Sono qui per te

di ELE106
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gabriel: l'agente matrimoniale ... fallito. ***
Capitolo 2: *** Castiel: l’angelo custode. ***
Capitolo 3: *** Dean: il conteso (prima parte) ***
Capitolo 4: *** Dean: il conteso (seconda parte) ***
Capitolo 5: *** Bobby: il risolutore ***
Capitolo 6: *** Sam: ragazzo interrotto (prima parte) ***
Capitolo 7: *** Sam: ragazzo interrotto (seconda parte) ***
Capitolo 8: *** Castiel: da angelo custode ... a essere umano. ***
Capitolo 9: *** Dean e Sam: destino o 'intervento divino'? (prima parte) ***
Capitolo 10: *** Dean e Sam: destino o 'intervento divino’? (seconda parte) ***
Capitolo 11: *** Gabriel: da ‘fallito’ a … incompreso. ***



Capitolo 1
*** Gabriel: l'agente matrimoniale ... fallito. ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 1/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Gabriel per questo capitolo.
Rating del capitolo: Giallo (Gabe dice tante parolacce…ah ah ah ah ah )
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (ormai da me ribattezzata ‘la martire’; tesoro non posso più fare a meno di te … sappilo ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; Bla Bla Bla…
Note dell’autrice: questa AU la narrerò da vari punti di vista. Ciascuno dei quali convoglierà nella narrazione della stessa storia. La storia di Dean e Sam e di come questa abbia interessato e coinvolto le persone a loro vicine. Il primo capitolo è un POV di Gabriel, migliore amico di Dean e fratello di Castiel. Spero tanto che la storia possa piacere e di essere riuscita a suscitare il vostro interesse ;D Mi farebbe poi TANTO piacere sapere quale dei POV è stato il più gradito ;D Poi magari ve lo ricorderò, più avanti XD  Auguro a tutti Buona lettura ... spero!
 


 
CAPITOLO 1.
Gabriel: l’agente matrimoniale … fallito.
 


Il senno di poi …

Il senno di poi è una colossale fregatura. Una biblica presa per i fondelli!

Se uno sapesse in anticipo dove la sua patetica esistenza è destinata ad andare a parare, si butterebbe dal primo grattacielo disponibile.
Se uno sapesse che sta facendo una cazzata, vi pare che la farebbe?? Ma certo che no! Va bene che siamo più o meno tutti una manica di pecoroni, vergognosamente ignoranti su praticamente tutto, paurosamente ipocriti e schifosamente egoisti, ma se c’è una cosa che ci preme sopra tutte è il nostro scintillante, prezioso e grasso culo!
Per cui, nessuno che si ritenga sano di mente (dove la sanità mentale, a parere mio, è tanto soggettiva quanto relativa) farebbe la suddetta cazzata, cosciente che si tratta di una cazzata.

Tutto questo per dire cosa?
Non me lo ricordo più …
Ah già! Tutto questo per premettere che il sottoscritto rientra nella categoria degli ipocriti, schifosamente egoisti, attaccatissimi al proprio culo che, col senno di poi, avrebbe evitato molto volentieri di fare tante delle cazzate che ha fatto.

Prima fra tutte: diventare amico di Dean Campbell.

Il più bel culo mai nato qui a Lawrence, per non dire in Kansas, per non dire in tutti gli stramaledetti Stati Uniti d’America, per non dire del Pianeta!
Non fosse sempre stato un coglione, spocchioso ed arrogante, mi sarei innamorato di lui.
Invece no. Sono diventato suo amico.
Non poteva funzionare tra noi. Sono un coglione, spocchioso ed arrogante anche io e -si sa- due ‘prime donne’ insieme non possono stare.

Un paio di cosette da sapere su Dean Campbell (oltre all’essere sorprendentemente bello e consapevole di esserlo): 24 anni, poliziotto da 2, amico del sottoscritto da 3, single (quando gli conviene).
Figlio unico di Mary Campbell: deliziosa ma cazzutissima infermiera al policlinico universitario della città.
Padre: sconosciuto, con relative turbe sulla figura paterna in corso di analisi.
Membri acquisiti della stramba famiglia: John Winchester, meccanico improprio, vedovo, tra non molto felice marito di Mary e solida figura paterna per Dean, che lo adora a livelli imbarazzanti, anche se non lo ammetterebbe mai.

Mi ricordo ancora il giorno in cui ho conosciuto lo sbirro. Mi è sempre piaciuto chiamarlo così, anche se all’epoca non era ancora in Polizia, ma stava facendo l’addestramento.
Io alleno la squadra universitaria di football da –per Dio- troppi anni e quel giorno era il mio esordio da primo allenatore.
Il vecchio Micheal era finalmente andato in pensione e il sottoscritto era il vice più anziano e competente. Senza nulla togliere a Raphael … che Dio l’abbia in gloria! L’ho licenziato appena mi hanno confermato la nomina.

Comunque il primo giorno di allenamenti, di fronte a tutti i miei ragazzi, belli schierati, pronti per il mio discorso di insediamento, questo bastardo, alto quanto un palazzo - che il rettore Singer mi aveva affibbiato come vice, senza nemmeno consultarmi e senza possibilità di replica- mi è arrivato alle spalle e mi ha mollato un manata dritta tra le scapole, urlando: “Ehi Gabe! Ti facevo più alto … mi dicevano tutti che facevi soggezione …”

Ora, posso giurare senza timore che, se avessi avuto un qualche tipo di potere angelico o altra roba simile, lo avrei fatto inghiottire dal terreno, sotto quei due piedi esageratamente grandi che si ritrovava.

Sapevo dell’arrivo di questo sbruffone dal qualche giorno e lo odiavo a prescindere.
Ma devo ammettere che quando me lo sono trovato davanti, ho strabuzzato gli occhi per la meraviglia e probabilmente, se non avesse aperto quella boccaccia da camionista, avrei cercato di portarmelo a letto in tutti i modi.

L’imbecille ed io comunque, ci siamo detestati cordialmente, nel rispetto reciproco dei nostri compiti e responsabilità, all’incirca per qualche settimana. Il tempo necessario per capire se volevo farmelo o ammazzarlo a bastonate.
Viste le ragioni sopra riportate, optai per una terza alternativa.

Una volta smesso di immaginarmelo, talvolta nudo e in posizioni ambigue, talvolta con quel bel faccino pesto di botte, il giovane vice-allenatore iniziava, con mio sommo sgomento, ad andarmi a genio.
La vedevamo più o meno allo stesso modo su tante cose.
E’ sempre stato piacevolmente cinico ed ironico, mentre io posso tranquillamente definirmi, spassosamente folle.
Insomma, non ricordo bene come, abbiamo finito con l’instaurare una certa amicizia.
Prima e dopo gli allenamenti, si faceva quattro chiacchiere.
Come in ogni inizio di relazione che si rispetti, i discorsi passarono dal tempo, alla cronaca locale, agli hobby, per finire al  ‘con chi e quante volte la settimana si scopava’.

Ecco, quello era un argomento che affascinava entrambi.
E, se io ero ormai irreversibilmente approdato all’altra sponda –dopo aver navigato per anni sull’una e sull’altra- Dean era un attraente ibrido.
Il gentil sesso, per lui, aveva ancora il suo perché e il ‘sesso forte’ era qualcosa che aveva provato -più volte- e non disdegnava.
Ovvio che, essendo attualmente in Polizia, non erano confessioni che faceva a chiunque.
A saperlo eravamo forse in tre: io, sua madre Mary e  mio fratello minore Jimmy, che tutti noi chiamiamo Castiel, ovvero con il suo secondo nome.

Piccola parentesi che ritengo doverosa perché nessuno pensi che siamo figli di fanatici religiosi: nostra madre è docente di Teologia cristiana, nonché fedele credente, e ha dato a tutti noi figli –siamo in 4, per la precisione- nomi di Angeli ed Arcangeli.

Cassy –il minore- è nato il giovedì e mia madre gli dette il nome dell’Angelo del Giovedì … la fantasia è un dono che hanno in pochi.

A me, che sono il secondo-genito, è toccato Gabriel perché nacqui prematuro e durante il parto stavo per lasciarci le penne. Non so per quale miracolo mi salvai e mia madre disse a tutti, che fu grazie alla forza con cui mi aggrappai alla vita.Per questo mi chiamò Gabriel, che significa ‘Forza di Dio’.

Papà è un diplomatico. Per non trascinarci in giro per il mondo come sbaraccati, ha sacrificato la famiglia e se stesso in nome del suo amato Paese. Almeno questa è la sua versione dei fatti.
E’ un tipo a posto. Non lo si vede quasi mai e su di lui non ho pressoché nulla da dire.
Mia madre in compenso è una fonte inesauribile di lodi e sproloqui nei suoi confronti.
Posso dire, in tutta onestà, di conoscere mio padre più che altro attraverso i suoi occhi.

C’è da domandarsi se la ‘poveretta’ sappia che tre dei suoi figli, dai nomi Angelici, sono orgogliosamente gay …
Beh, in famiglia rispettiamo questo tacito accordo: occhio non vede, cuore non duole.
Facciamo tutti beatamente finta di niente.
Ma credo che mamma lo sappia e non faccia che adottare una ‘cristiana rassegnazione’ in merito.
Anche se la sua innata ed effimera perfidia, di tanto in tanto esplode e lei non fa che guardarci di sottecchi, ogni volta che si passa del tempo insieme e chiederci quando le faremo il dono di diventare nonna.
L’amorevole cattiveria di una madre non ha confini.
Generalmente io mi limito a baciarle la guancia ed ammiccare, dicendole: ‘mami, tu vuoi un nipote solo per fargli prendere i voti! E io non lo voglio un figlio, prete!!’
Diventa una furia, ma lei mi adora! Ci facciamo delle gran risate!

Cassy, quando è sotto interrogatorio, diventa rosso come un pomodoro ed inizia a balbettare frasi senza senso …
Io e Balthazar –il terzo-genito- lo troviamo adorabile!
Mia madre lo trova infantile e poco virile. Con lui si imbestialisce peggio che con il sottoscritto.

Sul nostro big brother non mi dilungherò troppo : Nick, illustrissimo strizza-cervelli e autore di saggi di fama internazionale.
Sua eccellenza vive ed esercita in quel di Manhattan, dove –si sa- dallo psicologo ci vanno anche i barboncini. Secondo nome angelico? Lucifer … perché secondo molte correnti filosofico-religiose, Lucifero sarebbe il detentore di sapienza inaccessibile all'uomo comune.

Ok, mia madre è pazza. Lo riconosco.
 
Comunque, tornando al mio dolce fratellino minore, si arriva alla seconda mega cazzata della mia vita: presentare Castiel a Dean.
L’avevo presa come una sfida.
Il bulletto non faceva che blaterare di come, secondo lui, fosse assurdo anche solo concepire l’amore tra due uomini.
Che erano solo istinti e che l’amore -quello vero- lo avrebbe trovato in una donna.
Ancora non sapeva chi fosse la ‘principessa’ a lui destinata, ma ne era convinto.
Oltre che farmi imbestialire, questo pensiero aveva anche un ché di ingenuamente romantico e poetico che quasi mi inteneriva.
Ne avevo comunque le palle piene di questi discorsi da finto macho, moralista, che faceva.
Specie considerando il fatto che uscivano dalle carnose labbra di uno che di morale aveva giusto il lavoro.

Così avevo pensato al mio Cassy.

Uno sfigato assoluto, ma di quelli con due occhioni blu da stendere un plotone di marines!
Così serio, romantico, docile ed appassionato, così pieno di valori incrollabili (fa l’assistente sociale … e non aggiungo altro), in completo contrasto con il caratteraccio dello sbirro.
Ci avrei scommesso il culo che si sarebbero piaciuti.

Era anche il momento propizio.
Dean era appena uscito da una relazione a dir poco rovinosa con quella Lisa.
Era a pezzi perché la storia era piuttosto seria. Avevano vissuto insieme per quasi un anno e adorava il figlio di lei –Ben- che considerava praticamente suo.
Non era una stronza.
Ma Dean non aveva legami veri col ragazzino e Lisa sapeva che entrambi si sarebbero rifatti una vita con altre persone.
Preferiva che Dean stesse alla larga e basta. Che tagliasse i ponti subito, per rendere il distacco meno lungo e straziante. Tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Tra loro non aveva funzionato per tutta una serie di motivi che non starò troppo a spiegare.
In linea di massima a lei non stava bene il futuro che Dean si era scelto.
Il padre biologico di Ben morì in circostanze tragiche e l’ultima cosa che voleva era un poliziotto come marito e padre, con il quale avrebbe passato la vita nel terrore di non vederlo ritornare a casa.
Come darle torto? Certo Dean stava di merda!

Si può dire che le mie azioni fossero, in fondo –molto in fondo- dettate anche dal desiderio di risollevarlo un po’ dalla depressione in cui stava sprofondando.
Castiel aveva qualche annetto più di Dean, ma ero assolutamente convinto che fosse la mossa giusta.
E, se c’era una cosa che mi fratello sapeva fare bene, era confortare le persone.
Era la sua natura. Avevano l’animo del salvatore.

Certo io avrei dovuto dare una mano alla sorte, perché Cassy era pericolosamente imbranato e gli serviva una bella spintarella, per togliersi quella fastidiosa scopa dal culo che si ritrovava.
Ma non avevo dubbio alcuno che Campbell sarebbe crollato come un vaso di cristallo di fronte all’innocenza, in qualche modo anche sexy, del mio fratellino.
Avrebbe gettato le ancore sulla mia stessa sponda prima della fine della stagione. Parola di Gabriel Novak!

Certo col senno di poi …

Non avevo previsto due cose: la prima era che Castiel si sarebbe perdutamente innamorato di lui a prima vista e, seppur ricambiato in qualche maniera, per Dean non sarebbe mai stato lo stesso tipo di amore; la seconda –ovvero alla terza mega cazzata della mia vita- era Sam Winchester.
 


Continua…









Nda: ci siamo...ce l'ho fatta!!! Il primo capitolo è andato! Sono abbastanza nervosa per questa storia … per non dire che me la faccio sotto! Perché vado un po’ fuori dai miei schemi.
Ho già qualche capitolo all’attivo e penso aggiornerò tutti i martedì. Anche prima, se riesco …
Ringrazio ancora thinias per il suo preziosissimo aiuto e … dedico questo primo, ma importantissimo capitolo, a museti! Che adora Gabriel alla follia. Spero di aver reso giustizia (mi accontenterei anche di un briciolo) a questo splendido personaggio e di aver fatto trasparire tutte quelle caratteristiche che ce lo fanno amare!! Un bacione

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Capitolo 2
*** Castiel: l’angelo custode. ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 2/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Castiel, per questo capitolo.
Rating del capitolo: Verde
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; Bla Bla Bla…
Note dell’autrice: questa volta siamo nella testa di Castiel, il dolce fratellino di Gabriel, che per qualche tempo ha avuto la ‘fortuna’ di penetrare l’armatura di Dean e far parte della sua vita, in qualità di partner … ecco non gridiamolo ai quattro venti, lo sapete che Dean è inflessibile su queste cose!! ;D Cassy ci parlerà un po’ di lui e di Sam, così come li ha osservati e ci svelerà qualche dettaglio sulle dinamiche della loro vita. Buona lettura :D
 




CAPITOLO 2.
Castiel: l’angelo custode.
 
Quando ho conosciuto Dean, Sam era già nella sua vita.
Mi conforta pensare che se non fosse stato così, avrebbe fatto una certa differenza.
Forse mi illudo che l’avrebbe fatta.
 
Pur avendolo incontrato pochissime volte, so praticamente tutto di Sam.
Dean si sfogava spesso con me e mi raccontava molte cose di lui e di come fosse convinto che avesse dei problemi.

Ma sarà meglio andare con ordine.

Sam partì per il college di Stanford subito dopo il liceo. Facoltà di legge.
E’ sempre stato un tipo in gamba. Dean diceva spesso che era un nerd, un secchione.
Fu durante la sua assenza che John, suo padre, conobbe Mary e Dean e che la loro storia iniziò.
Durante il suo primo anno di college, John e Mary non persero tempo ed andarono subito a vivere insieme, a casa di lui.
Dean viveva con Lisa e Sam tornava di rado a Lawrence, giusto per passare le festività in famiglia.

Con Dean e Mary non fu decisamente un inizio con i fuochi d’artificio.
Diciamo che si sono praticamente ignorati per molto tempo.
Sam non era certo il tipo che dava confidenza –ancor meno di Dean- e Mary sembrava suscitargli un certo timore, quasi reverenziale, forse per via del fatto che non sapeva cosa volesse dire avere una madre. La sua morì che lui aveva appena sei mesi.
Quando tornava in città passava il tempo sui libri, quasi sempre rinchiuso nella sua stanza. Così almeno lo descriveva Dean.

Trascorsero il primo Natale tutti insieme ed ebbero modo di parlare di questa ‘modern-family’ che stava per nascere.
Mary e John decisero di sposarsi ed aprirono la loro casa ai rispettivi figli, anche se entrambi avevano le loro vite ed erano indipendenti.
Al termine del suo secondo anno di college, successe qualcosa e Sam tornò a Lawrence in pianta stabile, proseguendo i suoi studi all’Università del Kansas, che ha sede in città.
Fu proprio in quell’anno che io conobbi Dean.
Lui non mi raccontò mai cosa fosse accaduto, nemmeno quando lo scoprì.
Mi disse solo che John lo pregò di star vicino a suo figlio e Dean … beh per lui divenne quasi una missione.
 
Non mi vergogno, né mi imbarazza ammettere che mi sono innamorato di lui appena incrociato il suo sguardo.
Ho sentito le budella contorcersi, le guance andare in fiamme e le mie pupille dilatarsi.
Per una frazione di secondo, ho creduto che il tempo si fosse fermato.
Tutto quello che vedevo erano due occhi verdi, profondi e luccicanti, che squarciavano il grigio e il nebuloso senso della mia vita.

Mio fratello Gabe in realtà mi aveva anche preparato.
Insomma, da quando conosceva Dean, non faceva altro che sbraitare di quanto fosse bello e di come, solo questo, lo salvasse dall’essere preso a bastonate a causa di quel suo proverbiale caratteraccio.
A dire il vero, tutte queste pecche di carattere, io non le ho riscontrate.
Forse perché lo vedo sotto una luce tutta mia (decisamente alterata dall’enormità dei miei sentimenti per lui), ma ho sempre trovato affascinante ogni contraddizione ed ogni sfumatura del suo carattere.

E’ una persona fondamentalmente socievole, ma per molti versi schiva.
Devi guadagnarti la sua fiducia e non è semplice.
Ma una volta che gli arrivi al cuore, ti si apre un mondo.
Il suo.
Quello di uomo meravigliosamente puro, per quanto lui stesso non ne sia cosciente. E buono.
Un attitudine al sacrificio che ad un occhio superficiale potrebbe apparire da esaltati, ma che invece ha dell’eroico e spiega il mestiere che si è andato a scegliere.
Una corazza, quasi impenetrabile, fatta di ironia e finto cinismo, lo rendono forte ma anche terribilmente fragile.
Un eccessivo senso del dovere lo porta spesso a sottovalutarsi e a sminuirsi, nel terrore di deludere i suoi cari o di non essere mai abbastanza. Di non essere quello che ci si aspetta da lui.
Un bisogno … quasi incolmabile di amore è stata la prima cosa che mi ha fatto perdere la testa per lui.
Ma soprattutto, in totale controsenso, l'assoluta incapacità che ha di abbandonarsi completamente a qualcun altro. Di lasciarsi amare.

Non ne è mai stato consapevole. Almeno finché non è arrivato Sam.
Ma credo sia stato questo, per me, l’ostacolo maggiore.
Non saprei come spiegarmi.
Sono arrivato a ‘toccare’ la sua anima, in qualche modo … ma a quel punto è successo qualcosa.
Forse -ma è davvero il ragionamento più contorto che possa esistere- sapeva di avere più bisogno lui di me, che io di lui.
E visto che, per sua natura, Dean è uno tipo abituato a proteggere e non ad essere protetto, mi ha respinto prima che io potessi davvero ‘toccarlo’ e farlo soffrire.

Sam invece … se c’era qualcuno che aveva bisogno di Dean, quello era proprio lui.
 
Tornando al nostro primo incontro, direi che tutto è stato come da ‘manuale del primo appuntamento combinato da un fratello’.
Mi trovato ‘casualmente’ di fronte alla pizzeria dove, sempre ‘casualmente’, una sera Dean e Gabe volevano fermarsi a mangiare qualcosa.
Brillante conversazione ‘pre’ e ‘post’ pizza, seguita da Gabriel che si è alzato per andare in bagno ed è sparito per più di un’ora, lasciandoci soli.

Non abbiamo detto una parola per quelli che saranno sempre i dieci minuti più lunghi della mia vita.
Non riuscivo a fare altro che fissare il contenuto del mio piatto, rosso in volto e rigido come un palo.
Alzavo di tanto in tanto lo sguardo su di lui, che si passava nervosamente la mano sulle labbra, in un gesto che ho trovato subito follemente seducente.
Per fortuna Dean sapeva rompere il ghiaccio e, senza peli sulla lingua, la prima cosa che ha detto è stata: “Tuo fratello cerca di farci mettere insieme!”

