Guitar Chord.

di Denki Garl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Don't say goodbye. ***
Capitolo 2: *** 2. Let's laugh on funny things, when you're crying. ***



Capitolo 1
*** 1. Don't say goodbye. ***


gc1
01. 03. 2009 - 01. 03. 2012
http://apollofan.deviantart.com/gallery/7970601#/d2ukfbb


I won't say "goodbye",
I just need you beside me a little longer.

(Tiny Circus, LM.C)









Restò lì immobile, Takamasa, sul ciglio della strada. Le braccia pendevano lungo il suo corpo, le gambe lo reggevano in piedi per un puro automatismo. L'unica cosa che avvertiva in quel momento era un fastidio al petto, come se il suo cuore si stesse celermente gonfiando più di quanto la sua gabbia toracica poteva permettersi di fare, schiacciando i suoi polmoni e dandogli così la sensazione di non riuscire a respirare correttamente. E quell'insolito peso in eccesso gravava sulle sue spalle, concedendogli a stento di tenere alzata la testa, facendolo rischiare di crollare al suolo da un momento all'altro. Forse sarebbe successo, se i suoi occhi non fossero stati irremovibilmente puntati sulla schiena sempre più lontana di Masahito.
Avrebbe voluto che si voltasse, ora, e che gli rivolgesse uno di quei sorrisi raggianti e un po' impacciati che riservava solo a lui, che lo facevano sentire così speciale e felice. Tuttavia, si sentì in parte sollevato nel vederlo muovere i suoi passi in avanti, uno dopo l'altro, senza alcuna fretta; sapeva che, se Masahito si fosse girato a guardarlo un'ultima volta, avrebbe visto solo i lineamenti di quel bel viso deturpati dalla tristezza o, ancor peggio, dalla delusione, e ne sarebbe uscito dilaniato.
Tra tutto quel dolore, ad una fulminea scheggia di odio riuscì di farsi spazio fino alla sua mente, puntandosi in essa come uno spillo, ed un pensiero iniziò a vagare solitario e indisturbato. Sei uno stupido, diceva quella voce, è tutta colpa tua e della tua immensa stupidità, continuava poi, e Takamasa non poteva certo darle torto.
«Ishihara-san...» le parole d'un uomo alle sue spalle giunsero alle sue orecchie, facendolo tornare bruscamente alla realtà. Abbassò il capo, corrucciando le sopracciglia, poi lasciò che l'autista aprisse lo sportello dell'auto davanti a loro, e prese posto dietro a quello del conducente, in modo che se avesse portato gli occhi fuori dal finestrino, avrebbe potuto scorgere la figura di Masahito. Quello, però, doveva aver svoltato in una stradina secondaria quando lui non stava guardando, perché una volta girata la testa, non lo vide più.
Abbassò nuovamente lo sguardo, accompagnando l'azione con un sospiro sconsolato, mentre infilava i pugni nelle tasche della felpa. Quando sentì la pelle entrare in contatto con la fredda superficie dell'i-pod, ebbe un guizzo al cuore, ed improvvisamente ricordò dello scambio avvenuto con l'altro cantante. La musica era ciò che di più importante entrambi avevano, lo era a tal punto da esser riuscita a scavalcare la loro relazione. Sorrise mestamente nel riascoltare il più grande esporre quel suo pensiero secondo il quale le canzoni che uno porta sempre in tasca lo rispecchiano pienamente. L'aveva sostenuto prima di separarsi, circa due mesi addietro, e subito dopo gli aveva proposto questo momentaneo baratto. «Così sarà come se fossimo ancora insieme.», aveva detto. Takamasa ricordava ancora nitidamente il brillio che, in quel momento, sembrava un dettaglio caratteristico di quelle iridi ambrate che tanto amava, così come il leggero brio che trasparì da quelle parole. Nascondeva un lato così romantico, Masahito, era un tale sognatore. Aveva una grande fantasia, ed un altrettanto grande cuore, ma spesso sembrava quasi vergognarsene. La verità era che in lui si poteva trovare pure una sproporzionata timidezza, Takamasa lo sapeva bene, e risultava tremendamente addolcito da questi aspetti di quella persona che era l'ex-chitarrista della sua band di supporto.
A dire il vero, non è che in quel momento gli andasse più di tanto di ascoltare musica. O, meglio, ne aveva voglia, ma conoscendosi sapeva che sarebbe andato alla ricerca di canzoni che sicuramente non avrebbero migliorato il suo umore. Ma comunque accese l'i-pod e mise le cuffiette, vagando tra le varie cartelle e sperando che la batteria si scaricasse d'improvviso o che l'autista fosse preso da un isolito impulso loquace, cose che non accaddero. Quando i suoi occhi lessero la scritta LM.C, non poté far a meno di ridacchiare, sentendosi sciogliere il cuore e annodare le interiora. Gli venne in mente la prima volta in cui constatò che Masahito aveva la discografia della sua band nel suo i-pod, e la sorpresa che gli provocò tale scoperta.



