adatto per mio padre in assoluto, se lo avessi saputo, non avrei mandato via Harper… almeno era puro, eseguiva i miei ordini, un ottimo cagnolino, in effetti….”, ghignò.
“Mi impegnerò, davvero, te lo dimostrerò … che sono adatto….”
“Non ci riuscirai…”
“Ma….”
“Né ma, né se, né forse…. Sai perché… Mi trasferisco da Joshua per questi sei giorni e tu non potrai fare nulla per compiacermi, sarai qui in questa casa senza poter agire…. Se proverai a raggiungermi da lui, lo vedrò come un fastidio, l’ultima delle gaffe, l’ultimo passo falso, ma non facendo nulla non dimostrerai a mio padre quanto lo ami…. Io sono un genio e tu sei in trappola… Addio!”
Detto questo, batté le mani e una piccola valigetta comparve.
Harry aveva provato per tutti quei giorni a contattarlo, senza andare alla dimora dei Kendel, ma non ci fu nulla da fare. Rispondevano le sorelle del ragazzo più grande, dicendo che erano impegnati in attività fisiche molto dilettevoli, oppure lo stesso Joshua che con fare da perfetto Serpeverde e al corrente di tutta la faccenda reggeva il gioco all’amante.
Fu il sesto giorno che Vegida tornò alla villa per preparare le ultime cose da portare in Italia e fu in quel momento che Harry cominciò a perseguitarlo, facendo qualunque cosa lui volesse, passavano le ore e arrivarono le sette della sera.
“Ciao amore” disse il padre, mentre il figlio stava per salire sulla carrozza, che lo avrebbe portato alla Passaporta, dove il maggiordomo della madre lo attendeva. “Fai buon viaggio e non ti preoccupare per me” Aggiunse, puntando il senso di colpa del ragazzo nei suoi confronti “Sarò solo triste e sconsolato, ma andrà bene…”.
“Uffa! Ok, rimanderemo il verdetto al mio ritorno, ma chiudi la mia ala della villa a chiave, se trovo anche un pelo della coperta fuori posto, lo uccido!”, finì, per niente sarcastico, toccando il gioiello al suo collo, che portava sempre con sé.
Si appropinquò alla carrozza, quando Joshua lo travolse, abbracciandolo: “Ciao Vegi, mi mancherai, tantissimo…. Scrivimi per favore… Ti prego…”, concluse con una faccia da cagnolino bastonato.
“Lo farò…” rispose l’altro, infilandogli una mano tra i capelli e baciandolo con trasporto. “Ma non ti comportare come mio fratello, avete quattro anni di differenza…”.
Joshua sorrise, dandogli un bacio a stampo per poi lasciarlo salire.

 

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Mon Espace:

Yuppi! Il mio capitolo preferito, dove Vegi è cattivo….  No scherzo…. Comunque che ne pensate… troppo violento…. Questo è Vegi un ragazzo sicuro di sé, che ti uccide se tocchi le sue cose….

Commentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii……

Ringrazio chi ha commentato finora:

DraconiaMalfoy

Lupetta

lorimiriam

MaraMalfoy

Chi ha messo la mia storia tra le preferite:

Petite_Parisienne 

Chi l’ha messa tra le seguite:

 EryAcexRufy 
 Lupetta 
 Pseudopigna 
 riketta
 stefania881 

Chi l’ha messa tra le ricordate:

 potteriana96

E anche tutti quelli che hanno letto, anche se mi piacerebbe sapere da tutti che cosa ne pensano.

Al prossimo capitolo,

Sl

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Dona l'8% del tuo tempo alla causa pro-recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

 

 

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Capitolo 11
*** un nuovo dilemma ***


Vegida arrivò alla passaporta per le undici circa, si guardò intorno, aspettandosi di vedere Maurizio, il maggiordomo della madre, che aspettava tutti gli anni i Malfoy in quel punto preciso. Niente, dell’uomo alto, un po’in carne con i capelli scuri e la pelle abbronzata non ce n’era nemmeno l’ombra. Il ragazzo si appoggiò a una ringhiera che si trovava nelle vicinanze del passaggio magico, con fare un po’ perplesso.

Stufo di aspettare facendo nulla, aprì lo zaino che si era portato dietro e prese un libro, che verteva sulle regole del karate. Passò un’altra mezz’ora ma Vegida non si preoccupava, forse Maurizio aveva dei lavori da sbrigare, così come la madre.

“ Ciao…” un ragazzo con i capelli e gli occhi scuri gli si avvicinò, tenendo per mano una bimba con i capelli rossi ricci e gli occhi scuri, affiancata da un ragazzino castano scuro con gli occhi azzurri.

“ Ciao Juan… come stai?” disse Vegida, mentre si avvicinava al ragazzino e lo abbracciava.

Il ragazzo interpellato era in procinto di rispondere, ma fu fermato.

“Fratellone, finalmente…. Non ti aspettavi che fossi io a venire qui…. Che bello! Sarà un’estate meravigliosa…”

Vegida mise due dita sulle labbra del fratellino, zittendolo.

“ Sì, sarà fantastico…. Sempre che tu non parli in continuazione…”

Il ragazzino sorrise, aggiungendo : “ Ti ricordi di mio fratello Juan e di sua sorella Irene , vero?”

Juan era il figlio del primo matrimonio del padre di Felipe, Philip. Vegida pensava che sua madre dipendesse troppo dal marito, tanto da chiamare suo figlio come lui , in un’altra lingua, ma il nome era quello. Irene era la figlia ,che la madre di Juan aveva avuto con un italiano, dopo la separazione. In effetti , la loro famiglia era un miscuglio di persone ed etnie.

Vegida era per metà inglese e per metà italiano, Felipe , italiano da parte di madre e brasiliano da parte di padre, Juan brasiliano e spagnolo e la più piccola spagnola e italiana. Diciamo che, in generale, i genitori avevano cambiato idea, nel corso delle loro vite.

“ Certo, che mi ricordo di loro…” disse il biondo, incrociando lo sguardo di Juan , che gli rispose con un ghigno. E come avrebbe potuto dimenticarsene. Quando aveva undici anni, si era preso una cotta gigantesca per Juan, tanto da non cagare neanche più di striscio il fratellino  o la madre e , teoricamente, veniva in Italia per vedere loro. Quel ragazzo, che ora aveva diciassette anni compiuti, era stato anche il suo primo bacio, avvenuto l’estate prima, quando però Vegida era ancora un verginello casto. Ora era un po’ spaventato , non da Juan, ma dalle eventuali reazioni del suo corpo nel caso di un nuovo contatto di quel tipo.

“ La mamma ci aspetta …” disse Felipe, tirando per la manica il fratello.

S’incamminarono tutti e quattro insieme e passandogli vicino, Juan palpò ,e neanche troppo casualmente, il sedere di Vegida.

Quelli sarebbero stati dei lunghissimi venticinque giorni.

Un nuovo dilemma si era creato: tradire o non tradire la fiducia e l’amore incondizionato di Joshua?

 

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Mon Espace:

Entra in gioco Juan ….e son ca....bip!!!!

COMMENTATE!

Alla prossima

sl

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Capitolo 12
*** Si chiama tradimento, se in realtà non si è promesso nulla? ( perché pensarlo è facile, agire non tanto...) ***


 
Mon Espace
Salve, sono tornata… dunque vi annuncio che non potrò aggiornare per moooolto tempo, più del solito… perché vado in vacanza in un posto grande quanto un buco, dove la connessione manca.
Che ne pensate e vi pregooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!! Commentateeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!
Sl.

 
 
 
Arrivarono all’immensa villa, che la madre aveva fatto costruire in mezzo ad un bosco. In realtà si trattava di un insieme di costruzioni, c’erano tre palazzi, quello centrale era adibito alla famiglia, proprio come dimora in cui vivere ed era il più grande. Quello a sinistra era un insieme di quattro palestre, che la madre usava per allenare i nuovi Auror, e sì, la madre di Vegida era un’addestratrice, anche molto brava a dirla tutta. Aveva cominciato all’età di venti due anni come un Auror vero e proprio, ma con la nascita del primo genito due anni dopo e del secondo, un anno e mezzo più tardi, aveva dovuto abbandonare la carriera e si era messa alla formazione dei nuovi cadetti, in particolare si occupava di insegnare loro a difendersi con il combattimento corpo a corpo senza bacchetta, nel caso fossero disarmati o dovessero combattere contro gli avversari che non fossero maghi e avrebbero potuto coglierli di sorpresa. L’ultimo edificio era il più piccolo ed era stato congegnato come ufficio del padre di Felipe, che era un imprenditore babbano.
Era tutto sempre uguale, questo pensava Vegida mentre si avvicinava alla dimora, non cambiava mai nulla da un anno all’altro, non sapeva se era un bene o un male.
Sua madre era sulla porta con un lungo vestito, bella come sempre, come se l’età e due figli non avesse minato per nulla alla sua giovinezza e al suo fascino, vicino a lei c’era, però un’altra donna, che sembrava un po’ più anziana, che Vegida non riusciva a riconoscere, anche il suo aspetto non gli era del tutto nuovo.
“ Ciao Vegida, finalmente ci rivediamo, sono cinque anni che non ti vedo…. Ti ricordi di me, sono Marsela, la madre di Juan e di Irene… quest’anno passiamo le vacanze tutti insieme… anche Massimo, mio marito, verrà qua tra qualche giorno…”.
Vegida si limitò ad annuire, quella donna l’aveva vista una volta sola, ma era sicuro che non fosse, completamente a posto, forse era per quello che lei e Philip si erano separati.
“ Salve, madre… come stai? Spero che la tua carriera stia andando bene come sempre…”.
“ Non fare il finto interessato, Vegida… tu e Felipe vi sentite ogni giorno… sai tutto sul mio lavoro, forse persino prima che io voglia che tu lo sappia.” concluse fredda, lanciando un’occhiata in tralice al secondo genito, che abbassò lo sguardo.
Vegida sospirò, sua madre era l’unica persona cui non osava rispondere, non ci riusciva, era come se il suo vero essere si neutralizzasse alla presenza della madre, lasciando posto a un burattino senza anima da comandare con dei fili invisibili, che si trovavano nelle mani della genitrice.
“ Bene, entriamo in casa… Vegida sai dov’è la tua camera… i bagagli sono nell’ingresso. Juan ti darà una mano a portarli, non voglio magia, in questa casa, almeno di estate, ci convivo già troppo al lavoro!” diretta, esplicita, fredda e autoritaria: questa era Virginia Son.
°°°°
“ Sempre tua simpatica madre, vero?” .
Avevano appena finito di portare le valigie nella camera quando, rimasti soli, Juan gli rivolse questa domanda.
“ Da che me la ricordi, è sempre stata così…ma Felipe insiste nell’affermare che con lui sia dolce, protettiva… sarò io che le do fastidio.” concluse, sospirando.
“ Wow, io stavo scherzando, insomma era una battuta per allentare la tensione… non pensavo che fosse davvero così tremendo il rapporto tra di voi…”.
“ E come dovrebbe essere, scusa? In sostanza, l’hanno obbligata ad avermi, se no niente eredità, niente possibilità di sposare l’uomo che ama veramente, niente figli voluti… la sua vita sarebbe stata un inferno se avesse rifiutato.”.
“ Spero che con tuo padre vada meglio allora?”
“ Papà mi adora, certo ora c’è Potter…” disse l’ultima parola con disgusto, ricevendo un’occhiata perplessa e facendo un segno da forse un giorno ti spiegherò . “ ma per lui sono un miracolo, insomma un omosessuale che può avere un figlio, aveva perso la speranza, nel momento in cui ha scoperto la sua sessualità.”
“ Tuo padre sta con quel Potter? Harry Potter, il Sal…”
“ ne esistono altri? Se cominci a lodarlo, ti scaravento contro u muro e poi ti prendo a pugni, chiaro?”.
Juan ghignò con malizia, avvicinandosi a lui, gli passò le braccia ai lati del corpo, stringendoli i fianchi e sussurrò al suo orecchio: ” e se invece, t’inchiodassi io al muro e ti baciassi, che faresti?”
“ Tu sai che, attualmente, sarei, ecco… c-come dire… o-occupato…”.
“ Saresti, come dire? Non ne sei convinto e comunque Felipe me l’ha detto…ma ha aggiunto che non sei sicuro di voler stare con lui, che non hai fatto una vera scelta, quindi…” e lo fece girare e arretrare di qualche passo, in modo che raggiungesse il muro” mi sento autorizzato a farlo, mi sento in dovere di farlo.”
Detto questo, lo baciò.
Vegida cominciò a pensare, pur di calmare l’eccitazione provata, insomma era lì da tre, quattro ore al massimo. << Pensa al nonno, il giorno del bacio… okay, no ! questo è orribile, pensa a papà, sì a papà e a Potter che si baciano, anzi no che sia accoppiano!>>.1
Juan si staccò, sorridendogli e aspettando una reazione, quando Vegida lo guardò come se avessero portato a termine una partita di scacchi, alquanto noiosa, se ne andò, dicendo: ” due giorni, Vegi… e vedrai che sceglierai me… ci puoi scommettere!”
Quando chiuse la porta, Vegida si accasciò a terra, scivolando contro il muro.
“ non mi è passata, anzi… non è possibile e ora che faccio….” Pensò. ” Se viene a scoprire che non sono più vergine, quello mi violenta… hm… non sarebbe violentare sarei d’accordo e anche tanto… Che dico! Io non sono d’accordo, io non voglio…toccare il suo petto ampio, mordere le sue labbra, sentire il suo c… Basta! Vegi, adesso tu ti calmi, ti fai una doccia fredda e scrivi una lettera a Joshua… esatto! A quello stupendo ragazzo che si fida ciecamente di te e del tuo buon senso, poi vai da Juan e gli spieghi che non c’è più nulla tra di voi… Perfetto! Ottimo piano! Cazzo! Non mi riconosco quasi, dov’è finito il Malfoy sicuro di sé e….se ne andato mentre ti baciava… Zitta, Coscienza del cazzo!”.
Dopo aver concluso il suo dialogo interiore, si catapultò in bagno, immaginando che a quell’ora Potter si stesse dando alla pazza gioia con suo padre, si disse he non voleva vomitare, quindi cercò di pensare ad altro. << Le mani di Joshua che mi toccano, la sua bocca che mi bacia, i suoi capelli da stringere, i suoi bei capelli marroni… neri, capelli neri… okay sono nei guai, certamente nei guai! >>
“ Felipe” urlò, aveva, decisamente, bisogno di un consiglio e il suo fratellino era l’unico a sapere tutto, ma proprio tutto quello che succedeva nella sua vita privata.