Stavo per strozzarmi con la coca-cola!

Credo che mi abbia preso per pazzo, mentre lo fissavo, sbigottito e tossivo convulsamente, diventando violaceo.
E credo anche di non aver saputo far altro che balbettare un qualche “io .. io … non …”
Una figura impietosa!
Comunque l’ho fatto ridere.
Già.
Ha riso di gusto per almeno 2 minuti buoni, reclinando la testa all’indietro e tenendosi una mano sul petto, e sono rimasto impalato a guardarlo, come di fronte ad un miracolo divino.
La risata più bella mai sentita.

Ero contento di averlo divertito.
Non mi era mai successo, perché solitamente sono un abbastanza ingessato ed insicuro.
Non ho mai avuto attitudine all’auto ironia e non riesco mai a capire, se si ride per me oppure DI me.
Invece averlo fatto ridere, mi sembrava la cosa migliore che avessi mai fatto.

E così mi sono ritrovato a ridere anche io.
Finché lui si è fermato di colpo e mi ha guardato in un modo … proprio come si guardano le cose belle.
Ricordo che mi sentivo morire di imbarazzo. Mi trovava bello.
Era così trasparente questo ragazzo!
Potevo vedere chiaramente, riflesso nei suoi occhi, quello che pensava.

“Senti, probabilmente Gabriel ti ha raccontato tutto di me, quindi sai …”

Stava iniziando a farmi il discorsetto del ‘non voglio una storia seria’ .
Completamente inutile, ormai io ero già perso per lui.
Non mi interessava assolutamente niente di quello che diceva.
Volevo essere suo.

Mentre parlava, avevo preso un tovagliolo di carta e con la penna che tenevo sempre nel taschino del mio trench, ci avevo scritto sopra il mio numero, porgendoglielo immediatamente dopo ed interrompendo la sua conversazione a senso unico.

“Tieni …”

“Che ci dovrei fare col tuo numero?”

Sorrideva, mentre prendeva tra le mani il fazzoletto.

“Io posso salvarti dalla ‘perdizione’ “

Ancora adesso, ricordando quel momento, non ho davvero idea di come ho raccolto il coraggio per dire una cosa del genere.

Ma c’erano quei suoi occhi verdi, che mi sembrava gridassero ‘aiutami’ e che nessuno, tranne me, lo vedesse.
Non era una richiesta di aiuto vera … era piuttosto spirituale.
Sentivo agitarsi, dentro di lui, tanti dubbi e tante insicurezze e sentivo che quella corazza che avvolgeva il suo cuore, allo stesso tempo lo opprimeva e gli impediva di essere davvero se stesso.
Si sentiva solo … anche se aveva molte persone intorno che lo amavano.
Sembrerà assurdo che si possa capire tante cose da qualcuno, appena conosciuto.

Eppure tra me e Dean è stato così.

 
Oh … è stato bello, finché è durato.
E’ stato totalizzante, per me.
Travolgente!
Vivevo e respiravo solo per lui.
Aspettando un suo cenno. Aspettando un suo sussurro. Un suo tocco.
 
Quando Dean mi ha baciato la prima volta, ho avuto la certezza che per lui contavo qualcosa.
Anche se poi non era esattamente quello che speravo io, so che con me è sempre stato sincero.
Come so che tra di noi ci sarà sempre un legame particolare.
Quel bacio e quello che è successo dopo, ne sono il marchio e la conferma più tangibili.
 
Con me è stato sempre abbastanza avaro di contatti.
Ma quando lo faceva, era qualcosa che mi faceva sentire molto unito a lui.
Quasi privilegiato.
Qualcosa che rappresentava un piccolo passo avanti, per avvicinarsi al suo cuore.

L’unico momento in cui si lasciava veramente andare, erano le mattine in cui ci svegliavamo insieme. Succedeva di rado. Lui non dormiva quasi mai da me.
Era ancora assonnato e completamente rilassato.
Ricordo che gli dormivo praticamente addosso, sulla schiena, con una gamba allacciata alla sua vita e che quando si svegliava, si rigirava nel mio abbraccio e lasciava che lo baciassi appena sotto gli occhi, dove quelle meravigliose lentiggini erano più evidenti, grugnendo un ‘giorno’, che assomigliava al miagolio soddisfatto di un gattone che faceva le fusa.
Adoravo quel momento. Rappresentava alla perfezione come potevamo essere insieme. Eravamo solo noi, senza altre ‘ingombranti’ presenze.
 
Ero importante per lui. Ero speciale.
Lo conoscevo e sapevo con assoluta certezza, che non avrebbe mai lasciato che io entrassi nella sua vita e nel suo cuore, se non avesse provato dei sentimenti profondi per me.
Non è mai stato questo il problema.

Io sapevo che Dean mi amava.
Ma sapevo anche, che mi sarei consumato dentro e avrei sempre sofferto, nella consapevolezza che non sarebbe mai riuscito ad amarmi. Non come lo amavo io.

Il suo muro era già fragile e pronto a crollare, ma io sono riuscito solo a grattarne la superficie.
Sam Winchester era destinato ad abbatterlo, ancora prima che si conoscessero.

Eppure …

Conoscevo bene anche me stesso e sapevo altrettanto bene che, in qualsiasi momento lui mi avesse voluto di nuovo, mi avrebbe avuto.
Che per lui ci sarei sempre stato.
Che avrebbe potuto spezzarmi il cuore altre mille volte, e io lo avrei lasciato fare.
Perché quando Dean chiamava, io rispondevo.
Era inevitabile, come respirare.





 
Continua …
 
 





Nda: allora … non voglio fare la sentimentale e far venire il voltastomaco a tutti, ma davvero io non mi aspettavo un’accoglienza così calorosa per questa storia! Sono profondamente onorata dei commenti e i complimenti e ringrazio di cuore tutti quelli che la stanno seguendo! GRAZIE!!! **piange***
Se prima ero nervosa per la pubblicazione, ora sono decisamente terrorizzata di deludervi! ECCO perché ho pubblicato oggi il secondo capitolo … così posso rannicchiarmi in un angolo e nascondermi, questo week end, mentre tutti rimuovete la storia dalle seguite o dalle preferite ^^
Ora, con il personaggio di Castiel mi sono inaspettatamente lasciata andare! Ovviamente l’OOC era quasi obbligato, visto che Jimmy è una persona normale e non un angelo soprannaturale. Ma ho tentato di focalizzarmi sul sentimento che, anche nella serie, nutre nei confronti di Dean. E credo di essere rimasta fedele alla visione, mia personale, di tale sentimento. Ne è uscito un uomo credo davvero affascinante. Un personaggio che mi ha subito colpita e che amo alla follia! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate ^^
Per concludere l’interminabile nota (mi domando chi abbia avuto l’ardire di leggerla tutta???!!), vi faccio due domande: a chi toccherà ora, secondo voi?? E … quale dei due POV è il vostro preferito???
SONDAGGIO!

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Capitolo 3
*** Dean: il conteso (prima parte) ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 3/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Dean, per questo capitolo.
Rating del capitolo: giallo (anche Dean è un po’ sboccato …)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; Bla Bla Bla…
Note dell’autrice: ci siamo gente! Qui cominciamo ad arrivare nel vivo della storia. Abbiamo avuto un quadro di Dean diametralmente opposto, per come lo vedono Gabriel e Castiel, ossia due delle persone che più gli sono vicine al mondo. Ora toccherà proprio a Dean spiegarci come e perché i suoi rapporti con Sam hanno finito per sconvolgere l’esistenza di entrambi e delle persone a loro care. Questo è stato certamente il capitolo più difficile da scrivere, forse perché difficile è stato proprio l’evolversi di questo legame che, in un certo senso, è andato intensificandosi quasi senza che i nostri due ragazzi se ne rendessero conto. Sono tante le cose che vorrei far arrivare e farvi capire, quindi Dean avrà bisogno di un paio di capitoli ^^ PERDONATEMI!!!!!!!! Buona lettura ;D
 
 


CAPITOLO 3.
Dean: il conteso (prima parte)
 



“Dean, vorrei che tu facessi una cosa per me.”

Così aveva detto John, la sera stessa che Sam era tornato da Stanford per sempre, senza dare spiegazioni.

“Stai dietro a Sammy, ok? So che non avete legato molto … lo capisco, avete qualche anno di differenza e quasi niente in comune. Ma dagli un occhio, di tanto in tanto, ok?”

Eravamo nella sua officina, sporchi di grasso fin nelle orecchie, a bere una bella birra ghiacciata, dopo aver finito di sistemare un furgone che aveva decisamente visto tempi migliori … forse la seconda guerra mondiale.
Ogni tanto andavo a dargli una mano, quando il lavoro in Polizia e gli allenamenti della squadra di football me lo consentivano.
Adoravo stare lì, in mezzo a tutta quella ferraglia!
Era come un parco giochi gigantesco, per quando mi riguardava.
E’ così ancora oggi!
A detta di John ero anche portato. Mi faceva la predica quasi tutti i giorni, dicendomi che ero un cazzone, imbecille ad aver scelto di diventare un poliziotto, visto il ‘dono’ che avevo con i motori.
 
Comunque, a parte tutto, non saprei bene spiegare il perché, ma questa sua richiesta ha significato molto per me.
Non voglio fare il presuntuoso e dire che ha dato un senso alla mia vita, ma di certo una svolta … quella si!
E’ stato come se John mi stesse ufficialmente affidando suo figlio … almeno è come l’ho interpretato io.
 
Conoscevo Sam molto poco, ma avevo già avuto modo di accorgermi di quanto somigliasse caratterialmente a suo padre. Era proprio questo che li portava spessissimo a scontrarsi.
Non hanno mai trovato la maniera corretta e pacata di parlarsi e quasi sempre non si capivano, pur dicendo le stesse cose.
Così, in fin dei conti, non mi era sembrato strano che chiedesse un aiuto esterno, per capire cosa c’era che non andava in suo figlio.
Non che ci fosse davvero qualcosa che non andava in Sam.
Anche prima di tornare da Stanford, era tutto preso dai suoi studi e dedicava pochissimo tempo a qualsiasi altra cosa. Non sapevo quasi niente di lui, ma mi aveva dato subito l’impressione di essere uno in gamba. Magari un po’ tra le nuvole … certe volte. Troppo serio … forse. Ma in linea di massima uno con le palle!

Dopo Stanford era decisamente cambiato e John era preoccupato per lui e per come sembrava essersi chiuso in sé stesso.
Ero assolutamente certo che il suo ritorno a casa fosse praticamente una fuga e che le motivazioni di questa fuga, avessero qualcosa a che fare con i dubbi e con il malessere di John. Ma ero altrettanto sicuro che non mi sarebbe stato concesso di sapere altro, perché quel testone si teneva tutto dentro ... sempre!
In questo ci somigliavamo un po’ tutti e tre: io, John e Sam … proprio un bel trio!
Insomma avevo preso questa cosa come un incarico vero e proprio e non ho fatto a John molte domande.

“Si, signore.”

Ecco cosa gli ho risposto.

Non ho mai parlato di questo nemmeno con mia madre, perché avevo l’impressione che lei sapesse già tutto.
Lo vedevo da come osservava me e John e da come non staccava mai gli occhi di dosso da Sam.
Mia madre cercava spesso un contatto con lui.
Le sembrava quasi di spaventarlo e quindi i suoi approcci erano sempre molto docili e pacati.
Pian piano Sam avrebbe ceduto con lei, ne ero certo.
Mary era una tosta, ma sapeva esattamente come conquistare le persone!

Erano buffi insieme … soprattutto Sam.
Diventava rosso come un pomodoro in presenza di Mary e, giuro sui miei sospensori da vice allenatore, che si irrigidiva come un palo –l’altezza c’era dopotutto- se solo lei lo sfiorava.
Ma se si stava più attenti, si poteva scorgere un certo luccichio, un bagliore negli occhi di quel ragazzo, quando la guardava, credendo che nessuno lo vedesse.
Come se fosse un angelo.
Come se fosse qualcosa di puro ed inarrivabile, da ammirare da lontano.
Quello che Mary doveva fargli capire, era che lei c’era! Era reale e che, se lui avesse allungato la mano, avrebbe potuto toccarla e lei avrebbe allargato le braccia per accoglierlo.
 
Anche Sam era un osso duro. Eccome!
Non che abbia fatto chissà quali gesti eclatanti per avvicinarlo.
Gli stavo dietro.
Così come mi aveva chiesto John.
Mi facevo trovare nei paraggi, dovunque lui andasse. Sempre tempo permettendo ...

A parte la richiesta di suo padre, devo ammettere che ho sempre trovato interessante il suo essere così schivo e chiuso in sé stesso.
Lo trovavo tenero … e lo so che è da checche, cazzo! Fanculo, è la stramaledetta verità!
Mi piaceva l’idea di un fratello minore da proteggere, che posso dire? Credo di averlo sempre desiderato.
 
Ho coinvolto nei miei ‘doveri’ anche quel coglione di Gabriel, che mi ferisce quasi definire il mio migliore amico.
Me lo scarrozzavo dietro, qualsiasi cosa facessi.

C’è stato anche un momento in cui ho iniziato a sospettare che Gabe si fosse preso una sbandata per Sam.
Pensandoci bene era proprio il suo tipo … gli piacevano alti!
Probabilmente l’unica cosa che lo frenava -e frenava me dall’ammazzarlo- era la troppa differenza di età.
Insomma, Santo Dio, Gabriel aveva passato la trentina da un pezzo e Sam ne aveva circa 20, quando si sono conosciuti.
 
Se non mi sbaglio è stato anche in quel periodo che avevo iniziato a vedermi con Castiel, il fratello minore di Gabe.
Con lui … è stato tutto un gran casino!

Penso che siano stati gli occhi blu … si ... sono quasi certo che fossero quelli a farmi sragionare totalmente.
Castiel aveva un modo … non so, aveva un modo di parlarmi, di prendermi, che mi faceva diventare gelatina tra le sue mani.
Mi confidavo spesso con lui e io non lo faccio mai.
Sapeva sempre dire la cosa giusta per risollevarmi, per spingermi a fare meglio.
Gli raccontavo quello che pensavo di Sam e gli chiedevo consigli su come fare ad avvicinarlo, visto che Cass ci sapeva fare in quel senso.
E' il suo lavoro …
Non lo dissi mai a nessuno dei due, ma vedevo in loro una certa somiglianza. Solo che Cass non aveva i problemi relazionali di Sam.
 
Io lo sapevo cosa stava succedendo: sapevo che si era innamorato di me.
E volevo con tutto me stesso ricambiarlo, lo giuro.
In un certo senso era così...
In un paio di occasioni devo aver anche pensato che fosse proprio lui … la persona destinata a me.
Cristo, avrei dovuto dare ragione a quell’imbecille di Gabe e la cosa mi mandava al manicomio!

Cass era troppo per me … e io non ero abbastanza per lui.
Non potevo … non potevo essere IO il centro del suo mondo.
 
Mentirei se dicessi che non sono stato uno stronzo egoista con Castiel, dopo che mi ha sopportato in silenzio per mesi e mesi.
Avevo bisogno di lui … e questo mi terrorizzava.
Lo so io. Lo sa lui. Lo sa suo fratello. Lo sa lo stramaledetto pianeta! Sono stato un bastardo e posso considerarmi fortunato che mi parli ancora e -chissà per quale masochistica ragione- continui a volermi accanto.

Quando ho capito che stava diventando troppo seria, ho iniziato a trattarlo con freddezza e a tenerlo a distanza.
Da manuale.
Finché credo abbia capito da solo e ci siamo distaccati gradualmente, senza particolari drammi.
I nostri rapporti sono diventati da molto intimi ad amichevoli in maniera del tutto pacata e lenta.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Mai una scenata.
Mai un litigio.
Semplicemente abbiamo smesso di fare l’amore.
Poi abbiamo smesso di baciarci.
E abbiamo iniziato solo a parlare e a passare il tempo l’uno in compagnia dell’altro.

Mi rendevo perfettamente conto che lui soffrisse.
Potevo leggerglielo in quegli stupendi occhi blu, che mi guardavano come fossi la cosa più meravigliosa del mondo.
E, per certi versi, posso dire che soffrivo anche io.

Mi mancava …
Mi mancavano addirittura le serate assurde, passate a tentare di inculcargli una qualche infarinatura cinematografica. O i miei tentativi -inutili- di trasmettergli un po’ di senso dell’umorismo.
Mi mancava persino come inclinava quella sua testolina scura ed arruffata da un lato -come i bambini quando non capiscono- ogni volta che lo prendevo in giro.

La cosa strana è che, mentre mi allontanavo da Castiel, con Sam succedeva qualcosa.

Se all’inizio aveva iniziato ad insospettirsi del fatto di avermi sempre in mezzo a piedi (quando usciva di casa mi offrivo di accompagnarlo fingendo di andare nello stesso posto, quando tornava dalla biblioteca mi trovava ‘casualmente’ ad aspettarlo con la macchina e spesso lo aspettavo fuori dal campus per riaccompagnarlo a casa), col passare del tempo mi sembrava quasi manifestasse apertamente di non detestare la mia presenza.
Ho pensato immediatamente che fosse un enorme passo avanti -visto il carattere- e ne ero felice.

Non che parlasse molto in mia compagnia.
Generalmente ero io che straparlavo, raccontandogli delle cazzate che combinavo con Gabriel, a volte di Castiel, di quando ero bambino e facevo disperare mia madre … cose di questo genere.
Lui però mi ascoltava attentamente, lo capivo.
Sorrideva addirittura, ogni tanto!
E mi accorgevo che spesso rimaneva a fissarmi, pensando che non me ne accorgessi.

Oh, Cristo, mi piaceva, ok?!
Mi piaceva.
Lo stangone, magrolino e timido, mi mandava in pappa i neuroni!
Aveva un paio d’occhi … cazzo, di un colore che non avrei mai saputo identificare, anche fissandoli per cent’anni.
Sembravano trapassarmi la nuca.
E quell’espressione da bimbo sperduto … che -se solo ne fosse stato consapevole- avrebbe potuto farmi fare qualsiasi cosa!

Ho la fissa degli occhi ... credo … e il bello è che non l’ho mai saputo!

Generalmente mi attirano un bel paio di tette su un faccino pulito o -parlando di altro genere- la stessa cosa, senza il paio di tette.
Non sono mai stato uno profondo … lo so.
Mi è sempre andata bene così!
Queste riflessioni le lasciavo a Lisa … o a Cass …

Con Sam … non lo so, volevo fare colpo su di lui.
Ma più di tutto, volevo davvero diventare suo amico.

Castiel, che stava ad ascoltarmi con estrema attenzione, mi ripeteva sempre che, da come gli descrivevo Sam, gli sembrava che si sentisse solo.
E fuori posto … sempre.
Era esattamente l’impressione che avevo io.
Così … presi spunto dalla persona che meglio ci sapeva fare in questi casi: mia madre.
Optai per i modi pazienti e poco invasivi.
Io c’ero.
E Sam lo aveva capito.

Infatti ci volle giusto qualche settimana.
E i miei monologhi, accompagnati dal suo mutismo, iniziavano ad assomigliare a conversazioni.

Parlavamo solo in macchina e sempre quando eravamo soli, ossia quando ‘scaricavo’ Gabe -che lo rintronava di chiacchiere peggio di me- a casa sua.
Nella fantastica Impala del ’67 di John, che si era rassegnato a regalarmi ... tanto gliela fregavo sempre!
Tra un giretto e l’altro, Sam iniziava anche a farmi qualche domanda.

“Come va con Castiel?”

“Com’è andata oggi a lavoro?”

Gesù, la sua voce mi sembrava soprannaturale.
Non somigliava per niente alla voce di un ragazzo.
Era bassa, ma aveva un ché di docile e tranquillo.
Piacevole, insomma.
Il solo fatto di accorgermi di questo, mi impensieriva parecchio ... Dio, John mi avrebbe ammazzato!! Ecco cosa pensavo …

Sam mi piaceva troppo.
Più mi sfuggiva e più mi sentivo attratto da lui.
E più desideravo la sua compagnia, più mi allontanavo da Castiel.
 
Quando mi faceva il ‘dono’ di rivolgermi queste insignificanti domande, io partivo letteralmente per la tangente … anzi, imboccavo l’autostrada contro-mano.
Iniziavo a parlare e a parlare e fare il buffone e, stranamente a Sam piaceva.
Dai sorrisetti, eravamo arrivati alle risate.

Mi consideravo un fottutissimo genio!!
 
 
Poi un bel giorno, è andato tutto a puttane in un attimo! Un casino assurdo che ancora oggi, ripensandoci, diventa un cumulo di ricordi disordinati ed angoscianti.
Ma sono quasi certo –anzi, potrei giurarci- che sia stata pressoché tutta colpa di Gabriel!
 