«Tu ti ascolti le vostre canzoni?», chiese con le sopracciglia inarcate dallo stupore.
«Certo! Perché, non dovrei?», ribatté allora l'altro, con innocenza, sorpreso a sua volta.
«No, figurati. È che mi fa strano, tutto qui.»
«A te non viene mai voglia di ascoltarti?»
«No.», ridacchiò. «Mai!»
«Ma tu sei strano!», lo giustificò in qualche modo, divertito. «Ah, io sarei quello strano?»
«Certo! Io sono solo egocentrico...»
Takamasa scoppiò a ridere, dovendo poi dargli ragione. «E fai bene...», sussurrò avvicinandosi al suo orecchio, passando delicatamente la punta del naso sulla sua guancia, posandogli infine un lieve bacio sulla tempia. «Eh, lo so!»
«Ora metti via quell'aggeggio, da bravo, su!»
«No, taci. Il mio ragazzo sta cantando, non interferire!», e di nuovo Takamasa rise di gusto. «Come sei scortese, Masa-shi...», lo prese in giro, mettendo su un falso broncio, e allora anche lui non poté trattenersi. «Stai a cuccia, dai, mancano trenta secondi alla fine della canzone.»
«Miao!», fece quindi, aggiungendo poi delle fusa, sperando che Masahito finalmente si decidesse a dedicargli le sue piene attenzioni.
«Miao?»
«Miao!», annuì, lasciando che le sue labbra si arricciassero all'insù. «Mi dispiace deluderti, ma tu sei tutto meno che un gatto, Taka!», esclamò levandosi finalmente la cuffietta dall'orecchio sinistro, avvolgendo poi distrattamente il filo attorno all'i-pod, che ripose conseguentemente in tasca.
«E di quel tutto che sono, cos'è che ti piace di più?»
«Fammi la tigre siberiana!», proclamò con gli occhi che arridevano, entusiasta come un bambino.
«La tigre siberiana?!»
«Sì, bianca a strisce nere!»
«Masa...»
«Io faccio il domatore!»
«No, tu sei il pagliaccio.»
Masahito corrucciò le sopracciglia con sdegno, lasciando che le sue labbra si schiudessero involontariamente, e prese a fissarlo con aria offesa e contrariata. «Oh, e va bene, e va bene! Ora vieni qui, domatore dei miei stivali, che sono una tigre affamata!», cedette Takamasa, gettandosi di peso sul cantante, finendo sdraiati uno sopra all'altro sul divano, avvinghiati e innamorati.