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Citazione, anche se modificata, presa da una scena di “Kebab for Breakfast” (titolo originale : Türkisch für Anfänger) , se non l’avete visto , ve lo consiglio è uno spasso!
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Ti salverò da qualunque cosa che possa distruggere la tua innocenza ***


Felipe era rimasto in silenzio per un periodo talmente lungo, che il fratello cominciava seriamente a pensare di aver causato un trauma con conseguente infarto al più piccolo.

Quando l’aveva chiamato, Felipe si era precipitato da lui come un uragano e dopo averlo fatto sedere, era stato ad ascoltare quello che aveva da dire. Ma ora, al contrario di quello che Vegida pensava, non se ne stava uscendo tranquillamente con una di quelle frasi illuminanti e scaccia problemi tipiche di lui, stava semplicemente zitto.

“Feli… dì, qualcosa, qualunque cosa…ti prego…” disse il maggiore titubante.

“ Io… beh, dovrei essere obiettivo …lo so, ma io non lo sopporto, non riesco…. Non mi piace Juan, non si comporta come un fratello nei miei confronti e quando ho bisogno di qualcuno con cui parlare sparisce nel nulla, non è come te… Vegi…io…” poi la sua voce si spezzò e delle lacrime cominciarono a rigare il volto del più piccolo.

“ Feli… che succede???” chiese l’altro, fondandosi ad abbracciarlo e cullandolo “ shh…. Non piangere, fratellino… dimmi, che cosa è accaduto…”.

“ qualc-he….mese fa… a-lla fine della scuola… un gruppo di ragazzi mi ha picchiato… volevano questo… “ disse  indicando un braccialetto d’argento con un ciondolo a forma d’aquila, che portava al polso.” E i miei soldi…tutti sanno che  la mamma è ricca…. Volevano rapinarmi….”

Gli occhi di Vegida cambiarono colore, fino a diventare talmente chiari da sembrare trasparenti e la presa sul fratello si rafforzò, quasi a diventare una morsa, ma fermandosi in tempo per non fargli male.

“ Juan era lì…. Ha guardato tutta la scena, ma quando lo chiamato, invece di aiutarmi… lui…si è ….si è messo dalla loro parte, mi picchiava e mi ha… minacciato di farlo ancora se solo l’avessi detto a qualcuno… ho paura, Vegi….”. Si strinse ancora di più al fratello maggiore, singhozzando e tremando da capo a piedi.” E ora lui starà qui per tutta l’estate…se tu te ne vai…. Io…. Come …. Farò….”

Vegi digrignò i denti e per riflesso dell’ira, che si era impossessata del padrone, Siaf si attivò, scivolando sul corpo del minore e dirigendosi verso la porta socchiusa.

“ aspetta…” disse Vegida in serpentese “ questa volta si fa alla babbana, vediamo se sa difendersi…” un ghigno alquanto sadico, trasfigurò il volto del ragazzo, mentre il fratellino lo guardava abbastanza spaventato.

“ Non ti preoccupare” disse Vegida, passando una mano tra i capelli castano scuro del fratello. “ non ti toccherà mai più, te lo prometto!” poi si alzò con una meta precisa in mente: la stanza di Juan, sarebbe stata una vendetta particolarmente divertente, Vegida adorava vedere il terrore e la consapevolezza di quello che sarebbe successo negli occhi delle sue vittime, soprattutto quando si accorgevano che era troppo tardi per scappare.

                                                              ***

Intanto al Malfoy Manor regnava più che mai la pace e tra un bacio e l’altro, Harry si rendeva sempre più conto che la sua relazione con Draco non era una semplice storiella da quattro soldi che sarebbe finita nel dimenticatoio.

“ amore, vieni qui….” Disse il prescelto dalla camera da letto, chiamando l’ex serpeverde, intento a lavorare a una nuova pozione per il San Mungo.

“ che c’è, Harry???” disse Draco, arrivando trafelato.

“ Stavo pensando che è da un po’ che abbiamo la casa libera, ma non ne abbiamo ancora approfittato, mi sembra uno spreco” concluse, avvicinandolo e baciandolo con una foga, che nascondeva tutta l’eccitazione che aveva dovuto reprimere a causa della presenza di Vegida in quella casa.

“ Harry…. Adesso… sto lavorando…dai…” disse, ma intanto già cominciava a spogliarlo degli indumenti che sembravano così inutili ai loro occhi.

“ ah… vedo quanto t’importa” rispose sollevandolo di peso e adagiandolo sul letto, poi cominciò a percorrere tutto il al suo corpo e a toccare ogni sua parte, senza tralasciare neanche un lembo della sua pelle con le labbra.

Draco gemeva costantemente, impaziente di sentire la sua bocca sul suo membro eccitato, la quale non attardò ad arrivare a destinazione, sfiorò i boxer, dai quali s’intravedeva l’erezione pulsante, poi Harry prese la bacchetta, facendo sparire un indumento così poco consono alla situazione, aprì la bocca pronto a dare piacere al suo amato, quando un gufo nero si precipitò entrando dalla finestra aperta per il caldo e si posò sul comodino, cominciando a chiurlare per attirare la loro attenzione. Harry fu obbligato ad alzarsi e a dirigersi verso il volatile, mentre il compagno si voltava  immergendo il volto nel cuscino e sussurrando come “ non è destino, dobbiamo arrenderci…. Merlino  ci vuole male…”

“ Draco…” disse Harry, avvicinandosi e accarezzandogli il ventre “ abbiamo più di due settimane, ci sarà il momento giusto, vedrai…”.

“ hm, speriamo…” disse l’altro, annuendo non molto convinto” poi guardò la lettera che Harry stava leggendo “ chi è?”

“ hm… Ginny… dice che tocca a me portare Jamie fino al campo estivo quest’anno e che ha deciso di mandarlo in …. Australia! ci metterò almeno due giorni ad accompagnarlo….non ci si può smaterializzare in un altro continente…. Amore mi dispiace…”

“ Non dirlo…” disse Draco, rialzandosi e rivestendosi. “ non è colpa tua, ma di quella…”

“ Draco….Ginny non cerca di separarci…si è risposata e ha altri due figli, che senso avrebbe….” Disse, abbracciandolo da dietro e baciandogli il collo. Quando torno, ti sequestro in camera per almeno una settimana intera, non usciremo neanche per mangiare, solo per il bagno…”.

“Promesso?” disse Draco, ridendo.

“ Sì, amore” rispose Harry, preparandosi per andare a prendere il figlio e baciando il suo fidanzato prima di smaterializzarsi a casa dell’ex- moglie.

 

 

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Capitolo 14
*** A carte scoperte! ***


“ Mamma, qualcosa mi dice che presto i tuoi desideri saranno esauditi….” Un ghigno era comparso sul viso del più giovane dei figli di Virginia, nel momento in cui sua madre si era girata e lo aveva guardato con fare interrogativo.

“ Che intendi, amore?? Sai, che l’unica cosa che mi farebbe felice , sarebbe non vedere mai in più in questa casa Marsela  e i suoi sorrisi maliziosi all’indirizzo di tuo padre…si sono lasciati, no?! Che dico… finché ci sarà Juan , non posso cacciarla….”

“ Ho il presentimento che Vegi ci toglierà dai piedi il figlio scomodo di papà….” Il sorriso sadico del giovane si allargò ancora di più. “ Sa essere molto vendicativo, crudele…. Quando qualcuno prova a farmi del male…”

La madre lo incenerì con lo sguardo. “ Ti avevo detto di non mettere in mezzo tuo fratello…. E un fatto che non lo riguarda…”

“ Ma, mamma…”

“ So cosa ti ha fatto Juan, ma tuo fratello rischia troppo… quando si tratta di te, del suo prezioso fratellino non si sa controllare… devi dirgli di lasciar stare… potrebbe ferirlo o ucciderlo se usa Siaf…”

“ Se lo meriterebbe…” disse Felipe, senza note di rimorso o di compassione nella voce nei confronti del primo figlio del padre.

La donna si piegò sulle ginocchia per arrivare all’altezza del figlio, prese il volto tra le mani e guardandolo negli occhi disse: “ Trova un modo per far sì che non lo uccida… o finiremo tutti nei guai… in tremendi guai…”

Felipe uscì dalla stanza da letto della madre e si avviò verso quella del fratello, pensando a come convincerlo a non esagerare, quando arrivò e aprì la porta, era tardi Vegida non era più nella sua camera.

                                                                                                 F V F V F V

Vegida entrò nella camera di Juan, mentre il ragazzo era steso sul letto, intento a giocare con il suo i-phone. Alzò lo sguardo e sorrise, un ghigno malizioso, che diceva quello che pensava, più di molte parole.

“ Guarda, guarda…. Meno di quanto pensassi, non puoi proprio starmi lontano, vero??” Intanto si era alzato e si era avvicinato al più giovane , cingendogli i fianchi, il quale non fece alcuna resistenza, ma non rispose.

Lo sguardo basso, il corpo immobile: Juan li interpretò come segni d’imbarazzo e, forse, anche un po’ di vergogna, un altro ghigno comparve sul volto, mentre gli faceva raggiungere il letto e lo faceva stendere, stava per baciarlo, quando Vegida invertì le posizioni, trovandosi così a cavalcioni sul diciasettenne, che rise di gusto.

“ Stiamo diventando coraggiosi e intraprendenti, eh??”

Vegida non alzò lo sguardo su di lui, estrasse dalla cintura la bacchetta , chiuse la porta e desonorizzò la stanza.

“ Fin dove vuoi arrivare, eh??” disse, Juan, eccitato. “ passiamo da un semplice bacio al sesso focoso…i preliminari non li vuoi fare…”

Fu solo allora che Vegida incontrò i suoi occhi scuri con i suoi color ghiaccio e sorrise sadico, crudele.

Juan rimase un attimo interdetto, ma non si preoccupo più di tanto, si avvicinò al biondo per baciarlo, ma non ne ebbe il tempo, Vegida li inchiodò con una mano i polsi e con l’altra li cinse la gola.

Juan ebbe paura. “ Vegi, che fai?? Non è divertente!” la voce smorzata, gli occhi che saettavano in cerca di una via di fuga, che non c’era.

“ Che cazzo hai fatto a mio fratello, brutto stronzo?!” e la presa sula gola si rafforzò.

Juan non sentì più l’aria arrivare ai polmoni.” Nessun tocca mio fratello e rimane indenne, neanche mia madre può farlo, sarei capace di tentare di uccidere anche lei, che ti fa pensare che per te sia diverso…”

Si avvicinò al suo orecchio, sussurrandogli:” Non c’è nessuno che valga di più del mio fratellino per me, prova a toccarlo ancora e non raggiungerai la maggiore età babbana, sono stato chiaro?!”detto questo, mollò la presa e si rialzò, tolse gli incantesimi e uscì dalla stanza.

Juan deglutì a vuoto, completamente sudato. “ Mi hai tradito, fratellino… eppure tu sai che cosa provo per lui…era l’unica persona cui non dovevi dirlo, avrei preferito essere diseredato da mio padre, piuttosto che vedere l’odio nelle sue iridi…”

                                                                                V F V F V F

Felipe era, intanto, giunto nella sua camera e aveva pensato all’unico modo che esisteva per far passare la collera del fratello da Juan a se stesso : scrivere a Joshua che Vegida lo aveva tradito.

Prese carta e penna e cominciò la lettera, in cui spiegava tutto quello che era successo nei minimi particolari, inventandosi anche fatti non accaduti.

Finito di scrivere , uscì dalla stanza , si diresse verso la camera della madre per prendere il gufo di famiglia, ma quando stava per aprire la porta, qualcuno gli sfilò la lettera dalle mani, si girò e vide Vegida , che aperta la missiva ,stava leggendo.

Lo vide cambiare più volte espressione e poi posare gli occhi su di sè.

“ Punto uno: Juan ed io non abbiamo scopato, punto due: non ho mai detto di amarlo, punto tre: ho già mandato io una lettera a Joshi spiegandogli la verità, ne avrebbe sofferto comunque, ma meglio saperlo da me…. Ma perché, Feli…”

“ Per la mamma…”

Vegida annuì , non chiedendo altre spiegazioni, ne avrebbe parlato con lei.

“ Spero che capisca, che non mi lasci…”

“ Non è stata colpa tua…. È Juan…”

“ Lo odi tanto, eh?”

“Sì…”
“ Non ti nuocerà più…” Ed entrambi risero di cuore.

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Capitolo 15
*** A mali estremi, estremi rimedi! ***


Draco stava aspettando il ritorno di Harry, erano ormai passati i due giorni, che occorrevano per portare James in Australia, al campo estivo per giovani talenti di Quidditch, infatti quello che ormai poteva considerare il suo figliastro si era distinto come cacciatore, talento preso dalla madre.