Continua …
 
 





 
Nda (brevissime questa volta): L’autrice vi ama tutti e vi ringrazia -sbaciucchiandovi ed abbracciandovi teneramente- perchè siete in tantissimi e le fa molto molto piacere!!! *parla di sé in terza persona … è grave!*
Davvero, a parte gli scherzi, vi ringrazio come sempre di cuore per i commenti e i complimenti ^^
Fatemi sapere che ne pensate, anche su questo e … tenete presente che il bello deve ancora venire, quindi … restate sintonizzati, gente! Perché tra poco arrivano i problemi …

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Capitolo 4
*** Dean: il conteso (seconda parte) ***



Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 4/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Dean per questo capitolo.
Rating: giallo (anche Dean è un po’ sboccato … XD)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: eccoci di nuovo! Riprendiamo da dove ci aveva ‘brutalmente’ interrotti Dean nel capito precedente! Cos’avrà combinato Gabriel –l’agente matrimoniale … fallito-??? Lasciamo un po’ da parte l’introspezione e tuffiamoci nell’azione! ‘mmazza ho fatto pure la rima ^^ Buona lettura ;D
 
 



CAPITOLO 4.              
Dean: il conteso (seconda parte)
 



Avevo fatto uno sbaglio!
Cristo, a chi non capita mai un momento di distrazione?
 
Con Sam facevo dei progressi ed ero felice. Anche troppo …
Dio, non ero ancora arrivato al punto di potergli fare domande, men che meno domande importanti … ma spesso rispondeva a quelle due o tre cretinate che gli chiedevo.

“Com’è andata oggi?”

“Ti senti bene?”

“Ti va di andare a mangiare insieme?”

Le risposte erano quasi sempre monosillabi, seguiti dall’imbarazzo di entrambi.
Ma era un altro passo avanti.

Gabriel, come già detto, era spesso con noi e Sam sembrava accettare la sua presenza. 

Probabilmente mi ero rilassato troppo e, per tutta una serie di motivi che andrò tra poco a spiegare, è capitato che li lasciassi da soli …
Ma che cazzo … come accidenti facevo a sapere cos’aveva in testa quel deficiente di Gabe???
E perché diavolo questa cosa mi mandava in bestia oltre misura?!

Ok … cercherò di andare con ordine.

Saranno state le sei di una delle tante sere in cui io e Gabriel riportavamo a casa Sam dal campus, fermandoci magari da qualche parte prima, per fare due chiacchiere –ossia fare i cretini davanti a Sam-.
Forse il fatto che Gabe tenesse così tanto a venire sempre con noi, avrebbe dovuto insospettirmi.

Comunque, quella sera, all’improvviso, ricevetti una telefonata di lavoro sul cellulare.
Un collega mi chiese di sostituirlo per il turno di notte e non avevo modo di rifiutarmi.
Così mi feci lasciare al distretto ed affidai la macchina a Sam, chiedendogli di riaccompagnare a casa Gabriel. Cosa che, ci tengo a precisare, feci CONTRO la mia volontà! Il lavoro è lavoro …

Sam mi guardava come supplicandomi e solo dopo avrei capito che non voleva essere lasciato solo.

Non era per Gabriel.
Sarebbe stato lo stesso, anche se con lui ci fosse stato lo stesso John.

E mi resi conto –sempre in seguito- della dipendenza che Sam aveva sviluppato verso di me.
Ero davvero l’unico con cui si relazionava, anche se molto poco.
Non mi ero accorto - o forse si?- di aver creato una sorta di ‘passaggio’ per arrivare alla sua testa, che finoad allora era rimasta come separata, in un mondo tutto suo. Io riuscivo a comunicare con lui.
E lui mi … tollerava.
Ma in quel momento, l’unica cosa a cui pensavo era di attaccare il turno e che i due tornassero a casa sani e salvi.

Insomma, intorno alle otto di quella stessa sera, la centrale mi passò una chiamata sulla volante.
Era Gabriel che mi urlava nelle orecchie così forte da non farmi capire un accidenti di niente!

“Sta calmo!! Santo Dio …”

Gridai anche io in risposta, contagiato dall’isteria generale.

La mia collega -Jo Harvelle- si eclissò immediatamente, credo intuendo che eravamo una manica di matti, non mancando di sfottermi alla grande.

“Non imprecare, Dean…”

Una voce tranquilla, sbucò all’improvviso dal caos, riuscendo a trapassare gli ultrasuoni emessi da Gabriel.
Quando riconobbi che si trattava di Cass … pensai veramente che fosse successo qualcosa di grave.

“Ma che cazzo succede? Dov’è Sam?!”

Dai rumori che sentii in sottofondo, erano in viva voce e Gabriel continuava a sbraitare, come una scimmia impazzita.
Ero alquanto allarmato.

“E’ tutto a posto Dean, tranquillo. Gabe non voleva disturbarti … Ma dovresti davvero passare qui da casa dei nostri. Non riesco a tranquillizzarlo …”

Nonostante mantenesse la sua solita calma, riuscii comunque a percepire che era molto nervoso anche Cass.
Ricordo benissimo che appoggiai stancamente la schiena al sedile della volante e mi passai una mano sugli occhi per evitare di impazzire.

“Cass … dimmi immediatamente cos’è successo, altrimenti giuro che appena arrivo lì, vi arresto tutti e tre!!”

“Ti aspettiamo allora …”


Ero talmente incazzato che, se avessi potuto, avrei preso a schiaffoni Gabriel a prescindere.
Perché lo sapevo! Lo sapevo che aveva combinato qualche cazzata!
Solo non osavo immaginare quale.

La meravigliosamente comprensiva Jo –con la quale il sottoscritto ci ha provato spudoratamente per anni-, acconsentì immediatamente di coprirmi, al massimo per un’ora, sempre sfottendo. Maledetta ...
Così risalii sull’auto di pattuglia e schizzai a casa di Gabriel, ad una velocità assurda anche per un Poliziotto e a sirene spiegate (rimane un mistero, ancora oggi, come abbia fatto a non farmi licenziare, dopo quella sera), pronto a fare una strage.

Non feci che malmenare il volante e darmi dell’idiota, maledicendo Gabe e la sua stupida cotta per Sam,  non capendo fino in fondo perché la cosa mi preoccupasse così tanto e perché ero assolutamente sicuro che Sam andasse … protetto … da queste cose.
C’era come un presentimento. Qualcosa mi diceva che aveva delle difficoltà in quel senso. Ma non sono mai stato uno che fa di questi discorsi e non sarei mai stato capace di indagare su queste cose. Era troppo imbarazzante!!
 
Quando finalmente arrivai, la scena che mi si presentò davanti fu … indescrivibile.
Non fossi stato preoccupato da morire, mi sarei messo pericolosamente a ridere come un idiota.

Sam era seduto sul primo gradino dell’ingresso e mi ero accorto subito che sembrava respirare a fatica, mentre Castiel era in parte a lui, pur mantenendo una certa distanza, e gli parlava, ma a voce troppo bassa perché io potessi capire cosa gli diceva.

Quell’idiota di Gabe -che un attimo prima camminava di fonte a loro, avanti e indietro, con le mani nei capelli, lasciando quasi il solco sotto i suoi piedi- appena vista la volante inchiodare di fronte al vialetto di casa sua e il sottoscritto correre fuori come un disperato, allungò le braccia verso di me, col chiaro intento di farmi restare calmo.

Cosa che invece, automaticamente, mi mandò letteralmente in bestia.

“Si può sapere che cazzo hai fatto?”

Gli urlai, spintonandolo malamente all’indietro e guardandolo con chiari intenti omicidi.

“N-niente Dean…d-davvero…”

Rispose l’idiota.

“Dean vieni qui, ti prego …”

Raggiungendoci velocemente, Castiel richiamò la mia attenzione, distogliendola dal pestare Gabriel.
Lo guardai confuso, in cerca di aiuto, di comprensione e sostegno, supplicandolo con gli occhi di spiegarmi.
Lui capì al volo.
Mi posò una mano sulla spalla, come faceva sempre per tranquillizzarmi e non smise mai di sostenere il mio sguardo.
Io e Castiel ci siamo sempre capiti così.
Spesso bastavano solo gli occhi … e le mani.
Stringendomi leggermente il tessuto della blusa d’ordinanza, iniziò a spiegarmi, docilmente, quello che era riuscito a capire, nella confusione.

Ma non sentii che poche parole.

Guardando oltre Castiel, dietro di lui, gli occhi imploranti di Sam erano agganciati ai miei, come magneti.

“Non ha fatto che chiederci di chiamare te … “

Disse Cass.
Lo scostai gentilmente, dicendogli che avremmo continuato dopo e mi avvicinai titubante a Sam, ancora seduto sui gradini.
Mi sentii un idiota.
Mi sentii in colpa.
Non avevo davvero idea di cosa gli avrei detto o di come fargli capire che era tutto a posto, qualsiasi cosa fosse successa.
E quando gli fui di fronte, allungai solo una mano per aiutarlo ad alzarsi, mentre ‘Caino e Abele’ ci osservavano, tesi come corde di violino.

Sam si rialzò, accettando il mio aiuto e quando gli diedi le spalle per affrontare di nuovo il discorso con Castiel e Gabriel –soprattutto con Gabriel- lo sentii stringere forte nella sua, quella stessa mano che aveva afferrato per mettersi in piedi.
Lo osservai di sottecchi, mentre si posizionava dietro di me e nascondeva timidamente il volto tra le mie scapole, appoggiandoci la fronte ed emettendo un sospiro, che mi sembrò di sollievo.

Non mi aveva mai nemmeno sfiorato, fino ad allora.

Mai.

Ma in quel momento, mi strinse la mano talmente forte da farmi male e mi si addossò praticamente alla schiena, come non avesse la volontà di stare dritto da solo.
Sentii il calore del suo corpo contro il mio, che tremava e si sosteneva a me.
Sul momento, non mi fermai più di un secondo a riflettere su un tale gesto, troppo furioso anche solo per ricambiare quella specie di buffo abbraccio, che credo avesse voluto darmi.

Guardai Cas e Gabe come volessi incenerirli e fu proprio quest’ultimo -il cazzone- a degnarsi di dare finalmente spiegazioni.

“Mi dispiace Sam …”

Disse, cercando il suo sguardo, dietro le mie spalle.

“Dean ho provato a baciarlo … lo sai che non volevo fare niente di male. Lui mi piace e mi era sembrato che … ma non potevo sapere che avrebbe reagito così!”

Alla parola ‘baciarlo’ credo di non aver capito molto altro.

Mi lanciai contro di lui, lasciando bruscamente il fianco di Sam e se non fosse stato per Castiel, che mi si parò davanti, gli avrei fatto davvero del male. Lo giuro.
Mi sarei giocato la carriera, la vita, il rispetto di me stesso, tutto, ma sragionavo completamente.
Con entrambe le mani sul mio petto, Castiel mi spinse indietro mentre, tra le urla, le scuse e vocaboli irripetibili, nel cortile della rispettabile abitazione di una docente di teologia cristiana e un diplomatico americano, si consumava la più assurda scena da soap-opera mai vista.

I vicini di casa ne spettegolarono per mesi … anni!

Finché una voce si levò sopra tutto e ci congelò sul posto, come ridicole statue di ghiaccio.

“BASTA!”

Sam gridò dietro di noi, probabilmente stanco di assistere a questo spettacolo vergognoso, con tre persone che sbraitavano, parlando di lui come se non fosse presente.
Dipinto sul suo viso uno sguardo indecifrabile, dove non c’era più traccia della confusione di prima.
Ci guardò serio e deciso, con i pugni serrati, rivolgendo a ciascuno di noi uno sguardo preoccupato.

“Gabriel … non hai fatto niente di male. Mi succede … mi è già successo, tu non c’entri nulla. Castiel … grazie, mi dispiace che per colpa mia ti abbiano coinvolto …”

Solo allora guardò me.

“Vorrei andare a casa, Dean…”

Mi disse infine, prima di incamminarsi, con passo incerto, verso la volante ed accomodarsi sul sedile del passeggero.
Castiel mi spinse gentilmente a raggiungerlo ed io gli obbedii, dopo esserci scambiati un ultimo sguardo d’intesa.

“Ne riparliamo, chiaro? Riportate a casa l’Impala!!”

Mi rivolsi al coglione che ancora si fissava i piedi.

Dopo aver riaccompagnato a casa Sam, sarei dovuto tornare subito in servizio, prima di ficcare me e il mio collega in un mare di guai.
Sapevo che non avrei avuto tempo per tornare sull’argomento quella stessa sera, ma Gabriel mi doveva delle spiegazioni e le avrei pretese il prima possibile.
 
Durante il lunghissimo viaggio verso casa nostra, né io, né Sam spiccicammo parola e l’aria stessa era tesa come filo spinato.
Mi accorsi, osservando le sue mani poggiate sulle ginocchia, che tremava ancora e che fissava fuori dal finestrino, col fiato corto.

Una volta parcheggiato di fronte all’ingresso, mentre ero già pronto a ripartire, Sam si voltò a guardarmi.

“Ti manca Ben?”

Mi chiese, scrutandomi, come ansioso di una mia risposta.
Che davvero non avrei mai potuto dargli, perché ero completamente rincoglionito dall’assurdità di quella domanda.
Come accidenti faceva a chiedermi una cosa del genere?
Chi cazzo poteva avergli …?

“Gabriel mi ha detto che mi vedi come un ‘sostituto’… e so anche che è stato John a chiederti di interessarti a me …”

Ok …
Primo: avrei ammazzato Gabriel Novack! Su questo non si discuteva!
Secondo: porca vacca!! Sam non parlava mai, ma quando lo faceva … mieteva vittime peggio della Vecchia Falce!!

Mi sentii un vero schifo e non riuscii ad aprire bocca.
E quegli occhi … maledizione!!
Sembrava deluso.
Sembrava disperato.
Sembrava volesse chiedermi qualcosa e non ci riuscisse.

Non feci in tempo a rispondergli, grazie a Dio, perché Jo mi chiamò imbestialita, minacciando di spedirmi dritto dal capitano Mills se non avessi materializzato il mio culo da lei –sue esatte parole-, in quel preciso istante.
Salvato dalla Mills … quella era tremenda!!

Mi scusai con Sam e gli promisi che ne avremmo riparlato.
Lui distolse dai miei quei suoi occhi da cucciolo ferito ed abbandonato e scese dall’auto, ancora non molto stabile sulle proprie gambe.

Cristo, era un fottutissimo casino! Tutta la fatica fatta fin’ora per conquistarmi un pezzetto di fiducia, finita dritta nel cesso in due secondi netti.
E Gabe –cazzo- mi avrebbe aiutato a venirne fuori!
 
 
Rimuginai durante il maledetto turno di notte e focalizzai la mia attenzione sui motivi che potevano aver causato in Sam una reazione così … eccessiva.
Insomma, sul serio: era normale terrorizzarsi in quel modo per un deficiente che cerca di baciarti?

Anche se Sam non era gay …

Cristo, non sapevo neanche se era gay!!! Era follia credere di essere in qualche modo legato a lui??! Che ne sapevo io di lui?? Ero un idiota!
Ma più ci pensavo e più mi convincevo che c’era qualcosa di grosso sotto.
Non potevo chiederlo direttamente a Sam … come facevo?!
Era già tanto riuscire a riprendere l’argomento ‘perdonami! Io ci tengo davvero a te, non solo perché me l’ha chiesto tuo padre … ah, a proposito: per caso sei gay?’ senza sembrare un perfetto idiota o –peggio- un maniaco sessuale!

Decisi che avrei parlato con John, perché volevo vederci chiaro, ma mi sarei tenuto pronto ad un suo più che probabile rifiuto ad affrontare l’argomento.
Avevo i miei contatti e i miei metodi.

N° 1: il rettore Singer poteva aiutarmi a sapere qualcosa sul periodo che Sam aveva passato a Stanford.
Bobby Singer e John Winchester avevano servito insieme in Vietnam ed erano rimasti molto amici. Era di famiglia per i Winchester ed io e mia madre, ormai ne facevamo parte.

N° 2: ero un poliziotto, cazzo, avrei sfruttato i soldi dei contribuenti per fare qualche indagine personale.
N° 3: avevo bisogno di Castiel! Gesù, dovevo sfogarmi con lui!
 
 






Continua …
 

 





Nda: questi due capitoli invece li dedico con affetto, passione e gratitudine alla mia beta di fiducia, thinias, che ama Dean quanto lo amo io, se non di più. Sempre con la speranza, di aver mantenuto abbastanza fedeli, tutte quelle caratteristiche che ci fanno adorare così tanto questo splendido e complicatissimo personaggio. Martedì il prossimo capitolo, con un POV a sorpresa che finalmente ci chiarirà molti punti oscuri. Grazie a tutti ^^ Siete in tanti e mi piacerebbe sapere cosa  ne pensate fin qui ;D

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Capitolo 5
*** Bobby: il risolutore ***


Autrice: ELE106
Titolo:Sono qui per te
Capitoli: 5/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Bobby Singer per questo capitolo.
Rating:Verde
Genere:Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc…
Note dell’autrice: con questo POV mi voglio rovinare!!! ç_ç Non c’è cosa più complicata che rendere merito e giustizia ad un personaggio come Bobby Singer! Ommioddio sto per fare una cazzata!! Il guaio è che mi serve, capperi! Vi prego, siate indulgenti con me. Il solo pensare a lui e nominarlo mi rende immediatamente succube di malinconia, ricordi e tristezza! QUINDI CHIEDO UMILMENTE SCUSA! Comunque … buona lettura ;D
 
 



CAPITOLO 5.
Bobby: il risolutore.
 
 




Mary Campbell è stata la cosa migliore che potesse capitare a John Winchester!

Lei e quell’idiota di suo figlio Dean gli hanno dato un po’ di respiro.
Non oso immaginare la fine che avrebbe fatto quell’uomo, senza di loro.
Talmente ossessionato dal proteggere suo figlio Sam, che sembrava curarlo da in cima ad un muro, con il mitra puntato su chiunque gli si avvicinasse.

Spesso mi ritrovavo a dubitare che John si ricordasse di non essere più in guerra.

Stava davvero diventando una malattia e, quando Sam prese coraggio e se ne andò, staccandosi dall’ala di suo padre –senza il suo consenso, ovviamente- e rischiando pericolosamente di perdere ogni contatto con lui, fui intimamente soddisfatto e fiero del ragazzo.
Era l’unico modo, per entrambi, di iniziare a vivere.

Oh … John ne fece un dramma!
Sbraitava ai quattro venti di non avere più un figlio e non faceva che assillare il sottoscritto di lagne e di prediche ogni sacrosanta volta che ci si incontrava.
Non avrebbe mai abbandonato suo figlio, questo no.

Il loro era un rapporto complesso.
Gesù, farebbero la gioia –o la rovina- di qualsiasi psico-terapeuta!

John ha fatto del suo meglio, considerando che perse sua moglie quando Sam era in fasce e che lo tirò su praticamente da solo.
Ma la mancanza di una madre, pesa.
E’ sempre nell’aria e certe volte rischia di soffocare qualsiasi altro sentimento.
Per loro due è stato così.

Ringrazio Dio per aver messo Mary sulla loro strada.
Ero davvero preoccupato per lui.
 
E Dean … sembra orribile da dire, ma era il figlio che John avrebbe sempre voluto.
Con questo è chiaro che amava ed ama Sam più di qualunque altra cosa.
Solo che, a livello di compatibilità di carattere e quant’altro, considerava Dean un bravo ragazzo e lo ammirava. Era davvero fiero di lui, come fosse suo! Non glielo avrebbe mai confessato apertamente, ma era così e lo sapevano tutti e due.
Si capivano al volo, mentre con Sam era tutto dannatamente difficile.

John criticava la sua scelta di andarsene, sì. Ma più che altro non gli andava a genio l’idea di restare da solo.
Eppure, quando si chiacchierava in compagnia e il discorso finiva su suo figlio, era un crescendo di occhi luccicanti, lodi ed orgoglio per il cervellone di famiglia che sarebbe diventato un grande avvocato.
 
Tornando a Dean, comunque, il ragazzo fece immediatamente simpatia anche a me.
Diavolo,  aveva il dono di farti sentire parte della famiglia.
E io lo considerai subito come figlio di John e quindi come un nipote.
 
A dirla tutta, la prima volta che ci presentarono, pensai che fosse un idiota!

Un ragazzo con la sua intelligenza che, finito il liceo, sprecava la sua vita (e la sua intelligenza) per andare a fare il piedi-piatti di una fottutissima cittadina in mezzo al Kansas, come Lawrence??! Balle!
Che diavolo, ma che aveva nel cervello?
Non mi capacito ancora oggi, di come si possa avere così poco rispetto per sé stessi.
Almeno su questo io e John eravamo d’accordo.

Ma il testone, niente!
La polizia era il suo credo e la sua seconda famiglia.
E se uno aveva la fortuna di conoscerlo bene, capiva che non era né folle né esaltato, né scontato.

Era semplicemente vero.
Lo faceva, perché ci credeva!
Credeva di proteggere la gente e a lui importava di questo.
La sua vita è incentrata sempre e solo a proteggere gli altri.
Proteggere sua madre.
Proteggere i suoi amici (compreso quell’imbecille del suo amico Gabriel).
E proteggere anche Sam.
 
Sam lo conosco da quando è nato.
Gli ho fatto da padrino e lui mi chiama zio da quando ha iniziato a parlare.
Se ricordo bene ha addirittura detto ‘zio’, prima di ‘papà’.