Fece partire Tiny Circus, canzone che Maya aveva scritto solo qualche giorno dopo quel pomeriggio di risate e coccole. A Takamasa mancavano quei tempi in cui tutto andava bene tra di loro. Gli mancava tornare a casa dopo una sfiancante mattinata passata in sala di registrazione e trovare Masahito sepolto sotto le coperte, ancora dormiente come quando l'aveva lasciato. Gli mancava tornare a casa la sera e trovare l'appartamento vuoto, ordinare qualcosa al take-away cinese e attendere l'arrivo dell'altro. Gli mancava, infine, il sorriso stanco e pieno di gratitudine che si adagiava sul suo volto delicato in quelle stesse serate. Cosa non avrebbe dato, purché tutto tornasse com'era. E cosa non avrebbe dato, anni addietro, pur di non dover mai più riattraversare un periodo duro com'era stato quello in cui l'Ishihara Gundam si era sciolta e Maayatan aveva intrapreso una carriera tutta sua. Ciò che più lo atterriva, però, era il pensiero che forse questa era una crisi pure peggiore. Quella volta sarebbero stati pronti a dare le loro anime affinché funzionasse. Quella volta diedero le loro anime, e funzionò. Ma questa volta non era rimasto loro nulla da dare, questa volta Takamasa sentiva di non avere più la forza per evitare che ciò che li univa continuasse ad allentarsi, rischiando sempre più di finire con lo spezzarsi definitivamente. E aveva una tremenda paura, perché ogni singolo e minimo sforzo che stava facendo pareva essere vano. Per non parlar del fatto che persino Masahito sembrava stesse perdendo le speranze sempre più, lui che credeva fermamente che tutto sarebbe in un modo o nell'altro sempre finito bene, lui che era così pieno di gioia, ora dava l'impressione che questa si stesse affievolendo. Ma una storia così bella com'era finora stata la loro, non poteva di certo finire così banalmente. Una storia così incredibile non poteva semplicemente svanire nel tempo senza lasciare alcuna traccia di sé nei cuori dei suoi protagonisti. Una cosa meschina come la distanza fisica, non poteva avere la meglio sul loro amore, non poteva rovinare il ritmo della melodia dei loro battiti sincronizzati.



























DE
's:

Guitar Chord, forse ad alcune di voi il titolo dice qualcosa.
Questa è un'altra di quelle fic che ho cancellato e sto rivedendo, precisamente, sì.
Direi di iniziare dal titolo, perché non ha nulla a che vedere con la storia. L'ho scelto semplicemente per quella leggenda giapponese sul filo rosso del destino. Ho pensato che sia maya che Miyavi sono degli ottimi chitarristi, ho immaginato che a legare loro fosse una corda di chitarra, dunque, piuttosto che un banale filo rosso. Tutto qui, sì. Devo dire che comunque a me piace moltissimo, come idea. Mi sa di qualcosa di speciale, che riguarda solo loro, ecco. Poi va be', a ognuno la sua opinione.
L'immagine lissù, invece, non è mia. È un disegno che la precedente versione di Guitar Chord ha ispirato ad ApolloFan, ed io lo amo con tutta me stessa.
In ogni caso, a questa fic ci sono molto affezionata, e sono felice come non mai di averla ripresa in mano, quindi spero che vi ci affezionerete anche voi, almeno un po'. E, in caso l'aveste già letta tempo fa e ricominciaste a seguirla, spero che così vi piacerà di più. In più non è un caso che posti proprio oggi, no. Tre anni fa mi iscrivevo su questo sito e iniziavo proprio da qui, da questo fandom. Tre anni fa facevo forse la prima nottolata della mia vita leggendo fic su maya, Aiji e Miyavi - caso vuole, fu proprio ApolloFan l'autrice di quella meraviglia. Quindi riparto nuovamente da qui, augurandomi tante belle cose. Proprio come quella notte, anche questa fic ha a suo tempo segnato l'inizio di qualcosa di nuovo - cosa di preciso, non ha importanza.
Comunque, vi assicuro a partire da ora, che avrà un lieto fine, anche se potrà non sembrarlo quasi fino all'ultimo. Diciamo che, semplicemente, quella malinconia tipica di questo pairing sarà molto presente anche in questa storia, ecco.
Questa volta ho deciso di raccontare della relazione tra i due dopo la nascita degli LM.C. Una sorta di what if, sì, anche se, non sapendo cosa ci sia realmente stato tra maya e Miyavi, non mi è sembrato il caso di metterlo come avvertimento. Però è per variare un po', ecco, al posto delle solite cose strappalacrime sulla loro rottura, ho voluto dar loro un'opportunità, LOL. E, già che ci sono, chiedo scusa per questo capitolo così breve, il prossimo assicuro sarà più lungo - e spero pure i successivi, farò del mio meglio (y).
Detto questo vi lascio, perché ciò che è successo tra i due prima dell'inizio della narrazione lo scoprirete più avanti *sogghigna*
Naturalmente, se decideste di farmi sapere che ne pensate, mi rendereste una donnina felice e, altrettanto naturalmente, sono bene accette anche tutte le critiche costruttive.
Al prossimo capitolo 


de-

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Capitolo 2
*** 2. Let's laugh on funny things, when you're crying. ***



We exchanged invisible promises
saying "see you later".