Voleva fare una sorpresa al suo compagno, quindi decise di far cucinare tutti i pasti preferiti di Harry per quella sera, così ordinò agli elfi di mettersi al lavoro, dicendo loro che se tutto fosse stato perfetto avrebbero avuto libero il giorno seguente. I domestici si misero al lavoro immediatamente , già pregustando una bella scampagnata tra elfi con tanto di pic-nic.

Draco decise che per passare il tempo si sarebbe messo avanti con le pozioni, quella casa gli sembrava così vuota senza il figlio e senza Harry, si sentiva solo.

***

Due giorni, due lunghissimi giorni erano passati da quando aveva scritto quella lettera a Joshua e Vegida aveva passato varie fasi: preoccupazione, delusione , depressione e , infine, accettazione della chiusura di un rapporto per colpa sua. Aveva creduto che l’amore del ragazzo per lui potesse sorpassare qualunque confine, accettare qualunque comportamento, ma si era sbagliato. Adesso qualunque cosa gli proponessero di fare, non gli andava, che fossero la madre , il fratello o , persino, Philip che si era offerto di provare a scrollarlo un po’.

Fu durante una cena di famiglia , nel silenzio più assoluto, nessuno aveva il coraggio di dire nulla, Vegida e Felipe non avrebbero parlato con Juan neanche sotto tortura, Juan aveva il terrore persino di guardare Vegida, Marsela avrebbe voluto accusarlo per aver aggredito il figlio, ma sapeva che poi i fatti si sarebbero rivolti contro di lei per opera della padrona di casa. In tutto questo, gli unici che non potevano capire erano Philip e Irene, i quali più per paura di un’imminente catastrofe che per altro si limitavano a mangiare.

Fu in questo clima che una delle domestiche si presentò per annunciare l’arrivo di un ospite e chiese se doveva farlo entrare o non era gradito al momento.

“ Vado io” disse il padrone di casa, incredibilmente a disagio con le due sue famiglie, arrivato davanti alla porta, gli si presentò dinanzi un ragazzo che non conosceva e che aveva tutta l’aria di uno che non vuole che uccidere.

“Salve, tu sei?” chiese, un po’ titubante , quando incrociò gli occhi infuriati, ma anche rassegnati.

“ mi scusi, ma non sono dell’ umore adatto per i convenevoli, signore…Gradirei parlare con Vegida, giusto per qualche minuto, poi toglierò il disturbo…se potesse chiamarlo, gliene sarei grato.

L’uomo rimase interdetto, ma pensò che, visto l’ambiente, che si respirava nella sala da pranzo, mandare via per un po’ uno degli interessanti non avrebbe fatto che bene.

“ Te lo chiamo subito, vai pure in camera sua. Secondo piano, quarta porta a sinistra….è la camera , interamente verde, non puoi sbagliare.” Disse, sorridendogli. Sorriso che non fu ricambiato dall’interlocutore , che annuì , soltanto e si avviò.

Philip tornò in cucina sempre più perplessa.

“ Chi era?” domandarono, contemporaneamente moglie ed ex- moglie,.

Ginevra inchiodò l’altra con lo sguardo e poi si rivolse , nuovamente al marito: “Allora?”

“ Un ragazzo, vuole Vegida, non mi ha detto il suo nome, sembra urgente… adesso è in camera tua …” concluse rivolgendosi al biondo.

“ Vado…grazie, Phil…” disse il giovane, alzandosi e incrociando lo sguardo con il fratello: Felipe era preoccupato e Vegida non lo biasimava per niente , il suo cuore stava per uscire dalla cassa toracica per la forza con cui batteva.

Arrivato in camera sua, trovò Joshua , seduto su una poltrona verde.

“ Spogliati e stenditi…” disse il più grande senza neanche guardarlo, Vegida non ebbe il coraggio di controbattere e cominciò a eseguire , quasi dimenticandosi di respirare.

“ Questa camera ti rispecchia: elegante, sfarzosa, quasi come se dicesse agli altri ambienti :- sono meglio di voi- è arrogante, come te…”, Vegida sussultò a quelle parole , mentre poggiava , delicatamente i vestiti su una sedia e si stendeva sul letto.

“ No, mettiti a pancia in giù…”

Vegida lo fece, anche se era sempre più confuso. Sentì il letto piegarsi sotto il peso dell’altro e il rumore di una zip , che veniva aperta, strinse gli occhi e cominciò a pregare che non stesse accadendo quello che pensava. Vegida non aveva mai creduto in nessun tipo di divinità, ma pregò.

“ io ti amo, Vegi… ma non ti basto, l’ho capito… quello che vuoi non è un’ altra persona, so di piacerti, che ti trovi bene con me, e so eccitarti come nessun altro… tu vuoi di più da me… una parte di me, che non volevo usare…” disse, mentre si tirava giù i boxer e separava le natiche del più giovane. “Sono dolce, comprensivo, protettivo, sensibile e paziente… e ora ti do anche l’ultima parte: lo stronzo , che se ne frega di quello che provi, che pensa solo a se stesso…”. Detto questo, lo penetrò a secco, l’unica cosa che impedì a Vegida di urlare fu l’orgoglio, l’unica cosa rimasta alla propria famiglia , di cui potesse andare fiero, ma le lacrime non per il dolore , ma per l’amarezza di aver deluso la persona che più lo amava, a parte suo padre, scesero comunque, bagnando il cuscino sotto di lui.

L’atto durò poco e Vegida non venne neppure, rimase steso sul letto, finché non sentì la porta chiudersi, poi si alzò e si diresse verso la doccia, quando lavandosi, vide il sangue , non se ne curò, si appuntò , soltanto, di pulire le lenzuola. Nessuno, neanche suo fratello, avrebbero saputo dell’accaduto perché lui non era la vittima , ma il fautore di tutti i suoi mali.

                                           ***

Harry tornò a notte fonda, lo accolse un elfo, portandolo a mangiare nella sala da pranzo, l’Auror vedendo tutto quel ben di Dio, esultò.

Finito di mangiare, salì, pronto per un round, diverso, ma più succulento del precedente. Quando entrò , trovò Draco su una sedia, sconvolto, dopotutto era sempre stato un ottimo legilimens, solo, che aveva scelto il momento sbagliato per intrufolarsi nella mente del figlio.

 

 

 


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Capitolo 16
*** M per manipolatori ***


Dopo pochi giorni dalla visita di Joshua, Vegida aveva deciso, suo malgrado, di non poter riversare delle colpe al compagno e, quindi, aveva scaricato su di sé, sui famigliari e su un sacco da boxe della palestra della madre tutte le sue frustrazione. Aveva ottenuto una madre che aveva cominciato a detestarlo ancora di più per il suo comportamento, un fratello che non capiva e la mente ancora più scombussolata di prima. Di positivo c’era che Marsela, spaventata dal suo comportamento, aveva deciso di andarsene, insieme ai figli e al marito.

“ Avanti. “ disse Vegida, dopo che qualcuno bussò alla porta della sua camera.

“Noi andiamo, volevo salutarti…” disse Juan, entrando. In cambio, ricevette un’occhiata assassina, che diceva tutto quello che provava per lui il serpeverde in quel momento: odio, un immenso odio.

“ Mi dispiace, per Feli, intendo… ma noi non abbiamo lo stesso rapporto che c’è tra voi... mia madre ha amato davvero mio padre e vederselo portare via da una donna più bella, più ricca… è stato un colpo…io, beh, avevo sei anni e ho reagito male… me la sono presa con il mio fratellino… e in un certo senso ti ho usato, all’inizio…volevo che lui soffrisse per la perdita di qualcuno… e tu sei molto importante per Felipe….” Disse, velocemente, senza alzare lo sguardo, non ricevendo risposte , continuò: “So di aver sbagliato… beh, ciao, allora!” Era rimasto sulla porta per tutto il tempo, durante il suo monologo, non aveva fatto altro che fissarsi i piedi.

L’unica reazione di Vegida fu alzarsi in piedi e sbattergli la porta in faccia, senza alcuna remora.

Si accasciò sul pavimento, mentre Siaf lo guardava, sembrava quasi in pensiero per lui. Vegi rise per la stupidata che era riuscito a formulare, un cobra che si preoccupava, pazzesco!

Una cosa era certa, non poteva stare con le mani in mano ad aspettare che tutto si sistemasse, questa volta doveva convincere Joshua che anche lui era innamorato, in realtà non ne era sicuro, ma il dolore che aveva provato, quando gli occhi freddi e vuoti si era posati su di lui, non potevano voler dire altro.

                                                           ***

Draco non sapeva come comportarsi, passava dal “io strozzo quel delinquente” al “ma no, non devo, se la vedranno tra di loro”. Harry si limitava a guardarlo, scorrazzare per casa in cerca di un’illuminazione, che non ci fu. Quando Draco percorse per la ventesima volta, il corridoio principale decise di fermarlo.

“ Amore, scegli…o andiamo a chiedere spiegazioni oppure se non vuoi avere contro l’ira di tuo figlio, lasci correre…”

“Ma Harry, come faccio?! Il mio bambino, quell’essere ha … non ci posso pensare…” singhiozzò Draco, in preda a una crisi isterica.

“ Secondo me, Vegida se l’è cercata… e prima che mi ammazzi, ti dirò, secondo quello che mi hai detto di aver visto, la pensa come me, non si sente violentato o minacciato, solo deluso…da se stesso… “disse calmo.

“ Se fosse tuo figlio, non diresti così…” disse Draco, arrabbiato e frustato da una situazione che non riusciva a controllare.

“ Sentì, ne devi parlare con tuo figlio… personalmente, lo reputo in grado di cavarsela senza il nostro aiuto… ora vestiti che ti porto a cena, poi ho una sorpresa per te... su! “ concluse l’Auror.

                                                       ***

Vegida aveva convinto il fratello ad accompagnarlo nella cittadina, che si trovava vicino al bosco, era l’unica nel giro di svariate miglia, quindi molto costosa, ma c’erano dei negozi molto prestigiosi, soprattutto di gioielleria e vestiti.

“ Tu vuoi rovinarti! Hai idea di quanto costi la roba qui… qualunque cosa, la paghi il triplo, è fatta bene, per carità, ma non mi sembra il caso…”

“ Siamo ricchi, Felipe… e non baderò a spese, non per questo!”

“ E se lui non accettasse, comunque?”

“ Questa è una parte di quello che ho intenzione di fare… se non ci riuscirò, beh… non lo so… “

“ Ehi… che cavolo! Noi siamo nati per convincere la gente, a fare quello che vogliamo, siamo dei manipolatori, calcolatori della peggior specie…” disse Felipe, incrociando lo sguardo del fratello. ”Non devi arrenderti, nessuno ti può dire se hai perso o no una persona, sei tu a decidere… nessuno, hai capito!” disse, ghignando.

“ Hm… parli come la mamma! E lei non approverebbe che io spenda dei soldi per uno stupido regalo…” disse Vegida, scuotendo la testa.

“ Riprenditi… eh, dai! Al massimo se non ci riesci, vorrà dire che non era l’amore della tua vita…” disse il più piccolo , guardandolo di sottecchi.

“ Ma … io voglio che lo sia, non lo lascio andare senza neanche provarci!” sbottò il biondo.

“ Eureka...” Esclamò Felipe, saltellando. “Sapevo che l’avresti detto, allora che aspettiamo, entriamo nella gioielleria, brucerai una bella parte di eredità Malfoy, ma ne varrà la pena.” . Si mise a correre verso il negozio, mentre il fratello lo guardava confuso e pensando che solo lui poteva fregarlo in quel modo.

Si diresse verso oreficeria, sperando che suo fratello avesse ragione, sapeva già che cosa voleva.

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Capitolo 17
*** Giornata di regali! ***


Quando Harry gli aveva detto, che aveva una sorpresa per lui, Draco aveva provato a scervellarsi per capire, che cosa fosse, ma quando uscì da casa, vestito a puntino per una cena galante, l’unica reazione che ebbe fu.”. Wow….” Davanti a sé era parcheggiata una Chevrolet Corvette, grigio metallizzato. “ Non so proprio che dire, è stupenda, beh babbana, molto babbana, ma meravigliosa….e poi…”.

“ Le automobili sono gli unici aggeggi utili che quei sciocchi babbani abbiano inventato!” lo scimmiottò Harry, scoppiando a ridere un attimo dopo. “ Beh, se il problema è di ringraziarmi…” disse, avvicinandosi all’altro, prendendolo per i fianchi. “ Io un’idea l’avrei…”aggiunse a un centimetro dalla sua bocca, con voce volutamente sensuale. Poi lo baciò un bacio, veloce, ma anche pieno di amore.

Draco rise, quasi imbarazzato. “ Ogni volta che ci proviamo, succede qualcosa, però… sembra quasi una fattura…”.

“ Non essere infantile, chi potreb…. Oh ,no!” disse Harry , improvvisamente allarmato e, anche , un po’ arrabbiato. Draco lo guardò tra lo stupito e lo scettico per il suo cambiamento repentino d’umore. “ E se tuo figlio ci avesse lanciato una fattura, così che noi…. Insomma potrebbe essere…”

“ Ed io sono la maga Morgana, ma sii serio… Vegi non sa neanche da dove iniziare …ha fatto terza…non sta diventando uno specialista in fatture…”concluse, guardandolo sempre più diffidente.

“ Probabilmente, hai ragione tu” disse Harry, tornato calmo, abbracciandolo. “ Ora andiamo, c’è un ristorante costosissimo, che ho prenotato per le sei e aspetta solo, che le mie tasche si svuotino…”disse, con un sorrisino sulle labbra.

“ Ti puoi scordare di pagare tutto tu e guido io …Su! Dammi le chiavi!” disse Draco, euforico per il suo nuovo regalo.

Harry ubbidì e salirono in auto, pronti per la loro serata.