Mentirei se dicessi che, come suo padre, non mi sono sempre comportato da genitore protettivo nei confronti del ragazzo.
Ma Sam è sempre stato così mansueto e dolcile, che veniva naturale.
Abbiamo faticato tutti ad accorgerci che, crescendo, era diventato un ragazzone grande e grosso, ma soprattutto che aveva le spalle larghe e che voleva la sua indipendenza.

Con John non facevano che ‘azzannarsi’.
Da bravo marines, John non concepiva che un figlio potesse disobbedire ai suoi ordini.
Anche se Sam poteva sembrare mite e tranquillo, aveva un inclinazione al comando molto simile a quella di suo padre. Faceva sempre di testa sua.
Cristo erano vere e proprie guerre!
 
Stava diventando un uomo ed è sempre difficile da accettare per un genitore.

Dopo Stanford, giuro, non avrei saputo dire se fosse ancora lo stesso ragazzo.
Faticavo a riconoscerlo.

Non ho più avuto modo di parlarci e lui non ha fatto nulla per avvicinarmi.
Con John abbiamo discusso spesso di questo ed ho insistito parecchie volte per sapere cosa gli fosse successo e se avessi potuto aiutarlo.
Nulla.
Un Winchester rimane sempre un Winchester. Dannate testacce dure!

Promisi a John che non me ne sarei curato.
Gli promisi di non fare domande e lui, tacitamente, mi promise di parlarmene appena fosse stato pronto.
 
Iniziai a rilassarmi, in merito alle dinamiche di famiglia Winchester-Campbell, quando mi accorsi di vedere spesso Dean, girare intorno a Sam.
Tirai un sospiro di sollievo, come se sapessi che la vicinanza di quello spaccone avrebbe sicuramente giovato al ragazzo.
E qualcosa, in effetti, mi sembrò anche muoversi.

Sam mi cercò un paio di volte per chiacchierare e veniva a trovarmi con Dean, molto spesso.
Non parlò mai di Stanford e non mi aspettavo certo che lo facesse.

Ma parlava! Dannazione, PARLAVA!

E non lo avevo più visto ridere da Dio solo sa quanto tempo.
Quell’imbecille di Dean lo faceva ridere.

Ricordo in particolare una domenica pomeriggio, dopo una partita importante della squadra che Dean allenava con quell’altro imbecille –Gabriel- che andammo tutti a vedere. Sammy compreso.
Eravamo seduti al tavolo, in un qualche self-service il cui nome mi sfugge -sarà l'età che avanza- ed aspettavamo Sam con i dessert.
John, Gabriel e Dean erano concentratissimi a discutere di tutte le strategie che avevano funzionato in partita.
Mary ed io, insieme a Castiel, parlavamo delle difficoltà che le strutture pubbliche avevano nel relazionarsi alle istituzioni.

Quando Sam arrivò, lo vidi sorridere a Dean e passargli il suo piatto con due belle fette di torta di mele, troneggianti al centro.

“So che ti piacciono …”

Gli disse sottovoce, mentre tutti noi discutevamo ancora.
Dean gli rispose con un ‘GRAZIE’ quasi urlato ed un sorriso largo e spontaneo, facendogli segno di accomodarsi vicino a lui.
Niente di strano.
Era qualcosa di assolutamente normale e quotidiano per due che stavano per diventare, in qualche modo, fratelli. Ma non potei fare a meno di notarlo e di pensare: grazie a Dio, Sam è tornato.

Li osservai chiacchierare per un po’, sentendomi come più leggero e rilassato dopo mesi.
Mi accorsi che, di fronte a loro, anche Castiel li guardava con espressione divertita e quasi tenera.

“Tu non mangi il dolce?”

Gli chiese Dean.

“No, ti ringrazio …”

Rispose Sam.

“Vuoi un pezzo della mia torta?”

A quel punto dovetti intervenire, perché –seriamente- Dean che offriva un pezzo della sua torta era pura fantascienza!

“Woh ragazzo! Che succede qui? Se non ricordo male, l’ultima persona che ha provato a chiederti un pezzo di torta, è quasi finita con la tua forchetta conficcata nella mano! E lo ricordo abbastanza bene, perché ero io, diamine!!”

Dissi.

Ci mettemmo a ridere così forte, da far voltare tutti i presenti e sembrava non volessimo finire mai.

“Io lo faccio per il bene di Sam! E’ troppo magro … e voi avete tutti le dita grasse e paffute! INGORDI!”

Castiel, tra le risate, gli rispose che era abbastanza sicuro che anche Dean avesse messo su qualche chilo di recente, cosa che fece annuire malignamente sua madre Mary e ridere Sammy ancora di più!

“Non sono così magro … è un’impressione, perché sono alto!”

Rispose il ragazzo, ridendo.

“Ma se hai lo stesso regime alimentare di una capra! Diventerai verde se continui a mangiare roba che spunta dal terreno!”

Scherzò Dean.
Continuammo così, a dire stupidaggini per un’ora buona e posso dire, senza vergogna, che fu uno dei momenti più belli della mia vita.
 
Dopo quel giorno, mi convinsi addirittura che tutte le ansie e le preoccupazioni fossero frutto unicamente della mia apprensione. Del fatto che ero davvero troppo legato ai ragazzi di John e del fatto che dimenticassi troppo spesso di non esserne il padre.
 
Poi Dean venne a chiedermi di informarmi su Sam e il suo biennio di studi alla facoltà di legge di Stanford.
E mi venne quasi un infarto!
Fu come se tutte le preoccupazioni accantonate, riemergessero all’istante.
Ricordo che pensai: Gesù, sono troppo vecchio!

Ma di fronte a quel ragazzo, seduto davanti a me, che mi guardava dritto negli occhi, con quella luce verde di speranza e preoccupazione, non seppi negargli il mio coinvolgimento.

Diavolo, si: volevo sapere anche io cosa c’era sotto.
Specie dopo che mi spiegò il motivo dei suoi sospetti.
Consapevole che avrei tradito la fiducia di John, ma fiducioso che lo avrei fatto per il bene del suo ragazzo, mi fidai di Dean e questo è quanto!
 
Appena uscì dalla mia stanza, chiamai il professor Crowley -una mia vecchia conoscenza che aveva una cattedra a Stanford-  al quale chiesi il favore personale di informarsi su Sam Winchester e su qualsiasi avvenimento fuori dai canoni,  successo intorno a sei mesi prima, quando il ragazzo tornò a Lawrence.
Accettò di informasi per conto mio, dopo avermi estorto la promessa di ritornargli il favore.
Lo misi in conto. Sarebbe stato strano il contrario.
 
Mai e poi mai mi sarei aspettato quello che scoprii di lì a pochi giorni.

Crowley mi richiamò agitato, informandomi che mi avrebbe mandato immediatamente un fax e pregandomi di fargli avere notizie di Sam il prima possibile.
Si scusò per non essersene rammentato subito, perché fu una cosa grossa e tutti nel campus se ne rammentavano.

Attesi quel maledetto fax in piedi di fronte allo stramaledetto aggeggio elettronico, avvertendo la forte sensazione che il triplo bypass non avrebbe retto l’angoscia.
E quando arrivò, la sensazione divenne certezza: ci sarei rimasto secco!
 
Prima ancora che finissi di leggere il fascicolo universitario di una certa Jessica Moore -studentessa di legge, al secondo anno, deceduta sei mesi prima- Dean Campbell piombò dritto nel mio ufficio, col fiato corto, gli occhi sgranati e terrorizzati ed un mucchio di fogli raccolti in una cartellina d’archivio della Polizia, che mi gettò letteralmente sulla scrivania.
Si accasciò di peso sulla poltrona di fronte alla mia e si coprì la bocca con una mano, rivolgendomi un’occhiata disperata e atterrita che diceva più di mille chiacchiere.

Quando le parole ‘Omicidio-suicidio’ mi apparvero sotto gli occhi, appena li posai su quella pila di carte, mi lasciai cadere a mia volta sulla poltrona, di fronte a Dean, guardandolo negli occhi con la stessa paura.

Mi presi qualche minuto, per leggere velocemente i fascicoli e i rapporti della Polizia, mentre il ragazzo si agitava da seduto, come se avesse un serpente su per il sedere.

Quando finii … fu allora che mi mancò il respiro.
 
“Dimmi che devo fare ora?”

Disse Dean, con voce roca, innaturalmente bassa e tremolante.

Dopo quelli che sembrarono secoli, mi alzai di scatto e presi la mia decisione.

“Non so tu, ragazzo. Ma io vado dritto da John Winchester … e sarà meglio che quell’idiota mi fornisca una spiegazione decente, per avermi tenuto all’oscuro di questa cosa!”
 
 
 
 
 

Continua ….
 


 
 
 
Nda: mmmm … allora chi di voi ci sta capendo qualche cosa?? *sta diventando perfida e si spaventa da sola*; i prossimi due capitoli saranno FINALMENTE i POV del nostro Sam e chiariranno ogni dubbio; ma sarà finita?? Ok, sapremo cosa è successo a Stanford, ma i nostri ragazzi sono ancora lontani dal rendersi conto dei propri sentimenti e Castiel avrà ancora la sua parte da giocare…*sempre più perfida*
Ringrazio sempre tutti tutti tutti tutti per i bellissimi commenti! Non ho veramente parole, ma è importantissimo sapere che seguite la storia con così tanto interesse! Molto probabilmente dovrò saltare la pubblicazione del venerdì, quindi passiamo a martedì prossimo. Mi scuso in anticipo per l’attesa, ma il tempo sembra non essere mai abbastanza e –a quest’ora- speravo di aver già scritto la fine, invece … *si prostra ai vostri piedi*

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Capitolo 6
*** Sam: ragazzo interrotto (prima parte) ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 6/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Sam per questo capitolo.
Rating: Arancione (argomenti un po’ forti…)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: bene bene bene … se siete sopravvissuti fino a qui, siamo finalmente arrivati all’agognato (e sudato) POV di Sam!! Chi di voi aveva già capito cosa fosse successo??? Sono curiosissima di saperlo ^^, ci si rivede in fondo per lo sclero dell’autrice … non ve lo vorrete mica perdere???!!! Buona lettura ;D
 
 

CAPITOLO 6.
Sam: ragazzo interrotto (prima parte)
 




Quando il proiettile si è conficcato nel cranio di Jessica, è stato come se fosse entrato nel mio.
Ed insieme ad esso, una parte di lei si fosse fusa con me, in tutta la sua disperazione e rabbia.
In tutta la sua furia e confusione.
Ero diventato lei.
Oppure … lei era diventata il fantasma che mi ossessionava?
 
E’ stato solo buio e caos per non so bene quanto tempo.

Mi ricordo di mio padre in lacrime.
Me lo ricordo bene.
Ricordo che ero in ospedale.
Ricordo dottori ed infermieri e un miliardo di altre persone, che non facevano che toccarmi dappertutto e puntarmi luci accecanti negli occhi.
Avrei voluto urlare e rannicchiarmi in un angolo.
Avrei voluto diventare talmente piccolo da sparire, così che mi lasciassero in pace, perché quel proiettile aveva smosso l’inferno dentro la mia testa e sentivo solo il bisogno -quasi istintivo- di chiudere tutto e tutti fuori ed attendere di assorbire il colpo.

Ricordo che dormivo in macchina, sui sedili posteriori, durante il viaggio di ritorno a Lawrence e che John parlava sussurrando al telefono con qualcuno. Forse con Mary.
La sua voce tremava e io mi richiudevo nella mia mente, con maggiore ostinazione, cercando di non aggiungere al mio stato anche la preoccupazione di mio padre per me.
Ero scappato da lui per dimostrargli di essere un uomo e di essere perfettamente in grado di cavarmela da solo.
Ed era finita con una folle corsa in macchina per venire a riprendermi in un letto d’ospedale …

Il solo pensiero di averlo deluso … era terrificante.
Non riuscivo nemmeno a guardarlo. Ce l’avevo con lui, solo per sospettarlo capace di biasimarmi, anche in quelle circostanze e ce l’avevo con me stesso, solo per aver pensato una cosa del genere di mio padre.
 
Dormivo tanto.
Ma non era dormire davvero.
Ripercorrevo tutti gli sbagli, tutte le conversazioni, tutte le azioni e le inevitabili reazioni che portarono a quel maledetto giorno.
Il giorno in cui Jessica decise di smettere di essere invisibile.
 
Quando l’ho conosciuta, appena arrivato a Stanford, lei è stata una specie di angelo per me.
Non so perché, mi prese immediatamente in simpatia e mi trattava come un fratello minore, nonostante avessi la sua età.
Frequentavamo le stesse lezioni, studiavamo spesso insieme, la aiutavo dov’era più debole e vice versa.
Passavamo molto tempo insieme e … si, credo di essermi un po’ innamorato di lei.
Di quell’amore platonico ed infantile, quasi fraterno. Nulla di erotico, visto e considerato che il mio orientamento sessuale aveva intrapreso da tempo un’altra direzione.
Non ero propenso a condividere certi miei dettagli intimi con nessuno, quindi non ne parlai mai apertamente, senza negare né ammettere nulla.

Jessica stava già con Brady e, giuro, sembravano la coppia più schifosamente tenera, romantica e perfetta del pianeta.
Anche lui mi prese parecchio in simpatia, seppure una parte di me non abbia mai capito come non si infastidisse di avermi sempre tra i piedi e che Jessica tenesse modi molto affettuosi con me, anche in sua presenza.

Si può dire che diventammo un trio.

Mi piacevano.
Tutti e due.
 
Poi non so cosa sia successo.

Brady cambiò.
Droga, alcol, posti da ricchi snob, squallidi e pieni di spacciatori e puttane.

Trattava Jessica come fosse un oggetto dimenticato e senza importanza.
Peggio.
La trattava come un mezzo per sfogare la sua rabbia e il suo malessere.
La sviliva e la riempiva di insulti, camuffandoli con falsi sorrisi e pessimo sarcasmo.

Lei non me lo disse mai, ma ero assolutamente certo che l’avesse picchiata, in un paio di occasioni.

La vedevo spegnersi giorno dopo giorno.
E lei non concepiva nemmeno lontanamente l’idea di lasciarlo.
Tutt’altro.
Irrimediabilmente convinta che un giorno sarebbe tornato tutto come prima, fingeva semplicemente di non vedere l’essere ripugnante che era diventato il suo uomo.

Cercare di parlare con Brady e farlo ragionare, mi regalò solo il privilegio di prenderlo a pugni, dopo che lui colpì me per primo.
Cercare un approccio più mansueto, provando a capire cosa gli fosse accaduto, per ridurlo così, fu peggio.
Mi accusò di volerlo fuori dai piedi per farmi i comodi miei con Jessica.
Poi, in un delirio assurdo di offese e manie di persecuzioni che non capii mai fino in fondo, si convinse che in realtà era lui che volevo e tentò anche –credo- di baciami o forse di aggredirmi, non so. Lo stesi di nuovo, con un altro pugno sul naso.

Nel frattempo lei assisteva inerme a tutto questo.
Senza mai reagire, né lamentarsi, né esprimersi in alcun modo, se non aggrappandosi a me con tutte le sue forze.

Forse fu proprio questo l’errore.

Avrebbe dovuto aggrapparsi a qualcuno di più solido.
Qualcuno che avrebbe capito davvero che era sull’orlo di un baratro, ancor più profondo di quello da cui pendeva Brady.
Qualcuno che potesse salvarla.

Non io.

Mi concentrai su di lui, con le migliori intenzioni, ma sbagliai.
La lasciai da sola.
 
E quel pomeriggio, quando pensai di andare da lei e portarla con me a mangiare un muffin al cioccolato –che adoravamo- era già troppo tardi.
Entrai da quella porta, urtando il corpo pesante di Brady, riverso per terra con la faccia immersa nel suo stesso sangue e vidi Jessica in piedi, di fronte alla finestra, con la pistola in mano, già puntata alla testa.
Furono solo pochi secondi.
Il tempo di sgranare gli occhi ed allungare una mano verso di lei, inconsciamente, nel gesto di fermarla.
Non riuscii a dire nulla.
E tutto quello che mi resta di lei, sono le sue ultime parole.

“Mi piacevi tanto, piccolo …”
 
Uno sparo.
Le mie orecchie che fischiano.
Vetri imbrattati del suo sangue.
Poi più niente per tanto tempo.
 
Subito dopo il buio, sono arrivate le domande.
E sono state soprattutto quelle a mandarmi in tilt il cervello.

Perché disse quelle cose?
Perché non mi resi conto di cosa stava per fare?
Eppure, ripensandoci, avrei dovuto capirlo.

E ora capivo tutto.
Sentivo tutto, come fosse successo a me.
Come se a subire tutte le violenze, le offese, il dolore soffocante di aver perso la persona amata, fossi io stesso.

C’è stato un momento –forse più di un momento- in cui ho davvero creduto di essere lei.
Che possedesse il mio corpo e la mia mente.
In cui mi convinsi che il mio destino era di fare la stessa sua fine.
Che un colpo alla testa, mi avrebbe liberato e, di conseguenza, avrebbe liberato anche lei.
 
E, proprio quando i miei stavano diventando più che semplici propositi, è arrivato lui.
 
Dean.
 
E’ stato mio padre ad  ‘affibbiarmelo’ per tenermi d’occhio.
Lo sapevo.
L’ho sempre saputo.
Ma non mi interessava.
Cercava la mia compagnia e io desideravo disperatamente la sua, anche senza rendermene conto.
Era tutto quello che sapevo. Tutto quello che capivo. Una luce da seguire nella desolazione che mi circondava.
 
“Posso accompagnarti a casa?”

Sono state le prime parole che mi ha rivolto.
Anzi, a dire il vero, sono state le prime parole ‘normali’ che qualcuno mi ha rivolto, dopo … quel giorno.
Io lo osservavo.
Lo ascoltavo.
Non potevo farne a meno.

Avevo come l’impressione che fosse intimorito da me.
 
Senza sapere quando, come e soprattutto il perché, smisi di insabbiare la testa sotto il cumulo di tormenti interiori della mia mente traumatizzata ed iniziai ad interessarmi a qualcuno che veniva ‘da fuori’.
Smisi di credermi Jessica e ricominciai, lentamente, ad essere Sam.

Lui non sapeva nulla … mi trattava semplicemente come un ragazzo normale, che aveva i suoi segreti e basta. Non come una mente fragile e sotto choc, sull’orlo di una crisi post-traumatica.
E io stavo bene.
Dio, ascoltavo la sua voce e non pensavo più a niente.
Mi arrivava dritta al cervello e lo sentivo rilassarsi e distendersi, al suono roco e basso emesso delle sue corde vocali.
Lo ascoltavo ridere e lo guardavo gesticolare animatamente, mentre mi raccontava di quel suo amico, Gabriel, e dei loro battibecchi.
 
Lo trovavo buffo.
Così sicuro di sé, eppure, in qualche modo, impacciato e timido.

Quando parlava di Castiel arrossiva leggermente.
E si grattava la nuca, segno evidente che l’argomento lo imbarazzava e che era davvero un timido, anche se non sembrava.
Non la ammise mai, ma con Castiel aveva una vera e propria storia.
Una cosa seria.
Lo nominava spesso, anche senza accorgersene.

“Cass dice che …”

“Cass ha pensato che…”

I discorsi li iniziava quasi sempre così.
Con il tempo, notai che succedeva sempre meno di frequente.
E capii che, in qualche modo, era colpa mia e del tempo che trascorreva con me.
Ma non riuscivo a sentirmi in colpa. Avevo così tanto bisogno di lui …
 
Dean l’ho sempre guardato da lontano. Anche prima di tornare da Stanford.
E’ più vecchio di me, fa il poliziotto, è divertente, interessante ed è anche … si, è molto bello.
Attira l’attenzione, per l’uno o per l’altro motivo.
 
Ho sempre avuto un imbarazzante cotta per lui.
Di quelle innocenti e abbastanza sciocche, ma sotto controllo.
Quando me ne andavo da Lawrence non ci pensavo più.
E quando tornavo e lo vedevo, mi si chiudeva lo stomaco.

Lui non se lo ricorda, ma ci eravamo già visti.
Al suo ultimo anno di liceo –ovvero il mio primo- mi aiutò con un paio di bulletti.
I classici falliti, che cercano di auto-convincersi di non essere destinati alle fabbriche e se la prendono con gli altri, per sentirsi dei duri.
Ricordo che prese uno dei miei libri da terra, me lo porse e mi disse:

“Non sei diverso da loro. Se gli molli un pugno sul naso, sanguinano, sai?!”

Poi mi fece l’occhiolino e mi diede una pacca sulla spalla, continuando.

“Anzi, qualcosa di diverso ce l’hai. Tu sei più carino.”

La ridicola cotta che avevo per lui, iniziò allora e non credo di aver mai dimenticato i suoi occhi verdi ammiccare in quel modo.
 
Quando mio padre e Mary me lo presentarono e lui allungò una mano per stringermela, mi sembrò di essere in uno di quei romanzetti per ragazze, in cui il destino mette gli ‘innamorati’ sempre sulla stessa strada.
Avvampai per l’imbarazzo e mi tenni il più lontano possibile per molto tempo, consapevole che stavamo per diventare una famiglia e che, di certo, sentimenti di questo tipo avrebbero solo complicato le cose.