(It's a Wonderful Wonder World, LM.C)







La prima cosa che Shinji notò, quella mattina, fu quanto Masahito fosse affranto. Il primo segno d'allarme fu il suo anticipo, perché raramente capitava che il cantante arrivasse prima di lui in sala di registrazione, e questa fu una di quelle volte. Quando il chitarrista vi giunse, lo trovò seduto sulla sedia girevole, immobile, con la testa piegata in avanti tanto quanto bastava perché il suo mento si congiungesse al petto, e nonostante indossasse ancora gli occhiali da sole, avrebbe potuto mettere una mano sul fuoco nello scommettere che avesse gli occhi fissi nel nulla, vacui. Immaginò che l'incontro con Takamasa non avesse avuto successo e che di conseguenza Masahito non avesse dormito molto, e difatti non sbagliò. Sarebbe stata una lunga mattinata, quella.
«Oi, Masa-chan...», chiamò dolcemente, abbandonando senza troppe remore la borsa e la chitarra sul divano, trascinando un'altra sedia vicino al cantante e sedendoglisi affianco. Quello, però, non diede alcun segno di aver inteso la sua voce. Shinji sospirò, prendendo poi a guardarsi in giro, come in cerca di ispirazione.
«Jinji?», mormorò poco dopo il biondo, alzando con estrema lentezza il capo e voltandolo alla sua destra. Il chitarrista gli rivolse lo sguardo di scatto, sorpreso da tale risposta.
«No, ti ho detto mille volte che questo Jinji non ho idea di chi sia.», ribatté scontrosamente, ma restando come sempre in un ambito scherzoso. Qualche settimana prima Maya gli aveva affibbiato questo orribile soprannome, e ancora non dava accenno di voler smettere di usarlo. Tuttavia, proprio per il fatto che anche in quel momento venne chiamato a quel modo, Shinji si sentì lievemente sollevato.
«Come stai?»
«Dormivo.»
«È tipo la tua specialità, o sbaglio?»
«Come al solito sbagli.», ribatté Masahito indignato, facendolo ridere. «Ma', dimmi una cosa... Stai bene?», si fece subito nuovamente serio.
«Sono stato meglio, se proprio ci tieni a saperlo.», si pentì di aver usato un tono tanto scontroso, ma non gli era riuscito di trattenersi. Quella notte non aveva chiuso praticamente occhio, la sua mente sembrava troppo impegnata a ripercorrere gli istanti trascorsi al fianco di Takamasa, il suo cuore a spillare gocce di sangue come fossero lacrime, una per ogni respiro esalato in sua compagnia. Cercava di convincersi che non era poi così grave, il fatto che fosse finita. Si diceva che se anche i primi tempi sarebbero stati probabilmente duri, non era nulla che non potesse superare. In fin dei conti, erano ormai mesi che non andava, giorno dopo giorno si allontanavano sempre di più, prima o poi sarebbe dovuto succedere. Ciò che più gli faceva male, però, era il fatto che anni addietro fosse stato proprio Takamasa ad insistere tanto affinché almeno ci provassero, ed ora era lui quello a cui sembrava non importasse, ora era lui quello che dava l'impressione di non voler più lottare. Non è che Masahito al tempo non credesse nella loro storia, semplicemente sapeva che prima o poi la distanza si sarebbe insinuata tra di loro e li avrebbe separati, semplicemente aveva troppa paura di non essere abbastanza forte. E altrettanto semplicemente, il tempo gli stava dando ora ragione, lasciandolo ogni giorno sempre più scoraggiato. Gli occhi di Takamasa non brillavano più come una volta, quando erano insieme. La sua voce non aveva più un suono dolce, quando insisteva nel chiamarlo Maayatan. E tutto ciò che Masahito avrebbe voluto, era una qualunque dimostrazione che ancora gli importasse qualcosa, che ancora ci tenesse a lui. Si sarebbe accontentato anche di una piccola, minuscola, falsa bugìa alla quale potersi aggrappare per poter continuare a credere che ce l'avrebbero fatta anche questa volta.