                                                             D  & H

“ Salve, salve…posso esservi utili?”. Fu così che una commessa, accolse i due fratelli, appena entrarono nella gioielleria. Felipe lo guardò malissimo, chiedendosi perché dovevano fare sempre così, che li lasciassero almeno guardare!

“ Sì, credo possa essermi d’aiuto. “ rispose , invece, il maggiore, catturando l’attenzione della donna, una vecchietta, bassa e con tutti i capelli grigi, probabilmente la proprietaria del negozio, che vista l’età e la posizione che stava ricoprendo, non si doveva fidar molto di eventuali dipendenti.

“ Perfetto, avete già in mente qualcosa?” disse, allegra. “ Due bei ragazzi come voi, qui insieme, hm… Cercate un regalo per la mamma?” concluse, avvicinandosi a Felipe e dandogli un leggero buffetto sulla guancia. Il ragazzino si trattenne per poco dal ringhiarle contro.

“ No, non è per nostra madre.” La freddò Vegida, in modo immediato, poi senza aspettare replica, aggiunse: “ Create gioielli sul momento, vero? Bene, vorrei due braccialetti d’argento…” La vecchina annuì più volte , cercando di intervenire per sapere la grandezza , il modello, ma senza successo, il ragazzo continuava a parlare.

“ … con incisa sopra una data : 12 aprile, su uno anche una tigre e sull’altro un serpente, preferibilmente un cobra africano, se riesce ad inciderlo…il costo non mi interessa….li voglio perfetti!” concluse, guardando la signora, come se le ultime parole fossero più una minaccia, che un desiderio.

“ Certo, questo è una delle gioiellerie magiche migliori al mondo…. Mi dica, vuole che uno sia da uomo e l’al…”

“ Entrambi…” rispose Vegida, fredde, impassibile.

“ Bene… un’ultima cosa , vuole che aggiunga degli incantesimi ai bracciali?”

“ Sì, su quello del serpente vorrei che ci fosse un incantesimo protettivo, che crei uno scudo, sull’altro mi servirebbe restrittivo , che non si chiuda , se non con il consenso di chi indossa l’altro…”. Alle sue parole fratello e vecchina ebbero la stessa reazione di stupore, ma nessuno dei due disse nulla: la donna , poiché già sentiva i galeoni suonanti che sarebbero entrati nelle sue tasche per l’elaborata richiesta, Felipe perché sapeva che qualunque cosa ,il fratello avesse in mente, puntava dritto alla meta finale.

“ Tra quanto saranno pronti?”

“ Li preparo immediatamente…” disse la signora, armeggiò qualche momento sul retro, poi tornò con due scatole nere, identiche, “ Guardi, le piacciono?”

Vegida li esaminò, entrambi, attentamente. “ Sì, vanno bene….”

“ Perfetto, fanno…”

“ Vorrei che l’incantesimo di questo…” disse, indicando il bracciale con il cobra non potesse essere terminato con altri incantesimi...”

“ Certamente! “disse l’altra, più contenta che mai, era giorno di paga, decisamente.

“ Ecco qua! Sono 3432 galeoni l’uno…” Felipe sobbalzò, incredulo a quelle parole, era un prezzo esorbitante. “...quindi in tutto è: 6864.”

Vegida tirò fuori un assegno magico, che compilò e poi diede alla donna, allontanandosi.

“ Aspetti! Vuole dei pacchetti? Sono gratis!” aggiunse quando gli occhi dei ragazzi la fulminarono.

“Allora sì…”

“ bene , a lei!” disse, dopo aver impacchettato gli acquisti in due carte lucide blu, che mostravano varie scritte , che si muovevano. “ Seconda la persona che lo regala all’altra, la carta rivela i veri sentimenti, tramite una frase.

Vegida annuì , incerto se strapparla o esserne felice, mentre il suo fratellino ghignava.

“ andiamo a casa, muoviti!” lo intimò il fratello, assestandogli uno scappellotto sulla nuca, mentre uscivano. Da parte sua, la vecchietta gioiva, baciando l’assegno.

Arrivato a casa, Vegida si mise a scrivere una lettera a Jordan, sperando che accettasse di consegnare il pacchetto a Joshua , insieme con un foglio. Dopo prese il gufo della madre e scrisse sul mittente “ Ufficio dell’avvocato Firkin, per l’apprendista Jordan Kendel, III piano”, non voleva rischiare che finisse nelle mani dell’altra sorella, che, sicuramente, avrebbe distrutto il suo tentativo di riappacificamento con il fratello minore.

Image and video hosting by TinyPic Come immagino i braccialetti, ovviamente con le incisioni :)




 Image and video hosting by TinyPic Questa è la collana di Vegida :)







 Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPicLa nuova automobile di Draco :P

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Capitolo 18
*** Indecisione, violenza e fastidio. ***


Un bellissimo gufo nero bussò alla finestra del terzo piano dello studio più famoso della Londra magica. Il signor Firkin, un uomo di trentacinque anni circa con i capelli neri e gli occhi chiari, si avvicinò alla finestra per far entrare il volatile nella stanza, prese la lettera ma visto il mittente, invece di aprirla, chiamò a gran voce la sua apprendista.

“ Eccomi, signor Firkin!” rispose la giovane donna, entrando nell’ufficio, i capelli castano chiaro spettinati, le maniche della camicia, arrotolate fino ai gomiti e una penna magica, ancora in mano, erano evidenti che stesse lavorando fino a un momento prima e ora avesse corso trafelata per non farlo attendere. Firkin sorrise, non avevano mai avuto un’apprendista così diligente e ligia nel suo lavoro, sembrava che, anche, il compito più insulso fosse di vitale importanza per lei. Ed era, anche, decisamente bella considerò l’avvocato, con un sorriso. In seguito, vedendo la donna attendere, si rese conto di non aver, ancora, parlato e si riscosse.

“ Sai, che non si possono ricevere lettere di natura personale, durante il lavoro, vero?” disse, con occhio critico.

“ Signore, io non aspettavo nessuna lettera…” rispose, sa stupita, che a disagio Jordan.

“ Strano…” rifletté Nicholas. “ viene dall’Italia…”

<< Italia?? >> pensò Jordan. << Chi mi può scrivere dall’Ital... oh! Devo trovare un modo per averla … senza che sembri una lettera personale… altrimenti, avrò un richiamo…Jordan, che te ne frega di un richiamo… eh, dai! Il fatto preoccupante, è che potrebbe aprirla e leggerla!  >>

“ Sì! Ora ricordo…” esclamò, battendo le mani tra loro. “ è una lettera importante di un potenziale cliente…”.

“ E perché non ha scritto direttamente allo studio, scusa?” Chiese Nick, scettico, alzando un sopracciglio.

 “ E’ un mio conoscente, si fida di me e la situazione è, abbastanza, delicata…” Rispose la giovane, sperando che il suo capo  abboccasse all’amo.

“ Tradimento? Divorzio? Ci sono bambini di mezzo? “ chiese l’avvocato, euforico, mentre già pensava a come istruire la nuova causa.

“ Ehm… Mi scusi, ma questa è violazione della privacy!” Ribatté Jordan, forse un po’ troppo bruscamente.

“ “ Capisco… Mi avverta sulle condizioni e fisseremo il giorno dell’udienza… sarò io l’avvocato!” Ribadì l’uomo, sicuro di sé.

“ Lo farò… “ disse, incerta. “ anche se spero che non ce ne sia il bisogno…” sussurrò, mentre rientrava nella piccola stanza, che le faceva da un ufficio, si sedette, aprì la missiva e si mise a leggere.

Rimase qualche minuto basita davanti a quel foglio, mentre pensava a che cosa fosse giusto fare, poi si smaterializzò, lasciando un messaggio al suo principale, mancava ormai poco alla fine del suo turno.

Quando riapparve nel salotto di casa sua, si diresse, immediatamente, nel salone del secondo piano, adibito ai due figli maschi. Dal portone provenivano le note di una canzone, eseguita al piano. Entrò e sorrise, vedendo il fratello minore, intento a suonare una dolce melodia.

“ Josh, come mai suoni?” gli chiese, sorridendo.

Gli occhi verdi del fratellino incontrarono quelli marroni della sorella e s’illuminarono. “ Ciao Jo, sai che suonare, mi calma…”disse, gioioso.

“ Non hai pensato di farlo, prima di incontrare Vegi…” disse, pensierosa.

Joshua si fermò e la guardò preoccupato.

“ Non so, esattamente, che sia successo, fratellino… ma hai desiderato tanto che voi diventaste più che semplici, anche se buonissimi, amici e ora… che fai ?! Lo lasci!!”Affermò la donna, risoluta, guardando il più giovane co un cipiglio critico.

Il ragazzo stava per controbattere, ma non glielo permise.

“ Comunque lui non sembra d’accordo e mi ha detto di darti questi… “ finì. Porgendogli una lettera verde ed un pacchetto blu.

“ Beh, spero ci ripenserai… secondo me , ne vale la pena… già per il semplice fatto , che gli vai dietro da quasi due anni!”

 Se ne stava andando, mentre Joshua apriva la lettera, delicatamente, quasi fosse fatta di cristallo.

“ Ah… penso sia meglio il duetto… quando tu suoni e qualcuno canta…” aggiunse, lanciando un’occhiata in tralice.

Il ragazzo sentì la porta chiudersi, mentre aperta la missiva , si accingeva a leggerla, con interesse. Vi erano scritte delle scuse, che avevano la sfumatura , anche se non troppo evidente, di una supplica di perdono. Deglutì più volte, dicendosi che non poteva accettare così in fretta, non doveva.

Poi prese il pacchetto e sulla carta blu lucida comparvero due frasi:

“ You are the only thing that holds me alive”

“ Thing that not kill me, makes me stronger”

Guardò più volte l’involucro, che ripeteva a più riprese  le due frasi.

“ Forse dovrei… insomma… perdonarlo… ha fatto solo un piccolo errore, in fondo…” si chiese da solo.

Poi si rese conto, che non aveva neanche aperto il regalo e si diede , mentalmente , del cretino.

Strappò la carta , in modo che non si rompesse e la mise da parte, ben piegata. Prese la scatolina nera , di velluto e la guardò , attentamente come se potesse sparire, poi l'aprì e vi trovò dentro un bracciale con incisa una data e un serpente, se lo allacciò al polso, al quale l’oggetto si strinse in modo immediato. Ne fu sorpreso, ma felice, non se lo sarebbe mai tolto, nemmeno sotto tortura.

“ Fratellino…” Daniela gli si avvicinò, con il sorriso maligno che, tipicamente, gli rivolgeva.

“ Ciao…” disse, titubante. La ragazza lo squadrò e con un gesto fulmineo si appropriò dei fogli , che si trovavano sul piano e lesse.

“ Incredibile… niente ti va storto!” disse furiosa. “ io non ti sopporto più! Mamma preferisce te, papà preferiva  te ,persino Ben e J-j ti adorano e , adesso, anche, la tua vita sentimentale va a gonfie vele!” finì, mentre, i suoi occhi sembravano volerlo incenerire e prendeva la bacchetta dal giacchetto, che indossava, lanciando una cruciatus sul fratello, che strinse gli occhi, terrorizzato, pronto al colpo. L’incantesimo non lo raggiunse, ma s’infranse sullo scudo , creato dal bracciale, compì un’ampia parabola, colpendo il lampadario di ferro battuto e cristallo , frantumandolo.

“ Che cavolo…??” si chiese Danny, incredibilmente stupita, mentre si avvicinava al perente. “ Vediamo se a questa distanza sopravvivi” disse , ghignando, pronta a lanciare una nuova maledizione.

Jordan entrò in quel momento, vide la sorella pronta a colpire, Joshua a terra , spaventato e la lumiera distrutta.

“ Tu sei pazza!” urlò, disarmandola con un colpo. Poi gridò: “ Incarceramus!” Daniela si ritrovò, impossibilitata a muoversi , mentre la sorella la trasportava con un incantesimo e lanciò un’occhiata crudele al ragazzo.

“ Ora, ne parliamo con la mamma! Sarà lei a decidere che fare di te!” terminò Jordan, uscendo dal salone.

Joshua, ancora scosso dall’accaduto, guardò il gioiello , legato al suo avanbraccio e sorrise: <<  Mi hai salvato, Vegi… Ti amo!  >>

Vegida si trovava nel giardino della madre con il fratellino, seduto sull’erba, mentre chiacchieravano, quando sentì il braccialetto chiudersi sul suo polso, gioì , abbracciando il più piccolo, che sorrise felice.

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Draco e Harry erano rimasti tutto il giorno nella stanza da letto, dopo aver trascorso una cena ,che non er stata interrotta da nulla o nessuno, era proceduta in modo, semplicemente , perfetto.

Draco si alzò dal letto , quando erano, ormai , le cinque di pomeriggio da qualche minuto. S’infilò sotto la doccia e  cercò di smettere di pensare: nonostante tutto quello che Harry avesse cercato di fare per lui, il costante pensiero dell’accaduto a suo figlio , lo perseguitava.

Tornò in camera per vestirsi, guardando l’altro, che ancora dormiva beato e stanco, ne avevano, combinate delle belle quella notte, mattina e pensandoci bene anche parte di pomeriggio. Draco sorrise, si vestì e prese carta, piuma ed inchiostro da un cassetto, intenzionato a scrivere a Vegida per avere notizie certe.

Scrisse una lunga lettera e si diresse alla guferia del maniero per inviarla. Li trovò una lettera, che sembrava essere stata letta e poi risigillata: non portava né mittente, né destinatario. La prese e la lesse: era da parte di Ginevra.

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Capitolo 19
*** Ancora problemi... No! ***


“ So che tu non provi più nulla per me, anzi non sono sicura che tu abbia mai sentito qualcosa. Ho accettato di separarmi da te proprio per questo, perché sapevo che era quello che desideravi, nonostante il figlio che abbiamo avuto, ma questo non ha importanza. Immagino che ora avrai uno sguardo scettico e ti chiederai, perché dopo anni, ti scrivo, parlando di quest’argomento.