Con Dean, allora, non facevo che collezionare figuracce.
Le poche volte che ci parlavamo o che ci scambiavamo occhiate, io non riuscivo a far altro che arrossire, balbettare e tossicchiare convulsamente.
Ero sicuro che mi considerasse una specie di strano ragazzo-nerd-impedito e che provasse una sorta di compassione per me.
 
Comunque … poi è cambiato tutto.
Sono cambiato io.
 
Può sembrare assurdo, ma sentii da subito il desiderio di aprirmi con Dean.
Ogni volta che incrociavo i suoi occhi, percepivo come un ammasso informe di dolore, frustrazione, lacrime, paura, colpa e rammarico, crescere dentro di me e premere ferocemente per uscire. Per liberarmi.

L’unico motivo per cui non lo feci, fu la consapevolezza che non potevo scaricargli un tale macigno addosso, senza che nemmeno mi conoscesse.
Lo avrei fatto fuggire.
Ero abbastanza lucido per capire questo. Non ero così fuori di testa!
Per non parlare del fatto che, se avesse saputo, avrebbe iniziato a trattarmi diversamente.
Avrebbe iniziato a trattarmi come se non fossi normale, anche lui.
E io non volevo.


La prima volta che mi offrì un passaggio in macchina per riaccompagnarmi a casa, ricordo bene che parlò a raffica durante tutto il tragitto.
Parlava e parlava e io non capivo un accidente. Riuscivo solo a pensare: ti prego, aiutami Dean! Tirami fuori di qui!
Lui doveva solo afferrarmi, prima che il macigno mi inghiottisse al suo interno e non restasse più nulla di me da salvare.

E lo fece.
Forse, senza neanche accorgersene.
 
Penso di poter dare il merito di tutto a Gabriel.
Se non fosse stato per lui, non mi sarei mai sbloccato con Dean.
Non mi sarei mani nemmeno reso conto, di quello che era diventato per me.
 
 




Continua …
 
 
 




Nda (lunghisssssssssime): oh signùr che dramma!!! Siate molto clementi con me … questo capitolo e il prossimo sono stati moooooooooooooooolto difficili … molti pezzi dovevano incastrarsi e combaciare e qualche nodo doveva sciogliersi. Spero di esserci riuscita e di non aver fatto pasticci!!! Penso che fin’ora la storia fili … si *ci spera*... in qualche modo tutto ha un senso nella mia testa. Sono ansiosa di sapere se anche voi abbiate la stessa impressione ^^ Il personaggio di Sam è quello che mi riesce sempre più OOC, perché io ho una visione di lui, molto legata alle prime stagioni! Fatico a vederlo diventare un uomo, tanto quanto John e Dean (e Bobby) ^^ Ma…ho voluto mantenere inalterato il suo senso di inappartenenza. Il suo disagio e il suo sentirsi fuori posto, sempre. Il suo terrore di non essere ‘norame’, agli occhi dei suoi cari. Senza potermi avvalere del sorpannaturale, ho ricollegato questo aspetto del suo carattere ad un trauma subito. Con la seconda parte, arriviamo di nuovo a quella sera … ebbene si! La sera in cui Gabriel tentò di baciare Sam!! Perché il nostro ragazzone ha reagito così??? Lo sapremo presto … come promesso: tutto ha un senso. Aggiornamento previsto per martedì prossimo ^^
Come sempre, ringrazio tutti tutti tutti voi che seguite,  che commentate o che leggete soltato, la mia storia!!! Sono sempre più sbalordita e sempre più terrorizzata di combinare casini! Nel qual caso … vi chiederò perdono in ginocchio, uno per uno ;D Baciotti

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Capitolo 7
*** Sam: ragazzo interrotto (seconda parte) ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 7/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Sam per questo capitolo.
Rating: giallo
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: Eccoci arrivati alla seconda ed ultima parte del POV di Sam. E' un pizzico più lunga degli altri :D Prima di continuare a leggere, voglio rassicurare tutti, spoilerandovi alla grande che il nostro fratellino sarà ripagato di ogni sofferenza (e anche voi … ^^), quindi non auguratemi la morte o strane malattie, quando arriverete in fondo!!!! Chiarito questo (altrimenti detto: pariamoci le chiappe) … auguro -come sempre- Buona Lettura ;D **fugge via senza le nda finali**
 
 
 

CAPITOLO 7.
Sam: ragazzo interrotto (seconda parte)
 
 



“Mi piaci tanto, piccolo …”

Tutto qui.
Povero Gabriel …
Un’infelice scelta di parole.

Avrei potuto anche lasciare che mi baciasse, quella sera.
Ma disse proprio le sue parole esatte.
E fu come se quello sparo esplodesse di nuovo dentro la mia testa.
Sentii di nuovo la voce di Jessica e vidi solo i suoi occhi vuoti e vitrei, che mi fissavano al posto di quelli di Gabriel.

Devo averlo spaventato a morte.
Per primo, arrivò violentissimo un conato, risalendomi la gola.
Iniziai a tremare e tutto quello che riuscii a pensare fu: voglio Dean.

Desiderai con tutto me stesso che si materializzasse all’istante di fronte a me.
Desiderai di trovarmi con lui a bordo della sua macchina –quell’Impala che era diventata un’oasi di pace per me- e che … non so, che mi parlasse della sua giornata.
 
Sentii che non avrei sopportato questo un’altra volta e se Dean non fosse arrivato …
Davvero non lo so.

E’ stato allora che ho capito.
Quando l’ho visto correre fuori dalla voltante e venire verso di me.
Ho avvertito il mio respiro regolarizzarsi.
Ho capito che non era più una ridicola cotta.
Avevo bisogno di lui.

E non mi fregava più un bel niente che scoprisse la verità.

Per un secondo –mentre mi sostenevo a lui, sentendo le gambe cedermi, e affondando il viso tra le sue scapole- desiderai ardentemente che la sapesse già e che mi portasse via immediatamente, senza fare domande, senza dare spiegazioni.
Perché stavo davvero andando fuori di testa e quello che mi stava succedendo ne era la prova, sbattuta in faccia nella sua totale e terrificante interezza.
Stavo impazzendo per una parola innocente, detta per caso da un uomo gentile, a cui piacevo, che voleva semplicemente darmi un bacio.

Non ero guarito.
Non stavo bene.

Ero ancora sull’orlo di quel maledetto baratro e mancava un soffio per convincermi definitivamente che mi ci sarei dovuto buttare dentro.
 

Probabilmente se io e Dean fossimo stati proprio nella sua Impala, quando mi riaccompagnò a casa, gli avrei confessato tutto …
Ma nell’anonima cabina della sua voltante, fredda e sconosciuta, non riuscii a smettere di tremare.
E man mano che riacquistavo lucidità, ricordavo quel che mi raccontò Gabriel, prima di tentare quel timido approccio.
Che per Dean ero come un ‘sostituto’ e che si occupava di me, per compensare il brusco distacco da Ben, il bambino della sua ex fidanzata –Lisa- del quale sentiva molto la mancanza.

Essere il sostituto di qualcuno non era assolutamente quel che volevo, ma certo non potevo fargliene una colpa.
Perché gli chiesi -così a brucia pelo- se era vero? Perché gli rivelai di sapere che papà gli aveva chiesto di starmi vicino?
Fu meschino e scorretto, da parte mia, rinfacciargli una cosa del genere, prima che mi lasciasse, ancora traballante, davanti al cortile di casa.

Cosa volevo da Dean? Che ne sapevo io di lui?
Di Lisa e di Ben e di quello che avevano passato insieme?
 
Era una paura irrazionale, credo.
Quella di non essere davvero importante per lui.
Di essere un modo per tenere occupata la mente e non pensare a quel bambino che poteva essere suo.

Credo di aver solo cercato una conferma, da Dean, in merito ai suoi sentimenti per me.
E mi rendevo perfettamente conto che fosse assurdo.

Mi pentii subito di avergli fatto quelle domande e, una volta sparito lui e la sua volante dalla mia visuale, mi convinsi di averlo praticamente cacciato.
Di averlo mandato al diavolo e di avergli fatto intendere di non interessarsi più a me.
Mi sentii male.
 

Non ebbi modo di parlare di nuovo con Dean fino a che …

Un pomeriggio come tanti, di ritorno da un esame, arrivai a casa nostra e sorpresi lui, Bobby e John parlare di me in soggiorno, abbastanza animatamente.
Litigavano.

“Dannazione John … perché non me ne hai parlato? Lo sai che ti avrei aiutato …”

Sentii gridare Bobby, come non mi ricordo abbia mai fatto.

“Bobby … lo avrei fatto, credimi! Sam doveva rimanere tranquillo. I dottori sono stati chiari in merito. L’ultima cosa che gli serve è avere gente intorno che lo guarda, chiedendosi quando darà di matto! Ti prego … Bobby …cerca di capire!”

Rispose mio padre.
Lo stesso timbro di voce basso e roco, reso ancora più tremolante dalla troppa emozione, di quando mi riportò a casa, parlando con Mary al telefono.

All’improvviso, lo sguardo concentrato di Dean passò dai suoi interlocutori, a me, dritto sulla porta, probabilmente ad occhi sgranati.  Come se avesse avvertito la mia presenza.
In quell’istante mi sembrò che quel baratro mi avesse inghiottito al suo interno all’improvviso.
E io cadevo urlando, senza mai toccarne il fondo.

Ora potevo dire addio davvero alla normalità.
Potevo scordarmela.
Dean sapeva tutto.
Bobby sapeva tutto.
Non mi avrebbero più guardato con gli stessi occhi.

Mi fiondai di fuori, sbattendo contro porte e cassettoni, ma Dean mi seguì subito e mi raggiunse nel vialetto,afferrandomi per un polso.
Quanto mi sentii stupido in quel momento … nel rendermi conto di come quella fuga potesse sembrare teatrale ed eccessiva.
E il solo credere che Dean potesse pensarmi così sciocco ed infantile, mi fece infuriare ancora di più.
Ma più della rabbia, sentivo crescere la frustrazione di non riuscire a farmi capire.
Di non essere in grado di trasmettere le mie emozioni, alle persone che amavo e quindi, di essere frainteso.

Strattonai con violenza la sua mano per liberarmi di quella stretta bruciante, che mi impediva di andare a nascondermi da qualche parte e lasciarmi morire tra la vergogna di non essere normale e la consapevolezza di non poter più nemmeno fingere di esserlo.
Non riuscii a guadarlo in faccia, tant’era il terrore di vederci compassione o pena.

“Sam, scusami …”

Disse solo.
Allora non potei evitare di rialzare lo sguardo, sentendo i miei occhi già umidi e colmi di lacrime, non appena incrociarono i suoi.
C’era solo preoccupazione, in quelle sue bellissime iridi luccicanti, rese ancora più uniche dalla luce particolare che il tramonto rifletteva in esse.
Nient’altro.

Smisi di lottare con lui e lasciai che mi stringesse il polso.

“Perché?”

Gli chiesi, ma lui sembrò non capire.
Balbettava, non sapendo bene cosa dire o forse temendo di sbagliare in qualunque caso.

“C-cosa? Perché cosa?”

Mi chiese a sua volta.

“Perché ti dispiace? Perché non hai chiesto direttamente a me quel che volevi sapere? Perché non mi lasci perdere e basta? P…”

Ma non mi fece finire.

“Ok, ok, frena! E’ chiaro!”

Mi disse, agitandomi una mano in faccia.

“Devo rispondere a tutto subito?”

Arrossii.

“Sam, cosa vuoi che ti dica? Mi dispiace per tutto … dimmi solo se stai bene …”

Iniziò ad agitarsi sul posto, imbarazzato, lasciandomi andare il polso di scatto. Non si era reso conto di stringermi ancora.

“… dimmi se posso aiutarti …”

Prima che potessi ancora chiedergli il perché, mi interruppe nuovamente.

“P-perché è importante! Sei importante … per me! N-non c’entrano niente né Ben né John. Cioè … magari all’inizio si, ma poi … poi no…”

Si grattava la nuca, nervosamente, mentre parlava. Era così buffo!

“Cazzo!!!”

Esclamò infine, strofinandosi gli occhi con una mano.

Non sapevo davvero se scoppiare a ridere per la tenerezza infinita che mi fece o abbattere tutte le barriere in quel preciso istante e saltargli addosso per abbracciarlo stretto, supplicandolo di non lasciarmi mai.
Invece non feci nient’altro che continuare a fissarlo, guardingo e sulla difensiva.

“Possiamo fare un giro in macchina? Per favore …”

Gli chiesi infine.
Magari lì sarei riuscito a fare qualcosa.
Mi sarei sentito a mio agio.
 
Lo seguii, mentre si incamminava verso l’Impala, cercando le chiavi nei taschini dei jeans, nella giacca, ovunque, senza trovarle.
Era testo ed impacciato e mi fece sorridere di nuovo, quasi senza accorgermene.
Fissavo la sua schiena ampia e curva e la sua particolare andatura rilassata, sentendomi già più tranquillo e sereno.
Mi resi conto dell’incredibile effetto che aveva su di me, la sua sola vicinanza.
E decisi che –semplicemente- non potevo più fare a meno di lui.
 
 
Non andò bene.
Probabilmente eravamo solo troppo nervosi e … credo che Dean fosse realmente spaventato da me e da ciò che aveva scoperto.
Proprio quello che temevo più di ogni altra cosa.

Mi chiese ancora se poteva aiutarmi in qualche modo e mi chiese cosa fosse successo veramente con Gabriel.
Gli raccontai come mi sentii e la sciocchezza che aveva provocato quella reazione, non trascurando di pregarlo di non prendersela con il suo amico.
Sembrò preoccuparsi ancora di più e sono certo fosse ad un passo dal chiedermi se avessi pensato di andare da un analista.

Mi sarei buttato dall’auto in corsa, piuttosto che sentire da lui una cosa del genere.
Non la disse.
Come se mi conoscesse meglio di chiunque altro.

“Non possiamo solo … rimanere cosi. Io sto bene così … c-con te...”

Gli dissi, quasi sottovoce, quando il giro in macchina ormai durava da più di mezz’ora e mi accorsi che i modi di Dean, stavano diventando impazienti.
Voleva capirci qualcosa e se non mi fossi confidato … avrei rischiato che mi lasciasse perdere davvero.
E non volevo.

Dopo un lungo silenzio, finalmente rispose.

“Perché io, Sam? Sono bravo solo a fare casini ...”
 
Mi chiese, sinceramente stupito.

Come facesse un uomo meraviglioso come lui a non vedere quant’era bello, dentro e fuori, rimane ancora un mistero per me.
Come facesse a non accorgersi dell’effetto che faceva sulle persone, su di me, non lo avrei mai compreso.
Suppongo, tutt’ora, che faccia parte del suo fascino.

“Non lo so … perché no?”

Risposi, continuando a fissare la strada di fronte a noi.

“Tu non mi guardi come se fossi uno scherzo della natura …  uno fragile ragazzino, sull’orlo della pazzia …”

Spiegai, sperando con tutto il cuore che capisse che lui era fondamentale per me.
Che provavo qualcosa per lui.
Anche se io stesso, ancora non avrei saputo dare un nome a quel qualcosa.

Mi osservava dubbioso.
Così, feci l’unica cosa che potevo fare.

Fermi al semaforo, ad un isolato dal tornare a casa nostra, gli chiesi di girarsi a guardarmi e scrutai nei suoi occhi per pochi secondi, cercando nella profondità di quel verde, di carpire se quello che stavo facendo era giusto.
Se anche lui lo volesse.

Mi trasmisero un misto di preoccupazione e timore.
Ma anche –mi sembrò- di eccitazione ed attrazione.

Mi sporsi verso di lui –il cuore a mille- mentre il semaforo diventava verde e posai le mie labbra sulle sue, talmente piano da farmi dubitare di averle toccate davvero.
Eppure sentii distintamente un brivido, partire proprio dalle sue labbra ed arrivare alle mie, percorrendo la via che portava dritta al mio cuore.

Dean non si ritrasse, né chiuse gli occhi.
Nemmeno io li chiusi, come se continuando a fissarlo avessi potuto in qualche modo tenere sotto controllo le sue reazioni. Ipnotizzarlo.

Mise la sua mano destra sulla mia guancia e il brivido divenne pura elettricità.
Pochi secondi e mi allontanai con la stessa leggerezza con cui lo baciai.

Mi sorrise timidamente ed io con lui.

Quando i clacson iniziarono a suonare insistenti, dietro di noi, mi riscossi da quel piacevole torpore, tra l’imbarazzo e la felicità di essermi sbloccato e di aver finalmente preso una decisione.
Probabilmente arrossii di nuovo e sentii Dean deglutire rumorosamente.
Mi fissava ancora … imbambolato, aprendo e richiudendo la bocca senza che gli uscisse verbo.

Ricordo che non potei fare a meno di pensare, di nuovo, che quel suo essere impacciato mi facesse letteralmente impazzire.
 
Non dicemmo nulla, fino a casa.
Non ce n’era bisogno.
Dean aveva capito.
Capiva cosa volevo dirgli con quel bacio.
Forse lo aveva sempre saputo.
Ma io aspettavo una risposta e mi resi conto, con terrore, che non sapeva darmela.
 

Sulla soglia di casa nostra, mio padre e Bobby ci aspettavano preoccupati e visibilmente infuriati.
Dean ed io scendemmo insieme dall’auto e li raggiungemmo fianco a fianco.
Dopo esserci presi una bella strigliata da entrambi -soprattutto da Bobby- per essere praticamente scappati senza avvisare nessuno, Dean riuscì a tranquillizzarli e –forse notando una certa tensione tra noi- rientrarono in casa, lasciandoci soli.

Prima di andarsene, ricordo bene che mio padre mise una mano sulla mia spalla, ma senza riuscire a guardarmi negli occhi.
Percepii il suo tormento, il groviglio di paura ed apprensione che provava e mi sentii in colpa, perché non riuscivo ad aprirmi con lui.
Perché avevo una paura folle di deluderlo e di sembrare debole ai suoi occhi.
Ma con quella stretta, mi sembrò volesse solo farmi capire che lui c’era … e lo apprezzai molto.
 
Rimasto solo con Dean, nel cortile, l’imbarazzo era a livelli adolescenziali.
Lui non faceva che sfregarsi le mani sul tessuto dei jeans che ricopriva le cosce.
Mi accorsi solo in quel momento che aveva lasciato l’Impala con il motore acceso.

“D-devi andare?”

Gli chiesi.
Senza guardarmi, mi rispose che il suo turno iniziava tra un’ora.
Avrei voluto restare con lui ancora un po’.
Chiarire.
Capire bene cosa stesse succedendo.
Ma come ho detto poco prima … non andò per niente bene.
 
“Siamo a posto, Sam?”

Mi chiese lui.
Non capii bene il significato di quella domanda, ma chinai il capo, in segno di assenso.
Poi mi guardò dritto negli occhi e seppi all’istante che non aveva nulla di bello da dirmi.

“Sam, io … sono stato da Cass ieri sera e …”

Mormorò incerto.

Persi un battito, sentendo le mie gambe cedere, sotto il peso di quante cose potessero significare quelle semplici parole.
Non volevo saperlo! Non avrei avuto la forza di sentirmi dire in faccia che erano stati insieme.
Così deviai bruscamente la sua attenzione.

“L-lui sa di Stanford?”

Chiesi, fingendo che non mi importasse altro.

“NO!”

Si affrettò a rispondere.

“Comunque ho capito che t-tu … i-io per te … oh Cristo!! Io provo qualcosa per te, Sam. Lo so questo. Lo sento … ma non …”

Soppesò bene le parole, prima di proseguire.

“Quello che ti è successo è orribile … i-io non lo so davvero con che forza sei riuscito ad andare avanti. Ma non ne sei ancora uscito … e io non posso approfittarmi di questo …”

Sentii tutto quello che diceva, come ovattato nella mia testa.
Come se la mia mente si rifiutasse anche solo di concepire che lo avrei perso, in un modo o nell’altro, senza mai averlo avuto davvero.
Ma soprattutto, si rifiutasse di accettare che mi respingeva, non solo perché provava ancora qualcosa per Castiel, ma anche perché credeva che a parlare fosse il mio bisogno di lui e non i sentimenti che gli avevo appena manifestato.
E forse aveva ragione.
Ma –a differenza sua- per me le due cose avevano lo stesso significato.
Non potevo separare l’una dall’altra.

“Voglio aiutarti, Sam … non farti del male. Magari combinando qualche cazzata con te … "

Disse infine, appoggiando di nuovo la mano sulla mia guancia, come ad attirare la mia attenzione, fosse accorgendosi del vuoto su cui il mio sguardo si era soffermato.
 
Mi ritrassi debolmente da quella carezza.
Richiuso in me stesso come - o forse peggio- di prima.

“Vai …”

Sussurrai solo, mentre lui cercava di avvicinarsi di nuovo.

“Sam … lasciami spiegare … ”

Mi pregò.

“Siamo a posto, Dean!”

Dissi, con tono più deciso.

“Vai … io lo capisco.”