«Allora, come procede il tour?», chiese Masahito posando la tazza di caffé sul tavolo dopo averne assaporato intensamente un primo sorso. Avevano poche ore a disposizione e non voleva sprecarle in silenzi e sorrisi gentili, ma da quando avevano deciso di andare a prendere qualcosa da bere, ancora non avevano praticamente parlato. Osservava Takamasa attentamente, cercando di cogliere ogni più piccola sfumatura dei suoi gesti e delle sue espressioni, per capire quanto più gli era possibile a che punto erano di preciso arrivati, o perlomeno verso quale si stavano dirigendo.
Il cantante teneva la testa china, il mento pesantemente poggiato sulla mano, mescolava la sua bevanda da ormai qualche minuto.
«Parecchio bene, direi, sì...», commentò stancamente, lasciando la presa che, con due dita, esercitava sul cucchiaino, facendolo tintinnare contro la porcellana bianca. «Ma non vedo l'ora che finisca comunque, sono distrutto!», aggiunse, prima che l'altro potesse proferir parola,
coprendosi il volto con le mani.
«E con te invece? Aiji non si è ancora stancato di farti da balia, mh, Masa-shi?», sogghignò in uno sprazzo di quella sua solita vitalità. Masahito fece cadere di peso il braccio sul tavolo, sbattendo la mano su di esso, prendendo a fissarlo con espressione torva, anche se si notava un accenno di sorriso ed una certa tensione delle labbra serrate, dai quali si capiva che si stava trattenendo il più possibile.
«Ah-hah, sei sempre molto divertente!»
Takamasa abbassò gli arti a sua volta, lentamente e, al contrario di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, fece ben attenzione a posare le mani lontane da quella dell'altro, cercando di dare l'impressione che fosse solo un caso, ma restando consapevole che il cantante non aveva mancato il dettaglio.
«Ma guarda che non era una battuta, la mia.», scherzò.
«Be'», girò velocemente gli occhi e la testa, impossibilitato a impedire oltre alle sue labbra d'arricciarsi. «No, non si è stancato.»
«Non ancora!», precisò l'altro mantenendo un'espressione furba in volto. «E non lo farà mai!», esclamò indignato Masahito,
facendolo definitivamente scoppiare a ridere.
«Lo spero, Masa-shi, lo spero.», lo rassicurò una volta calmato, anche perché lui per primo non voleva nemmeno pensare all'eventualità che gli LM.C si sciogliessero. Sapeva quanto Masahito ci tenesse a Shinji, e sapeva che sin dal primo momento aveva messo se stesso in quella band. Lo sentiva e vedeva in ogniddove, dalla tonalità della voce del suo ragazzo, alla felicità riflessa nei suoi occhi quando parlava di lavoro. Ed ogni volta Takamasa era sempre più convinto di aver fatto bene a lasciarlo relativamente andare. Per quanto affezionato fosse alla sua band di supporto, per quanto anche i fan si fossero dimostrati dispiaciuti di vedere l'Ishihara Gundam sciogliersi, era sicuro che quella fosse stata la scelta giusta. Ma la cosa che più di tutte lo rallegrava, era il fatto che Masahito avesse deciso di non abbandonarlo.
«Perché sai che mi riavresti tra i piedi ventiquattr'ore su ventiquattro!»
«A me piace averti tra i piedi!»
«No, a te piace avermi tra le gambe, che è diverso, Taka!»
«Ma sentilo!»
«Sentono ben te.», questo fu il turno di Masahito di sogghignare, anche se lui era più un tipo da sghignazzo soddisfatto, compiaciuto e per niente contenuto. «Ma smettila...», intimò Takamasa, abbassando lo sguardo lievemente imbarazzato. Alzò la tazza dal piattino, ma prima di posarvi le labbra notò l'espressione dell'altro e decise bene di non bere.
«Non è quello che mi dici quan- AHAHAH-AHIA!», la sua risata, provocata dal fatto che il suo ragazzo aveva sbarrato gli occhi all'impossibile, fu stroncata dal calcio nello stinco che gli arrivò sotto al tavolo. «Cosa ho fatto??», si lagnò, mettendo su il broncio, ma non ricevette subito una risposta poiché Takamasa aveva avuto la sua tregua e si era finalmente potuto concedere un primo sorso di caffé.
«Hai vinto. Sei più bravo di me, a questo gioco.»
«Stare sopra, dici? Ma lo so; ti ricordo che sei tu quello che vuole sempre sta- La finisci di prendermi a calci?! Sono delicato!»
«Pensavo ti piacessero le cose violente, scusa.», riprese a scherzare e Masahito, dopo avergli lanciato una sguardo di fuoco, gli fece cenno con l'indice di avvicinarsi e si sporse verso di lui. Quando i loro visi furono a pochi centimetri di distanza, allora sussurrò «Sei tu quello che mi piace, tutto il resto mi è indifferente.», schioccò la lingua sul palato rischiando di distruggergli un timpano, e mentre si stava riaccomodando sulla sedia gli fece l'occhiolino.