Infatti, non è questo il motivo della mia lettera.  Ti scrivo per dirti che da adesso in poi , Jamie vivrà con te, continuando, comunque, a vedere entrambi, avremo la custodia congiunta. Mi spiace, ma Dean non sopporta averlo intorno, soprattutto quando ci sono i nostri figli, la sua esuberanza lo manda fuori dai gangheri.

Spero capirai, che non ho scelta.

Spero di risentirti presto.

Un bacio,

Gin. ”

Draco rilesse più volte la missiva, non gradiva il tono familiare con cui fiammetta si rivolgeva ancora ad Harry , era divorziato da quasi otto anni ormai. In ogni caso , il problema non era quello e Draco se ne rendeva perfettamente conto. James Sirius Potter, alias figlio di Harry, si sarebbe dovuto trasferire in casa sua, questo era problema. Vegida non avrebbe mai accettato, nel modo più assoluto, loro si odiavano, si picchiavano, si sfidano, s’insultavano, non sapevano parlare tranquillamente a scuola, dove si vedevano qualche ora al giorno, figurarsi se potevano convivere. La mente di Draco cominciò a lavorare febbrilmente per trovare una soluzione.

“ Sono contento che tu l’abbia letta… Non sapevo come comunicarti la notizia… “. Harry, arrivato in quel momento, si trovava alle spalle di Draco e lo guardava con un sorriso tirato, che palesava la sua agitazione.

“Vuoi davvero mettere i nostri figli sotto lo stesso tetto?!” disse Draco, con voce ferma, il ghigno che lo aveva caratterizzato per tanti anni si riformò sul suo viso. “ Dovrebbero condividere la stessa casa, anzi no! La stessa ala, lo stesso bagno!” Draco si guardò intorno, velocemente. “ Penso distruggeranno il maniero oppure si uccideranno a vicenda !” La sua voce era sempre bassa, ma una nota di timore si poteva leggere nei suoi occhi chiari, nella sua testa c’erano le immagini di tavoli e lampadari distrutti, che si sostituivano ai corpi esangui dei due giovani. Draco sobbalzò, andando indietro e finendo tra le braccia di Harry, che lo resse per non lasciarlo cadere e lo guardò allucinato.

“Non accetterà mai!” continuò, riferendosi al figlio.

“ Draco…” cercò di farlo ragionare Harry. “ Se tu vuoi stare con tuo figlio, anch’io voglio stare con il mio… Non è giusto, che tu non me lo permetta! Tu me lo devi!” Harry si stava alterando.

Draco si girò, spostandosi, bruscamente dal suo abbraccio e lo guardò dritto negli occhi, un moto d’ira, s’impadronì anche di lui.

“ Questa è casa mia! Decido io chi ci vive e chi no! Non ti devo nulla!” Non erano urla le sue, Draco aveva smesso di pretendere di farsi le sue ragioni, urlando, la sua voce era normale, bassa, pacata bastavano i suoi occhi furenti a far comprendere la rabbia che provava. Sapeva quello che provava Harry, se lo avessero separato da Vegi, avrebbe distrutto il mondo pur di riaverlo, ma il loro rapporto si disfaceva giorno per giorno e questo non poteva permetterlo.

“ Se stessimo davvero insieme il tuo sarebbe il mio!” urlò Harry, tipico di lui, alzare la voce per farsi valere, come se l’altro non lo sentisse a venti centimetri di distanza.

“ Mi spiace che la pensi così, ma non siamo sposati e quindi decido io.” disse Draco sicuro.

“ Decide tuo figlio.” Sussurrò il Salvatore.

“ Prego?!”

“ Hai capito! E’ sempre lui a decidere, tu fai tutto in sua funzione, in funzione dei suoi desideri… Nulla è più importante di lui… Per te!” disse Harry rassegnato, mentre la verità che non voleva ammettere neanche con se stesso, veniva a galla. La persona che amava di più, avrebbe per sempre amato qualcun altro in modo più intenso. Gelosia? Sì, era gelosia quella che provava, quando pensava a Draco e a Vegida insieme.

“ E’ così. E forse ha ragione.” disse Draco triste. “ Forse… Neanche tu sei quello giusto.” Terminò in un sussurro.

“ Frena!” urlò Harry. “ Io sono quello giusto, Non mettere in dubbio questo! Mai!” Un Lampadario esplose sopra le loro teste, Draco indietreggiò.

“ Io non ne sono certo…” disse con la voce che ora tremava un poco, per le parole che stava per pronunciare.

“Penso che dovremmo prenderci una pausa, abbiamo affrettato le cose!”

Harry cercò di replicare , ma il biondo continuò.

“ ci sono troppi problemi, alcuni insormontabili, anche se ci amiamo.” La sua voce si affievolì, mentre cercava di non incrociare gli occhi di Harry.

L’ex grifondoro cercò di sfiorarlo, ma si ritrasse. “ Amore, cerca di ragionare, Jamie non può restare da Ginevra, Dean potrebbe fargli del male.”

“ Portalo con te ! In casa tua! Ma fuori da qui!” Questa volta Draco urlò, la rabbia lo invase, non sopportava che Harry continuasse a parlare di James, anche se si erano appena lasciati.

“ Calmati, tesoro. Ripensaci, per favore.”

“Perché? Stiamo mettendo ai primi posti i nostri figli come è giusto che sia, sappiamo che non ameremo mai nessuno come loro… Quindi, dimmi che preferisci che diventiamo… Amici direi di no, visti i nostri trascorsi… Dunque conoscenti, persone che non si odiano o che restano indifferenti…”

“Amanti, fidanzati , compagni? Draco capisco il tuo discorso, ma non lo condivido… I nostri figli possono imparare a convivere come tutti. Sono ragazzi, anche noi alla loro età ci facevano degli scherzi…”

“ E sono quasi morto per uno dei tuoi scherzi, Potter! E proprio di questo che ho paura, non puoi pensare che da un momento all’altro… Poof… Diventeranno come fratelli! Hanno i nostri geni, Santa Morgana!”
“ E’ vero ma…” Harry non sapeva bene che dire, ma in quel momento, alla destra di Draco, comparve un cellulare, che restando sospeso in aria, squillava costantemente.

“ Tu! Un purosangue convinto, hai un telefono?!”

“ Solo per quando Vi mi contatta!” disse Draco prendendo l’apparecchio e, con un cipiglio preoccupato, inoltrò la chiamata.


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Angolo autrice (o meglio quella che si pensava fosse morta!)
OMG! Scusate tantissimo! Problemi enormi con un altro sito per la pubblicazione e le verifiche a scuola (ultimo anno si superiori, ho troppa paura -.-!)
Passiamo al capitolo:
Quale sarà la scelta di Draco?
Che farà Harry?
Ma soprattutto chi è al telofono?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo ( mi sembra la pub di una telenovelas... " to be continued ... alla prossima puntata" XD).
Spero di riuscire a postarlo domani, perchè c'è l'ho, aspetta solo di essere corretto, copiato e pubblicato.
Spero che continuerete a seguirmi
Sl
ps: sto revisionando anche gli altri capitoli e per chi volesse sono anche su NA! ( dove mi hanno creato un sacco di problemi :(( )

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Capitolo 20
*** La soluzione che non ti aspetti. ***


Allora, devo pregarvi di leggere anche il mio angolino, perché c’è una domanda… E si decidete voi un pezzo della storia!!! Eh, eh!

 

“ Pronto?”

“Ciao papà!” La voce gioiosa, come non lo era da tempo, del figlio arrivò dalla parte opposta del telefono portatile.

“ Amore mio, come stai?” chiese Draco, felice di risentire l’erede, ma anche un poco preoccupato per il tempismo del ragazzo. Come si dice: se parli del diavolo…

Harry sentì una morsa allo stomaco a quelle parole, non era affatto sicuro di amare James più di Draco, fatto ovvio per l’ancora non certo ex.

“ Bene, benissimo. Non hai idea di quanto sia felice!” disse il giovane con enfasi.

“ Ah, sì… Sono contento!” disse il padre stupito.

“ Volevo chiederti se posso tornare a casa un po’ prima… Insieme a Feli… “ Disse il ragazzo, utilizzando il solito tono fievole con cui soleva convincere il genitore.

“Va bene, quando torni di preciso?” Harry sussultò incredulo. Se Vegida tornava al maniero, non avrebbe avuto il tempo di riconciliarsi con Draco.

“ Se fosse possibile: domani!” Draco annuì, un sorriso comparve sul suo volto: era felice che il figlio tornasse.

“ Ok, devo farti una domanda: in via del tutto ipotetica, tu accetteresti di vivere sotto lo stesso tetto di James, il figlio di Harry, amore?” Stava per aggiungere: - Sai quel ragazzo che lasceresti nella Foresta Proibita in piena notte, svenuto , perché sia mangiato dai lupi!- ma si trattenne, pensando che dovevano convincerlo ad accettare e non a rifiutare. Harry, al suo fianco, trattenne il fiato, in attesa di un qualunque segno da parte della Serpe.

“ Non sto dicendo che non mi lamenterò, ma posso sopravvivere!” esclamò il figlio, che aveva colto l’antifona.

“ Davvero?” domandò il padre, quasi turbato dalla reazione di Vegida.

“ Sì… Devo andare, la mamma non sopporta che si usi il telefono fisso più del dovuto….” Disse Vegida sconsolato. “ Ciao, papà!”

“Aspetta!” Quasi urlò Draco. “ Stai bene? Con Joshua come va?”

“ Ma tu come...? Comunque va tutto alla grande! Penso di amarlo…” La voce del giovane si affievolì, quando pronunciò le ultime parole. “ Ci vediamo domani!”

“ Ti voglio bene, piccolo mio!” Rispose il padre: un sorriso sincero illuminò il suo viso, raggiungendo anche gli occhi.

“ Anch’io.” Draco premette il pulsante rosso sul display del cellulare, sentendo lo sguardo fissò del Salvatore puntato su di lui.

Poi si voltò e fulmineo lo attirò a sé, baciandolo con trasporto. Dapprima Harry rispose al bacio, poi si staccò di malavoglia: doveva fargli una domanda.

“ Ha detto di sì?”

Draco annuì, velocemente, mentre con la sua mente volava già ai festeggiamenti che si sarebbero svolti nella stanza da letto, sotto le coperte, loro due aggrovigliati che…

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce del suo amante. “ Quindi stiamo ancora insieme? Quello che mi hai detto prima non conta più?” Lo sguardo era, leggermente, scettico.

“ Harry… Io…”

“ Devi crescere, Draco… Anzi no! Devi lasciare che Vegida viva la sua vita, devi staccarti da lui! Vegida lo sta già facendo, ha persino una relazione, per quanto complicata e nascosta, più stabile della tua!” disse indicandosi lui stesso e poi Draco. “ Non potrai vivere, per sempre, in simbiosi con tuo figlio. Lascialo scegliere, lascialo andare!” Concluse, accarezzandogli il volto.

Draco deglutì a vuoto. “ Io non posso! Lui è la mia vita… io vivo per lui, perché lui sia felice… “ Disse, stupendo, più se stesso che Harry.

“ Non è grave!” disse Harry, stringendolo tra le braccia. “ La maggior parte dei genitori fa fatica a lasciar andare i propri figli, ma non vuol dire, che non lo vedrai più o che il vostro legame cambierà… Semplicemente, non è più un bambino e tu non devi considerarlo tale… “ Gli diede un bacio sulla fronte, mentre Draco si mordeva un labbro e immergeva il volto nell’incavo della sua spalla.

“ Non so se ci riuscirò… “ Sussurrò Draco, direttamente, al suo orecchio.

“ Ti aiuterò… Diventeremo l’uno la ragione di vita dell’altro… Perché io non me ne andrò, almeno che tu non lo voglia.” Gli disse piano, cercando di calmarlo. I suoi occhi stavano diventando lucidi: si rendeva conto che Draco non era ancora completamente suo e che , probabilmente, avrebbe dovuto dividerlo, per sempre, con niente popò di meno che l’ultimo rampollo di casa Malfoy.

{}{}{}{}{}{}{}{}

“ Dai, dobbiamo fare i bagagli, fratellino! Alza il tuo sederino dal mio letto e vai a fare la valigia!” Disse Vegida all’indirizzo del parente con un sorriso, stampato in volto.

Felipe rise, guardando il fratello ed esclamò: “ Che bello! Rivedrò lo zio!”

Da quando era piccolo, Felipe aveva catalogato il padre di Vegida come zio, anche adesso che comprendeva la relazione che li imparentava, non aveva smesso di definirlo tale.

“ Ve, ma perché hai accettato di dividere la stessa casa con Potter- junior? Tu lo odi! E lui odia te! Vi distruggerete! Naaaaaaaah… Lo distruggerai!” disse il più giovane, ridendo.

“ Mi serve… “ Rispose Vegida, subdolo. “ E la persona più pettegola che abbia mai frequentato la mia scuola, peggio delle ragazzine del mio fan-club” Lanciò un’occhiata complice al fratello, mentre il ghigno tipico dei Malfoy compariva sul suo volto.

“ Oh! Tu vuoi che lui sappia di te e Joshua!” Disse il più piccolo frenetico, mentre nei suoi occhi passava un lampo di stupore, che fece sorridere il maggiore.

“ Sei perspicace, fratellino!”

“ Grazie, ho imparato dal migliore!” disse, facendogli l’occhiolino. Si passò una mano tra i capelli, sbuffando. Era un gesto tipico dei momenti in cui qualcosa non gli era molto chiaro.

“ Che c’è , Feli?” Una nota sarcastica comparve nella voce di Vegida.