Mi lasciò lì sul vialetto, rivolgendomi prima, un’ultima occhiata esitante, come il giorno che Gabe tentò di baciarmi: combattuto tra il desiderio di restare e il dovere di andarsene.
E per la seconda volta lo guardai risalire in macchina ed allontanarsi, per poi svoltare al primo incrocio e sparire dal mio campo visivo, sentendomi male esattamente come allora.
Convinto di averlo mandato al diavolo per l’ennesima volta.

Mentre in realtà, tutto quello che voleva, era dirmi che aveva paura anche lui.
Paura che stare con ‘uno come me’ fosse … troppo.
Troppo difficile, troppo grande per lui … troppo soffocante.
Troppo tutto.
Paura di non essere in grado di aiutarmi.
Paura che i sentimenti che stavo manifestando per lui, fossero falsati, addirittura fraintesi dalla portata di emozioni che quello sparo aveva scatenato nella mia mente.

Ma questo lo avrei scoperto solo dopo.
 
Non sapevo ancora che c’era chi si stava adoperando perché il mio destino e quello di Dean si unissero in un unico grande sentiero, che avremmo percorso insieme, forse a bordo della sua Impala, la nostra oasi di pace.
 
                                                    
 
Continua …







nda: **è fuggita**

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Capitolo 8
*** Castiel: da angelo custode ... a essere umano. ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 8/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Castiel per questo capitolo.
Rating:  Giallo.
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: le sofferenze non sono ancora finite … come già anticipato, è ora che Castiel ci spieghi bene cos’è successo, visto che il nostro Dean, combina disastri come apre la boccaccia!!! Cribbio, ha proprio ragione Gabriel 0_o’ Non lo avreste mai detto, vero?? Spero di non deprimervi troppo, visto e considerato che siamo tutti abbastanza depressi per l’episodio 17 (alla visione del quale la sottoscritta –molto probabilmente- non sopravviverà!)  e che comprendiate il significato profondo delle azioni di Castiel, che io sto imparando ad amare sempre di più. Auguro a tutti, come sempre, buona lettura ;D
 

 


CAPITOLO 8.
Castiel: da angelo custode a … essere umano.
 


Mi piacerebbe che tutti si ricordassero … che sono un essere umano e basta.

Solo questo.

Perché a volte è davvero difficile fare la cosa giusta.
Soprattutto se questa, ci impedisce di ottenere ciò che vogliamo disperatamente e ci obbliga ad andare contro istinto e sentimenti, a favore di ragione e buon senso.
 
Quando Dean mi ha chiamato, qualche giorno dopo quell’assurda sceneggiata davanti a casa dei miei, chiedendomi se fossi in casa, sapevo esattamente cosa voleva.
E … che Dio mi perdoni, ero tentato di mandare al diavolo tutto e tutti e approfittarmi della sua confusione e fragilità.

Avrei potuto farlo.

E sono assolutamente sicuro, che si sarebbe lasciato andare, se io lo avessi spinto a farlo.

Ma non ho potuto.

Lo avrei fatto … se non avessi visto quella scena nel cortile.

Se non avessi passato quell’ora intera a cercare di calmare un ragazzo di due metri, terrorizzato e in iperventilazione, che tremava e non faceva che ripetere: “Chiama Dean, ti prego …” soffiandolo fuori, tra un rantolo e l’altro.

Nel mio lavoro mi è capitato spesso di vedere comportamenti simili a quelli di Sam.
Ed ero certo si trattasse di una qualche forma di stress post traumatico.
Avrei chiamato io stesso Dean, per metterlo in allarme ed esortarlo ad indagare meglio.
 
Ma mi anticipò lui e piombò in casa mia, esattamente trenta minuti dopo aver chiuso la telefonata.
Parlò a raffica per non so quanto tempo, mentre stavo a sentirlo preoccupato di questa scoperta che disse di aver fatto su Sam, ma della quale si rifiutò categoricamente di confidarmi alcun ché, poiché, disse:

“Non c’è il mio di passato in ballo.”

Fu la conferma che si trattava di qualcosa di davvero grave.
E l’ultima spinta necessaria a farmi decidere la giusta direzione da prendere.
Sam aveva davvero bisogno di lui.

“Ha bisogno di te, Dean …”

Le mie parole esatte.

Mi guardò, come improvvisamente colpito dalla consapevolezza che avessi ragione.
E con un misto di paura, forse.
Mi sembrò di cogliere anche questa e già ne sapevo il motivo.
Era la stessa paura che lo aveva allontanato da me: quella di fallire. Di non essere abbastanza.
 
Seduti in cucina, con una tazza di caffè fumante di fronte, ad un certo punto fu quasi comico, perché, mentre lo ascoltavo, ricordo che pensai ‘forse avrei dovuto fargli una camomilla … è già abbastanza agitato …’
Ridacchiai a quel pensiero, perché Dean la camomilla me l’avrebbe letteralmente lanciata dalla finestra.

“Che hai da ridere?”

Mi sorprese lui, proprio in quell’attimo di distrazione.

“Niente …”

Risposi, sempre sorridendo.

Lui mi guardò negli occhi, fingendo di essere infastidito, ma credo di averlo fatto rilassare un pochino, distogliendolo per un momento da quei pensieri ossessivi.
Una parte di me era decisamente arrabbiata con lui e … gelosa.
Non lo avevo mai visto preoccuparsi così per nessuno.
E lui si preoccupava sempre per tutto e tutti.

Mi raccontò delle domande che gli aveva fatto Sam e mi confessò di non sapere come affrontarlo e come spiegargli quel che provava, perché nemmeno lui lo capiva.
Eppure era così … lampante ai miei occhi.
Solo Dean poteva essere così incapace –e spaventato- di capire se stesso.
 
Gradualmente, ma con una forza inaudita, Sam gli era entrato dentro.
Proprio come avevo fatto io.
Ascoltandolo, assecondandolo, incuriosendolo e … amandolo.

Lo amava.

Lo capii nel momento stesso in cui Dean piombò fuori da quell’auto.
Lo vidi chiaramente.
Vidi le particolari iridi di Sam, dilatarsi alla vista di Dean e tutto il suo corpo smettere di tremare lentamente, ma progressivamente.
Lo vidi ricominciare a respirare, immediatamente dopo che anche gli occhi di Dean, erano nei suoi.
 
Non lo dissi mai a Dean.
Nonostante il mio sia stato un ruolo decisamente attivo nell’evolversi della sua relazione con Sam, non gli dissi mai che quel che provava per lui era chiaramente amore.
E so, che ad una interpretazione superficiale, potrebbe sembrare egoistico da parte mia.
Invece, lo feci proprio perché lo conoscevo bene.
Se gli avessi detto in faccia “sei innamorato di lui!”
Avrei ottenuto l’effetto contrario.
Sarebbe fuggito, si sarebbe chiuso nel rifiuto ostinato di una cosa del genere.
Proprio com’era successo con me.

No.

Lasciai semplicemente che ci arrivasse da solo.
 
Dopo essersi sfogato, mi ringraziò di cuore e ci alzammo insieme per incamminarci verso l’uscita e salutarci.
Arrivati in soggiorno, Dean mi prese per mano, inaspettatamente e mi tirò a se per abbracciarmi.
Un gesto così forte e così intimo, da parte sua, da lasciarmi senza fiato.
Stordito, sbalordito, con tutti gli annessi e connessi.
Confuso, per un attimo.
Era il suo modo per ringraziarmi davvero, di essere sincero con lui e di stargli accanto.
 
Eppure … la mia vita è fatta interamente di ‘eppure’ …

C’è stato un attimo in cui mi resi conto di poter cambiare il destino.
Di avere il cuore e il futuro di Dean nelle mie mani.
In quell’attimo, avrei potuto portarlo da me con un semplice gesto.

Sarebbe stato mio.
 
Ma io non sarei stato felice.
Perché –in cuor mio- avrei sempre saputo che amava davvero Sam.
 
Così, quando mi strinse tra le sue braccia ed appoggiò la fronte alla mia, inspirando pesantemente, ed accarezzandomi la guancia con una mano, dicendomi:

“Perché non ha funzionato con te, Cass?”

Invece di prendermi ciò che avrebbe potuto essere mio –anche se in parte-, gli dissi la verità:

“Lo sai già il perché …”

Con un’occhiata piuttosto eloquente, gli lasciai intendere che mi riferivo a Sam.

“Perché sei uno sbirro, cazzone, convinto di dover proteggere tutti …”

Conclusi poi, sorridendogli teneramente.
Lui mi guardò sorpreso.

“Cass … hai detto un parolaccia?!”

Mi disse, ridendo di gusto, come il primo giorno in cui ci siamo conosciuti.
E, proprio come quel giorno, anche io gli feci compagnia, scoppiando a ridere fragorosamente, forse sperando di inghiottire il fastidioso magone che cercava di risalirmi la gola.

Avrei voluto solo piangere e gridare.
Supplicarlo di amarmi, di rimanere, di fare l’amore con me, ancora. Gli avrei lasciato fare tutto, gli avrei dato tutto, gli avrei fatto capire cosa potevamo essere insieme.
Se solo avessi voluto e se glielo avessi chiesto, forse Dean lo avrebbe fatto … e questa consapevolezza, rendeva tutto ancora più difficile.
Invece risi con lui e mi fermai solo per guardarlo, nel solo modo in cui riuscivo a farlo: adorandolo.

Dean se ne accorse e ricambiò il mio sguardo, credo intuendo che volevo dirgli addio, in qualche modo.
Sigillare … chiudere nella maniera più degna e significativa, quello che c’è e c’era stato tra noi.
Accarezzandomi ancora la guancia, chiuse gli occhi e si abbassò un po’ per posare le labbra sulle mie.
Incapace di resistergli oltre, io mi gettai tra le sue braccia. Lo strinsi forte a me e portai entrambe le mani alla sua nuca, tirandogli delicatamente i capelli e premendo di più il mio viso contro il suo.
Non riuscii a trattenere nemmeno le lacrime, che scesero lente, finendo tra la sua bocca e la mia, bagnando le nostre lingue, già a contatto tra loro e regalando davvero un addio, a quel bacio disperato e caldo.

Piansi perché sarebbe stata l’ultima volta che sentivo il suo sapore, dopo mesi che non mi baciava.
Piansi perché avrei continuato ad amarlo anche dopo.
Piansi perché fare la cosa giusta mi aveva spezzato il cuore.

Ma avevo perso Dean, prima di quel giorno.
E questo -solo in parte- riuscì a confortarmi.
Questo e la consapevolezza che quelle lacrime avrebbero ferito Dean, ancora più di quanto non facessero con me.

“Cass …”

Mi sussurrò, allontanandosi solo di un soffio dalle mie labbra.

“Scusami …”

Mi disse.

“No.”

Gli risposi io.

“Scusami tu …”


Ci separammo e Dean si allontanò lentamente.
 
“Posso chiamarti domani?”

Chiese, con quel tono da bambinone troppo cresciuto.
Annuii, mentre tremavo, sperando che se ne andasse presto, per evitare che mi vedesse crollare sul pavimento e singhiozzare vergognosamente.

Prima di uscire da casa mia, si girò ancora una volta verso di me, proprio quando sentii i miei occhi riempirsi di lacrime, delle quali ormai non avevo più controllo, e disse:

“Quindi gli devo parlare, aprirgli il mio cuore e tutta quella roba, giusto? Sono fregato allora … tu lo sai: non ci so proprio fare con queste stronzate!”

Mi sorrise nel suo modo così unico, sincero e puro.

“Poco ma sicuro! Solo … cerca di farti perdonare poi."

Gli risposi, facendogli l’occhiolino.
Rise di nuovo, salutandomi e chiudendosi la porta alle spalle.
 

Quel che successe dopo non è che un dettaglio.
Feci la cosa giusta.
Ma non fu tutto merito mio.
 
Perché non ero solo, quella sera, in casa mia.
Non avevo maturato da solo, la forza di affrontare Dean e i suoi sentimenti per me e per Sam.
 
Appena lui se ne andò, Gabriel uscì dal suo ‘nascondiglio’, ovvero da camera mia.
Si fiondò subito da me e mi sorresse, per impedirmi di crollare veramente a terra, piangendo come un disperato.

Lo chiamai, subito dopo aver sentito Dean.
Lo chiamai perché sapevo che, se Gabe non mi avesse aiutato a ragionare, avrei sicuramente fatto lo sbaglio peggiore della mia vita.
E parlammo giusto quei dieci minuti che Dean ci concesse prima di arrivare.

Gli chiesi conferma dei miei timori.

“Lo ama, vero?”

E Gabriel –la cui sincerità era un pregio che non gli era mai mancato, a scapito di tatto e delicatezza- disse che non aveva mai visto Dean perdere le staffe in quel modo, per ragioni così futili.
E disse che non lo aveva mai visto guardare nessuno, come guardava Sam.

Mi pugnalò dritto al cuore.

Ma avevo bisogno di sentirmelo dire.
E l’unico che poteva farlo era mio fratello Gabriel.
 
“Hai fatto la cosa giusta.”

Continuava a ripetermi, quasi canticchiando, mentre mi cullava, seduti entrambi sul tappeto del soggiorno, sentendo il mio pianto calmarsi lentamente.
 
“Cassy-poo …”

Scherzò, storpiando la voce, facendola sembrare quella di un chipman.
Lo faceva sempre, quando eravamo bambini, per farmi ridere.
E gli riusciva proprio identica!

“Non mi chiamare così!"

Gli dissi io, riuscendo addirittura a ridere, tra un singhiozzo e l’altro.

“Eddai, ti sei liberato dello sbirro gigante e rompi coglioni! Cristo, l’avessi io la tua fortuna …”

Continuò, come parlando tra sé e sé.

“Anzi … probabilmente dopo aver cercato di baciare Sam, avrò anche io il privilegio di non doverlo più vedere …”

Concluse, con una nota di rammarico che non mi sfuggì.

“No!”

Sospirai, sgusciando piano dal suo abbraccio, rimettendomi in piedi ed asciugandomi le lacrime con le mani.

“Tu devi ancora fare la tua parte, fratellone! Probabilmente con Sam farà un casino ancora più enorme che con me. Sono parole tue.”

“Ok, ok! Farò quel che devo.”

Sbuffò.

“Che avranno fatto mai questi due, per meritarsi il sacrificio di due angeli come noi?”

Chiese, rialzandosi a sua volta.
 
“E’ destino. Se li conosci … non puoi fare a meno di amarli.”
 
 
 



Continua …
 

 
 




Nda: ossiggnoreiddiomisericordioso!!! Chiedo perdono in lacrime … ma questo capitolo l’ho SENTITO nel profondo del cuore. VI GIURO!! Lo vorrei felice Cassy,
perché rappresenta un po’ me e la persona che mi piacerebbe essere! Sappiate che, nella mia fantasia, Cass avrà davvero un aiuto in suo fratello Gabriel, che è un cazzone, si, ma gli vuole bene più di chiunque altro al mondo. Eddai, visto che fa l’agente matrimoniale e che gli toccherà pure dare una spintarella tra Dean e Sam (ormai lo avete già capito), il nostro vero eroe della storia, trascinerà Cass nei locali più alla moda e lo aiuterà a dimenticare … muah ah ah ah *e voi direte: come cacchio si fa a dimenticare Dean???? ecco … sono di nuovo depressa!* Col prossimo capitolo siamo QUASI alla fine *grazie al cielo* e vediamo se i due ragazzoni combinano o no qualcosa … testacce dure che non capiscono un tubo U_U
L’ultimo capitolino chiuderà il cerchio e arriverà presto! Abbiate pazienza …. l’autrice dopo un po’ che scrive, c’ha difficoltà alle articolazioni *dicesi:vecchiaia*
Un grazie immenso –ma non potete capire quanto grande- a tutti!! Proprio a tutti!!! GRAZIE ^^

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Capitolo 9
*** Dean e Sam: destino o 'intervento divino'? (prima parte) ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 9/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam
Rating:  Giallo (Dean è sempre Dean ;D)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: ATTENZIONE!!! Lo so che nessuno legge le nda all’inizio, perché si va di corsa e si divora immediatamente il capitolo. Io comunque vi assillo lo stesso!!! Mi serve per non farmi divorare dall’ansia!!! Questo, inizialmente, era un capitolo unico. Un vero e proprio confronto da Sam e Dean. Ho dovuto dividerlo in due per approfondire certi concetti e tentare di chiudere, senza farmi prendere dalla fretta, ma facendo quadrare tutto. E’ stato difficilissimo!!!! Prima di leggere quindi, sappiate il nono fa da tappeto rosso al decimo, che spero di cuore vi faccia felici e riesca ad essere degno della storia che ho montato. OK … ho finito! Buona lettura :D
 




CAPITOLO 9.
Dean e Sam: destino o 'intervento divino’? (prima parte)
 



DEAN per SAM.
 
Un disastro su tutta la linea.

‘Parla con lui Dean, digli quello che provi …’

Ma che cazzo! La fanno tutti facile …
Per quanto mi riguarda, è stato esattamente come se mi fossi auto-condannato a morte!
Infatti … non so bene dove ho toppato, ma con te, Sam, ho toppano alla grande!
E mi sono guadagnato quel bel paio d’occhi da cucciolo che hai, affranti e delusi, che mi hanno fatto aggrovigliare le budella per giorni e giorni.

Ogni volta che mi fermo un attimo, cercando di godermi un po’ di calma e di riposo, li ho ancora davanti, in tutto il loro drammatico splendore.
E continuo ad avere il vago sentore delle tue labbra sulle mie … non mi lascia mai, come se fossero ancora a contatto.
 
La conferma vera e propria di essermi comportato di merda con te, me l’ha data tuo padre in persona!
Una sera che entrambi avevamo deciso di goderci un po’ di fresco in veranda, dopo una lunghissima giornata, eccessivamente afosa, che passai rincorrendo un idiota, drogato, figlio di puttana, per tutta la maledetta città.

Arrivasti tu e passasti oltre, a testa bassa, senza rivolgerci la benché minima attenzione, mentre io e tuo padre ti osservavamo preoccupati.
Non eri sovrappensiero. Non eri arrabbiato. Eri di nuovo … chiuso.
Eri tornato inaccessibile al mondo, esattamente come prima.

John non poteva non accorgersene e ha sempre saputo come pugnalarmi dritto al cuore con poche parole!

“Non so cosa sia successo, Dean e non voglio i dettagli. Ma qualsiasi cosa tu stessi facendo prima con Sam, funzionava … quindi mi fido di te.”

Mi disse, non appena entrasti in casa e restammo di nuovo soli.
Gesù, mi sentii un verme …
 
Sam, come diavolo faccio a spiegarti che ho paura?
Dio, è così patetico!
Giuro su tutto ciò che ho di più caro, che non ho mai avuto così tanta paura di qualcosa, come di questo.
Di te.

Mi terrorizza anche solo la possibilità che potrei essere proprio io a farti del male.
Perché io lo farò … oh si! Ci puoi scommettere che riuscirò ad incasinare tutto, prima o poi.
Forse ho anche paura di John … non lo so ed è meglio non scoperchiare quel vaso.

Il punto è che sono veramente un coglione in queste cose.
E la mia vita ne è la dimostrazione lampante.

Con Lisa ho sbagliato tutto: non volevo essere come lei mi desiderava.
Con Castiel ho sbagliato di nuovo: non potevo essere come lui mi desiderava.

Con te Sam? Come dovrei essere per stare con te?

Vuoi qualcuno che ti protegga? Io vorrei poterlo fare … ma non sono certo che mi basterebbe questo.
Vuoi solo qualcuno che ti stia accanto? Io so di poterlo fare … lo so!
Eppure continuo a farmela sotto!!

Alla fine dei conti il fottuto egoista sono io.
Prima dico che sei importante e che ti voglio aiutare, poi tu ti esponi e … scappo come un animale impaurito, con tanto di coda in mezzo alle gambe.
Sopraffatto dal terrore, non solo di non essere in grado di farlo, ma soprattutto di diventare un sostegno del quale, prima o poi, tu non avrai più bisogno.

Sei più forte di quel che credi.
Ne verresti fuori anche da solo.
 
Mi sento un codardo.
Un fallito.
Forse era questo che dovevo dirti …

Ad ogni modo ha poca importanza.

Con tutta la confusione dovuta all’imminente matrimonio di mamma e di John, passo le due settimane successive a quel bacio in un delirio di prove d’abito, scelta di ristoranti, chiese, inviti, addobbi e quant’altro.
Lei non manca mai di coinvolgermi in tutto. Proprio tutto, TUTTO.
Cristo, credo di essere più isterico io di lei! Si occupa di ogni minimo dettaglio con precisione militare e prende centinaia di decisioni impossibili –anche contemporaneamente- come se niente fosse.
Ha sempre un sorriso beato e allegro dipinto sul volto, che mi fa restare di sasso ogni volta.
Penso che questa donna sia d’acciaio!! Come fa a non crollare sotto il peso di tutti questi impegni?
Io impazzirei …

Con John ci scambiamo occhiate d’intesa –e terrore- di tanto in tanto, mentre mamma parla e parla … Dio Santo, ecco da chi ho preso la parlantina!!
 