«È andata tanto male?»
«Non ho dormito.», nonostante la risposta apparentemente incoerente, Shinji poté capire quanto fosse delicata la questione. «Senti, Maya, so che sono il primo a rimproverarti quando ozi e perdi tempo, ma se hai bisogno di parlarne, fallo. Okay?»
Masahito alzò gli occhi su di lui, fissandoli nei suoi. Li teneva leggermente più aperti del normale, ed il chitarrista ebbe qualche problema nel cogliere il suo stato d'animo. Più che altro si sentì confuso dal dolore che aveva sentito nella sua voce, al quale si era unita ora una sorta di felicità inspiegabile. La verità, tuttavia, non era poi così complicata, e quell'emozione andava identificata come semplice ma profonda gratitudine.
«Grazie, 'Ji-san.», annuì celermente, «Ma ora voglio buttarmi di testa nel lavoro e non pensarci.», tentò un sorriso che, per quanto sincero, risultò comunque macchiato da una certa tristezza.
«Ottimo, ieri sera mi è venuta in mente una melodia per quel testo che mi hai fatto vedere ieri pomeriggio, e ho trovato l'altra che ti dicevo- Aspetta...», s'interruppe per alzarsi e andare a raccattare la borsa. «Nooooo, noioso!», lo chiamò, «Finiamo prima di registrare Ghost Heart, mancano solo i cori, no?»
«Abbiamo bisogno di Keichi-san, per quello. È lui che sa far funzionare tutta questa roba.», spiegò indicando il mixer. «Ma comunque arriverà, dopo, più o meno alla stessa ora di Junjun.»
«Allora andiamo con It's a Wonderful Wonder World...»
«Hai deciso per questo titolo, quindi?»
«Mh, sì.»
Shinji allora si alzò e tornò verso il divano, affianco del quale stava riposta una serie di chitarre tra acustiche ed elettriche. Ne afferrò una della prima categoria, ed una volta giunto nuovamente al suo posto la imbracciò. «Allora, questo è il testo, no?», disse cercando tra quelli che aveva estratto qualche minuto prima dalla borsa il foglio su cui Masahito aveva scarabocchiato il testo. «Pensavo a qualcosa così-», continuò, ed infine iniziò a suonare e canticchiare senza troppo impegno. Terminata la prima strofa, domandò «Che ne dici?»
«Nessuno ti ha detto di smettere!», asserì con tono autoritario il cantante, enfatizzando la frase con un movimento ampio del braccio destro.
«Oh, mi scusi, sua maestà!», rise Shinji. «Il ritornello sarebbe tipo-» e riprese a cantare.


[Stiamo insieme, se possiamo cambiare noi stessi completamente
Sto incidendo la mia voce proprio qui, per far sì che ci incontriamo senza smarrirci]