“ Perché? Ti è sempre andata bene la relazione nascosta… Non hai mai sentito il bisogno di sapere il giudizio degli altri… E non ti interesserebbe comunque… Quindi…?”

Vegida lo guardò, scuotendo la testa; suo fratello era di un prolisso incredibile, non cambiava mai, qualunque fosse la situazione, lui parlava e parlava.

“ Mi aspettavo che me lo chiedessi… La risposta è semplice: Lui lo desidera tanto, non vuole continuare a nascondersi, trova importante che gli altri sappiano che ci amiamo.” Disse sincero, come sapeva essere solo con il fratello.

“ Beh, speriamo che Sfregiato-figlio mandi gufi a destra e manca, allora!” Disse, avvicinandosi al fratello, poggiando la testa sul suo petto, mentre le braccia cingevano il busto, Vegida rispose all’abbraccio. “ Lo spero tanto per te.” Concluse fievole il minore, chiudendo gli occhi.

In quel momento, stringendo a sé il parente, Vegida capì che il loro rapporto non si sarebbe mai distrutto, né affievolito, qualunque evento capitasse. Loro si amavano, di un amore puro e fraterno, che porta a proteggere, ma mai a metterti in mezzo alla felicità di tuo fratello. Un amore che, a volte, può essere più forte di quello tra due amanti, un amore che non si sfalda con la gelosia, né con il dolore, un amore che solo due persone che condividono la stessa vita, senza aver scelto di farlo, possono provare.

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Angolo autrice:

Très bien!!!! J’ai publié!!!

Ok… ok… ok… Modalità italiano, on !

Che devo dire : Chi se lo aspettava???????? Io!!!! XD

Spero vi sia piaciuto, dopotutto se andasse tutto storto, che brutto che sarebbe…. NO?

Domande: Come sarà la convivenza con James Sirius in giro?

Quale sarà la prossima mossa di Vegida? E di Joshua?

Scoprirete tutto questo e altro ancora nel prossimo capitolo! (bene, ho 18 anni! Devo smetterla di guardare gli anime, anche se li guardo in giapponese sottotitolato inglese… Unisco l’utile al dilettevole)

Vi lascio con una massima del mio, beneamato, Virgilio: “Audaces fortuna iuvat.” (La fortuna aiuta gli audaci: quindi rischiate sempre!)

Ciao….

Mie belle!

slytherin ele

P.S.: Chi di voi vorrebbe, che tra James e Felipe nascesse qualcosa  (so che Felipe è piccolo, ma può crescere e , per il momento, James può aspettare) ?

 

 

 

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Capitolo 21
*** La motivazione più alta. ***


Vegida tornò a casa un’ora prima del previsto, rispetto a quello che aveva annunciato al padre. Sua madre lo aveva praticamente cacciato, salutandolo frettolosamente; sapeva di aver creato degli attriti, ma ci rimase male: era tanto chiedere di essere trattato come un figlio almeno una o due volte l’anno?

Entrato nel Manor, si diresse nell’ala ovest, la sua, e indicò al fratello una stanza, lui entrò dicendo che avrebbe sistemato le sue cose e si sarebbe riposato un po’. Vegida annuì, un po’ stupito, e schioccando le dita, lasciò libero Siaf, che cominciò a girovagare per la villa, riconoscendo quella che era la sua casa. Vegida entrò nella sua camera e con un incantesimo, mise a posto vestiti e oggetti vari, che si era portato in viaggio. Sbuffò, pensieroso. “ Allora… Joshi mi ha perdonato… Questo è ovvio!” disse, guardando il braccialetto argenteo al polso sinistro. “ Ma non ha risposto alla mia lettera… Che sia ancora infastidito?. Odio non sapere!” sbuffò, nuovamente, più nervoso di prima. Aprì la porta e si diresse nell’ala del padre per salutarlo. Entrò nella prima porta a destra e si ritrovò nella stanza del padre: arazzi maestosi, raffiguranti maghi, erano appesi alle pareti, nel centro era posto un letto a baldacchino di legno con una coperta argentea, un tappeto del medesimo colore ricopriva l’intero pavimento. Quando era bambino, considerava quel posto intoccabile, un luogo, dove ti era permesso entrare solo sotto invito.

Stava per chiamare il padre, quando si accorse che la figura dormiente, stesa sul letto, non era il genitore, bensì Potter, che russava con la bocca aperta. Vegida storse il naso, disgustato da quella visione, girò i tacchi, dirigendosi verso la terrazza, posto preferito del padre, nel caso in cui elementi di forza maggiore rendessero la sua camera inagibile. Lo trovò lì con indosso, soltanto una vestaglia di colore blu, che sorseggiava un succo di zucca, seduto su un divanetto bianco da esterno.

Sorrise, rimanendo alcuni attimi ad osservare l’espressione concentrata del padre.

“ Papà.” Disse piano, quasi non volesse rompere il momento di quiete.

L’adulto si girò, stupito, il suo volto si illuminò. Si alzò e, senza dir nulla, abbracciò il figlio, che rispose. Draco si staccò dopo qualche minuto, prendendo il giovane per mano e facendolo sedere sul divanetto, poi si accomodò anche lui, aspettando che Vegida parlasse.

“ Come stai? Ancora convinto di Potter?” chiese il figlio a bruciapelo.

Draco rise. “ Non svii mai, eh? Dritto al punto… I giri di parole non ti piacciono, tesoro?”

“ Li trovo inutili…E poi che dovrei dirti… Beh, durante questi giorni ho rischiato di perdere Joshua, di distruggere la famiglia di mia madre e, probabilmente, ho messo nei guai Jordan, ma si è messo tutto a posto, almeno credo…” Disse tutto questo in modo sbrigativo e con una voce insicura, che non gli apparteneva. Draco se ne accorse, ma fece finta di nulla. Passò la mano destra trai capelli del figlio, invitandolo a stendersi sulle sue gambe, Vegida si lasciò trasportare e si stese, chiudendo gli occhi, cullato dalle carezze del padre.

“Sono sicuro di voler stare con Harry…” cominciò Draco, ponderando le reazioni del figlio. “ Lo voglio con me, lo amo… Mi piacerebbe, che fossimo una vera famiglia… Harry, James, tu ed io.” Sentì Vegida girarsi per guardarlo negli occhi, ma non disse nulla. Draco continuò: “ Non lo considererò mai mio figlio. Perché non credo che lui voglia questo e perché non amerò mai nessuno come te… lo sai, vero?” Si abbassò, baciandogli la fronte e sorrise.

“ Papà?”

“ Che c’è?”

“ Come siete passati da nemici ad amanti, tu ed Harry?” disse senza cattiveria, ma solo per pura curiosità.

“ Non so spiegartelo… Probabilmente tutti quegli scherzi , non erano altro che un modo per attirare l’attenzione dell’altro… Tutto quell’astio che pensavamo di provare, non era altro che il rifiuto dell’amore.”

Rispose, con un sorriso finto, non aveva detto tutta la verità. La sua mente tornò indietro.

21 anni prima

“ No! Per favore… No!” L’urlo straziato di sua madre lo raggiunse, mentre due Auror lo portavano via dalla sua casa, per condurlo nella prigione magica cui erano destinati tutti i Mangiamorte. Una lacrima scese dai suoi occhi, al pensiero della genitrice, che aveva visto suo marito portato via in quel modo, anni prima, e ora anche suo figlio.

Passarono tre ore, prima che arrivassero alla sua cella, in cui venne sbattuto, malamente. Le sue ossa scricchiolavano, mentre cercava di sedersi, per portarlo lì, l’avevano chiuso all’interno di una piccola carrozza, legato, come se un diciasettenne disarmato potesse fare qualcosa.

Non seppe quanti giorni rimase lì, forse due, forse settimane, l’unica percezione che aveva era la solitudine del suo cuore. Avvertì la grata della cella aprirsi e una guardia dire.” Il tuo processo sa per cominciare”

Venne tirato su di forza e portato in una grande stanza, un centinaio di persone lo fissavano con astio e un uomo anziano, che doveva essere il giudice, aveva uno sguardo che non presagiva niente di buono. Fu buttato su una sedia in metallo, che gli imprigionò polsi e le caviglie. Capì che l’uomo anziano aveva cominciato a parlare, ma non sentì nulla, probabilmente era svenuto o forse caduto in uno stato di catalessi.

Quando si riprese, era tornata a casa sua. Da quanto gli raccontò la madre, Harry Potter lo aveva difeso e scagionato, affermando che se lui non lo avesse protetto da Voldemort, evitando di rivelare, la sua vera identità, e lei non avesse mentito all’Oscuro Signore a quell’ora sarebbe stato morto e sepolto. Quindi, il Salvatore del Mondo Magico doveva la vita ad entrambi.

A cinque giorni dal processo, Draco stava cercando di raccogliere i pezzi della sua vita, già abbastanza complicata senza un processo e un Potter che si comportava in modo ambiguo di mezzo. Stava pulendo alla bene e meglio , l’unica casa, non sequestrata dagli Auror, sua madre non ne era in grado, troppo provata dagli eventi accaduti e si era rinchiusa in una parte della casa a leggere libri sul giardinaggio, unico vero sfogo dopo la condanna del marito.

Il campanello suonò, Draco posò lo spolverino, che era costretto ad usare non avendo più né bacchetta né elfi domestici, si tirò giù le maniche della camicia ed andò ad aprire. Quando si trovò Potter davanti sussultò, sapeva di non essere più accusato, ma il terrore di dover ritornare in quel posto e lasciare sua madre da sola persisteva.  Potter  era vestito da Auror e aveva un sorriso strano sul volto.

“ Ciao Draco” Era da tanto tempo, che non lo chiamava per nome e, in generale, era accaduto pochissime volte.

“ Potter, che cosa ti porta nella mia umile dimora?” Disse ironico, per smorzare la tensione, l’altro sembrava fin troppo a suo agio, mentre lui era un fascio di nervi.

“ Sono venuto a riportarti la bacchetta…” disse, mostrandogliela. “ Non mi fai entrare?” aggiunse, sorridendo.

“ Grazie… La casa non è in ordine, anzi…” disse titubante, allungando la mano per riavere la sua arma. Non gli piaceva la sensazione, che si stava stagliando dal suo petto al resto del corpo, L’aveva già provata, quando era a scuola e sapeva cosa significava.

“ Non mi importa, andrebbe bene anche se fatto di braci ardenti… “ Draco non capì, ma lo sguardo caldo, che gli rivolse, lo fece desistere dal rispondere negativamente. Si spostò, lasciando che entrasse e gli indicò con la mano destra, ora provvista di bacchetta, la stanza più vicina: un salottino non troppo distrutto ed abbastanza pulito.

Potter si sedette al tavolino, che stava nel centro della stanza, Draco si lo imitò sedendosi dalla parte opposta. Il silenzio, che si era creato, lo metteva a disagio, quindi decise di romperlo.

“ Grazie per avermi… salvato… non avevi alcun motivo per farlo…” disse a disagio.

“ Che dici ?!” Potter alzò un sopracciglio scuro, indignato dalle sue parole. “ Perché avrei dovuto lasciarti marcire lì?”

“ La domanda è : per quale motivo non avresti dovuto?” Draco era calmo, non c’era motivo di arrabbiarsi, parlava piano, stanco anche per discutere della sua vita. “ Ci siamo odiati per anni… Ho fatto di tutto per buttarti giù, sia figurativamente sia non… e tu…”

“Hai creduto in me, Draco!” Il biondo lo guardò interrogativo. “ Quel giorno hai creduto in me, hai creduto che dandomi una possibilità, io ce l’avrei fatta, avrei salvato il nostro mondo… ti sei schierato dalla mia parte… e io non potevo lasciato lì… Solo perché gli altri non vogliono vedere la verità!”
Draco sorrise. Ci aveva creduto ? Probabilmente sì, ma non cambiava nulla, almeno nella sua mente.

“ Guarda, Potter!” Disse, tirando su, la manica sinistra della camicia. “Questo vedono gli altri e questo dovresti vedere anche tu!”

“No!” Disse Harry, prendendogli una mano tra le sue. “ Questo non sei tu! Io vedo solo Draco non quello borioso ed arrogante, ma quello fragile, che non vuole deludere il padre… quello bellissimo…” Gli occhi di Draco si riempirono di lacrime, suo padre era ancora là dentro.

Potter sobbalzò, si alzò e si avvicinò a lui, sussurrandogli a un orecchio: “ Io non sarò in Inghilterra per un bel po’, rifatti una vita e quando sarai di nuovo tu, se mi accetterai… mi piacerebbe provare ad amarti come nessuno ha mai fatto… “ Poi lo baciò. Draco rimase basito, vedendolo uscire dalla porta.

 

“ Così ho fatto… “ Pensò Draco, ancora accarezzando i capelli del figlio. “ Mi sono trovato un lavoro di rilievo al San Mungo, ho accettato di onorare il contratto con i Son, unendoci la loro famiglia è diventata nobile, la mia di nuovo ricca e ho guadagnato uno splendido figlio, cosa impensabile per me…” disse, guardando Vegida, che aveva gli occhi chiusi. “ E’ stato strano controllare ogni singolo giorno le notizie sul giornale, attendendo che tornasse, per poi avere una paura matta che mio figlio ci scoprisse… Beh, tutti gli altri erano delle prove, andate male, per vedere come reagiva… Mi dispiace Vegi, ma ho aspettato quasi ventun anni per rivederlo e provare ad amare di nuovo… Ad amare qualcuno, che non fossi tu… Dovrai adattarti, piccolo mio… “ Concluse tra sé, prendendo una mano dell’erede tra le sue e sorridendo, finalmente, felice.

 

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Mon Espace:

Ok, ok,ok!!!!!! Come ci si scusa per un ritardo del genere…. Perdonooooooooooooooooooo!!!!!