In mezzo a questo casino io e te non ci vediamo che di sfuggita e non ci parliamo quasi per niente.
Mi sembra di aver perso di colpo tutte le ‘yards’ guadagnate … di essere tornato indietro nel tempo, quando non eravamo che sconosciuti che si limitavano a salutarsi quando si incrociavano ed ignorarsi per il resto del tempo.
Solo che adesso –a differenza di allora- mi importa … mi importa eccome.

Che io sia dannato se riesco a capire cosa voglio!!
Non mi decido neanche sull’atteggiamento che dovrei adottare nei tuoi confronti.

E’ evidente che mi eviti e che ti ha ferito quel che ti ho detto.
Ed io non sono certo di voler … andare fino in fondo con te.
Eppure non sopporto nemmeno questa distanza.
Questa freddezza che mi dimostri …
Il bello è che me la sono andata anche a cercare.

Sono un emerito imbecille!
Ha ragione Bobby.
Ed ha ragione anche Gabriel, che io sia stramaledetto.
 
Mosso esclusivamente dall’istinto –essendo la ragione troppo impegnata ad arbitrare la scazzottata all’ultimo sangue, tra i miei sensi colpa e la paura- cerco di fare quel che ho sempre fatto, da quando tuo padre ti ha ‘affidato a me’.
Vengo a prenderti all’Università, ma credo tu abbia cambiato orari.
Ti cerco in biblioteca, senza trovarti …
Mi sfuggi come una preda sfugge al suo cacciatore.
Ed è comico perché non sono convinto di essere davvero io il cacciatore …
 
Quando ormai mancano pochissimi giorni al matrimonio, succede una cosa strana, che mi fa sospettare di essere definitivamente impazzito e che la mia, per te, sia diventata un’ossessione, tale da immaginarmi le cose.
C’è stato un attimo in cui mi è sembrato di notare un cambiamento nei tuoi modi.

E’ stato quando mia madre e John ci hanno comunicato di aver stabilito che io e te non avremmo fatto da testimoni ai nostri rispettivi genitori, ma uno al genitore dell’altro. In questo modo consolideremo il legame che è nato tra di noi.

“Quel giorno, non saremo solo io e John a sposarci …”

Così ha detto mamma.

“Quel giorno, si sposeranno le nostre due famiglie.”

La parola ‘famiglia’ comprende anche noi due , Sam.
E mi sono sentito sollevato da quella semplice costatazione.
Sono parte della tua vita e tu della mia.

Ho cercato il tuo sguardo, subito dopo averle sentite, e ti ho sorpreso mentre mi guardavi anche tu, avvertendo la forte sensazione che stessi pensando la stessa identica cosa.

Dio, forse mi sono davvero immaginato tutto.

Magari è una specie di tregua … per non aggiungere preoccupazioni inutili ai nostri genitori e tentare di collaborare insieme.
Ma … mi sei sembrato complice.
Mi è sembrato di avere ancora speranze con te.
Non saprei nemmeno identificare che genere di speranze avessi, ma cazzo, una cosa l’ho capita: devo provare a sistemare le cose.

Fanculo! Tutto questo ragionare mi farà solo invecchiare prima!
 

Il giorno delle nozze è arrivato così in fretta da lasciarmi stordito, per non dire completamente rincretinito dalla velocità con cui si sono susseguiti gli eventi.
 
Il ventisette di agosto.
Dannazione, fa un caldo allucinante e penso ‘che accidenti di mese assurdo per sposarsi!!!’.
Datemi una fottuta birra ghiacciata e una piscina, oppure agonizzo, strizzato in questo maledetto vestito! Mi ci butto dentro, senza nemmeno disturbarmi a spogliarmi. Leggo la stessa identica supplica negli occhi di Bobby.
 
Mia madre è fantastica e John … beh John è come sono tutti gli uomini come lui, in quel tipo di situazioni: un fottutissimo palo dell’alta tensione.
Ingessato a livelli esilaranti! Sembra in apnea, Cristo santo!
Come se stesse per dare di stomaco da un momento all’altro.
 
E tu Sam …
Sei bellissimo nel completo scuro che mia madre ha scelto per te.
E, quando ti vedo entrare in chiesa, con lei a braccetto, mentre io aspetto con lo sposo/palo, già sull’altare, mi si mozza il fiato.
Appena ci raggiungete, ci guardiamo per una frazione di secondo, nello stesso momento in cui anche Mary e John incrociano i loro sguardi e nello stesso modo ‘complice’ in cui ci siamo guardati poche sere prima.

Penso che sto davvero impazzendo …

Immediatamente dopo il matrimonio, gli sposi dicono di dover partire subito per il viaggio di nozze e, a cerimonia terminata, chiedono a me e a te ci accompagnarli all’aeroporto.
Ben tre settimane di sole e solitudine ai Caraibi. Tuo padre diventerà matto!
E’ strano, perché ero convinto sarebbero partiti in Dicembre, per problemi di lavoro.
 
Poco prima di avviare al check-in, mia madre mi prende da parte e mi abbraccia fortissimo, portando le labbra al mio orecchio e bisbigliandomi due cose.

“Ti voglio bene, tesoro!”
Che le vale un mio sbuffo di finto fastidio.

E  “Tu non rovini tutto quello che tocchi, chiaro? Quando tornerai a casa … goditi la sorpresa. Te lo meriti.”

La osservo confuso, non capendo di che razza di sorpresa stia parlando.
Sposto lo sguardo su John ... ha la faccia di uno che sembra sul punto di collassare! Allora guardo te, in cerca di chiarimenti, ma mi dai l’impressione di essere ancora più imbarazzo di lui.
Sembri capire esattamente di cosa stia parlando mamma.
 
Lei mi schiocca un bacio sulla guancia, tale e quale a quelli che mi facevano incazzare da piccolo.
Poi mi accarezza il viso, facendomi l’occhiolino e si fionda da te, abbandonando per un attimo i suoi propositi di andarci piano e stritolandoti in un abbraccio affettuoso.
Dopo essermi ripreso dalla sorpresa di quel gesto, ridacchio alla vista di te avvampare e balbettare un timido “Ciao Mary! Buon viaggio.”.
Ma ricambi il suo abbraccio con lo stesso trasporto e, per un secondo, ti vedo chiudere gli occhi e goderti davvero, per la prima volta, quel contatto così intimo con lei.

Sapevo che avresti ceduto.
Ne ero certo.

Come se la scena non fosse già abbastanza strappa-lacrime, finisce con John che si avvicina a voi due, appoggiando -insicuro- la sua mano sulla tua spalla e ricambiando il tuo sguardo commosso.
Gli bisbigli qualcosa, talmente piano che fatico a capire cosa.

“Grazie papà … di tutto.”

Riesco benissimo a vederlo da qui, anche se rimango in disparte, per rispetto a questo momento -che è giusto sia solo vostro-: tuo padre è fiero di te!
 

Scena muta durante tutto il viaggio di ritorno in macchina, intervallato da sguardi fugaci e qualche frasetta di circostanza.
Tu mi sembri assorto nei tuoi pensieri … ma non infastidito né innervosito dal fatto che siamo soli per la prima volta dopo settimane.
Sembri sereno.

Ho anche il tempo di riflettere un po’ e sono improvvisamente felice, anche se nervoso, di avere casa nostra tutta per noi per qualche tempo.
Mi passano per la testa circa un miliardo di domande che vorrei farti, ma la curiosità per questa fantomatica sorpresa che dovrei trovare, mi sta letteralmente facendo impazzire!

Una volta arrivati a destinazione, io entro per primo, accendendo la luce e dando una rapida occhiata in giro, per vedere cosa ci sia di strano o fuori posto.
Nulla.
Non trovo nessuna dannatissima sorpresa.

“Ma che cazzo …?”

Esclamo, alzando le braccia per aria.
Non faccio nemmeno caso a te o alle tue reazioni e continuo la mia ‘ispezione’, gironzolando per il salotto, finché sento, dietro di me, due dita che mi picchiettano incerte sulla spalla.

Mi volto a guardarti.
Sembri divertito, ma anche teso ed impacciato.

Non so bene il perché, ma il cuore inizia a scalciare così forte, che mi sembra di essere vicinissimo ad un attacco cardiaco.

“Che succede?”

Ti chiedo.

“C-credo di essere io la sorpresa …”

Rispondi tu, senza riuscire a guardarmi.
Sei esattamente ad un passo da me, arrossito fino alla punta delle orecchie.
Devo aver raggiunto più o meno la stessa colorazione anche io.

“Che?”

Balbetto.

“Sono io …”

Ripeti.

“Sono io Dean … io sono qui per te.”
 
Ecco.

Penso che fossero proprio queste … le parole giuste.
Perché in questo stesso istante, ho smesso definitivamente di avere paura.
Tu, che dovresti averne molta più di me, hai avuto le palle di esporti di nuovo.

E, cazzo, non sarò da meno questa volta!
 
 
 

Continua …
 
 
 
 
Nda: non picchiatemi per aver interrotto sul più bello!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Prima sappiate che il capitolo 10 lo pubblicherò venerdì, proprio per farmi perdonare di aver dovuto troncare così ^^
Per chi se lo stesse per chiedere … SI! Finalmente si combinerà qualcosa!!!!!!!!! Evvaiiiiiiiiiiiiiiii …..
Ringrazio come sempre tutte le personcine che mi seguono, mi commentano e che mi leggono e basta.
Bacioniiiiiiiiiiii :DDD




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Capitolo 10
*** Dean e Sam: destino o 'intervento divino’? (seconda parte) ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 10/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam
Rating:  Arancione (non ho ritenuto di dover mettere il raiting rosso, poiché la scena non è esplicita, ma più che altro introspettiva e molto molto molto tenera …)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: non le scrivo neanche, tanto lo so che siete già partiti a leggere il capitolo *volta la testa, offesa* CURIOSI!!!!?? ! Buona lettura ;D
 



CAPITOLO 10.
Dean e Sam: destino o 'intervento divino’? (seconda parte)
 
 

 
SAM per DEAN.
 

Allunga una mano Dean.

Puoi toccarmi.
Ti prego, fallo.

Sono qui proprio per te.

Non ho mai saputo quale fosse il mio posto, fino ad ora.

Ma adesso lo so.

Mentre ancora una volta i miei occhi sono nei tuoi e vedo tutto il tuo stupore, riflesso nei miei.
Vorrei solo che tu mi guardassi e capissi.
Che tutto quello che mi serve sei tu e tutto quello che serve a te sono io.
 
Sembri essere tu quello indifeso, ora.
Mentre mi avvinino a te ancora di un passo.

“Sam …?”

Mi sussurri piano e sento un mare di brividi, quando il tuo fiato caldo si infrange sul mio viso.

Prego perché tu non mi respinga ancora.
Che non ti ritragga di nuovo, perché non credo che avrei il coraggio di rifarlo.
Ce n’è voluto già tanto per arrivare a questo e non ci sono riuscito da solo.

Mi sono venuti in aiuto due ‘angeli’, amici tuoi.
 
Appoggio, in modo goffo ed incerto, una mano al centro del tuo petto e mi accosto ancora un po’.

Ora che siamo così vicini, sento la paura e i dubbi crescere, ma non posso e non voglio tirarmi indietro.
Soprattutto perché nemmeno tu vuoi che lo faccia.
Riesco a sentirlo, anche attraverso il lieve contatto della mia mano, contro la stoffa della tua camicia.

“Anch’io Sam … anch’io sono qui per te.”

Dici infine, dopo un lungo silenzio, che mi è parso durare un’eternità.
 
Non mi sembra vero quel che ho appena sentito.
Non mi sembra vero di poter ancora arrivare ad essere così felice.

Ti sorrido e appoggio il viso nell’incavo della tua spalla, trovandolo piacevolmente accogliente e sicuro.
Il posto per me.

Risalgo piano, strusciando la mia guancia contro la tua.

Non ho mai fatto niente del genere con nessuno … eppure Gabriel aveva ragione: è tutto naturale e … bello.

E’ bello sentire il tuo cuore che batte per me, sotto la mia mano.
E’ bello sentire la tua pelle, scaldarsi dove la tocco.
E’ bello vedere che, anche sul tuo corpo, ci sono gli stessi brividi che percorrono il mio.
 
Finalmente mi baci.
Piano, quasi con timore.

Poi qualcosa cambia.
Le pulsazioni aumentano, tanto che mi sembra che il cuore possa schizzarmi dal petto.

Ora lo fai con foga, quasi con urgenza.
Ed io non riesco a fare altro che sciogliermi letteralmente addosso a te.

Mi baci così a lungo e con così tanta passione da mozzarmi il fiato e farmi girare la testa.

Mi sono ricordato di aver sognato mille volte, ad occhi aperti, la consistenza e il sapore delle tue labbra.
Niente a che vedere con il bacio che ti ho dato io.

La tua lingua è sicuramente più abile ed esperta della mia.
Perché non credo sia possibile eccitare così qualcuno -di certo non uno come me- solo con quella.
Tu invece ci riesci.

Mentre ancora ci stiamo baciando, e siamo così stretti l’uno all’altro, sento che ti darei tutto in questo stesso istante.
Senza preoccuparmi che sia troppo.
Troppo presto.
Troppo sfacciato.

Sento che se non smetti di baciarmi ora, passerai il resto della tua vita a cercare di superare te stesso.
Perché dovrai baciarmi così –o meglio di così- per sempre e sarà complicatissimo.

Esattamente come è stato complicato separarmi dalle tue labbra.
E com’è stato complicato trattenersi dal superare un confine di intimità ed appartenenza, che non siamo ancora pronti per affrontare.
 
Non è successo altro questa sera.
Nemmeno quella successiva.
E nemmeno nelle tre settimane in cui siamo rimasti soli, in casa nostra.

Non abbiamo nemmeno parlato molto.
Giusto qualche chiarimento.
Mi sembrava corretto che sapessi come che avevo capito.
Avevo capito cosa ti aveva frenato quel giorno e ora sapevo che Castiel non c’entrava nulla.
E lo sapevo grazie a Gabriel, che mi spiegò tutto.
 
Mi è bastato poco tempo da solo con te, per capire che Gabe aveva ragione di nuovo: non sei il tipo a cui servono tante parole.

Così ho smesso di parlare e ho iniziato a sentire.

I giorni sono passati veloci, anche solo toccandoci o guardandoci o stando semplicemente nella stessa stanza, ognuno assorto nei propri pensieri.
Ma certo è stato … interessante .. stare con te così tanto tempo.
 
Ho scoperto che se passo le dita sul tuo avambraccio, hai la pelle d’oca esattamente quando arrivo ai polsi.
Non prima.
In quel punto esatto.

Ho scoperto che fai un buffo verso con la gola, quando ti bacio tra il collo e le spalle.
Adoro le tue spalle.
Starei giorni interi, semplicemente appoggiato ad esse.
 
Ho scoperto che ti piace cantare a squarciagola, la mattina presto, mentre ti lavi i denti in bagno.

E che mi fai ridere.
Mi fai ridere così tanto, che in certi momenti è come se non riuscissi più a respirare, tanto violenti sono gli spasmi delle risate.

Mi fai pensare anche a Jessica.
Ma avverto l’intensità del dolore di quei ricordi, scemare ogni giorno di più.
Abbandonare il mio cuore.
Districarsi dal groviglio che avevano stretto intorno alla mia mente.
Diventare quasi piacevoli.

Perché quando mi ricordo di lei, ricordo anche che, prima che quel mostro la mandasse in pezzi, lei mi faceva ridere così.
Proprio come fai tu.

Ho scoperto che, anche se non lo dai a vedere, hai un bisognoso disperato di contatto fisico.
Ti piace abbracciarmi.
Ma ti piace soprattutto essere abbracciato.
 
Ho scoperto che il modo in cui ti togli la divisa da poliziotto, quando rientri tardi dal turno di pomeriggio e vieni in camera mia per dormire stretto a me, mi fa provare miliardi di sensazioni sconosciute, ma potenti come nessuna mai sentita prima.

Ho scoperto anche le reazioni del mio corpo a te e sono state le più difficili da contenere.
Perché quando mi guardi sento che hai ancora paura di toccarmi davvero.

E io invece, non riesco quasi più a resisterti.

Ci sono momenti in cui avrei solo voglia che tu mi strappassi di dosso i vestiti e mi facessi qualsiasi cosa ti venga in mente di fare.
Senza riguardi.
Senza preliminari.
Senza tenerezza.
Solo desiderio e bisogno.

Ma so bene il perché vuoi andarci piano.
Lo capisco.
So che avrai sempre un po’ paura con me.

Alla fine, Gabriel aveva ragione proprio su tutto: avrei saputo riconoscere il momento giusto.

Ed è ora.

Proprio ora che sei sopra di me e mi baci, con ancora la tua divisa addosso.
Appena rientrato, ti sei fiondato sul mio letto, senza spogliarti.
John e Mary non rientreranno questa notte.

Fa ancora caldo, per essere la fine di settembre, e le lenzuola fresche sono un piacevole contrasto sulla mia pelle bollente.
 
Ti spoglio piano, mentre mi osservi dubbioso.
Le mani mi tremano, perché non so se sono capace di farlo.
Ma non ti ritrai e non mi fermi.

Senti anche tu che questo è il momento giusto?

“Posso davvero Sam?”

Mi chiedi solo, mentre mi baci sul collo.
Ed io sono tuo in talmente tanti modi, che temo non potrai mai arrivare a capirlo.
 
Mi impedisci di continuare a toglierti i vestiti e finisci tu stesso, rimanendo nudo di fronte a me.

Non c’è traccia di vergogna sul tuo viso.
Le spalle dritte … fiere.

Io invece sono terrorizzato al pensiero che, tra poco, anche io sarò nudo come te e tu potrai vedermi.
Vedermi davvero.
 
Mi togli quei pochi indumenti che avevo addosso per dormire, con una lentezza frustrante.
E le tue labbra si posano, la dove la mia pelle rimane scoperta.
 
Ti impegni sempre molto, quando mi baci.
E riesci davvero a superarti ogni volta.
 
Mentre mi perdo nel tuo sapore, non riesco più a mantenere la concentrazione necessaria a ricambiare le tue carezze.
Sento le tue mani e la tua bocca arrivare, toppo lentamente, a toccare posti sempre più intimi e sensibili.

Vorrei che anche tu sentissi quello che sento io.

Ma il mio corpo è completamente tuo e non riesce a fare altro che inarcarsi contro di te e reagire, bisognoso e bruciante, ad ogni tuo movimento e contatto.

Le mie mani non mi rispondono.
Stringono le lenzuola e, talvolta, graffiano la tua carne.
Sulla schiena, sulle spalle, sulle gambe.
 
Sento la tua voce, chiamarmi di tanto in tanto.
Penso che non esista un suono più bello.
L’ho sempre pensato.

Sento i tuoi e i mie sospiri.
Percepisco ogni cambio di tonalità ed intensità.
Li sento trasformarsi in gemiti e non capisco più se sono i miei o i tuoi.

Mi sento andare a fuoco, quando la tua mano mi sfiora l’interno di una coscia.

“Aprile.”

Sussuri.
E sono le ultime parole di senso compiuto che riesco a capire, prima di perdere completamente il controllo del mio corpo.
 
Ho scoperto ora che il piacere e il dolore, spesso sono parte della stessa gioia.
E che uno non può esistere senza l’altro.

Sei gentile con me.
Sei tutto quello che ho sempre desiderato.

Ma il momento in cui mi sento più appagato, in cui ti sento davvero, è adesso che sei perso nel piacere anche tu e dimentichi ogni remora e premura, prendendo da me quel che vuoi, forte e prepotente, sempre più veloce e più bisognoso.

Sento il mio cuore esplodere insieme a te.

I tuoi occhi offuscati ed incredibilmente lucidi.

Ti guardo mentre godi e sei la cosa più bella del mondo.

Sorreggi il tuo peso su un braccio, mentre con l’altro mi afferri una gamba, invitadomi a stringerla più forte intorno ai tuoi fianchi.
Affondi ancora e ancora, con più forza, avvertendo le contrazioni del mio corpo intorno al tuo ed intuendo che sono pronto.

Tremo, sentendo le tue mani su di me.

Sentendo il tuo ventre che sfrega sul mio, custodendo l’arrivo improvviso e sconvolgente, del mio bisogno di te, che brucia e si consuma, in una miriade di scosse e ondate e baci e sussurri e movimenti sempre più lenti e stanchi.
 
Ora sei tu a guardare me, dopo che il tuo piacere è appena arrivato e sei ancora pervaso da esso.

Non credo ti dirò mai quanto male e quanto bene tu mi abbia fatto in questo istante.
Perché quello che provo per te è così immenso ora, da farmi paura.

Per questo ti stringo fortissimo a me, cercando di impedirti di guardarmi, mentre i nostri respiri sono ancora fusi in affanni quasi sincronizzati.
Per non vedere che sto per piangere.

Perché non sai che tu sei il primo e sarai l’unico.
Perché se non sono impazzito è per te.

Perché non sei solo tu a dovermi proteggere, Dean.
E’ qualcosa che faremo insieme.

Non dovrai mai chiederti se sei abbastanza per me.
Perché io sarò perfetto per te.

Così come eri perfetto tu, un attimo fa.

Dentro di me.
 