«Okay, okay! Non ti stancare troppo, prenditi una pausa.», prese ad agitare entrambe le mani sotto al suo naso, come se avesse fretta di farlo smettere. Shinji, confuso, lo guardò inarcando istintivamente le sopracciglia.
«Ma... Maya?»
«Sì?»
Allacciarono le loro iridi e smisero anche di respirare, o almeno ne diedero l'impressione. Sembrava avessero iniziato un discorso tacito, usufruendo di una qualche tecnica di telepatia che nemmeno necessitava di un collegamento mentale, ma che si accontentava di quello spirituale.
«Voglio cantare io, tutto qui!»
Shinji annuì, continuando a guadarlo torvo. «Canta, allora!», lo invitò, avvicinandogli il foglio. Ricominciò la canzone daccapo, ma arrivato il momento Masahito non attaccò, così Shinji smise e tornò a guardarlo, questa volta con fare interrogativo.
«Mi vergogno!», spiegò abbassando gli occhi sul foglio. «MAYA!»
Scoppiò a ridere, buttandosi indietro con tutto il peso ed allontanandosi involontariamente con la sedia. «Scherzavo!», esclamò, continuando a ridere. «Sai che mi piace farti arrabbiare...», fece innocente, e Shinji non poté ribattere in alcun modo, addolcito dalla tenerezza con cui farcì le sue scuse.
«Lavora.», gli impose severo, nella speranza di chiudere la questione lì. Con Masahito la storia era quella solita del rimpiangere un suo stato d'animo quando ne era di quello opposto, così quand'era silenzioso e mogio, Shinji si ritrovava a desiderare tornasse quel mascalzone di sempre, e viceversa.
«Jinji...», chiamò con voce piccola, riavvicinandosi di qualche centimetro. Teneva la testa bassa, come se avesse paura di dirgli ciò che era nelle sue intenzioni. «Non mi va di stare su questa canzone...»
Il chitarrista sospirò, posando poi la chitarra lì vicino. Immaginava, dato come l'aveva trovato quand'era arrivato, che avrebbe avuto qualche difficoltà, tuttavia non era tipo da forzare le persone ad aprirsi. Tanto più che, conoscendolo, sapeva che in quel modo si sarebbe solo chiuso ancor di più.
«Cosa è successo, ieri, Maya?»
«Niente
«Ma'...»
«No, no. Il mio è un niente che significa proprio niente.», specificò. Shinji commentò con un «Avvincente!» sarcastico, e per fortuna l'altro accennò ad un lieve sorriso. «Credo che sia finita.», aggiunse Masahito dopo qualche secondo di silenzio, e l'amico non poté evitare di avere un tuffo al cuore. «Stai scherzando?! Ti ha lasciato?»
«No, ma credo che l'avrei preferito. Avrebbe fatto meno male, immagino.», continuava a parlare tenendo il capo chino, gli occhi intenti a controllare minuziosamente quell'attento lavoro di scrostamento dello smalto che aveva iniziato. Shinji avrebbe tanto voluto che alzasse la testa e lo guardasse, sapeva che così avrebbe capito esattamente quanto il cantante fosse rimasto ferito, ma conoscendolo sapeva anche che ciò non sarebbe mai avvenuto.
«Perché?»
«Perché sono settimane che mi chiedo che senso abbia stare con una persona se non la si ama.»
«Ma perché?!», insistette. Quella era una conversazione tipica tra loro due; quando Maya aveva un problema, certamente ne parlava con lui, ma ogni volta Aiji doveva tirargli le parole fuori di bocca con le pinze.
«Perché cosa?», alzò gli occhi al cielo per un attimo, mostrandosi infastidito da tanta poca chiarezza, tornando poi alle sue unghie. «Perché credi che non ti ami...»
«Non me l'ha detto.»
«E tu? Gliel'hai detto, di recente?»
«Non è questo il punto, Aiji.»
«Rispondimi, gli hai detto che lo ami?»
«No.»
«Allora vedi da te che questa tua convinzione è basata sul nulla ed è stupida
«Ma io glielo dimostro!», sbottò quindi il vocalist, innervosito. «Sono anni che stiamo insieme ma ancora adesso mi sento un totale imbecille quando sono con lui, ancora adesso il cuore mi va a mille quando lo vedo e... ! Cose così.», concluse duramente, ingoiando un grumo amaro di saliva, cercando di cacciare indietro le lacrime.
«Maya, quello che so è che alle volte le persone hanno modi particolari di dimostrare le loro emozioni e che lui non è tipo da perdere tempo a stare con qualcuno a caso. Puoi darmi torto?»