Però ho lasciato un capitolo di 1704 parole…. WOW!!!!

Commentinoooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!

Ringrazio anche solo chi legge| dà una sbirciatina| apre la pagina!!!!!!!!!!!!!!

Au revoir!!!!

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Capitolo 22
*** Quando si è soli... ***



Il trasferimento di James avvenne tre giorni dopo la decisione dei due adulti, nonostante si trovasse in Australia per il campo estivo, suo padre lo voleva, assolutamente nella sua dimora, sarebbe stato necessario del tempo, perché si abituasse a vivere nella nuova casa, con nuove persone. Inizialmente, James fu molto contrariato, perché voleva restare al campo, ma si rese conto che discutere con il padre era inutile. Non l’avrebbe accontentato, come la madre faceva quasi sempre, aveva un rapporto diverso, probabilmente il padre non avrebbe mai voluto che nascesse, perché lo aveva obbligato a restare con sua moglie più di quanto realmente volesse.

Malfoy non ha mai avuto di questi problemi! Pensò James, invidioso. Lui è stato pianificato. Loro lo hanno voluto. Non avrebbe voluto essere al posto di Vegida in ogni caso, non avrebbe saputo rinunciare all’amore della madre ed era consapevole che il Serpeverde non l’aveva mai provato.

Il viaggio fu faticoso, perché lo compì da solo e si annoiò molto, l’unica nota positiva fu che conobbe Valentina, una ragazza babbana molto simpatica, che stava andando a Roma, la città in cui fece scalo l’aereo e James dovette aspettare due ore, prima di poter prendere quello che lo avrebbe portato a Londra. Visto il poco preavviso, non aveva trovato un volo diretto. Ne approfittò quindi per prendere qualche souvenir all’aeroporto e per mangiare una pizza d’asporto .

Salì sull’aereo, mostrando il documento all’hostess, poi cercò il suo posto. Lo trovò  nella quarta fila a destra, vicino a due ragazzi, molto simili, che sembravano di origine orientale.  Si avvicinò alla ragazza dai capelli neri e gli occhi scuri, che gli sorrise appena lo vide, James ricambiò il sorriso per gentilezza, più che altro, pregando che non tentasse un approccio diverso da quello amichevole. Mentre poggiava la piccola valigia, in cui c’era stata tutta la sua roba, compreso l’equipaggiamento da cacciatore solo grazie ad un incantesimo restringente autorizzato, nell’apposito scompartimento, il suo sguardo cadde sul ragazzo, intento ad ascoltare della musica. Si rese conto, he lo stava fissando solo quando l’altro incrociò il suo sguardo. Si sedette, accendendo l’ipod e aspettando che l’aereo partisse.  Pochi minuti, sentì qualcuno che gli toccava la spalla, si voltò e tolse una cuffietta.

“ Ciao, io sono Patia… E lui è Karim, mio fratello…”

“ James… Non siete inglesi, vero?” Tanto valeva dire qualcosa per accontentarla, anche se non era interessato.

“ Siamo indiani, ma viviamo a Manchester, stiamo tornando lì… Ci siamo trasferiti sei anni fa da Nuova Delhi.” Disse , un po’ imbarazzata dal suo sguardo fisso.

Karim… pensò James

“ Tu sei di Londra?” James annuì, veloce.

“ Deve essere bella, non ci sono mai stata!”

“ Sto in periferia … Niente di particolare!” Londra magica, niente di che! Si disse, di certo non poteva dirle la verità, però l’aveva sparata grossa.

Patia sembrò capire, che il suo interesse non era ricambiato e si alzò, andando al bagno.

James sospirò, ringraziando il cielo. Spostò lo sguardo su Karim, che lo stava fissando.

“ Non ci provare con mia sorella, bello! E’ appena stata piantata da uno stronzo, quindi vedi di starle lontano!” esclamò, intenzionato ad impaurirlo.

“No… Io … Non era mia intenzione…” disse James, titubante.

“ Dicono tutti così!” Rispose l’altro, non credendogli.

“Dico davvero!” rispose l’inglese., abbassando lo sguardo.” A me… non sono interessato… Mi… piacciono i ragazzi…”

“ Cosa?!” esclamò l’altro. “ Tu non sembri gay, per niente.”

James sbuffò. “ Non lo esterniamo mica tutti, vestendoci da donne o cose simili.” Si rimise le cuffie, sentendo per un soffio le scuse dell’altro, non vedeva l’ora di arrivare a Londra. Il suo pensiero tornò al suo peggior nemico, Vegida, nella sua mente il ragazzo biondo era dipinto come colui che sapeva e poteva tutto, in modo totalmente fastidioso e borioso. James era sicuro, che avrebbe riconosciuto una possibile preda alla prima occhiata, senza fare figure barbine. Se ci pensava meglio, non era sicuro che Malfoy fosse gay, l’unico indizio era il tempo che passavano tra di loro ,Vegida e Joshua, la maggior parte del tempo.

*********

Felipe stava correndo in qua e in là per il maniero, nella speranza che uno degli inquilini lo notasse e gli facesse fare un giro per Londra, ma quando il fratello gli disse che usciva e di non aspettarlo alzato, capì che neanche i due adulti lo avrebbero considerato. Decise di chiudersi nella sua camera per fare quello che  gli piaceva: cantare. Vegida gli diceva che il suo era un talento vero e proprio, Felipe non ci credeva troppo, suo fratello era di parte.

Girò alla ricerca di un computer, dove attaccare le cuffie e il microfono, non trovandolo, accese il suo note book e mise un brano babbano.  Cominciò da una canzone bassa sino ad arrivare alle note acute, che raggiungeva ancora con un po’ di difficoltà.

Era triste, pensava che si sarebbe divertito con il fratello, sperava che arrivasse qualcuno che non lo snobbasse del tutto.

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Angolo autrice:

Scusate tantissimo l’attesa, ma ho finito ieri la maturità…

Spero che questo capitolo vi piaccia e che recensirete…

Ciao

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Incontri... di vario genere! ***


La prima cosa che fece Vegida, appena entrato nella camera di Joshua, fu saltare addosso al compagno, che si ritrovò buttato sul suo letto, ancor prima di accorgersi della presenza del più giovane. Non protestò, anzi, rispose con ardore ai baci del ragazzo, ripetendogli più volte, tra i sospiri e i gemiti spezzati, quanto gli fosse mancato e quanto non volesse lasciarlo mai più. La reazione dell’altro fu immediata, bacchetta alla mano: sigillò la porta, silenziò la stanza e fece svanire i vestiti.

“ Vegi, mi dispiace molto per quello che ho fatto…” Disse Joshua, mentre l’altro scendeva sempre più in giù sul suo corpo, lasciando una scia di baci su ogni lembo di pelle. “Se ora non ti fidi di me, lo capisco…”

“Non è stata colpa tua.” Rispose il biondo, senza interrompere il suo percorso.

Joshua ribaltò le posizioni, mettendosi cavalcioni su di lui e lo accarezzò piano, in quel momento il corpo del più piccolo ebbe una scossa violenta, un brivido di paura passò nei suoi occhi. A Joshua non sfuggì, gli fermò i polsi sopra la testa con la mano sinistra, mentre con l’altra prese la sua bacchetta dal comodino e fece comparire delle corde con cui gli legò polsi e caviglie allo schienale del letto. Vegida si guardò intorno spaesato.

“Joshi, che fai?” Una nota di timore malcelato nella voce.

Joshua si piegò a baciare la bocca, il collo, poi raggiunse il lobo dell’orecchio sinistro e sussurrò: ” Nel momento in cui, tutte le fibre del tuo corpo desidereranno toccarmi, nel momento in cui, il tuo piacere sarà assoluto, solo allora le corde si spezzeranno… Amore, il tuo corpo ha paura dei miei tocchi…Il tuo inconscio lo fa tremare… Devi fidarti… Vegi, fidati. Non ti farò del male…” Spiegò, mentre formava un percorso immaginario sul corpo del ragazzo, prima solo con le mani, poi anche con le labbra. Vegida gemette, le sue braccia cercavano di liberarsi invano. “ Joshua, ti voglio toccare, ti prego…”

L’altro non rispose, continuando il suo tragitto. Si fermò, arrivato al membro già eretto del compagno, lo toccò soltanto inizialmente, ma poi sentendo i gemiti sempre più alti del rettilofono, lo circondò con le labbra, cominciando una tortura delle più piacevoli. Vegida urlò tra i sospiri spezzati, pregandolo di liberargli almeno le mani. Non era abbastanza. Joshua non lo accontentò, ignorandolo apparentemente. Iniziò a prepararlo piano, in modo che fosse pronto alla sua intrusione, con le dita, utilizzando anche la magia per rendere il tutto più veloce, poi iniziò a penetrarlo. Il più piccolo lanciò un urlo, molto simile a un ringhio, poi incominciò a singhiozzare per il piacere e per la frustrazione, mentre Joshua spingeva dentro di lui, lentamente e dolcemente. Con la voce spezzata, Vegida disse: “J-joshi… Am-more m-io… Pe-r fav-or-e…”

Joshua si fermò di colpo, alzò lo sguardo, inchiodando quello lucido di Vegida, ormai quasi trasparente.

“Che cosa hai detto?” Chiese, incredulo, titubante. Vegida non capì subito.

“Joshua… Ti prego…”

“Vegi…Ripetilo!” Disse l’altro, accarezzandogli il volto con una mano e fermando le spinte del più giovane per completare la penetrazione con l’altra.

“A-more?” Chiese Vegida e quando vide lo sguardo dell’altro illuminarsi, comprese. “ Amore, amore, amore, amore… Sì, Joshi… Sei il mio unico amore!” Joshua si tuffò sulla sua bocca, baciandolo con foga e rientrò in un unico colpo. Spinse più volte, mentre l’altro gemeva costantemente.

Vegida sentì le corde, che gli tenevano le mani allentarsi per poi spezzarsi del tutto. Finalmente libero, o almeno in parte, cinse il suo collo, toccandogli i capelli e graffiandogli la schiena. Un sibilo roco uscì dalla sua bocca, quando fu vicinissimo al culmine. Le corde legate alle caviglie si ruppero. Non dovette neanche pensarci, fu naturale circondare le anche dell’altro con le sue gambe. Bastarono altre due spinte ad entrambi per arrivare all’apice. Le gambe di Vegida caddero ai lati del compagno. Sospirò forte, sentendosi esausto, svuotato, ma appagato completamente. Joshua gli baciò una guancia, un gesto, forse un po’ troppo dolce e fuori dal contesto generale, giacché fino ad un attimo prima era legato. Sorrise, comunque, felice per quell’attenzione in più. Joshua uscì piano dal suo corpo, attento a non fargli male e si stese alla sua destra, allargando le braccia. Vegida si rifugiò tra di esse, lasciando che lo abbracciasse ed un attimo prima di addormentarsi disse: “ Ti amo, Joshua…”

Il bruno sorrise, prese la bacchetta e con un veloce Gratta e Netta li ripulì alla bene e meglio, poi richiamò un lenzuolo per coprirli. Infine, poggiò la bacchetta sul comò e strinse a sé il biondino, abbondonandosi tra le braccia di Morfeo, Nella sua mente le nuvole create dalla preoccupazione, si diradarono e un bell’arcobaleno prese il loro posto.

                                                                                                                                 

James, finalmente, arrivò alla villa dei Malfoy: era stato un viaggio estenuante e non vedeva l’ora di sdraiarsi su un letto e dormire. Toccò il cancello, che circondava il Manor, ma esso non si aprì. Sbuffò, chiedendosi perché suo padre non fosse lì ad aspettarlo, per lo meno, avrebbe potuto togliere gli incantesimi di protezione. Sfilò dalla tasca sinistra il cellulare e chiamò il genitore

 

All’interno della dimora, un telefonino, abbandonato su un tavolo nel salone principale iniziò a squillare. Harry e Draco, troppo occupati dalle loro attività e avendo silenziato la stanza, non sentirono nulla.

Felipe, nella sua camera, stava cantando, quando un rumore in sottofondo lo distrasse . Si tolse le cuffie, mise in pausa il brano e seguì la suoneria, fino alla grande sala, tutta sul colore del grigio con quattro statue greche agli angoli, raffiguranti le quattro stagioni ed una centrale, che rappresentava due divinità: Diana con arco e frecce e Apollo con la cetra. Felipe si guardò intorno, rimaneva sempre meravigliato alla vista di quella stanza, la scultura e la mitologia greca lo affascinavano fin da piccolo. Trovò la fonte del rumore sul tavolo, vicino alla statua della primavera. Lo prese, sul display compariva a lettere cubitali la scritta “JAMIE”, si ritrovò un attimo a pensare se rispondere o no, poteva anche solo aspettare che smettesse.  Lo posò di nuovo, ma l’apparecchio non accennava a sospendere quella canzone. Alzò gli occhi al cielo, poi prese quel marchingegno infernale ed inoltrò la chiamata.

“Era ora, papà!” La voce di James proruppe furiosa.

“Scusami… Non sono tuo padre… Tu chi sei?” Chiese Felipe, un po’ scettico, vista la prima reazione dell’interlocutore.

“Hum.. James Potter… Tu?” Chiese l’altro, anche lui diffidente.

“ Ah… Sei il figlio del Gran Salvatore…” Disse ironico, con un ghigno sulle labbra. “ Noi non ci conosciamo, ma io so molto su di te!”

“Eh?! Sei uno stalker?!” Chiese James, preoccupato.

“ Felipe Coutez, forse se ti dico che sono il fratello minore di Vegida M…”

“Malfoy?! Ma tu non vivi in un altro paese… Come fai ad aver il cellulare di mio padre?”

“Sono al Manor, starò qui per due settimane!”