Continua …
 
 
 
 
 
 
Nda: ehm..*coff coff* penso di non dover aggiungere molto, perché in questo capitolo c’è davvero tutto …ecco qui c’è l’amore che l’autrice ha per Dean e per Sam. Pubblicherò l’ultimo capitolo martedì prossimo e allora ci sarà davvero da piangere, perché tutti i vostri commenti e il vostro calore, mi mancheranno da matti!! Oddio basta, fermatemi!!!! A martedì per i saluti finali. Chi potrà mai essere a chiudere la storia???
Grazie a tutti davvero … grazie ^^ *fugge, commossa*
 

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Capitolo 11
*** Gabriel: da ‘fallito’ a … incompreso. ***


Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 11/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Gabriel per questo capitolo (siiiiiiii ^^ è tornato il nostro mito!!!)
Rating:  Giallo (linguaggio colorito XD)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D ---E’ finita, tesoro!!!! Ce l’abbiamo fatta *batte le manine*)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: Non poteva essere che lui … l’origine e la fine di tutto. Lo abbiamo colpevolizzato, lo abbiamo offeso, lo abbiamo bistrattato … ma lui ha saputo tenere testa a tutti e, soprattutto, ha saputo sbloccare la situazione (due volte). Spero che quel che leggerete tra poco rappresenti per voi la degna conclusione del nostro viaggio insieme, così come lo è stata per me *l’autrice inizia già a piangere* . Ci vediamo in fondo! Buona lettura ;D
 
 
CAPITOLO 11.
Gabriel: da ‘fallito’ a … incompreso.
 
 
 
 
E così …
Eccoci alla fine di questa storia.
 
Lo so cosa hanno pensato tutti.

‘Si può sapere che cazzo combini Gabriel?’

‘E’ tutta colpa tua, brutto idiota!’

‘Perché ogni volta che succede qualcosa, ci sei di mezzo tu?’

E via così …
Mi sbaglio forse?
 
Ebbene, adesso posso mandare tutti beatamente a fare in culo e dire le cose come stanno: baciatemi le arcangeliche chiappe!!!
 
Ok, magari posso anche avere fatto qualche cazzata … lo ammetto.
Ma direi che ho ampiamente rimediato, prendendomi responsabilità che non erano mie e cercando di aggiustare il tiro.
Mi sono sacrificato per quello stronzo di Campbell e per lo spilungone timido.
E l’ho fatto mosso unicamente dal mio innato spirito di sacrificio e dal mio attaccamento alla famiglia e agli amici.
 
Magari anche –ma solo un pochino- perché mi sentivo in colpa e perché mio fratello Cassy me lo chiese con tanto di occhioni blu, spalancati e luccicanti, in modalità: colpo basso alle mie difese.
Non ho mai saputo dirgli di no, nemmeno quand’era un mocciosetto, mingherlino e strillava per farmi giocare con lui, mentre io volevo solo andare a divertirmi con gli amici.

Potevo rifiutarmi ora?

E’ grande e grosso, ma resta sempre il mio dolce fratellino ‘angelo’, con il cuore più grande del mondo!
Mi sono ritrovato ad annuire come un cretino, senza nemmeno rendermi conto di aver accettato di aiutarlo, mentre mi spiegava cos’avrei dovuto fare per ‘rimediare’ al casino che avevo … anzi, al casino che quello scemo di Dean avrebbe combinato.
 
Era molto semplice, a dire il vero.
Nulla di contorto o particolarmente studiato.
Non sarebbe stato da Castiel.

Il punto non era spingere Dean ad ammettere quel che provava per Sam –visto che lo sapeva già- il problema vero era convincere lo sbirro che stare insieme a lui era la cosa migliore.
Fargli capire che i sentimenti che provavano lui e Sam, l’uno per l’altro, erano gli stessi e che insieme sarebbe potuto nascere qualcosa di bello.
Avrebbe solo dovuto provarci.

Nessuno inizia una storia perché sa per certo che andrà bene.
Tutti noi, quando accettiamo che qualcuno entri a far parte della nostra vita, sappiamo che esiste la possibilità di rimanere feriti.
Ma cazzo ci buttiamo lo stesso!
Ed era proprio quello che dovevano fare quei due.

Più facile a dirsi che a farsi.

Dean non era esattamente il tipo di persona facile da convincere.
Un muro, tirato su in più di vent’anni, fatto di convinzioni adamantine, sul fatto di non essere mentalmente e fisicamente in grado di avere una relazione seria con qualcuno –men che meno con un altro uomo-, è abbastanza difficile da abbattere.

Uno zuccone di prima categoria, insomma.

La sua fortuna è stata che gli voglio bene.
Già … che io sia stramaledetto!
E che voglio bene a mio fratello.

Non ci tenevo ad assistere inerme, mentre si facevano del male a vicenda, più di quanto non ammetterò mai!

Ci ho provato.
Davvero, li vedevo bene come coppia, lui e il mio fratellino.

Per questo ho cercato di forzare il destino, per tenerli insieme.
Per questo ho lasciato che il mio debole per Sam si palesasse.
Ho pensato che, se mi fosse andata bene, le cose si sarebbero sistemate da sole.
Io con Sam e Dean con Cass.

Cristo, non sono uno complicato.
Per me le cose stavano così.
Non ci ho pensato più di tanto e ho agito.

Ma un ragazzone di vent’anni che quasi rimette l’anima davanti a te, dopo che hai tentato di baciarlo, e che trema come una foglia, mormorando solo: “chiama Dean, voglio Dean.” è in grado di sbriciolare qualsiasi convinzione.
Potete credermi, cazzo.
Mi ha messo una paura fottuta.

Nell’istante in cui Sam, smise di tremare per qualche secondo, completamente spalmato addosso alla schiena di Dean, io capii che quei due non potevano che stare insieme, semplicemente perché non riuscivano a stare lontani.
 
Comunque …

Il ‘piano’ venne ideato e pensato per svolgersi a cavallo del matrimonio di John e Mary.
I quali sono stati preventivamente informati di tutto dal sottoscritto e da Castiel.
Ovvio che rimasero di sasso  –per non usare altri termini- alla notizia che i rispettivi figli erano giusto un filo più legati di quel che ci sarebbe aspettato da due fratellastri.
Soprattutto John mi sembrò sull’orlo di un collasso.

Ricordo che alle parole ‘sono innamorati’, mi guardò come se la colpa fosse mia!
Esattamente: anche lui …
A quanto pare la formula è proprio matematica: complicazioni = colpa di Gabriel.

Mi chiesi, non senza sentirmene alquanto offeso, quale delle innumerevoli stronzate fatte nel corso della mia movimentata esistenza, mi fosse valsa una tale fama.
Feci una rapida carrellata … ma rinunciai appena mi resi conto che ne avevo fatte veramente parecchie.
Non era il caso di approfondire.
 
Mary, nei confronti della quale la mia stima –se possibile- aumentò esponenzialmente, mi sembrò aver capito tutto da tempo e che le mie parole non fossero altro che la conferma dell’ovvio.
Si dimostrò felicissima di aiutare noi e i ‘suoi’ ragazzi, se questo significava dare un po’ di pace a Sam e trovare qualcuno che amasse suo figlio quanto lei e lo convincesse, finalmente, di meritarsi tutto quel che aveva.
 
Rassegnato e sotto lo sguardo minaccioso della futura moglie, anche John capitolò.
Limitammo le sue funzioni a quelle di mero spettatore, ma riuscimmo a convincerlo a non mettersi in mezzo e non ostacolare nessuno, nel corso delle ‘operazioni’.
Fu un grande successo, per quanto mi riguarda.
Se solo avesse voluto, John Winchester, per quanto mi era dato di conoscerlo, avrebbe potuto prendere suo figlio e l’Impala ed abbandonare lo Stato, cancellando per sempre ogni traccia di loro.
Quindi il semplice fatto che non si opponesse, mi sembrò equivalere ad un benestare.
Implicito, ma pur sempre valido.
 
I novelli sposi avrebbero solo dovuto anticipare il viaggio di nozze, lasciando ‘campo libero’ ai due ragazzoni. Un pochino di tempo tutto per loro. E sappiamo tutti bene quel che successe.

E’ chiaro ormai che non fu tutto merito del destino.
Quant’anche della mia discesa in campo, quale ‘angelo riappacificatore e chiaritore’.

A me, spettò l’amorevole compito di parlare con Sam.

Visto che su un punto eravamo tutti d’accordo  -ovvero che infilare qualche nozione basica di autostima nel cervello bacato dello sbirro fosse pressoché impossibile- decidemmo all’unisono che l’unico modo per sfangarla era coinvolgere il diretto interessato e metterlo al corrente dei deficit sentimentali di Dean.

Mi toccò la pagliuzza più corta …

Castiel, che sarebbe stato indubbiamente il più indicato, cedette il posto al sottoscritto, poiché sarebbe stato decisamente troppo penoso per lui.
Dopotutto si era già sacrificato abbastanza con Dean, rinunciando alla possibilità di avere un futuro con lui, per pura bontà di cuore … e un pizzico di masochismo, a parere mio.
 

Non sto qui a raccontare che mi fece piacere telefonare a Sam, dopo la misera figura che feci, per chiedergli se potevamo incontrarci.
Mi sarei fatto azzannare i ‘paesi bassi’ da un gatto, piuttosto!
Ma lo feci.
Per tutti i motivi sopra elencanti, feci la mia parte e –dannazione- lo rifarei altre cento volte e ne sono fiero!
 
Molte cose mi sorpresero quel giorno.

Prima di tutto mi sorprese anche solo il fatto che Sam avesse accettato, senza esitare, il mio invito a bere un caffè insieme, dopo gli allenamenti, al bar del campus.
Non feci altro che dirgli quello che pensavo esattamente di Dean.
Tutto quel che sapevo di lui.
E lo feci senza sconti poetici, né inutili crociate in difesa del suo caratteraccio da stronzo, lentigginoso, adorabilmente contorto e fastidiosamente perfetto!

‘Ti ama, ma è troppo idiota per farsi avanti ed è convinto di rovinare tutto quel che tocca.’

‘Se non muovi il culo tu, lo perderai.’

Eccolo lì: il grande discorso di Gabriel.

Un’altra cosa che mi sorprese fu la sua reazione.
Mi sorrise.
Già.
Ma lo fece in un modo … insomma mi resi conto che, in mia presenza, non lo aveva mai fatto.
Mai.
Non in quel modo, almeno.

Mi sorrise con una tale genuina felicità, da farmi avvampare.
Tossii nervosamente, mentre Sam mi scrutava ridendo e tentai di sembrarne infastidito, ma in realtà ne ero contento.

Mi disse che ero un buon amico.

“Gli somigli molto …”

Aggiunse, lasciandomi abbastanza interdetto.
Non saprei dire, ancora oggi, se si trattasse di un complimento o … un modo carino per dirmi che ero un imbecille tanto quanto lui.
Optai per il complimento.

E la conversazione che ne seguì fu molto interessante.

Saltò fuori –e questa è l’ennesima sorpresa- che, in meno di dieci secondi di confronto, l’ultima volta che Dean e Sam si erano parlati, il mio ‘sosia’ mise in piedi un equivoco di dimensioni apocalittiche, facendo credere a Sam di essere andato a letto con Castiel.

Ricordo che mi domandai in che modo si potesse creare tanta confusione in due parole.
Solo Dean avrebbe potuto, Cristo Santo!

Mi balenò anche il pensiero che –forse- il compito a me affidato fosse un tantinello più complicato del previsto.

Rassicurai Sam, rivelandogli le buone intenzioni di Castiel e mettendolo al corrente del fatto che anche io mi trovassi con loro.
Lo osservai cambiare velocemente espressione, come improvvisamente colpito da una qualche rivelazione divina.
Approfittai della rinnovata sicurezza in sé stesso e sul fatto di essere ricambiato, per dargli qualche consiglio su come comportarsi con Dean.

“Se vuoi la mia opinione, Sammy, con Dean servono poche chiacchiere e più azione. Tira fuori le armi zucchero! Ne hai da vendere e non dovrai nemmeno sforzarti tanto …”

Fu esilarante.
Diventò paonazzo sotto ai miei occhi e, giuro sui tutti e tre i miei fratelli, che dovetti trattenermi dal ridergli in faccia senza contegno.
Era assurdo, che un ragazzone come lui avesse di queste reazioni da ‘verginella’, per così poco.

Proprio quando mi sembrò che di lì a pochi secondi il mio autocontrollo sarebbe venuto meno e sarei scoppiato a ridere come una iena impazzita, mi guardò dritto negli occhi e disse cotali esatte parole:

“Io … s-sono vergine Gabriel …”

Sputai tutto quel che avevo ingerito in quell’istante, facendo voltare i presenti verso di noi e guadagnando un'altra tacca sulla scala di rosso del viso di Sam.

Ecco … se allo sbirro avesse detto una cosa del genere, sono assolutamente convinto che lo avrebbe avuto definitivamente in pugno.
Gli si sarebbe completamente spento il cervello.
Io stesso gli sarei saltato addosso in quel preciso istante.
Si rendeva conto di essere fottutamente arrapante???
Penso proprio di no …

Limitai la mia reazione e cercai con tutte le mie forze di darmi un contegno, fingendo –senza riuscirci- che la rivelazione non fosse poi così imbarazzante, ma chiedendo ulteriori spiegazioni.

“C-cioè … sei proprio … vergine? Ma … come? Perché????”

Gli chiesi, sinceramente sorpreso.

“Sono stato con un ragazzo … ma … insomma non è durata abbastanza … poi gli studi, gli impegni … non ho mai dato tanto peso alle relazioni, ecco … non ho mai nemmeno detto a nessuno che sono omosessuale.”

Mi confidò infine.

L’ultima cosa che mi sorprese quel giorno, fui io stesso.

Gli feci tutto un discorso da fratellone maggiore, dicendogli che era una cosa bella aspettare la persona giusta, che sarebbe stato tutto naturale e spontaneo e che, se voleva combinare qualcosa con Dean, doveva solo provocarlo un po’ –avvampò di nuovo alla parola ‘provocare’, per la cronaca-, concludendo che avrebbe capito da solo quale sarebbe stato il momento più opportuno.

Come mi uscirono tutte queste assurdità, proprio non saprei dirlo.

Comunque … alla fine dei conti direi che ho fatto proprio un bel lavoro, visto che –attualmente- mi risulta che i due non si facciano mancare proprio niente, in materia di … intimità.

Il sottoscritto viene puntualmente informato di ogni ‘novità’ dall’adorabile boccuccia dello sbirro in persona.
Dopo tutto, siamo sempre andati d’accordo su quest’argomento.

Basti pensare a quel povero bastardo del rettore Singer, che ormai passa le giornate inseguendoli per il Campus, tentando di preservare la reputazione di entrambi, urlando: “Campbell, dove ti credi di essere?? Levagli quella mano dalle chiappe! E tu, Winchester, mi meraviglio di te! Vai a lezione!”
Cose da pazzi!
 
 
Che altro dire?
Quel giorno ci fu un ultimo, ma significativo, dettaglio a sorprendermi più di tutti.
Si ... anche del Sam vergine.
 
Quando ‘le confessioni di una mente pericolosa’ terminarono –quella di Sam ovviamente, non la mia … meglio specificare-, ci alzammo insieme e facemmo per andarcene.
Lui invece si voltò improvvisamente verso di me ed io, non accorgendomi che si era fermato, me lo ritrovai davanti, andandoci quasi a sbattere contro, in tutti i suoi due metri di splendore.

Pensai che era proprio bello.

E ricordo che non riuscii davvero a biasimarmi di essermi preso una cotta per lui.
Maledizione, era da infarto.

Sam si chinò timidamente su di me e mi baciò a fior di labbra.

“Scusami Gabriel … per quella sera …”

Mi disse, quasi bisbigliando.

"O-ok ... non ti preoccupare ..."

Balbettai, in risposta, non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso.

“Tu stai bene però? Vero?”

Gli chiesi, infine.

“Adesso si …grazie!”

Mi rispose, sorridendomi ancora.
Andò via subito dopo, salutandomi con una mano e lasciandomi lì come un idiota per non so quanto tempo, a fissare il nulla di fronte a me.

Rifarei tutto cento volte, cazzo, solo per quel fottutissimo bacetto.
Perché è stato uno dei gesti più spontanei, teneri, affettuosi e gratificanti della mia fottutissima esistenza da cazzone, promiscuo e combina-disastri-con-certezza-matimatica.

Che mi sfottano pure tutti!
 
 
Cassy se la passa bene.
La sua vita sessuale è passata nelle mani esperte di Baltazhar, il quale si è dimostrato entusiasta di questo compito e ben felice di rimediare ai casini del fratello maggiore –io- con il quale è sempre stato in competizione.

Modestia a parte, mi spiace per lui, ma ho sempre vinto io.
 
Comunque mi disinteressai completamente della cosa, una volta presa in carico da lui la ‘questione’.

Dagli ultimi aggiornamenti di Castiel, pare che si veda con un tizio, al momento.
Un certo Chuck.
Fa lo scrittore … Balthazar lo conosce da anni, visto che è il suo editor.
 
Oddio … è un tizio piuttosto strano … l’ho anche incontrato un paio di volte e non ho potuto fare a meno di notare che non avesse proprio niente in comune con lo sbirro.

Siamo a cavallo!
Castiel sarà suo per sempre.
Mi intendo di queste cose.
 

Io?
Io sono sempre a caccia di nuove esperienze … purché non comprendano accoppiamenti che non vedano me come protagonista.
Non sono proprio fatto per la monogamia né per le etichette.
E sono ancora troppo giovane per sistemarmi.

Quando mi deciderò, il primo a saperlo sarà sua eccellenza Nick-Lucifero di New York!
Sarà la volta buona che lo faccio schiattare quel demonio.

Lui e le sue psico-stronzate sul fatto che sono incapace di stare in intimità con qualcuno.
Così mi ha detto.
Con contorno di ‘Narcisismo’ e, se ben ricordo, un pizzico di ‘Megalomania’.
Dio santissimo, avrei voluto ammazzarlo.

Per questo odio parlare con lui: qualsiasi cosa ti esce di bocca, viene puntualmente manipolata, psicanalizzata e smembrata da quel figlio di buona donna, arrogante, pallone gonfiato, perfido e bastardo.
 
 
 
Giusto perché si sappia, con l’altro cazzone (Dean) ci siamo chiariti un paio di giorni dopo il mio incontro con Sam.

Alla nostra maniera.

Finito uno degli allenamenti più sfiancanti della settimana, sudati come animali, rimanemmo da soli a centro campo -dopo che i nostri ‘campioni’ erano corsi alle docce, tutti belli freschi come rose, urlanti e sprizzanti energia da tutti i pori.
Ero nel bel mezzo di nostalgici ricordi dei bei tempi andati, in cui anche io ero giovane e pieno di energia, quando lo sbirro mi è arrivato alle spalle –come il giorno che ci siamo conosciuti- e mi ha mollato la solita pacca sulla spalla.
Sorridendomi con quel ghigno da stronzo, strafottente, tutto suo, mi disse:

“Bel lavoro, capo. Vuoi che ti porti in braccio agli spogliatoi?”


Gli risposi: “Fottiti”

E pace fu fatta.
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
Nda (le ultime!!!! Ed interminabili): allora *si soffia il naso col fazzolettino* …
Desidero sappiate che la mia ultima parola per tutti voi, sarà GRAZIE! Nel senso più completo e profondo del termine!

Questa storia è partita proprio dal niente, dopo che rimuginavo su un Dean poliziotto che battibeccava con Gabriel suo amico … e guardate un po’ cosa è venuto fuori!?!?!? Posso confidarvi, senza preoccuparmi di esagerare, che il merito è anche vostro! Di tutti i bellissimi commenti che mi avete lasciato e con i quali –vi assicuro- mi avete spronato a continuare in quella che credo sia stata la giusta direzione da prendere.

Spero con tutto il cuore di aver reso questa storia degna di voi, delle vostre aspettative e di tutta la passione che mi avete trasmesso!

Un ringraziamento particolare alla mia beta, thinias, che mi ha seguito ed aiutato passo dopo passo. Mi ha sopportato e spronato, mi ha saputo mettere sulla strada giusta quando mi stavo perdendo … insomma, parte dei meriti che vanno a questa ffc, sono anche suoi ;D *la sbaciucchia virtualmente*

Ovviamente vi ringrazierò di persona, uno per uno,  nelle risposte ai vostri ultimi commenti!

Vorrei ringraziare anche i ‘silenziosi’ che hanno messo la ffc nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite, nonché quelli che vorranno mettercela da ora in poi, o che aspettavano il finale per farlo o per far sentire la propria voce.

Beh … che altro dire??!! Mi mancate già … *lacrimuccia*

Un ultimo grazie anche ai lettori ‘anonimi’! So che siete tanti e so che, anche se non potete commentare, il vostro coinvolgimento nonché il vostro amore per le ffc non è meno intenso ed appassionato! Lo so perché sono stata ‘anonima’ per moltissimo tempo anche io ;D!

Il piacere, è stato tutto mio!

GRAZIE

Elena



Anche Sam e Dean vi ringraziano tanto ^^ Image and video hosting by TinyPic

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