«Mi stai sfidando?», non riuscì a trattenere un ghigno soddisfatto, tornando in poco tempo il Masahito di sempre. A Shinji non diede fastidio, perché sapeva che aprirsi lo metteva a disagio, e prese quella sua ultima uscita come un tentativo di ritornare alla loro solita, confortante abitudine. «Anche se lo facessi, staresti avvalendo la mia tesi.», ribatté tuttavia pronto, determinato a non abbandonare quella discussione, ad arrivare fino in fondo alla questione, ignorando lo sbuffo di Masahito.
«E ti ricordo che stare in tour per tanti mesi è stancante, comunque.»
«Lo so.», tornò serio il vocalist, «Però...»
«Però cosa?»
«I suoi occhi, Aiji. Erano vuoti. Anche quando li ha puntati nei miei, non ci ho visto niente. Niente. E nemmeno ho sentito qualcosa nei suoi gesti o nelle sue parole. È questo a far male, mica altro. Non è mai stato così spento, mai. Era come se fossimo semplici amici di vecchia data che si incontravano dopo tanto tempo.»
Shinji tacque, dispiaciuto, alla ricerca delle parole appropriate da dire, ma sfortunatamente nulla gli veniva alla mente, se non la consapevolezza che più la sua risposta avrebbe tardato, più l'altro avrebbe preso il suo silenzio come una conferma del suo pensiero.
«E tu gli hai fatto notare questa cosa? Gli hai detto ciò che pensi stia succedendo?»
«Perché avrei dovuto?»
«Perché i problemi non si risolvono ignorandoli.»
«Sì, ma che senso avrebbe andare da lui e dirgli "Ehi, secondo me non mi ami!"?! È ovvio che mi darebbe dell'idiota, e tutto sarebbe peggio.», bofonchiò quest'ultima frase come se gli costasse parecchio ammettere che, per quella che sapeva sarebbe stata la sua reazione nel sentirsi appellare in un certo modo, Takamasa avrebbe avuto ragione.
«Maya, ripeto: solo parlandone potete sperare di risolvere i vostri problemi.», inspirò profondamente per racimolare un po' più di pazienza, che stava iniziando a scarseggiare. Masahito sbuffò, e borbottando un «Lavoriamo.» si rivolse verso il mixer, afferrò con eccessiva veemenza il foglio con il testo su cui fino a poco prima si trovavano ed infine si alzò di scatto e si diresse verso le chitarre.
«Mi viene da pensare che ti vada bene così, che sia tu quello che vuole che finisca.», Shinji lanciò la sua ultima provocazione. Conoscendolo, Maya non si sarebbe lasciato sfuggire una sfida servita su un tale piatto d'argento, né, tanto meno, sarebbe riuscito ad ingoiare la profonda indignazione suscitatagli da tale affermazione.
«Non... !», si voltò di scatto, le iridi in fiamme, un dito puntato minacciosamente contro il suo migliore amico, il quale ora sorrideva soddisfatto.
«Non... ?»
«Io ho già fatto tutto quello che era possibile.», si sforzò di mantenere un tono di voce pacato, ma il petto gli ardeva come non mai. «Sono settimane, Shinji, settimane che ci provo. Direi che tocca a lui fare qualcosa.»


















DE's:

Ohllallà!
Sinceramente non ho molto da dire, LOL.
- Il Keichi di cui parlano maya e Aiji è inventato, e più o meno tutto il resto perché non ho la minima idea di come la registrazione di un album funzioni in generale, quindi tanto meno nello specifico con loro x°°
- Le righe messe tra parentesi quadre sono tratte da It's a Wonderful Wonder World, per l'appunto, e anche più avanti inserirò pezzi di canzoni (degli LM.C o di Miyavi), però va be', vi specificherò ogni volta quale e via (y)
Come avrete potuto notare questo capitolo è più lungo del precedente, ma non vi prometto questa costanza - anzi, vi assicuro che non ce ne sarà afghjk
Okay, dopo queste penosissime note mi dileguo 8D, naturalmente spero il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a farmi sapere che ne pensate uwù
Ringrazio Shi, Vortex, Reiko, e J. (che strano mi fa chiamarti così, donnah! xDD) per aver recensito lo scorso capitolo 
A presto dolcezze,
read ya! 

de-

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