“Perfetto, sono qua fuori! Mi apri?”

“Non so…” Disse, incerto, avrebbe potuto girare la situazione a suo vantaggio.

“Ehi! Io ci devo abitare lì dentro, da adesso in poi! Fammi entrare! “Esclamò, frustrato, ma anche divertito dalla situazione.

“Ho una condizione…”Disse il più piccolo.

“Che cosa vuole che tu mi faccia fare quella serpe di tuo fratello?!” Domandò James, sospettoso ed irrequieto.

“Uh… No…No! Mio fratello? Te la vedrai poi direttamente con lui…” Era rimasto un po’ stupito dall’affermazione dell’altro, ma si era ripreso in fretta.

“Ah… Quindi?” Chiese James, perplesso, grattandosi la nuca.

“Mi porti a visitare Londra…” disse con voce fievole il ragazzino, tanto che sembrò essere più una timida richiesta, piuttosto che un’inviolabile condizione. “ Qui, nessuno mi ascolta… Zio Draco e tuo padre sono spariti… Mio fratello so dov’è e so anche che è meglio non disturbarlo al momento… Sono solo, tanto solo…”

Un risolino lo raggiunse dall’altra parte del cellulare, James tentava di non ridergli in faccia. “ Poverino! Che stronzi! Certo che ti porterò a vedere Londra, la visiteremo da cima a fondo! Potevi semplicemente chiederlo, invece di ricattarmi! Ora, apri quel dannato cancello.”

“ Sì!” Esclamò entusiasta Felipe, interrompendo la chiamata.

Quando James lo vide uscire dal portone della villa e correre verso di lui, due aggettivi gli vennero in mente: bello, non la bellezza standard, qualcosa di lui calamitava l’attenzione e diverso, perché sembrava non avere nulla in comune con il fratello, questo era senza alcun dubbio un punto a favore per James.

“ Mi porterai davvero?” Chiese un’ultima volta il ragazzino, gli occhi speranzosi in una risposta positiva.

“Certo…” Rispose, mentre in automatico una delle sue mani andava ad accarezzare i capelli. Felipe sorrise, chiudendo gli occhi.

Quanto vorrei che fosse il mio… Il mio fratellino, certo! Pensò James, incerto della sua stessa riflessione.

Però, è simpatico! Ok, Vegi mi ammazza, se scopre che ho pensato una cosa del genere… Disse tra sé e sé Felipe, mentre si dirigevano in casa.

 

 

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Mon Espace:

Che dire… A parte… che non aggiornerò mai in un tempo decente… ma questo l’avete capito! XD

Il capitolo…beh… non ha bisogno di grandi spiegazioni… è lì e si racconta da solo!

Recensite, su!

Alla prossima

slytherin ele

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Capitolo 24
*** Da approfondire meglio... ***


James si sistemò in una delle stanze dell’ala est, quella che avrebbe condiviso con il nuovo fratellastro. Rabbrividì al suo stesso pensiero. La convivenza era impossibile.

Finì di mettere al loro posto i vestiti e gli oggetti, che aveva sia da casa che dal campo estivo e si guardò intorno, tra le tre camere libere di cui avrebbe potuto usufruire, aveva scelto quella più grande, meno sfarzosa delle altre due, aveva solamente due quadri, raffiguranti dei paesaggi innevati, un armadio che occupava tutta una parete, di un anonimo color seppia e un letto a baldacchino, appoggiato contro un muro, con un copriletto blu notte e le federe azzurro chiaro. C’erano anche una scrivania e due sedie dello stesso colore dell’armadio e una poltrona di un azzurro un po’ più scuro delle federe. Quella stanza gli piaceva, tutto sommato, il che era un buon inizio per lo meno.

Batté le mani fra loro e sbuffò sonoramente, in ogni caso odiava trovarsi lì, non che a casa sua stesse meglio, Dean non sopportava la sua presenza e portava in palmo di mano i suoi due figli, sottolineando, invece, i difetti del figliastro; sapeva che sarebbe stata dura abituarsi alla vita di quei nobili purosangue, non capiva come avesse fatto suo padre.

Almeno non sono fissati con il sangue puro, come i loro avi… Pensò James. Ah… Inutile fasciarsi la testa prima di ferirsi, proverbio babbano, no? Beh, qualcosa di simile… Si passò una mano sul volto, era stressato da tutta quella faccenda. Cerchiamo di andare per gradi, prima sopravviviamo a questa estate, a scuola sarà tutto più semplice! Aiuto! Dovrò passarci  più di un mese qui! Calmati! Jamie, respira… Il suo monologo interiore fu troncato da un “toc-toc”, non il rumore delle nocche sulla porta, bensì sillabato da voce umana. Si girò, Felipe era appoggiato allo stipite della porta e lo guardava.

Di sicuro… Lui sarà un aspetto positivo di questo trasferimento. Pensò James, ghignando.

“Ciao, ti va di passare un po’ di tempo con me?” chiese il ragazzino titubante. “Se non hai altro di meglio da fare, ovviamente…” aggiunse, velocemente, accorgendosi di essere stato, probabilmente indiscreto. Arrossì tutto d’un colpo: suo fratello non si curava di lui, perché un estraneo avrebbe dovuto farlo.

“Qualcosa di più interessante del vederti in difficoltà, mentre mi parli?” disse James, ridendo. “ Sei così carino!” disse, accarezzandogli i capelli. Che hai detto?! E poi smettila di dargli dei buffetti in testa, non è un cane, James! Si ammonì da solo.

Felipe sorrise, incerto. “ Non sei obbligato a fare dei complimenti di circostanza, né a farmi compagnia, se non vuoi…” Abbassò lo sguardo, mortificato.

James sbatté gli occhi, stupito. “ Ho dato questa impressione? No, Felipe… Mi fa piacere stare con te… per un po’!”disse, sincero, cercando gli occhi azzurri del ragazzino con lo sguardo.

“ Ti va di giocare con la play?” domandò l’altro ripresosi. “ Se riusciamo a creare una presa, io ho tutto l’occorrente!” esclamò felice.

“ La creo io… Dove vivevo prima c’era lo stesso problema, sono diventato un esperto nel farlo!”

Si diressero nella camera di Felipe per iniziare a giocare. Tra risate e divertimento, partite pari, perse e vinte, passarono un’ora intera insieme.

“ Sei meglio di come ti descrive Vegida!” Se ne uscì a un certo punto Felipe, mentre ancora giocavano.

“ Io e tuo fratello… beh… non abbiamo un gran rapporto… Ci odiamo più per abitudine, ormai. È diventata una routine farsi scherzi, anche non troppo innocenti…”

“ Ah…” rispose Felipe, non sembrava stupito né arrabbiato. “ Forse è più un obbligo per voi… Quello di odiarvi…” James lo guardò, perplesso. “ Forse i racconti di chi vi sta intorno, vi hanno influenzato…”

“ Non l’avevo mai pensata così… Può darsi!”

“ Se conoscessi Vegida, capiresti che non è cattivo, anzi… Credo che tolto mio padre, sia l’unica persona che mi vuole, davvero, bene.”

“ Tua madre?”

“ Non penso volesse figli, con Vegi è proprio cattiva, a volte, sembra la diverta vederlo soffrire. Con me, no! Ma non è neanche gentile, dolce o materna. Era un Auror, un bravo Auror, la nostra nascita ha rovinato i suoi piani per il futuro…” concluse, sospirando.

“Vorrei poterti dire che non penso che tuo fratello sia uno stronzo, ma mentirei… Con noi, lo è sempre stato!” disse, sincero, sperando di non infastidire l’altro.

“Noi?” esclamò, sorpreso.

“ I miei cugini ed io…”

“ I Weasley… Ne ho sentito parlare…” disse triste. “ Io gli voglio bene… È mio fratello, James, e non si diverte a farmi del male come l’altro…”

James spalancò gli occhi e alzò le mani. “ Non voglio che cambi idea… Sono sicuro che con te sia buono, sono sicuro che ti adora!”

Con un sorriso tirato, Felipe rispose a quelle parole, mentre si alzava.

“ Non voglio darti fastidio… Continua pure… “ disse, indicando la console e il joystick, che James teneva ancora in mano. “ Io vado a fare un giro… “ Mise la mano sulla maniglia della porta per aprirla. Stava per tirarla, quando sentì il petto del più grande combaciare con la sua schiena, la mano che teneva la maniglia coperta da quella dell’altro, che lo tirava indietro e il respiro di James, direttamente nell’orecchio.

“ Non mi dai fastidio… Va tutto bene… Resta, sfogati, parlami, insultami, fai quello che vuoi, ma non andartene.” Disse James con voce dolce, ma ferma.

“Ok…” Fu la risposta fievole del più piccolo, che rimase immobile, finché non sentì l’altro allontanarsi.

Si sedettero a terra, con la schiena appoggiata alla spalliera del letto. James alzò un braccio e disse: “ Vieni qui. Fidati di me.”

Felipe si avvicinò, poggiando la testa sul suo petto, mentre l’altro gli circondava la schiena con il braccio.

“ Fallo ancora…” Disse Felipe.

“ Cosa?” Chiese James, non capendo.

“ Quello che hai fatto la prima volta che mi hai visto e poi in camera tua… Accarezzami i capelli… È piacevole!”

James rimase di stucco, ma non ribatté, passandogli una mano tra i capelli.

“Bello…” sussurrò Felipe, più a se stesso che all’altro, appoggiando lievemente una mano sul ventre di James, che dovette sforzarsi per non sospirare a quel contatto.

Parlarono ancora un po’, in realtà Felipe raccontava della sua famiglia e James ascoltava in silenzio, senza fermare la carezza sui suoi capelli. Ad un certo punto, non sentì più parole. Guardò il più piccolo: si era addormentato. James sorrise, poggiando il capo sulla testa dell’altro e chiuse gli occhi. Poco dopo si appisolò anche lui.

§§§§§

“ Devo proprio tornare a casa…” disse Vegida, mettendo via uno dei libri, che aveva portato da Joshua. Era tipico di lui unire l’utile al dilettevole.

Joshua lo guardò, alzarsi dalla sedia, cercando di dissimulare la sua tristezza.

“ Beh, grazie, eh! Ti serve aiuto e vieni da me, poi ciao-ciao! Me ne ricorderò!” disse, ironico, con una finta espressione offesa.

Vegida si alzò, sedendosi sulle sue gambe e baciandolo.

“ Avremo sì e no studiato un’ora! Per il resto…” lasciò in sospeso la frase, volutamente, guardando l’altro, maliziosamente.  Joshua lo baciò. “ Credo d’aver capito a cosa ti riferisci…” Si alzò, tenendolo in braccio.

“Non sono la tua donzella ferita, Joshi! Mettimi giù!” disse, perentorio il minore. L’altro lo poggiò sul letto e si sedette vicino a lui, un po’ abbattuto. Ci era rimasto un po’ male alla reazione del compagno e l’atmosfera era scemata, cosí come qualcos’altro all’intero dei suoi pantaloni. Una mano, appoggiatasi sotto il suo mento, lo obbligò a girare il volto verso Vegida. Le labbra del biondo sfiorarono le sue.

“ Ehi…” disse Vegida, una note dolce nella sua voce. “ Non volevo offenderti…”

Joshua sorrise, scuotendo la testa. “ No… Sono stato io, lo so che non ti piace, quando sottolineo le posizioni che ricopriamo nella nostra coppia… Volevo essere romantico, tutto qui!”

“Ti amo…” rispose Vegida, baciandolo a fior di labbra.

“ Anch’io ti amo… tanto…” Il bacio divenne più profondo, mentre si stendevano sul piumone. Joshua iniziò a spogliarlo, ma Vegida lo fermò.

“ Voglio solo che mi abbracci, voglio la tua parte dolce, adesso…” Disse, rispondendo allo sguardo stupito del bruno.

Joshua lo accolse tra le braccia, lasciando che si appoggiasse a lui, sussurrandogli ancora il suo amore.

Dopo alcuni minuti, Vegida sfilò la bacchetta dalla cintura, fece scomparire i vestiti di entrambi e prima che Joshua potesse parlare, spiegò: “ Vediamo quanto resisti senza toccarmi, amore!” Poi ghignò malizioso, stringendosi di più a lui. “ Se ci riesci per almeno dieci minuti, avrai un premio!” Un sorriso, quasi, sadico comparve sulle sue labbra.

“ Maledetto!” Esclamò l’altro, prendendo dei grossi respiri, cercando di calmare l’eccitazione, poi sorrise, guardandolo. Vegida non sarebbe cambiato e lui non voleva che succedesse. “ Ti amo, comunque!” gli sussurrò nell’orecchio, baciandogli il lobo. Vegida , alzò il volto, baciandolo dolcemente.

“ Sei tu a non resistere!” Joshua rise.

“ Forse… ma non sono io quello eretto, no?” Joshua arrossì, sotto lo sguardo eccitato dell’altro, salendogli sul bacino a cavalcioni. Vegida non sarebbe tornato a casa tanto presto.

 

 

 

 

 

Mon Espace:

Ecco il 24… Stavolta in un tempo passabile, dai!

Ringrazio tutto coloro che leggono, soltanto e soprattutto chi recensisce, chi preferisce (alessandra92, Mara98, Rena Nanase), chi ricorda (Lady_Malfoy 97, potteriana96, rose_95, speranza) e chi segue (Anastasia_Snape, annasue, Blue_Key, bobby108, Carpe_Diem, DAFNE_87, DanzaNelFuoco, Deirdre Willowfrost, Elisetta Cap, Ery Lily Vengeance Haner, Irish shamrock, irish845, iscizu, jececca, Lupetta, Nemidra, punk92, riketta, rose_95, sery_as, speranza , stefania881, steg94 , _veve_)

Grazie ancora,

Al prossimo capitolo,

s.e.

 

 

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